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Gli Ultrasuonati

JAZZ Una complessa storia d’amore Il vibrafono, inventato all’inizio degli anni Venti, ha una storia d’amore complessa e motivata, con il jazz: è stato elemento di dirompenza ritmica nello swing […]

Pubblicato 11 mesi faEdizione del 25 novembre 2023

JAZZ
Una complessa
storia d’amore

Il vibrafono, inventato all’inizio degli anni Venti, ha una storia d’amore complessa e motivata, con il jazz: è stato elemento di dirompenza ritmica nello swing e nella jump music, basti pensare a Lionel Hampton, lunare attrezzo di ricerca con il cool jazz e la third stream, parte importante della modernità e della contemporaneità delle note afroamericane. Nuove leve si avvicinano allo strumento con rispetto per la storia e voglia di traguardarlo nel futuro. Ad esempio l’esordiente Vitantonio Gasparro, che, con gli affidabili Giuseppe Venezia al basso e Giovanni Scasciamacchia alla batteria in Introducing Vitantonio Gasparro (GleAM) mostra un grande equilibrio tra jazz classico e innovazione. Altro esordiente eccellente, il salernitano Antonio Della Polla con il suo Vibes Trio (Emme) con André Ferreira al basso e Vladimiro Celenta alla batteria. Uno sguardo internazionale? Dance Kobina (Blue Note) del veterano Joe Chambers: Michael Davidson a vibrafono e marimba fa scintille, in dialogo col Maestro, come da titolo: in congolese «ballare». (Guido Festinese)

ALT ROCK
Tradizione
antagonista

Il rock in varie forme. Quella dura e iconoclasta, ad esempio, degli Ex Everything, band post hardcore che arriva dalla Bay Area e pubblica il debutto Slow Change Will Put Us Apart (Neurot Rec.). Un disco che si inserisce alla grande nella miglior tradizione del genere, e lo si evince già dall’apertura The Reduction of Human Life to an Economic Unit, grezza e incazzata, così come il resto dei brani, dai titoli inequivocabilmente «antagonisti». Gran bella scoperta! Ci spostiamo in Germania dove operano i Maladie, formazione che partendo da un black metal molto teutonico riesce a mitigare il tutto con punte di musicalità, unendo momenti di puro rumore a elementi inaspettati di jazz o meno sorprendenti con puntate elettroniche e nel gothic. Il tutto nel loro secondo album For We Are the Plague (Apostasy Records). Per veri appassionati. A chiudere si va a Parigi con gli Howlin’ Jaws, anche loro al secondo disco con Half Asleep Half Awake (Bellevue). Un tuffo nel rock Sixties, psych pop, chiaramente derivativo (Kinks, Small Faces etc) ma decisamente divertente. (Roberto Peciola)

BLUES
Il profilo
abbandonato

Autunno ebbro di blues. Divertente uscita firmata da Ghalia Volt è Shout Sister Shout (Ruf Records). Volt ha oramai abbandonato, almeno in studio, il profilo da one-woman band: la dimostrazione è il solido trio con il quale ha strutturato la sua formazione. I componenti sono di ottimo ausilio alle varie direzioni prese dal disco, sia nel caso ci si muova a metà tra blues desertici e atmosfere post stoner (Insomnia), che quando si arriva dalle parti di Chicago (She’s Holdin’ You Back). Lavoro che pecca di originalità ma che si fa apprezzare. Buonumore anche per The Dig 3 che tornano con Damn the Rent (Autoprodotto). Gerry Hundt assieme alla sua armonica conduce i sodali in atmosfere old school modello Maxwell Street di Chicago. Blues urbani caldi e sincopati che si esaltano in Big Water, Coconut Curry Dance e Red-Tailed Hawks, dove per un attimo sembra comparire George «Harmonica» Smith. Simpatico esordio per gli australiani The Dead Amigos che con Dead Egos (Autoprodotto), fanno conoscere il loro rock blues con venature psych, che si esalta in How Long. (Gianluca Diana)

JAZZ/2
Variazioni
a sei corde

La chitarra jazz è diversamente protagonista in tre album che, comunque, mirano a ribadire la centralità dello strumento (nelle varianti acustico, semiacustico, elettrico) anche con formazioni e funzioni variegate all’interno di piccoli-medi ensemble. Il Doug MacDonald Trio in Edwin Alley (Dmac Music) conferma le doti solistiche e compositive del leader veterano, pronto a reiterare un solido efficace mainstream in nove brani originali. Dalla Norvegia Aadal con Voyager (Losen Records) presenta il quartetto europeo del chitarrista Michael Aadal che ha in André Kassen (sax tenore) il proprio contraltare solista alle prese con il tipico mood nordico in nove pezzi spesso innervati da atmosfere fusion più solari e meno gelide. Infine, giunto dall’India in America, Noshir Mody con A Love Song (Autoprodotto) dimostra il totale assorbimento del linguaggio postboppistico lasciando al proprio sestetto (in particolare al flicornista Benjamin Hankle) un’equa ripartizione delle parti improvvisative in cinque intense tracce. (Guido Michelone)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

SOUL
Il gusto rétro
della modernità

BLACK PUMAS
CHRONICLES OF A DIAMOND (ATO/Pias/Self)

**** Secondo album per il duo texano che, dopo l’acclamato esordio, compie un passo avanti, ampliando la gamma di influenze. Il sound rimane ancorato al consolidato gusto retro soul ma abbraccia ora anche gospel, jazz, funk, psychedelic soul, guardando a Marvin Gaye e Curtis Mayfield ma con un taglio moderno e ad ampio respiro. I brani sono intensi, composti benissimo, meno istintivi e più ragionati, suonati in modo impeccabile, con la giusta attitudine, personalità e un evidente gusto per la ricerca, pur in un contesto classico. (antonio bacciocchi)

 

RISTAMPE
Poliritmi
e melodie

CHEVAL DE FRISE
FRESQUES SUR LES PAROIS SECRETES DU CRANE (Computer Students)

**** Ristampa di estrema qualità del secondo lavoro per il duo di Bordeaux. I dieci brani registrati a settembre 2002 nello studio Black Box della città francese, sono la produzione più equilibrata del duo che terminerà la sua vita discografica con il terzo album Le lame du mat del 2005. In questa circostanza, l’omeostasi tra furore compositivo e consapevolezza identitaria è al massimo. Poliritmi e melodie si allacciano gli uni con le altre: attitudini jazz e math lasciano spazio a colori che rammentano paesaggi andalusi e suoni flamenco. (gianluca diana)

 

SKA POP
Lo stile
dei tempi

MADNESS
THEATRE OF THE ABSURD PRESENTS C’EST LA VIE (Bmg/Warner)

**** Ci sono band che non si possono non amare, e i Madness sono tra queste, fin dai loro esordi, ormai quasi 45 anni orsono. Questo nuovo album, il tredicesimo, mantiene pressoché intatto lo stile sonoro, con brani che guardano sempre a quello ska revival dei Sixties a cui sanno dare spunti pop e di follia. Il disco, con l’attore Martin Feeman nella veste di «narratore», è anche una risposta ai tempi assurdi che stiamo vivendo e Suggs spiega: «Sono membro di un gruppo chiamato Madness. Ma forse avremmo dovuto chiamarci ‘Sanity’». Come dargli torto? (roberto peciola)

 

JAZZ ITALIA
Misticismo
laico

SADE MANGIARACINA
PRAYERS (Tuk Music)

**** Sade Mangiaracina da Castelvetrano, ragazza prodigio della tastiera, ha già firmato dischi belli e importanti per l’etichetta diretta artisticamente da Paolo Fresu: sempre caratterizzati da un’attenzione forte a quanto le (ci) succede attorno. Ora ci porge il suo capo d’opera, un doppio cd con i due diversi trii con cui collabora, Bardoscia e Brugnano nel primo, Maltana e Aquino nel secondo, dai diversi equilibri timbrici, rafforzati da interventi del magnifico Quartetto Alborada. Lirismo, potenza, scrittura incantante. E un «laico misticismo» prezioso. (guido festinese)

 

JAZZ/3
Approccio
post free

TIM TREVOR-BRISCOE/SZILÁRD MEZEI/NICOLA GUAZZALOCA
BEFORE THEN (Not Two)

**** Quattro concerti tra Ungheria e Serbia, commentati da Barre Phillips e fondati sul concetto-pratica di composizione estemporanea. Piano (l’italiano Guazzaloca), viola (il serbo Mezei), sax alto-clarinetto (l’italo-britannico Trevor-Briscoe) si combinano fra organico cameristico-europeo ed approccio improvvisativo-contemporaneo post free. Grande sforzo produttivo della label polacca Not Two, cofanetto spartano ma funzionale: astrattismo visivo, foto del trio e dei singoli, package originale. Registrazioni del 2019. (luigi onori)

 

DAFT PUNK
RANDOM ACCESS MEMORIES (DRUMLESS EDITION) (Sony)
**** Nelle operazioni legate al decimo anniversario dall’uscita, il capitolo finale del duo francese ritorna in una nuova versione, decisamente originale, che mette in luce le grandi intuizioni melodiche dei Daft Punk. Tolta l’impalcatura – via la batteria, via le percussioni – l’impianto sonoro del grande omaggio alla disco music non perde di potenza, anzi, la amplifica. E per entrare ancora più all’interno della creazione del disco, i Daft Punk hanno presentato Memory Tapes, una serie di podcast con interviste ai vari protagonisti del disco. (stefano crippa)

JESSE DENATALE
THE HANDS OF TIME (Blue Arrow Records)
*** Canzoni cariche di luce, che sanno di estate. Col nuovo lavoro del cantautore di San Francisco siamo nel mondo folk e americana, dove grazie a una voce assai personale si è ritagliato da tempo un profilo di rilievo. Con maestria, ci porta attraverso ritmi soffici e accoglienti all’interno di liriche mai banali e sensibili all’attualità: ascoltare il messaggio solidale di Streets of Sorrow, la richiesta di pace e quiete di Stop the World e la catartica Late September. (gianluca diana)

GIOBBE
GENTLE DWELLINGS (Soundinside/Self)
*** Con Noel Gallagher nel cuore. Si potrebbe azzardare – ma poi mica tanto – questa affermazione per inquadrare il terzo album da solista del musicista campano. Un disco da puro songwriter dall’anima brit, che, intendiamoci, non significa copiare ma solamente prendere spunto da chi in questo campo e genere è sicuramente un maestro. Il giudizio quindi non risente di un qualsiasi preconcetto ed è assolutamente positivo. (roberto peciola)

SASHA MASHIN
HAPPY RUN (Birdbox Records)
**** Campiture ampie per i brani di questo trio a nome del batterista russo Mashin, fino al quarto d’ora e oltre. Già animatore di un laboratorio culturale, musicale e sportivo a Mosca, Mashin, oppositore della guerra è ora rifugiato politico in Italia. Qui ha trovato sponda ideale con tanti jazzisti: dal conterraneo Makar Novikov al nostro Rosario Giuliani. Reticoli poliritmici, pedali quasi «trance», citazioni da Stravinsky, impennate potenti per un disco dal suono naturale e rotondo. (guido festinese)

ENNIO MORRICONE
CINEMA RARITIES (Arcana/OutHere)
**** Le «rarità» non sono poi tante – forse solo i Quattro Adagi e la «vivaldizzazione» di un pezzo di Sergio Sollima – perché le suite basate sui film di registi come Agosti, Bolognini e Taviani offrono temi dal forte imprinting romantico; lo stesso dicasi per i temi di Lolita, La califfa, Il clan dei siciliani, C’era una volta il west. La rarità, piuttosto, consiste nel fare un intero album per violino e orchestra d’archi grazie alla conduzione e agli arrangiamenti di Marco Serino, già collaboratore del Maestro. (guido michelone)

VERONICA RUDIAN
IL VIAGGIO (Ada Music)
*** Piano solo in chiave new age per la giovane solista di Bordighera che dedica questo viaggio in sette capitoli agli elementi della natura (terra, acqua, aria, fuoco, più la luna): il discorso ecologico indiretto assume toni elegiaco-romantici grazie a uno stile compositivo che non può non richiamarsi a Chopin, verso il quale vanta un forte debito espressivo, risolto in passaggi melodici dal gusto moderno in una sorta di fiabesca attualità. (guido michelone)

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