ROCK
L’occasione
perduta

Un’icona! Lo è stato e lo resterà per sempre, per quanto fatto con i Genesis e poi per le magnifiche opere da solista, Peter Gabriel non può che essere annoverato tra i grandi del rock. Poco più di venti anni sono passati dalla sua ultima, non proprio memorabile, fatica discografica, New Blood, e quasi quaranta da quello che, per noi, è stato il suo ultimo lavoro di livello, So. Più di vent’anni, dicevamo, sono passati, al punto che ormai anche i fan più accaniti avevano perso le speranze di poter ascoltare nuovi brani dell’artista britannico. E invece, eccolo tornare in pista, con un disco, I/O (Real World), annunciato da tempo e anticipato da vari singoli, diviso in due versioni (Bright Side e Dark Side) per un totale di 21 tracce che sembrano solo un rimescolamento di cose fatte in passato, con la differenza, non banale, che se allora Gabriel era all’avanguardia nella ricerca dei suoni e delle soluzioni ritmiche e armoniche, oggi tutto appare sbiadito e, fatta eccezione per la sola Four Kind of Horses, non un pezzo lascia la voglia di essere riascoltato. Un disco di cui si sentiva il bisogno? Probabilmente no… (Roberto Peciola)

JAZZ
Poetiche
freschezze

Un vezzo snob impedisce spesso di cogliere la portata di freschezza poetica che hanno certi dischi, perché «di progetto»: quasi che il jazz dovesse ripetere all’infinito piste consolidate. Esistono invece progetti tanto spessi nella concezione quanto ricchi di pathos ed energia. Ad esempio Astrolabio mistico di Michel Godard con il suo antico «serpentone» e il basso e Roberto Ottaviano al soprano, inedita formazione completata dalle voci di Ninfa Giannuzzi e Anita Piscazzi, e dalla tiorba, grande liuto basso antico maneggiato da Luca Tarantino. Un incanto timbrico per raccontare la tragica storia di Bianca Lancia, l’innamorata di Federico II. Per Dodicilune due altri progetti: Concerto di Claudio Angeleri feat. Gianluigi Trovesi, splendido «live» con coro per omaggiare grandi lombardi della storia, tra echi mingusiani e mediterranei, e Cantus Firmus di Nicola Pisani, a dirigere la M.A.O. Orchestra, con Louis Sclavis e il Trio Vocale Aulos. Una vertigine che lancia ponti tra il gregoriano della Missa Paschalis e il jazz orchestrale: un ossimoro? Ascoltare per credere. (Guido Festinese)

AMBIENT
Un’atmosfera
abissale

Atmosfere per la fredda stagione. Sorprende il nuovo di Uruk, duo composto dall’italiano Massimo Pupillo e dall’inglese Thighpaulsandra, nome d’arte di Timothy Lewis. Pubblicano The Great Central Sun (Ici d’Ailleurs/ Mind Travel Series), quarantadue minuti in cui ci si immerge in un cosmo di matrice ambient e drone music assai oscuro: Per Speculum in Ænigmate e Radiating Rainbows sono un’immersione senza apparente fine verso abissi inquietanti e crepuscolari. Interessante l’uscita firmata da Carbon in Prose, alias dietro cui si cela il compositore di Seattle Cam MacNair. In Salt Water Blood (Dragon’s Eye Recordings) si viene immersi nelle acque dell’oceano che sono al centro del pensiero ambientalista dell’autore. Nove brani dove il sintetizzatore modulare Eurorak, il piano e i rumori marini d’ambiente si fondono in un coacervo di delicatezza. Per voi Crimson Waves. Angles & Elle-Kari with Strings con Kalypso Hypnos Drone (Thanatosis) rilasciano una unica traccia di circa un’ora. Una riflessione intrepida e decadente sul mito della dea marina Calipso. (Gianluca Diana)

JAZZ/2
La potenza
del vibrafono

La storia del jazz regala pochi ma grandi vibrafonisti – Lionel Hampton, Mill Jackson, Gary Burton – mentre ora i giovani che approcciano lo strumento sono molti, a cominciare dal francese Simon Mouiller che in Inception (Fresh Sound New Talent) adotta la formula del piano jazz trio (contrabbasso e batteria) interpretando nove standard in chiave moderna (mainstream) con incisivo brillante solismo. Quarto album in dieci anni di attività, il quintetto dell’italiano Mirko Pedrotti con Flam (nusica.org) esprime un linguaggio jazz articolato, tra improvvisazioni modali e melodie arabeggianti, riff veloci e brani onirici, in un lavoro ben coordinato con sax alto e ritmica. Infine il taiwanese Yuhan Su di Liberated Gesture (Sunnyside), anch’egli in quintetto propone un sound più versatile e a tratti sperimentale su dieci brani che denotano influssi eterogenei, pur richiamandosi a
un climax post bop felicemente riflesso anche sui continui interplay dove a guidare è un robusto vibrafonismo. (Guido Michelone)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

MUSIC HALL
Sotto mentite
spoglie

MAX CHAMPION
WHAT A RACKET! (earMusic)

*** Joe Jackson nella sua ormai ultraquarantennale carriera ne ha fatte (e viste) di tutti i colori. All’appello, dal punk al jazz e tutto o quasi quel che c’è in mezzo; mancava forse il music hall, genere di intrattenimento teatrale delle classi operaie inglesi nato verso la metà del XIX secolo. Presto fatto, basta prendere a prestito canzoni e nome di uno dei maggiori interpreti del genere, tale Max Champion, di cui poco è noto, mettere insieme un’orchestra di 12 elementi a cui presentare gli spartiti ritrovati negli ultimi anni ed ecco la nuova creatura artistica di Joe. Il risultato, divertente e fuori dal tempo e dai tempi! (roberto peciola)

 

JAZZ ITALIA
Libertà
totale

FRANCESCO CHIAPPERINI
TRANSMIGRATION (Splasc(h) Records)

***** L’organico guidato da Chiapperini (solista di sax baritono, clarinetto basso, flauto) è un 9et, estensione dei WE3 (con L. Pissavini, contrabbasso, e S. Grasso, batteria). Sette brani, tutte sue estese e articolate composizioni, dai vividi colori, incise live con musicisti giovani, a parte il veterano D. Cavallanti, di area avantgarde milanese. Il riferimento-modello sono i brani per gruppo allargato dell’inglese John Surman: il progetto sonoro di Chapperini si muove con originalità, assorbendo da varie «radici» e fondendo momenti compositivi con aree di totale libertà. (luigi onori)

 

AVANGUARDIA
La leggerezza
della pioggia

MARKUS FLOATS
FOURTH ALBUM (Constellation)

**** Leggerezza come se piovesse nel ritorno dell’autore canadese capace di volteggiare tra avanguardia pop, elettroacustica e il mondo dei synth. Per l’occasione fa confluire nei dodici temi presenti, l’ottimo quartetto della Egyptian Cotton Orchestra. L’apporto è fruttuoso, come si evince dalle atmosfere poliritmiche di As Above, da quelle cosmiche di Free Wifi e dall’orizzonte sonoro che trasfigura dalla notte all’alba in Death (pt. 2). Menzione a parte per l’emozionante chiusura con C (featuring the Voice of Fred Moten), dove spicca la presenza del poeta e intellettuale afroamericano. (gianluca diana)

 

SOUL
Come un disco
perduto

MAIIAH AND THE ANGELS OF LIBRA
MAIIAH AND THE ANGELS OF LIBRA (Waterfall Records)

***** Eccellente album di vintage soul confezionato alla perfezione dal collettivo tedesco degli Angels of Libra che supportano la potente voce di Maiiah, cresciuta in Germania ma di origini balcaniche, all’esordio discografico. A tratti ricordano la breve esperienza della mod band dei Makin’ Time di Fay Hallam ma il sound è decisamente intriso di black music tra soul, boogaloo, funk, rhythm and blues. Le canzoni sembrano arrivare da un disco perduto di metà anni Sessanta, i testi non mancano di riferimenti sociali, perfetto! (antonio bacciocchi)

 

RISTAMPE
Capolavoro
in free

MODERN ART TRIO
PROGRESSIVE JAZZ (Gle AM Records)

***** Terza ristampa curatissima in vinile e su cd di uno dei capolavori della discografia jazz italiana. Il gruppo, attivo dal 1967 al 1972, con Franco D’Andrea (piano), Bruno Tommaso (contrabbasso) e Franco Tonani (batteria) suona ciò che viene indicato in copertina più come neogenere che in qualità di titolo, strizzando l’occhio al prog rock di moda (il progressive jazz sarebbe quello di Stan Kenton degli anni Quaranta). In realtà il gruppo propone il free, allargando l’idea del piano jazz trio all’uso di fiati in senso polistrumentistico e inserendo richiami dodecafonici per un esito sempre sorprendente. (guido michelone)

 

MARIUSZ DUDA
AFR AI D (Kscope/Audioglobe)
*** No, non c’è errore nel titolo, perché la «paura» di cui si parla (afraid in inglese) è quella per l’intelligenza artificiale (AI in inglese), da qui la divisione del termine. Dopo un album in cui il leader dei Riverside aveva indagato la vita durante la pandemia ora prende ispirazione da quanto ChatGPT, Midjourney e i deep fake influenzino le nostre esistenze. E lo fa rilasciando un disco dove mette da parte il prog rock di cui è maestro per dedicarsi, ancora una volta, all’elettronica strumentale. (roberto peciola)

MAXIMILIEN MATHEVON
LE SOUVENIR DANS LA PEAU-SLAVERY EN TERRE NORMANDE (Plaza Mayor)
**** Musica tribale, western sound, piano ambient fanno della proposta di Mathevon un piccolo sunto del tempo presente. Questo serve a supporto di un documentario diretto da Thierry Durand. Maiximilien Mathevon apre a temi di ispirazione contemporanea rimanendo nell’alveo tonale. Per un pomeriggio di silenzi. (marco ranaldi)

MATTIN
SEIZE THE MEANS OF COMPLEXITY (Xong Collection)
*** Elegante vinile bianco a tiratura limitata (150 copie), il nuovo «disco da artista» della label bolognese (di proposito non firmato dall’autore) è un appello «politico»: vicino all’estetica di John Cage, la musica invita gli utenti dei social media a unirsi per combattere contro l’inquinamento mentale prodotto da molte fonti comunicative. A livello uditivo l’album ricompone differenti materiali usati da Mattin in performance interattive: una massa cristallizzata di frammenti sonori di ascolto impegnativo. (guido michelone)

OFF WORLD
3 (Constellation)
*** Creazione finale della trilogia del canadese Sandro Perri. Cinque temi ai quali partecipano un settetto di musicisti che manipolano varie componenti electro, ad esclusione dell’apporto dato dalla tromba di Nicole Rampersaud, la chitarra di Martin Arnold e da viola e violino suonati da Jesse Zubut (già in Zubot & Dawson). È proprio quest’ultimo a far salire di livello il lavoro che si muove nello spazio di intersezione tra acustica ed electro, rimodulando melodie in ogni dove. (gianluca diana)

FRANCESCO PONTICELLI
MEGAPASCAL (Tuk)
**** Cosa potrebbe succedere se Jonsi con i suoi Sigur Rós decidesse di darsi al jazz di ricerca e dalle soluzioni timbriche inconsuete, magari dopo una chiacchierata con Thom Yorke sugli ultimi esiti dei Radiohead? Probabilmente capiterebbe qualcosa di simile allo scrigno onirico di note qui racchiuso: basso, chitarra, una voce maschile da folletto, Samuele Cyma, l’arpa di Stefania Scapin, elettronica, un quartetto d’archi di svaporata, trasognata eleganza. Ecco fatto. (guido festinese)

YARÁKÄ
CURANNERA (Zero Nove Nove)
**** Diversi i premi di settore world music già in carnet, e tutti meritati: il trio tarantino dalla presenza scenica dirompente, con strumenti mediterranei vari, anche sciamanici, si presenta con un mini album tanto veloce quanto tutto sostanza nell’attizzare benevole fiamme «trance» e iatromusica, musica che deve curare il corpo e l’anima, invocare ed evocare. Un ponte tra le «curandersa» andine e le nostre curatrici di un Sud troppo spesso ridotto solo a cartolina o oggetto di studio asettico. (guido festinese)