JAZZ
Bellezze
trasfigurate

Nuove, notevoli uscite per la Ecm di Monaco, quasi un viatico per accompagnare nei suoi scatti tra le nuvole, ora, il grande Roberto Masotti, che con la label tedesca lavorò a lungo. Prima segnalazione per Jon Balke Siwan con Hafla, che qui lavora con i Barokksolistene, nonetto a corde, e un settetto con violino barocco, tombak, viola, tastiere, kemence, tocchi d’elettronica e la voce sinuosa di Mona Boutchebak, in arabo e spagnolo, trasfigurando in pura bellezza l’antichissima musica arabo-andalusa. Oded Tzur, sassofonista tenore israeliano con base statunitense al suo secondo lavoro per Ecm, e quarto in carriera, Isabela, approfondisce la favolosa tecnica microtonale modellata sulle scale dei raga appresi presso i maestri indiani: un’altra via possibile per il jazz, parzialmente intuita negli anni Sessanta e ora in approfondimento. Apologia del silenzio e dei respiri musicali profondi con Opening, nuovo cd per il magnifico Trio diretto da Tord Gustavsen, di un lirismo asciutto e anti spettacolare. Steinar Raknes al basso è nuovo ingresso, ma l’equilibrio è intatto. (Guido Festinese)

ALTERNATIVE
Sussurri e grida
per una fiction

Tre dischi per tre artiste tra le migliori in circolazione, a partire dalla splendida Anna Calvi che omaggia il protagonista della serie tv britannica Peaky Blinders, Tommy Shelby, con un ep intitolato appunto Tommy (Domino/Self). Quattro brani, due inediti, tra cui Burning Down dove la voce gioca tra sussurri e grida, e due cover, Red Right Hand di Nick Cave, riadattamento della sigla della fiction, e All the Tired Horses di Dylan. Da non perdere. A seguire Emma Ruth Rundle con il suo EG2: Dowsing Voice (Sargent House), sequel strumentale di EG1 del 2011. Qui spiccano la sua chitarra elettrica, che crea ambienti onirici e a tratti inquietanti, ma soprattutto la sua voce, utilizzata in maniera tutt’altro che convenzionale, per un risultato di altissimo livello. A chiudere l’irlandese Wallis Bird con il suo Hands (Mount Silver/Virgin), sottotitolo Nine and a Half Songs for Nine and a Half Fingers, a mettere in risalto la sua menomazione fisica. Menomazione che non le ha mai impedito di suonare, cantare e scrivere ottimi brani, come quelli qui presenti, tra elettronica, pop e alt folk. (Roberto Peciola)

JAZZ ITALIA
La ricerca
autoctona

Il canto femminile torna in Italia a frequentare il jazz di ricerca, tentando una via autoctona ed europea, a cominciare dal sorprendente Silence (Abeat) di Sonia Spinello e Roberto Olzer (piano), in quartetto con Eloisa Manera (violino) e Daniela Savoldi (violoncello): un sound cameristico con dodici brani, in puro stile Ecm, dove la splendida voce è contrappuntata da interventi limpidi ma soffusi, quasi a ribadire il valore dell’introspezione anche in musica. Arabesque (Alfa Music) di Elisabetta Guido, in trio con Mirko Fait (sax) e Martino Vercesi (chitarra) e con Fabrizio Bosso special guest, offre un vocalese aggiornatissimo, swingante, in mezzo a nove brani autografi, con ballad, tanghi, blues, dai testi a volte di impegno civile. Infine Eve (Caligola Records) di Chiara Pelloni, ci riporta su un terreno più cantautorale, benché il sestetto accompagnatore possegga un linguaggio hard bop: un riuscito connubio stilistico tra folk e jazz, in un concept album sulla storia del viaggio di una donna tra Italia e Spagna. (Guido Michelone)

SPERIMENTALE
Tra uomo
e spazio

Le idee, combustibile e comburente della creatività. Martin Text, musicista di Trondheim, Norvegia, pubblica Second Room. Si tratta di quattro incisioni originatesi da una dissertazione filosofica dell’architetto giapponese Sou Fujimoto: l’elaborazione compositiva ha portato il leader e i suoi sodali a dare sostanza e forma, di matrice sperimentale, al rapporto tra uomo e spazio circostante. Ardito, intellettuale e riuscito, come si apprezza in Disruption, Disjunction, Deconstruction e Cave vs Nest. Text fa uscire il disco per l’etichetta da lui diretta, quella Sofa Records da cui arriva anche Swagger delle Propan, duo vocale composto da Natali Abrahamsen Garner e Ina Sagstuen, che in questa circostanza con l’aiuto dell’ensemble Propanions volano altissime tra frammenti electro e paesaggi pop contemporanei. Suonate A V e B II. Light as Never (Aspen Edities) di Linus + Økland/Van Heertum/Zach è la dimostrazione che orizzonti sonori diversi, se entrano in empatia, forgiano bellezza. Improvvisazione ed emozioni in Convay. (Gianluca Diana)

LEGENDA

* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

R’N’B
Senza
segreti

THE BLACK KEYS
DROPOUT BOOGIE (Nonesuch)

**** Prendete R.L. Burnside, Junior Kimbrough e i North Mississippi Allstars ed avrete l’ispirazione piena del nuovo di Auerbach & Carney. Che come pochi son capaci di aggiungere gradevolezza pop nei momenti giusti grazie a suoni e manipolazioni degne solo di chi conosce davvero il mestiere. E mentre ospiti come B. Gibbons, S.E. Ferrell e G. Cartwright sono ben coesi nel tutto, è palese che i ragazzi originari dell’Ohio si divertano. Consigliamo caldamente per la leggerezza Wild Child, per l’allegria For the Love of Money e per l’intensità Good Love. (gianluca diana)

INDIE ROCK
Una scossa
dance punk

BLOC PARTY
ALPHA GAMES (Infectious/Bmg)

**** Un gran bel «bentornati!» alla band londinese, dopo sei anni di silenzio. Kele Orekeke e soci forse hanno capito l’antifona e invece di andarsene per la tangente alla ricerca di nuove strade (vedi l’ultimo lavoro, Hymns), sono tornati verso quel suono che li ha contraddistinti fin dagli esordi, proiettandoli tra i gruppi di culto dell’indie wave di inizio millennio. E quindi via con chitarre elettriche che fanno le chitarre e ritmiche tirate per un disco dance punk non irresistibile ma molto, molto intrigante. (roberto peciola)

AFROELECTRO
Tripudi
d’energia

CONGOTRONICS INTERNATIONAL
WHERE’S THE ONE (Crammed Discs)

**** In origine ci fu il disco doppio Tradi-Mods vs Rockers: Alternative Takes on Congotronics, storia del 2010 di come un suono antico e modernissimo dalla scena di Kinshasa si trovasse a proprio agio con le avanguardie popular europee e statunitensi. Non finì lì: tra il 2011 e il 2014 Konono no. 1, Kasai All Star, Deerhof, Wildbirds & Peacedrums, Juana Molino e Matt Melhan si ritrovarono assieme su un palco, per almeno una dozzina di volte, in giro per il mondo. Un affollato tripudio di energia che diventò deragliante e viva trance. Così fu e così sia, che diamine. (guido festinese)

TRAD
La strada
per Napoli

EDUARDO DE CRESCENZO JULIAN OLIVER MAZZARIELLO
AVVENNE A NAPOLI (La Nave di Teseo/Betty Wrong)

***** Rivisitazione della grande tradizione napoletana ad opera di Eduardo De Crescenzo, che sceglie la strada più ostica: via orchestra e orpelli vari, solo il (virtuoso) accompagnamento del pianista Mazzariello. Ne esce un piccolo prodigio di virtù e delicatezza, associate a pagine non necessariamente note della musica partenopea. Il box accoglie accanto al cd un prezioso volume di Federico Vacalebre – Storie del canzoniere napoletano – che racconta la genesi del disco e la nascita delle singole canzoni. Imperdibile. (stefano crippa)

RISTAMPE
«Il blues
sono io»

OTIS SPANN
OTIS SPANN IS THE BLUES (Candid)

***** Cantante e pianista (1930-1970), esponente del blues del Mississippi e poi di quello chicagoano (grazie alla lunga collaborazione con Muddy Waters) in quest’album del 1961, assieme a Robert Lockwood Jr. (voce e chitarra), sfodera gioie e lamenti del profondo Sud, in dieci pezzi trascinanti, che, proprio grazie a quest’album, aprono le porte alla riscoperta delle radici del sound afroamericano, soprattutto alla luce di un pianismo unico, sia pur memore del barrelhouse e del boogie-woogie. Forse Otis è davvero il blues, come afferma il titolo. (guido michelone)

ARCHIVE VALLEY
DAY IS OVER (Autoprodotto)
**** Seconda uscita per il trio che consolida e rilancia le qualità espresse con il primo lavoro. I mondi dell’old-time e della american primitive music sono qui un corpo unico e indivisibile, a cui si aggiungono i caratteri sonori del blues e del folk dell’età aurea. Tennesse Waltz e Down by the Riverside assurgono a vita nuova, come accade a Gospel Plow presa in prestito da Chance McCoy. Melanconica la title-track, mentre un tramonto dolce a New Orleans si materializza con Some Day I’m Gonna Find You. (roberto peciola)

JACOPO FERRAZZA
FANTÀSIA (Teal Dreamers Factory)
**** Un disco raffinato e intenso, e che rispetta alla lettera il titolo, e che, dal brano introduttivo, oscilla tra ipnotica oniricità, merito anche della voce fatata di Alessandra Diodati, e gli improvvisi strappi «raviani» della tromba ospite, stellare, di Fabrizio Bosso. L’equilibrio timbrico, molto vicino a certo prezioso e sfaccettato art rock canterburyano che fu, prevede anche accanto al basso del leader, e alla batteria, un violoncello e i synth di Enrico Zanisi, e in un brano il sax soprano di Marcello Allulli. (guido festinese)

DAVIDE LIPARI ONE MAN BLUEZ
BLOOSSESSION VOL. 2 (Bloos Records)
**** Partiamo dalla fine, in quanto la nona traccia è un’intervista tra Lipari e il boss della label Simone Scifoni. I due, che hanno una lunga militanza musicale assieme, danno vita a una conversazione che a tratti appare surreale. One Man Bluez tira fuori brani dal suo passato e gli dona vita nuova, rendendoli ancor più scabri e sporchi. Si impongono Shock!, Don’t Call Me on Sunday e My Woman. (gianluca diana)

ENRICO PIERANUNZI QUINTET
THE EXTRA SOMETHING (CamJazz)
**** Il «qualcosa in più» cui allude il titolo è giustificato dalla tipologia della registrazione, e dalla location: è un disco dal vivo, e il terzo che il pianista incide nel tempio dei templi del jazz, il Village Vanguard di New York. Un locale che infonde incandescenza hardboppistica e molti ricordi delle sessioni di Evans e di Coltrane a questo disco, con un gruppo dalla potenza indiscutibile, a catalizzare il tocco inimitabile del nostro. (guido festinese)

CHES SMITH
INTERPRET IT WELL (Pyroclastic Records)
**** Il batterista e vibrafonista di Sacramento, ma newyorkese per acquisizione culturale, si circonda di tre maestri del jazz sperimentale – Craig Taborn (piano), Mat Maneri (viola), Bill Frisell (chitarra) – per offrire una musica senza confini, dove l’improvvisazione e l’interplay guardano anche a sonorità colte e atmosfere cameristiche. La coesione fra quattro spiccate individualità approda, senza retorica, a picchi espressivi altissimi mostrando la vitalità dell’avanguardia. (guido michelone)

SUKI WATERHOUSE
I CAN’T LET GO (SubPop/Audioglobe)
*** Non è la prima volta, non sarà l’ultima. Modelle e attrici (ma vale anche per gli attori, sia chiaro) che sentono l’irresistibile impulso a cimentarsi anche con la musica. In genere gli esiti sono sconvenienti. Più di rado, sono così: non sapeste che l’inglese Waterhouse è, appunto, attrice e modella, vi sembrerebbe di ascoltare qualche inedito edulcorato dei Mazzy Star, o certa glassata pop music che occhieggia all’indie rock più morbido. Necessario? No. Grazioso? Senz’altro. (guido festinese)