Gli Ultrasuoni
WORLD MUSIC Sguardo a Oriente I progetti più visionari e di sostanza nascono, spesso, da latitudini che non siamo abituati a considerare: per etnocentrismo, che ci porta a credere di […]
WORLD MUSIC Sguardo a Oriente I progetti più visionari e di sostanza nascono, spesso, da latitudini che non siamo abituati a considerare: per etnocentrismo, che ci porta a credere di […]
WORLD MUSIC
Sguardo
a Oriente
I progetti più visionari e di sostanza nascono, spesso, da latitudini che non siamo abituati a considerare: per etnocentrismo, che ci porta a credere di essere il metro di giudizio di tutti gli altri, e per cattiva informazione. Ad esempio Sounds of Cycle (Felmay, come gli altri titoli), è un affascinante lavoro ideato dal polistrumentista e didatta turco Cenk Güray a capo del Baroque Miniatures per gettare ponti in note tra Oriente e Occidente: scorrono composizioni anatoliche tradizionali, pavane spagnole barocche, un minuetto di Handel, una gavotta di Monsieur de St. Colombe, brani dello stesso compositore, e il gioco di rimbalzi stordisce e coinvolge. L’Asia profonda la trovate in Selected Pieces della più grande vocalist uzbeca, la carismatica Munojat Yulchieva: note classiche, e un affondo nello stile persiano Shashmaqâm, dunque elaborate variazioni sulla modalità. Ancora più a Oriente con «Swordmen» Trio, dal grande Guo Gan al violino cinese a due corde erhu, accompagnato da Liu Yi Qing al liuto pipa, e Chen Jian al gu zhong, la cetra. Brani tradizionali e di composizione. (Guido Festinese)
BLUES
L’arte
del racconto
Saper raccontare qualcosa è un’arte. Nel mondo del blues, è prassi. In modo superbo vi riescono i River Blonde grazie a una sfilza di brani ben pensati e realizzati, riassunti in Garage Blues (Bloos Records). Il duo romano, che si caratterizza da sempre per una ritmicità inconsueta e costante nella propria scrittura, convince ben oltre il coinvolgente singolo Mad Men dove brilla la presenza di Mario Donatone. Il violino enfatizza il tema The Banshee Stomp, gli echi urbani di New Orleans giungono da Cluck Old Hen mentre Morning Light Blues porta con sé il calore polveroso dell’estate a Clarksdale. Un plauso va anche a Dean Zucchero che pubblica Electric Church for the Spiritually Misguided (Pugnacious Records). Il bassista residente nella Crescent City non sbaglia il colpo, come dimostrano l’energia e le parole di Fascist Love, la maestria di Jason Ricci all’armonica in DBA e il blues funk di Independence Day. Da Zagabria, Adam Semijalac propone un blues selvaggio ed essenziale in Ode Dite (Autoprod.). Per certi versi rammenta Lonnie Pitchford: selezioniamo Podno Brda. (Gianluca Diana)
CLASSICA
Laboratori
compositivi
La musica colta romantica del grande Ottocento per piccole formazioni: si può iniziare da Gaetano Donizetti con String Quartets (Urania), doppio cd con sei quartetti composti tra il 1818 e il 1821 dove il celebre operista vola a concepire la scrittura cameristica quale autentico laboratorio compositivo, pur con qualche brillante residuo classico, sottolineato dalla egregia interpretazione del Mitja Quartet. Nel disco di Johannes Brahms Complete Liebeslieder Walzer (Harmonia Mundi) si alternano un valzer e canzoni d’amore (per coro o voci soliste con pianoforte a quattro mani) ad alcune danze ungheresi a ribadire l’amore del compositore tedesco per la musica popolare viennese, qui ben rimarcato a livello esecutivo dal Rias Kammerchoir Berlin diretto da Justin Doyle. Infine il meno noto Ludwig Philip Scharwenka nei Piano Trios (Brilliant Classics) con il Trio Gustav offre due composizioni che sembrano già aprire la modernità con un linguaggio assai variegata sotto l’aspetto delle melodie e dei ritmi. (Guido Michelone)
RACCOLTA
Il succo
del punk
Un appello, una chiamata alle armi per tutti quelli che credevano che il succo della musica punk fosse suonare, nonostante tutto. Una raccolta che è una testimonianza preziosa e vitale di una comunità che si riconosceva in una controcultura feconda. L’idea poteva venire solo ai Crass, agli albori di quella scena anarcopunk di cui sono i fondatori: invitare decine di band da tutto il mondo a mandare brani, spesso registrati a casa in perfetta filosofia diy, per realizzare una compilation. I brani sono molto politicizzati, legati all’anarchismo, all’antifascismo e all’ambientalismo: i suoni imperfetti, grezzi, diretti, erano il modo migliore per diffondere quei valori. I tre volumi di Bullshit Detector (Crass Records/One Little Independent), usciti tra il 1980 e il 1984, mettono insieme perfetti sconosciuti e band dal percorso importante. Ci sono meteore interessanti come i St. Vitus Dancers, i Destructors, i Metro Youth, gli Anthrax (i punk inglesi, non i metallari di New York) e le prime registrazioni dei Napalm Death e dei Chumbawamba. Una pubblicazione che ci riporta a quell’urgenza. (Marco De Vidi)
LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico
ART ROCK
Miscele
esplosive
BABA!YAGA!
BABA!YAGA! (Luminol Records)
**** Il comunicato stampa ci dice che questa formazione australiana, di Perth, composta da nomi già noti sulla scena del paese oceanico, è «un’ideale via di mezzo tra Frank Zappa, Gentle Giant, Cardiacs e Curved Air». E non si può che confermare in pieno. Il disco d’esordio, omonimo, della band è in effetti un mix – congeniato alla grande e dalle forti tematiche sociali – di rock spinto, prog, post punk e qua e là inserti neoclassici (anche grazie agli archi molto presenti) e jazz sperimentale. Un disco – notevole – fuori dal comune e fuori dal tempo. (roberto peciola)
TRIBUTI
L’universo
in black
ADRIANO CLEMENTE
THE COLTRANE SUITE AND OTHER IMPRESSIONS (Dodicilune)
***** Ci voleva la presenza di un David Murray, oltre Hamid Drake e l’italiano Akshmani Ensemble per incrementare ancor più il valore musicale assoluto di questo doppio cd, ripartito in due grandi suite. L’idea di partenza – omaggiare la cultura sonora afroamericana – trova qui un risultato senza uguali nel jazz italiano, per la capacità unica di entrare nell’universo black, capirlo e interpretarlo senza vezzi o fronzoli, ma puntando sulla rovente negritudine contemporanea, anche un po’ funk e dirty all’ombra del citatissimo Mingus. (guido michelone)
RISTAMPE
Conclusione
inevitabile
DAFT PUNK
RANDOM ACCESS MEMORIES 10TH ANNIVERSARY EDITION (Columbia/Sony)
***** Torna – in un’edizione ampliata con nove tracce demo e outtake – il capolavoro del duo francese a cui non hanno saputo dare seguito, tanto da sciogliersi giusto due anni orsono. Decisione quanto mai saggia, perché Ram è l’inevitabile conclusione di un progetto durato vent’anni ispirato alla disco e chiuso celebrando il genere con l’aiuto di due dei suoi protagonisti assoluti: Moroder e Nile Rodgers. Ram conferma dieci anni dopo la sua assoluta validità grazie anche al nuovo missaggio, che mette in risalto interventi solisti e sezioni di archi. (stefano crippa)
ALTERNATIVE
Lo spirito
vagabondo
KERMESZ À L’EST
OCTOPHILIA (Autoprodotto)
**** Ritorna con il suo carico di energia e vigore la formazione belga. Roboanti, estroversi e fedeli alla linea, prendono le melodie dal loro vagabondare tra l’Europa continentale e quella mediterranea, pescando dai Balcani e dalla Grecia. Senza dimenticare di includere passaggi in levare e percussioni di vario genere, volano liberi con lo spirito post punk che li contraddistingue. Ci si diverte con Azerian Dub-Part I e Part II, si parte frivoli e si termina quasi psichedelici con Lullyson, mentre la malinconia di Pony Wurst si squaglia in un finale a dir poco sorprendente. Alzate il volume, vi farà bene al cuore. (gianluca diana)
NEO PROG
Una favola
marina
STEFANO PANUNZI
PAGES FROM THE SEA (SP Music)
**** Il tastierista e compositore romano Panunzi, nell’affollato e spesso meramente citazionistico panorama del «post prog», già con i notevoli Fijeri (qui presenti, peraltro) è un nome da tenere d’occhio. Perché lavora e ha lavorato alla pari con gente come Jakko Jakszyk e Pat Mastelotto degli ultimi King Crimson, Mick Karn, Markus Reuter, Gavin Harrison. Ecco allora materializzarsi un ponte tra il raffinato ambient art rock di David Sylvian, vuoti e pieni gestiti con maestria, e gli ultimi Porcupine Tree, malinconia e botte di potenza. Una «favola marina» di caratura internazionale. (guido festinese)
AA. VV.
GRANO GRANO NON CARBONCHIARE (Ma.So.)
**** Ristampa di un lp uscito nel 1978 come ricerca sul campo. Cinque anni di studi per Luciano Morini e Giampiero Bigazzi per comprendere le diffusione di tredici anonimi brani popolari (amorosi, epico-narrativi, persino politici, come Fascisti ricordate il gran macello), nati tra Otto e Novecento in varie regioni del Centro e Nord Italia (alcuni come Verrà quel dì di lune persino nella Svizzera ticinese): sono sette gli informatori (cantanti) ultimi eredi di un folklore travolto dalla modernità mediatica. (guido michelone)
MIREK COUTIGNY
THROUGH EMPTY LANDSCAPES AND NEW BEGINNINGS (Icarus Records/Consouling Sounds)
*** Quando il pop espande il versante più sognante della propria essenza arrivando ad incrociare il mondo della neoclassica, la situazione si fa interessante. Come nel caso della nuova uscita del pianista belga, che qui dilata ancor più il suo carattere descrittivo con il quale si è fatto apprezzare anche in ambito cinematografico. Gli undici brani garantiscono piacevolezza quando trovano il giusto equilibrio narrativo tra i mondi sonori di riferimento. (gianluca diana)
THE DAMNED
DARKADELIC (EarMusic/Universal)
*** Sono stati, indiscutibilmente, i precursori del punk inglese, con la mitica New Rose, per poi virare, negli anni Ottanta, verso sonorità vicine al goth rock (mentre Captain Sensible sbancava con la «new wave disco» di Wot). A distanza di quasi 50 anni sono ancora in giro e sanno ancora scrivere dischi di valore, come questo Darkadelic. Se le pulsioni punk sono esaurite quelle goth restano, anche se defilate, lasciando il campo a un sano rock di tipico stampo Brit. (roberto peciola)
MARIO IANNUZZIELLO
END OF MAY (Workin’ Label)
**** Il contrabbassista, compositore e arrangiatore pugliese Iannuzziello ha messo assieme, qui, un sestetto jazz con ottima ritmica e solisti, e un classico quartetto d’archi: esperienza più volte scandagliata nei decenni dal jazz, e progressivamente messa a fuoco: vedi alla voce Max Roach. Eleganti e fluidi gli arrangiamenti, sempre con un’ombra malinconica, una citazione per Schumann, una per Dizack e un’incantevole composizione di Dado Moroni a comporre un lavoro raffinato che resterà. (guido festinese)
SAVERIO PEPE
PEPE CANTA BATTIATO (Onyx)
***** Ardito il lavoro che Pierdomenico Niglio ha realizzato per la voce di Saverio Pepe: rileggere Battiato con l’ausilio dell’elettronica. Insieme a Niglio esplorano non solo sonorità nascoste ma pieghe di un romanticismo futuribile non sempre comprensibile. Il loro lavoro ricuce sentimenti e misure che Battiato, apparentemente distaccato da ideali mondi, badava bene di non far emergere. (marco ranaldi)
RADIOSABIR
CUNTI E MAVARII PI MEGGHIU CAMPARI (Dcave)
**** La sapida potenza della lingua siciliana. L’incremento di un nome nuovo per l’ensemble, cambiato per far vedere che le cose cambiano: RadioSabir, dove Sabir sta per l’antica lingua esperanto che le genti del Mediterraneo usavano per riuscire a capirsi senza sforzo. Elettronica povera e corde di budello, trance e ritmi in levare, crudezza punk e fiotto di emozioni ataviche. Salite a bordo, perché «Aa rivoluzioni un si fa chi social», non si cambiano le cose con un «like», ma la musica cosciente può aiutare. (guido festinese)
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