JAZZ ITALIA
L’«anello
di tenuta»

Non ancora trentenne, Mauro Patti è un talento da tenere d’occhio per il prossimo «anello di tenuta» del jazz italiano. Batterista e percussionista che scrive con scioltezza radicato nella sua Sicilia d’origine (è agrigentino), senza timore di mettere al sole le antiche radici greche della cultura della sua terra in Telamon (Dodicilune): quelle radici vivevano, di sole. All’opera un «tentet» eccellente, una citazione per Coltrane, una per Ellington con dedica a Capiozzo, ospite Giovanni Falzone. Dall’altro capo d’Italia, Belluno, il ventiquattrenne chitarrista Emiliano Bez, dal tocco preciso e dal fraseggio compiuto che per la stessa etichetta pubblica Wordless Tales, otto brani, uno di Wayne Shorter, maestro dei giochi armonici, per un viaggio in quintetto (notevole) che in tre partizioni mette a confronto mondi interiori e realtà quotidiana esteriore. Infine Hortus del Rio di Dario Piccioni (Filibusta), bassista e compositore romano col suo quartetto, un agile e palpitante jazz elettroacustico con attenzione speciale al Brasile poco convenzionale di Azimuth, Pascoal, Gismonti. (Guido Festinese)

ALTERNATIVE
Corde
sporche

Il rock resta sempre alla base dei nostri ascolti. Qui prendiamo in considerazione tra dischi ben diversi tra loro, a partire da Little Rope (Loma Vista), undicesimo lavoro per le Sleater-Kinney, con le sole Corin Tucker e Carrie Brownstein. Suoni saturi, chitarre potenti e batteria possente per un disco che certo non è, e forse non può essere, paragonabile ai loro esordi, e che strizza l’occhio a un ascolto rock più «mainstream». Ma nonostante ciò il livello è ben più che accettabile. Proseguiamo con il noise e sludge degli Eye Flys al secondo album, omonimo, per Thrill Jockey. Il trio arriva da Filadelfia – tra le città americane con una storia di attivismo sindacale – e uno dei membri è proprio un rappresentante sindacale molto «impegnato», cosa che si riflette nei loro testi spesso pervasi di ironici attacchi allo stato sociale Usa. Chi ama il genere apprezzerà. A chiudere i canadesi Hot Garbage e con Precious Dream (Exag Records), garage che risente della lezione Stooges ma anche più indietro. Alla produzione, per dare un tocco «raw’n’dirty» troviamo Graham Walsh degli Holy Fuck. (Roberto Peciola)

BLUES
L’effervescenza
del boogie

Per lo scorso Natale Alligator Records ha ristampato il doppio cavallo di battaglia Christmas Collection e Genuine Houserockin’ Christmas, micidiali raccolte che includono tantissimi «numeri uno» di ieri e oggi. Impossibile non citare Koko Taylor in Merry, Merry Christmas, Katie Webster in Deck the Halls with Boogie Woogie, William Clarke con Please Let Me Be Your Santa Claus, Charlie Musselwhite con Silent Night. Vengono aggiunti tre nuovi brani di cui il migliore è Ghost from Christmas Past di Kingfish Ingram. Nick Wade sorprende in Feeling Good is Good Enough (Esp), dove sfoggia un misto tra Delta e Bentonia Blues notevole. Dodici brani intensi e credibili che si esaltano in Broke and Busted e Down the Way. Da Belfast, Irlanda del Nord, Dom Martin presenta Buried in the Hail (40 Below Records). Gran voce, chitarra robusta sia in elettrico che in acustico e undici canzoni ben fatte che si contraddistinguono per una notevole dose di pathos: in ascolto l’Hill Country assai tirato di Belfast Blues e il boogie effervescente di Howlin’. (Gianluca Diana)

CLASSICA
Un rapporto
fruttuoso

Elusi o sminuiti dalla critica fino a pochi anni fa, i rapporti tra la cultura sonora afroamericana e quella colta occidentale risultano fruttuosi e poliedrici già dalle origini sia dall’una sia dall’altra parte, come mostrano questi tre cd. In Black Classical Music (19’40’’) gli italiani Esecutori di Metallo di Carta mostrano l’approccio alla classica di compositori black statunitensi fin dal Settecento (Joseph Bologne) e Ottocento (Thomas Wiggins) per non parlare delle epoche successive (Coleridge-Taylor, Still, Dett, Work, Eastman, Walker) con meravigliose sorprese. Per contro in Europa il parigino Jean Wiéner (1986- 1982) si rivela estimatore dei ritmi sincopati con diverse partiture riprese in Wiéner Blues (La Musica) da Denis Pascal a mostrare un interesse soprattutto verso il folklore nero. In parallelo anche in Germania in Der Wilde Sound der 20er. 1929 (BR Klassik), si «racconta», poco prima del nazismo, l’effervescenza culturale al massimo grado con Eduard Künneke e Hans Eisler: il primo, soprattutto, con la Tänzerische Suite teorizza e pratica un jazz sinfonico per la radio in forte anticipo sui tempi correnti. (Guido Michelone)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

CANTAUTRICI
Un’ispirazione
da caposcuola

ANY OTHER
STILLNESS, STOP: YOU HAVE A RIGHT TO REMEMBER (42 Records)

**** Talento cristallino e appeal internazionale, la veronese Adele Altro – alias Any Other – ha saputo come pochi in questi anni, raccogliere ispirazione da caposcuola (Joni Mitchell, Kate Bush in primis) e filtrarli attraverso una sensibilità assolutamente personale. Il terzo disco – a sei anni di distanza da Two, Geography – si compone di otto tracce tutte di assoluto livello che avremo modo di ascoltare dal vivo in un tour che dopo il debutto a Milano, la porterà in varie città italiane. (stefano crippa)

FUSION
Il ritorno
inatteso

CHICK COREA ELEKTRIC BAND
INSIDE OUT (Candid)

*** L’album è il quarto dei cinque lavori che il grande tastierista (qui al midi piano e ai sintetizzatori) registra con il nuovo gruppo, l’Elektric Band, con allora giovani virtuosi (Gambale, Marienthal, Patitucci, Weck) per un sorprendente, inaspettato ritorno alla fusion, di cui lo stesso Corea era protagonista prima con Miles Davis, quindi con i propri Return to Forever. Guardando retrospettivamente all’opera omnia, questo rappresenta forse l’unico periodo in cui il leader sperimenta la dialettica fra arte e tecnologia, azzardando una prova di forza che sa di virtuosismo spettacolare. (guido michelone)

 

BLUES/2
Acustico
a sorpresa

TINSLEY ELLIS
NAKED TRUTH (Alligator)

***** Inatteso e sorprendente. Il bluesman di Atlanta, Georgia, condivide questi dodici blues totalmente acustici, una prima volta assoluta nella sua pluridecennale carriera. Oltre l’esibizione in brevi set durante i suoi concerti, Ellis mai prima di oggi aveva inciso nulla in tale modalità. E l’esito è un piccolo capolavoro: tre brani di altri, eccellenti le versioni di Death Letter Blues di Son House e A Soldier’s Grave on the Prairie di Leo Kottke, nove a sua firma tra cui emergono gli slow Grown Ass Man e Hoochie Mama, il ritmico downhome di Tallahassee Blues e il selvaggio boogie di Devil in the Room. (gianluca diana)

 

WORLD MUSIC
Misteriose
esistenze

THE GURDJIEFF ENSEMBLE LEVON ESKENIAN
ZARTIR (Ecm)

**** Molte fasi della vita e delle opere di Georges Ivanovitch Gurdijeff rimangono un mistero fitto. Levon Eskenian, direttore artistico, sostiene, oltre all’unitarietà dell’opera, l’importanza delle radici armene, assire, greche, caucasiche, curde, persiane, arabe nella sua musica: qui affrontata, magnificamente, dal Gurdjieff Ensemble con strumenti acustici mediorientali, e il Coro da camera nazionale d’Armenia: confronto a tutto tondo tra Gurdjieff, Sayat- Nova, Ashugh Jivani, Baghdasar Dpir. Epoche e bardi che si tendono la mano, la voce, il suono. (guido festinese)

 

ALTERNATIVE/2
Uno sguardo
sul futuro

THE SMILE
WALL OF EYES (XL/Self)

***** Il 2024 è appena iniziato e abbiamo già quello che, al 99 percento, entrerà a far parte della cinquina dei migliori album dell’anno. Il secondo capitolo degli Smile di Yorke, Greenwood e Skinner riprende, amplia e, se possibile, migliora quanto i tre ci avevano regalato con l’esordio. Otto canzoni non canzoni – con uso egualitario di elettricità, elettronica e acustica – che potrebbero far parte del repertorio dei Radiohead ma anche no, appunto. I due guardano avanti, alla ricerca di nuovi orizzonti sonori, con la consapevolezza di potersi permettere quasi ogni cosa, compresi derive e azzardi. (roberto peciola)

 

DARIO SAVINO DORONZO E PIETRO GALLO
REIMAGINING OPERA (DIG)
*** Doronzo al flicorno e Gallo al pianoforte, più Michel Godard al serpentone in due brani, offrono sette pezzi tratti da altrettante opere liriche di Verdi, Monteverdi, Parisotti, Puccini, Mascagni, Giordani, Paisiello, rivisitati in una rilettura moderna, che evidenzia un dialogo fitto – senza sbavature o cali di tensione – tra spazi, dinamiche, virtuosismi, coloriture che confluiscono in una sonorità inedita di ardua collocazione, dove comunque il melodramma diventa musica da camera con un tocco jazz, come del resto riscontrabile anche nell’album gemello Reimagining Aria. (guido michelone)

GODS GIFT
TURN ALL THE LIGHTS OUT (Play Loud!)
**** Una storia punk e post punk da non dimenticare da Manchester, anno di grazia 1978. La formazione che ebbe il suo battesimo nel nosocomio psichiatrico chiamato Prestwich Hospital, viene qui messa in luce da una selezione di tracce che pesca tra 1979 e 1984, curata dal chitarrista e co-fondatore Stephen Murphy. Spontaneità come se piovesse, impulsività genuina e viscerale che esplode in canzoni come Good Evil, These Days e Clamour Club. Notevole anche il dvd allegato al vinile che li ritrae nel live del gennaio 1984 al Partkzicht di Rotterdam. (gianluca diana)

CLAUDIO MILANO’S END FRIENDS
MANIFESTAZIONI LIVE 2011-2023 (Music Force)
**** Parte Per causa-nostra, con Calloni, Tavolazzi e Tofani, e sembra che la macchina del tempo ci abbia restituito il Demetrio Stratos più urticante con gli Area. Claudio Milano è un uomo-teatro e un uomo-musica, con la sua voce impossibile ed estrema, a volte in canto difonico, una forza della natura e della cultura che qui, sullo spazio di due cd, affronta «live» in Italia e Francia con indole libertaria, Dante e Battiato, Kurt Weill e le note medievali. Il Carmelo Bene del canto. (guido festinese)

SARA PARIGI
STANZA (Viceversa Records)
*** Già con la band Lady in the Radiator, la cantautrice toscana Sara Parigi pubblica il suo esordio solista. Un disco, prodotto da Alessandro Fiori (ex Mariposa), che potremmo definire a metà strada tra un classico cantautorato italiano al femminile (vedi ad esempio Carmen Consoli) e un approccio sperimentale e elettronico che può richiamare alla mente addirittura Björk. Ovviamente il tutto con le dovute proporzioni, sia in un senso che nell’altro, ma è piacevole scoprire che c’è chi prova a mettersi in gioco sapendo che molto difficilmente potrà raggiungere chissà quali traguardi «commerciali». Ma siamo sicuri che questo Sara lo sappia già… (roberto peciola)

LOU TAPAGE
NOVECENTO (Autoprod.)
**** Si intitola come un vecchio disco di Paolo Conte il nuovo lavoro del gruppo occitano, ma lo sguardo nostalgico e ironico dell’Avvocato d’Asti diventa qui, invece, un’affilata riflessione su una contemporaneità che al «secolo breve» deve ancora molti saldi etici e di pensiero: pena l’abbandonarsi a un «nulla che avanza» ben evidente. Danze impetuose, cantautorato schietto, elettricità ed elettronica ben dosata, lingue che si incrociano: il combat folk rock dei Lou Tapage è più vivo che mai. Si balla, si pensa, ci si attrezza per resistere. (guido festinese)