JAZZ
Manipolazioni
consolidate

La deformazione, manipolazione, alterazione del suono base e «ben temperato» di uno strumento è pratica comune nelle note afroamericane, e acquisizione consolidata per le note classiche contemporanee. Garantisce esiti espressivi di altre estetiche musicali in azione. Il trombone, attrezzo ingombrante ma agile nelle mani di jazzisti come Mangelsdorff e Schiaffini, per fare due nomi, si presta bene: e Sebi Tramontana, in Unfolding to Be You scatena in quindici brevi e brevissimi sketches sonori (tranne il lungo brano che intitola) una panoplia di risorse acustiche entusiasmanti. Il cd esce per We Insist!, e per la medesima label esce Songs and Poems di Andrea Grossi Blend 3 per un progetto che accorpa molti flussi sonori delle note improvvisate afroamericane ed europee, sulla base soprattutto di poesie di Emily Dickinson ed E.E. Cummings. Il dialogo incessante, che presuppone reattività immediata al centro di Fragile (Intakt), dove i sax della grande Ingrid Laubrock incontrano il piano di Andy Milne, a lungo collaboratore dei Metrics di Steve Coleman. (Guido Festinese)

ELETTRONICA
Un esperimento
teutonico

Da poco tempo ci ha lasciati un grande della musica, Klaus Schulze, tra le figure preminenti del cosiddetto krautrock, genere al quale è facilmente associabile un altro importante artista della scena tedesca, Conrad Schnitzler, membro dei primi Tangerine Dream e fondatore dei Kluster. Di Schnitzler la Bureau B (distribuzione Audioglobe) ripubblica ora due album seminali della sua arte, Con 84 – uscito nel 1984 – e Consequenz II – pubblicato due anni dopo -, quest’ultimo in collaborazione con Wolfgang Seidel, che per l’occasione prese il soprannome di Sequenza. Sperimentazioni elettroniche e ritmiche come da «regola» per la scena teutonica del periodo, che con la recente scomparsa di Schulze assume un ulteriore valore storico. Sempre dalla Germania, da Amburgo per la precisione, arriva anche Richard von der Schulenburg con il suo Cosmic Diversity, ancora per Bureau B. Qui l’elettronica è meno sperimentale e guarda, ad esempio, alla lezione di gruppi come i Plaid, con un sottofondo di cupezza che dona carattere al tutto. Ci piace. (Roberto Peciola)

BLUES
Le luci radiose
della Bay Area

Luce e suoni radiosi. Bay Area di primo livello quella che si ascolta nell’ottavo disco per Mighty Mike Schermer intitolato Just Gettin’ Good (Little Village). Per darvi un’idea, la sua band è composta da gente che ha lavorato con John Lee Hooker, Little Richard, Elvis Costello e quanto di meglio possiate immaginare. Qualità a iosa, anche nella scrittura del leader che ci dona un album di West Coast Blues con influenze r’n’b. Segnaliamo Spend the Night with You, Tired of Travellin’ e Kimmy Gimme. Che classe anche Sugaray Rayford che torna con In Too Deep (Forty Below Records). Consueto carattere soul ma pregno di blues come lui sa fare anche in questo caso e mentre i fiati sono il suo naturale alter ego, lui canta e sopravvola su tutto. Ci si diverte grazie a Invisible Soldier e al funk blues di Miss Information. E all’improvviso la tradizione spaccacuore di Please Take My Hand. Complimenti. Un vecchio amico ancora in giro attraverso i suoni di altri è Half Deaf Clatch: A Tribute to Bukka White via Speak Up Recordings. è un ep sincero da apprezzare. (Gianluca Diana)

VOCALIST
Tra magie
e inconscio

Tre dischi dove la vocalità femminile si confronta con la sperimentazione musicale variamente declinata tra jazz, folk, world, contemporanea. Alessia Tondo in Sita (Ipe Music), già voce del Canzoniere Grecanico Salentino, per l’esordio solistico offre un sound ricercato, concependo la narrazione musicale come un evento di guarigione, puntando di conseguenza su delicati bilanciamenti tra intimismo e universalità, magia e inconscio, recuperando, a livello sonoro, la cultura etnica locale. Louize & The Rickety Family con In & Out the Wild Side (Dodicilune) presenta un quartetto (più 5 ospiti) con la vocalist Luisa Tucciarello, che parte da un folk remoto per addentrarsi nei meandri di un jazz avanguardista, intento, a sua volta a esaltarne le scintillanti qualità canore. Infine nell’Entanglement Trio di A Brief History of Time (Nusica.Org) la ritmica di Matteo Lorizzo e Andrea Ruggeri sostiene le funamboliche improvvisazioni di Beatrice Arrigoni al limite tra fonemi e rumorismo, in un viaggio all’insegna dello studio degli equilibri universali fra le teorie di Hawking e le poesie di Eliot. (Guido Michelone)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

ALT ROCK ITALIA
Ostinato
e contrario

PIERPAOLO CAPOVILLA E I CATTIVI MAESTRI
PIERPAOLO CAPOVILLA E I CATTIVI MAESTRI (Garrincha Dischi)

***** Nuovo progetto per l’ex voce del Teatro degli Orrori, e che progetto! Accanto a lui Egle Sommacal, Fabrizio Baioni e Federico Aggio, per un disco duro, diretto, ma in direzione ostinata e contraria. Un lavoro che non risparmia pugni ma anche un paio di carezze, come dice lo stesso Capovilla. È rock come qui non se ne sente da troppo tempo, condito da testi lucidi e senza sconti verso gli scempi sociali, tra poveri sempre più ai margini, ricchi sempre più ricchi, razzismo imperante, migranti e così via. Ci voleva! (roberto peciola)

RISTAMPE
Un repertorio
arcano

LIGHTIN’ HOPKINS
IN NEW YORK (Candid)

***** Pochi ricordano che la casa discografica di Charles Mingus, dalla vita breve (circa un anno), produsse, oltre il sound d’avanguardia, anche long playing di blues, quasi a ribadire la continuità fra le radici afroamericane e il successivo jazz nero. Il cantante Sam Lightin’ Hopkins (1912-1982) sfodera otto perle del proprio arcano repertorio, accompagnandosi al piano e alla chitarra: il pathos attualissimo di un campagnolo texano, tra work song e boogie woogie, nella Grande Mela da un lontano 15 novembre 1960. (guido michelone)

AFRO ELECTRO
Potenza
subsahariana

SLIKBACK
CONDENSE (Autoprodotto)

***** Che genio il musicista keniano. Che persegue nel suo percorso artistico dove sceglie e fonde in una entità nuova il suono electro di provenienza subsahariana con enorme maestria. Intendiamoci, poliritmie e buon gusto derivano dalla terra natia, ma indubbiamente Fredrick Njau, destruttura e costruisce contemporaneità che volta dopo volta brilla di afrofuturismo, industrial, techno e sperimentazione. Un lavoro di inaudita potenza, ben espressa tanto quando si rallenta in Uendeligt che al massimo delle battute di Kwangya e In da Back. (roberto peciola)

TECHNO JAZZ
Il disco
in progress

JIMI TENOR
MULTIVERSUM (Bureau B/Audioglobe)

**** Il fiatista e polistrumentista finlandese prosegue il suo tortuoso cammino artistico con un nuovo lavoro che assimila buona parte delle influenze che ne hanno caratterizzato la lunga e intensa carriera. Basi elettroniche, dubstep, drum’n’bass, techno, su cui si dipana un cool jazz pieno di groove che guarda ora ad atmosfere classiche e subito dopo al jazz orchestrale, movenze be bop, suggestioni bossa e tanto altro. Multiversum è un disco «aperto» e in progress, moderno, sperimentale, innovativo. (antonio bacciocchi)

ALTERNATIVE
Al massimo
livello

ZOLA JESUS
ARKHON (Sacred Bones/Goodfellas)

**** Nika Roza Danilova, in arte nota come Zola Jesus, è tornata, a cinque anni dal precendente Okovi, con un disco, il quinto della sua carriera, in cui forse come mai prima è riuscita a mettere a fuoco tutto il suo potenziale, magari aiutata in questo anche dalla produzione di Randall Dunn, già al lavoro con band quali Sunn O))) o Wolves in the Throne Room. La miscela di suoni che la portano a spaziare dall’alt folk all’elettronica, dal gothic al pop con punte sperimentali è qui al suo massimo livello. Notevoli, in tal senso, The Fall, Into the Wild e Sewn. (roberto peciola)

MATMOS
REGARDS/UKŁONY DLA BOGUSŁAW SCHAEFFER (Thrill Jockey)
**** Ogni opera dei ragazzi di Baltimora è qualcosa che dona nuovi orizzonti. È valsa la pena fare rotta verso l’Instytutu Adama Mickiewicza di Varsavia per entrare negli archivi del compositore polacco Bogusław Schaeffer e da lì cogitare per produrre nuovo materiale. Sempre cerebrali e centrati in ambito sperimentale, a cui aggiungono tocchi quasi pop di tanto in tanto. Per voi Flight to Sodom/Lot do Salo, Resemblage/Parasamblaż e If All Things Were Turned to Smoke. (gianluca diana)

NUDHA
NUDHA (Solid Records)
*** Cantante, autrice e musicista, Sara Zaccarelli, in arte Nudha, è al suo esordio con un progetto interamente cantato in italiano. Voce importante dalla tecnica ineccepibile, si circonda di firme importanti: Chiedimi è composta a con Francesco Bianconi, Con le mani vede il featuring di Mauro Ermanno Giovanardi, Traffico quello di Appino. Dodici canzoni dalla solida costruzione che si avvalgono, nel mix, della presenza di Tommaso Colliva. (stefano crippa)

MIRCO PALAZZI E MARCO SCOLASTRA
VENITE A INTENDER (Urania Records)
**** Music on Dante’s Verses è il sottotitolo di un’antologia di sei autori otto-novecenteschi (Donizetti, Rossini, Marchetti, Pinsuti, Morlacchi, Castelnuovo-Tedesco), ispirati, nei testi, dalla Commedia e dai Sonetti, quando l’Alighieri, grazie al romanticismo storico, diventa quasi un’icona pop, omaggiato da pittura e melodramma. Un cd per comprendere le fortune del genio fiorentino, ma anche la grande musica calata attorno a figure come Beatrice o Francesca da Rimini o il conte Ugolino, qui «interpretate» da basso e pianoforte. (guido michelone)

DON MICHAEL SAMPSON
THE FALL OF THE WESTERN SUN (Appaloosa)
*** Niente da dire, fin quando esisteranno figure di una caratura spessa e onesta come Sampson, quel variegato universo di suoni roots country’n’roll e blues che comprendiamo nell’etichetta «americana» continuerà a camminare su gambe da maratoneta. Lui non ha mai avuto grandi fortune, ma l’affetto incondizionato di Neil Young, Ben Keith e Warren Haynes (gli ultimi due suonano anche qui) dovrebbe dirci qualcosa. Canzoni senza tempo, perché il tempo è con lui. Dal 1978. (guido festinese)

SAY SUE ME
THE LAST THING LEFT (Damnably)
*** L’Estremo Oriente musicalmente regala spesso chicche inaspettate. Tra i generi più gettonati ci sono la psichedelia, il noise, la musica sperimentale. Con il quartetto coreano Say Sue Me invece si va verso un indie rock molto «americano», ma che nonostante le molteplici influenze non perde freschezza e quella gentilezza tipica proprio del paese asiatico. Un bel dischetto. (roberto peciola)

J. PETER SCHWALM STEPHAN THELEN
TRANSNEPTUNIAN PLANETS (RareNoise)
**** Siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, scriveva Shakespeare, anche se il nostro presente sembra più che altro inchiavardato agli incubi. Consoliamoci con chi le derive ipnotiche e oniriche le conosce come pochi: J. Peter Schwalm, qui contitolare del progetto assieme
al chitarrista Stephan Thelen, e con gli apporti preziosi di Eivind Aarset, Tim Harries, Manuel Pasquinelli. Una navigazione ambientale e stellare che inonda di poesia chi ascolta, e rammenta il miglior kraut rock d’antan. (guido festinese)