Gli Ultrasuonati
JAZZ ITALIA
Formule
da esplorare
C’è sempre da esplorare, nella formula del trio in jazz: se il quartetto è base per l’intervento di un paio di solisti, in genere, con la ritmica che ne sostenga le evoluzioni, nel trio le energie devono disporsi come in un triangolo equilatero, nessun frontman, tutti per certi versi solisti. Succede ad esempio con la tromba pastosa e lirica di Francesco Fratini, che interagisce alla pari col basso di Giuseppe Romagnoli e la batteria di Matteo Bultrini in Queen Size (Re Mida Productions), un lavoro sulle piste di un hard bop filante. Out of Space (Abeat) è il titolo del trio elettroacustico a nome di Christian Mascetta, all’opera con le sue chitarre, unghiate profonde rock fusion, ma anche assorti momenti dove si valorizzano i silenzi, il basso elettrico di Piero Pancella, la batteria di Michele Santoleri. La tesa title-track ospita anche la voce di Miriana Faieta. Un trio speciale? HarpBeat Trio, con l’arpa favolosa di Ottavia Rinaldi, a tratti anche vocalist, il basso di Carlo Bavetta, la batteria di Andrea Varolo a inseguire in Krónos (Abeat) delicatezze e intarsi evansiani e profumi di Sicilia e mediterraneo: una meraviglia possibile. (Guido Festinese)
ALT POP
A tinte
fosche
Ne avevamo, colpevolmente, perso le tracce. Parliamo di El Perro del Mar, pseudonimo dietro cui si cela la cantante e autrice svedese Sarah Assbring, che torna con un album intenso e di classe, Big Anonymous (City Slang), che mette insieme alt pop e sprazzi di elettronica, quasi sempre a tinte oscure, date anche dai temi trattati nei testi: perdite, lutti ecc. Che messa così potrebbe anche allontanare anziché attrarre, ma è musica di qualità. L’ambiente e il nostro modo di relazionarvisi sono alla base del nuovo lavoro di Maya Shenfeld, Under the Sun (Thrill Jockey). Field recordings, elettronica minimale e strumentazione orchestrale rappresentano il cuore delle composizioni dell’artista israeliana di stanza a Berlino, per un disco a tratti inquietante ma al contempo affascinante. Inquietante è anche l’aggettivo che viene in mente all’ascolto di Orchards of a Futile Heaven (Thrill Jockey), collaborazione tra The Body & Dis Fig, ossia il duo drone metal e l’artista elettronica berlinese Felicia Chen. Il disco in questione si pone al centro tra i due precedenti, incrementando l’anima sperimentale del tutto. (Roberto Peciola)
WORLD MUSIC
Nostalgia
brasiliana
Ormai la musica brasiliana, come il jazz, viene suonata ovunque, con esiti brillanti a cominciare dall’esordio del contrabbassista di San Paolo Marcel Bonfim in Farewell/Despedida (Shifting Paradigmi): registrato a Chicago con un quartetto jazz locale, l’album propone sei pezzi originali e due standard (Edu Lobo e Baden Powell) nello stile di una combattiva borsa strumentale. Jazzistico – e non poteva essere altrimenti – pure l’approccio della vocalist australiana Sarah McKenzie in Without You (Normandy Lane Music) che a Los Angeles omaggia Antonio Carlos Jobim in undici sempreverdi alternati a tre nuovi brani in compagnia di personaggi illustri (Jaques Morelenbaum, Peter Erskine, Romero Lubambo) sull’onda di un sound delicato e romantico. Chi è invece più sentimentalmente vicina allo spirito della saudade brasileira è l’italiana Francesca Ajmar in Lux do mar (Auditoria) in quartetto ad alternare tre classici (Barroso, Bastos, Moraes) e quattro proprie composizioni: una musica al contempo leggera e intensa, grazie a raffinati virtuosismi sia canori che strumentistici. (Guido Michelone)
BLUES
Insolite
omonimie
Il fascino palese delle melodie. Uso egregio ne fanno Brothers Brown: Paul proveniente da Los Angeles a voce e chitarra, Brother Paul di Nashville alle tastiere e al moog (già membro dei Waterboys) e una masnada di ottimi sessionmen con cui hanno generato Nowhere Left to Go (Woodland Avenue). Oltre la divertente omonimia, siamo davanti a tredici canzoni di blues rock che pescano da atmosfere southern. Musica da strada per le vostre automobili, che trova la sua espressione migliore in Junior’s Back, Snakehole Road e nella title-track dove spicca Bobby Rush. Da Wichita Falls, Texas, abbiamo gli scoppiettanti Lone Star Mojo che presentano A Shot of the Blues (JoeMark Music): quattro mestieranti di vecchia data che sanno fare il loro con groove energici e ritmi sanguigni. Sinceri e schietti, in particolare con Americas Got the Blues, Desolation Blues e Corner Boogie. Ritorno per Reed Turchi con una riuscita testimonianza dal vivo, sintetizzata in Live on 29th Street Volume III (Devil Down Music). Spoken word in modalità hill country, intimo e notturno, su tutte Jared e Adam Hill. (Gianluca Diana)
LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico
NEO SOUL
L’eccellenza
del groove
BELLA BROWN AND THE JEALOUS LOVERS
SOUL CLAP (LRK Records)
***** Da Los Angeles un album semplicemente esplosivo. Bella Brown è un alter ego vocale di Tina Turner, Aretha Franklin, Sharon Jones, frullate insieme. Con lei suona una band da paura con un curriculum di pura eccellenza. Tutti insieme contribuiscono a rendere fantastico questo esordio in cui troviamo Funkadelic, Parliament, Sly and The Family Stone, il James Brown degli Eighties, Prince, Labelle, afrofunk, disco e un groove irresistibile, travolgente, spettacolare. Difficile trovare di meglio nell’ambito. (antonio bacciocchi)
ROCK BLUES
Una chitarra
di culto
HARRY HMURA
GOIN’ HOME (Music Train)
**** Nome di culto, apprezzatissimo da chi ama certo sanguigno rock blues fumantino, ma spesso ignorato dai grandi media, Hmura in realtà ha avuto un momento di clamoroso successo: nel 2010 la sua chitarra fiammeggiante innervava le musiche del celeberrimo videogioco Halo. Il chicagoano ha suonato con Buddy Guy, Muddy Waters, James Cotton, e tanti altri nomi dalla crema del genere: a buon diritto ora può far vedere cosa vale, in un lavoro in cui, a sostenerlo ci sono due italiani, Damiano Della Torre alle tastiere e Pablo Leoni alla batteria. (guido festinese)
R&B
Percorso
intimo
BRITTANY HOWARD
WHAT NOW (Island/Universal)
**** Voce duttile, potente ma capace anche di calarsi su basse tonalità blues, Howard è dal 2010 frontwoman degli Alabama Shakes. Dal 2019 ha intrapreso anche una carriera solista con l’eccellente esordio di Jaime, sospeso su atmosfere blues soul, funky jazz. Questo nuovo progetto si muove su coordinate simili ma si caratterizza per un percorso più intimo e, a tratti, perfino sentimentale. Stilisticamente vario, si permette citazioni alla Prince – l’implacabile Red Flags – e sinuosi soul comela title-track, e addirittura variazioni house in Prove it to You. (stefano crippa)
SPERIMENTALE
Progressioni
numeriche
KIM MYHR & KITCHEN ORCHESTRA
HEREAFTER (Sofa)
**** È sempre sorprendente l’ascolto del chitarrista e compositore norvegese. In questa circostanza ad accompagnarlo è un’orchestra di quindici elementi capace di garantire un approccio contemporaneo in bilico tra avant rock e impro jazz. Grazie a tale sostegno riesce a costruire un suono dove l’amore per l’India, attitudine psichedelica e capacità di costruire paesaggi sonori si fondono. Un’aura quasi mistica nelle undici tracce di questo doppio album, dai titoli in semplice progressione numerica, da cui segnaliamo I, IV, X e la chilometrica ipnosi di VII. (gianluca diana)y
ELETTRONICA
Un contrasto
costante
SEDIBUS
SETI (Orbscure/Cooking Vinyl)
**** Secondo disco per il progetto che vede insieme il leader degli Orb, Alex Paterson, e un ex membro della band inglese, Andy Falconer. Ci si divide tra momenti di pura ambient elettronica e spunti acustici dettati da chitarre, mandolini e percussioni etniche, tra attimi di oscurità e lampi di luce, tra prolungati istanti di minimalismo sonoro e scatti in avanti verso ritmiche inaspettate. Insomma, Seti, che per i due vuol rappresentare una ricerca verso lo spazio più profondo, è un disco che vive di costanti contrasti. (roberto peciola)
STELLA BURNS
LONG WALK IN THE DARK (Brutture Moderne)
**** Chissà se un giorno Ry Cooder avrà occasione di ascoltare questo disco dell’ex leader degli Hollowblue: potrebbe piacergli, e molto. Torch song e ballad midtempo strappacuore che fanno pensare a bicchieri mezzi vuoti e posacenere strascolmi, echi di un Morricone stanco e avvilito, ma sempre epico, l’ombra lunga e consueta di Bowie, l’aiuto di amici eccellenti dal miglior indie rock. Un duetto con Mick Harvey, uno con Ken Stringhfellow (Rem, The Posies), lo spoken word di Dan Fante. (guido festinese)
GRANDADDY
BLU WAV (Dangerbird)
*** Dopo ben sette anni, e dopo la scomparsa di Kevin Garcia, bassista e cofondatore della band, tornano i Grandaddy di Jason Lytle. O meglio, torna Jason Lytle. Perché in Blu Wav fa tutto lui, a parte la pedal steel guitar, vera novità del disco. Per il resto una serie di ballad folk, tredici per l’esattezza, in tre quarti, con la chitarra acustica a dettare tempi e atmosfere, su cui si appoggiano qua e là i synth e, appunto, la pedal steel di Max Hart. I fan apprezzeranno. (roberto peciola)
QUARTETTO SINCRONIE
MALIPIERO-MONTEVERDI (Stradivarius)
*** Alternare i Quartetti n. 2, 3 e 6 di Gian Francesco Malipiero (1882-1973) alla Messa a quattro voci di Claudio Monteverdi (1567-1643) può sembrare un azzardo, ma si tratta in realtà dell’arrangiamento della musica rinascimentale da parte dello stesso novecentista, quasi a ricordare come il moderno compositore italiano preferisse rifarsi alla polifonia per superare la musica classica quale sinonimo di accademismo. (guido michelone)
NATHALIA SALES
ISTO È BOSSA NOVA (Personal Music)
**** Una voce che sembra un vento sbarazzino che spalanca la finestra per farti vedere che è arrivato il sole, quella di Nathalia Sales, una chitarra sapiente, Claudio Moro che intercetta, precede, completa ogni piega melodica di canzoni che sono patrimonio dell’umanità, non solo del Brasile. E ancora gli intermezzi recitati di Sandra Ceriani, le note storiche sagaci di Enrico De Angelis, un inedito del clarinettista Marco Pasetto che da solo è un altro colpo di zefiro a scaldarci il cuore. Accademia bossa nova: senza accademie. (guido festinese)
MARCEL SMITH
FROM MY SOUL (Little Village)
*** Sempre effervescente il cantante afroamericano. Con Kid Anderson a sopraintendere al tutto, Smith riesce a garantire una prova di qualità assai old school. Le coordinate stilistiche includono soul, gospel e ballate strappalacrime della miglior specie. Eclatanti in tal senso sono la morbida If You Miss Me e l’intensa My Heart Told a Lie. Spazio anche per le atmosfere ritmiche e corali di Freedom Blues e per l’energica Drunk. (gianluca diana)
ENRI ZAVALLONI
ORGAN EXPRESS (Atomic Studio)
**** Il disco del tastierista romagnolo (Hammond, clavinet, piano, moog) è un tuffo nel passato, a recuperare, in settetto, le meravigliose del soul jazz degli anni Sessanta: ma gli otto nuovi brani energetici, che pur si rifanno al sound di Jimmy Smith e soci, non sono revival o nostalgia, bensì un tentativo riuscito di andare oltre le formule ormai stantie del troppo hard bop che suonano quasi tutti i giovani jazzisti italiani. (guido michelone)
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