Gli Ultrasuonati
JAZZ ITALIA Il duro esercizio del turnista Gaetano Duca è un giovane chitarrista e bassista siciliano che nella dura palestra del musicista turnista ha imparato ad approcciare stili, tecniche, estetiche […]
JAZZ ITALIA Il duro esercizio del turnista Gaetano Duca è un giovane chitarrista e bassista siciliano che nella dura palestra del musicista turnista ha imparato ad approcciare stili, tecniche, estetiche […]
JAZZ ITALIA
Il duro esercizio
del turnista
Gaetano Duca è un giovane chitarrista e bassista siciliano che nella dura palestra del musicista turnista ha imparato ad approcciare stili, tecniche, estetiche diverse. Dal reggae alla bossa, per intendersi. Certo, quando suona la «sua» musica viene fuori l’amore per il jazz e il segno forte che gli hanno lasciato ottimi maestri e ascolti storici. Un buon sunto in Bugiardi (Abeat) dove sette musicisti si alternano a seguirlo in un percorso molto funk che mette in conto gran declinazione di atmosfere, sottolineate da una filante trio di fiati. Lavora con la danza, con l’elettronica, con piccoli ensemble classici invece Michelangelo Decorato, e si sente: pianista e tastierista che in Flow (Abeat) si avvale della ritmica di Andrea La Macchia, basso ed elettronica e Marco Zanoli, batteria. Jazz eclettico, miniature di pura intelligenza sonora. Un giovane contraltista più che promettente è il ventenne Antonio Ottaviano, già Premio Urbani 2022: il suo primo disco, con un quintetto elastico e scattante su declinazione hard bop come il suo sax si intitola Bright as the Sun, e lo pubblica Emme. (Guido Festinese)
JAZZ
Essenzialità
orientale
Il Giappone è da oltre mezzo secolo tra le nazioni jazzistiche maggiormente progredite, soprattutto a livello discografico e organizzativo, anche se negli ultimi anni si moltiplicano i jazzisti di rilievo internazionale come ad esempio Masabumi Kikuchi che in Hanamichi. The Final Studio Recording (Red Hook) per piano solo offre standard e original perpetuando la moderna tradizione di uno strumento parallelo intrinseco all’intera storia del jazz e qui ricondotto a una essenzialità che può ricordare tanto Keith Jarrett quanto Thelonious Monk. Ben altri umori trasudano con Maze & Ikue Mori in Crustal Movement (Libra). Il quintetto della pioniera degli effetti elettronici (qui con due trombe, pianoforte, batteria) propone un free esasperato, lancinante, oltranzista che risolve spesso la libera improvvisazione in squarci rumoristi. Il Giappone ispira anche jazzmen europei come l’olandese Bo van de Graaf che in Shinjuku (I Compani), dal nome del teatro di Tokyo dove Coltrane tenne il suo primo concerto nipponico, omaggia ai sax con varie formazioni proprio quell’evento. (Guido Michelone)
JAZZ/2
Una frontiera
da abbattere
Frontiere da abbattere per dare spazio alla creatività. Quasi spirituale è Temporal Gardening (Aurora Records) firmato da Stephan Meidell & Bergen Barokk. L’incontro tutto norvegese tra il chitarrista e l’ensemble dedito alla musica classica è estremamente stimolante. Si tratta di una miscela tra barocco ed elettroacustica a cui Meidell aggiunge incursioni electro che aumentano risonanza e trascendenza delle incisioni. Per voi Creeping Thyme-Thymus Serpyllum, Weeping Willow-Salix Babylonica e Wisteria-Wisteria Sinensis. A tratti roboante è Myotis V.I (Sérotine Records) di Anthony Laguerre & Les Percussions de Strasbourg. Il leader prosegue il discorso aperto con l’album del 2019: anche ora tenta di dare struttura e forma a suoni che usualmente non si ascoltano. Gli elementi percussivi amplificano il raggio d’azione: trance quasi tribale in Myotis V.IV. Via Sub Rosa la ristampa del lavoro omonimo del quartetto Die Anarchistische Abendunterhaltung: bellezza tra jazz, folk e klezmer, come si percepisce in II Drieslagstelsel e V Drieslagstelsel. (Gianluca Diana)
ALT FOLK
La magia
dell’organo
Difficile incatenare in un genere il nuovo lavoro di Beirut, al secolo Zach Condon, il quale per qualche tempo si è ritirato su un’isola della Norvegia, dove ha scoperto la magia dell’organo della chiesa locale. E da lì sono nate le canzoni, rifinite una volta tornato nella sua casa americana, che compongono lo splendido Hadsel (Pompeii Records/Goodfellas). Un album che non è pop e non è folk, pur essendo entrambe le cose, dodici brani suonati e arrangiati da lui stesso che danno il senso del luogo dove hanno preso vita. Altro disco da prendere in gran considerazione, sempre a cavallo tra alt folk e pop è il nuovo di un veterano della scena, lo scozzese Kenny Anderson, in arte King Creosote, che torna dopo un’assenza di sette anni con I Des (Domino/Self), un disco che non cambia le coordinate del suo modo di comporre, ma lo conferma, a un quarto di secolo dal debutto, come una certezza nel panorama drone folk e affini. Chamber folk che sfocia nel pop e nel country per i Mutual Benefit con il nuovo Growing at the Edges (Transgressive/Pias/Self). Un buon lavoro a cui manca solo un pizzico di verve. (Roberto Peciola)
LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico
CONTEMPORANEA
Evoluzione
e dissoluzione
AA. VV.
HUNGARICA (A Parte Music)
**** Il disco dell’Ensemble Zene – sedici voci distribuite fra soprani, contralti, tenori, bassi – diretto da Bruno Kele-Baujard presenta nove composizioni ripartite fra i tre maggiori compositori ungheresi che a loro volta rappresentano tra il 1903 e il 1966 le tappe decisive nell’evoluzione del linguaggio tonale verso la dissoluzione, pur entro i canoni quasi obsoleti dei repertori a cappella: dunque Zoltán Kodaly, Béla Bartók, György Ligeti vanno ascoltati e interiorizzati in profondità onde comprenderne la ricchezza espressiva, dai riflessi tardoromantici fino a una mistica neoavanguardia. (guido michelone)
POST PUNK
Il dubbio
e la ragione
BAR ITALIA
THE TWITS (Matador/Self)
*** Secondo disco nell’arco del 2023 per il giovane trio londinese, di cui abbiamo recensito l’esordio pochi mesi fa. Con The Twits Nina Cristante e soci confermano, pur non facendoci «strappare i capelli», le buone impressioni del precedente lavoro dando ragione a quanti, oltremanica, ne hanno parlato come una delle «next big thing» della scena post punk revival, mista a una certa dose di shoegazing. Restiamo però dell’idea che, rispetto ad altri «colleghi», pecchino di originalità, ma i brani, nella loro semplicità, sono ben congegnati. (roberto peciola)
LIVE
Una gioia
palpabile
CHICK COREA & ORCHESTRA DA CAMERA DELLA SARDEGNA
SARDINIA/A NIGHT OF MOZART & GERSHWIN (Candid)
**** Corea se n’è andato da un paio d’anni, ma il suo sorriso giocoso e l’aria da monello della musica continuano ad aleggiare. Nulla di meglio allora che ascoltarlo in queste preziosa incisione «live» del 2018 con l’orchestra sarda diretta da Simone Pittau: il concerto per piano K491 di Mozart, Someone to Watch Over Me e la Rhapsody in Blue di Gershwin. Scintillio di tocco, gioia palpabile, e nessun timore di interpolare momenti di improvvisazione. Perfettamente pertinenti. (guido festinese)
R&B
Fuori
dal coro
DOMINIQUE FILS-AIME’
OUR ROOTS RUN DEEP (Ensoul Records)
**** Una voce decisamente fuori dal coro quella della canadese. La quale, come già dimostrato in passato, impone un talento che non è soltanto interpretativo ma anche autoriale. Siamo davanti a un disco di soul e rhythm and blues di gran classe, come si evince da Hide from the Drama e Just Let Me Go. La musicista marca la differenza anche con arrangiamenti minimali, come testimonia Feeling Like a Plant, dove l’intreccio di voce e percussioni genera brividi. Vale da sola il prezzo del disco la bellissima Quiet Down the Voices. (gianluca diana)
ALT POP
Su una strada
secondaria
ETHAN P. FLYNN
ABANDON ALL HOPE (Young/Self)
**** Quando un artista all’esordio se ne infischia di ciò che «funziona» commercialmente, e se ne va per la sua strada, è sempre da apprezzare. Se poi a questo riesce ad abbinare qualità compositive indiscutibili (oltre che tecniche) allora l’apprezzamento raddoppia. L’inglese Ethan P. Flynn è tra questi, e lo dimostra con un debutto – ma c’è da dire che ha all’attivo collaborazioni di tutto rispetto, da David Byrne a FKA Twigs – dove i riferimenti sono nomi come Randy Newman e Harry Nilsson, Bowie e Lou Reed, ma anche contemporanei come Father John Misty. (roberto peciola)
BOB BROWN
OBLONGATA (Rogue Art)
*** Il free bianco statunitense viene oggi esemplarmente condotto dalla generazione di mezzo, di cui l’esponente poco noto in Italia del sax alto (in due pezzi anche al flauto) esprime le migliori qualità in quartetto con Steve Swell, Chris Lightcap, Chad Taylor, lavorando molto sulla dialettica scrittura-improvvisazione, anche grazie a un interplay che garantisce una perfetta intensità, riscontrabile nello speculare Ocean, il disco per solo sax, uscito in contemporanea quasi a ribadire la necessità di operare in diversi contesti. (guido michelone)
LETIZIA BRUGNOLI
CRYSTAL FLOWER (Irma Records)
*** Primo elemento: Brugnoli ha una voce accattivante, con quel «quid» timbrico di calda rugosità che sottolinea e catalizza l’espressività. Secondo tratto, il sodalizio con Roberto Sansuini per le musiche garantisce melodie fresche e sorgive, in bilico tra il Brasile della bossa, della grande MPB e jazz tornito. Terzo fattore: i testi sono suoi, e li canta in inglese, portoghese, italiano. Aggiungete una band elettroacustica di sicura affidabilità, avvolgente il giusto, ed ecco un notevole e piacevole disco che si fa ascoltare con gioia. (guido festinese)
COLAPESCE E DI MARTINO
LUX ETERNA BEACH (Bmg/Warner)
***** Fuori dalla pazza folla, il duo ha scelto la strada del pop che non strizza l’occhio al radiofriendly e, se lo fa, regala ai fan perle di gran classe. Il loro nuovo lavoro è un raro gioiello d’autore, e se Battisti è principale fonte di ispirazione,arrangiamenti e testi (Ragazzo di destra) sono roba per palati fini. E poi chi può permettersi oggi un’apertura quasi prog (La luce che sfiora…) di ben 7 minuti? Disco italiano dell’anno, senza se e senza ma. (stefano crippa)
JONAS KAUFMANN
THE SOUND OF MOVIES (SONY CLASSICAL)
***** Kaufmann omaggia il cinema e il musical in un cd denso di atmosfere. Da Maria di Bernstein a Moon River. Poi grande omaggio a Morricone con Nuovo Cinema Paradiso, C’era una volta in America, Mission e classici come Singin’ in the Rain e Edelweiss da The Sound of Music. Jochen Rieder dirige la Czech National Symphony Orchestra. (marco ranaldi)
NIECY BLUES
EXIT SIMULATION (Kranky Records)
*** Janise Robinson, questo il nome all’anagrafe, arriva dall’Oklahoma meridionale che ha lasciato in gioventù per spostarsi ad Anderson, South Carolina. Nella locale università ha intrapreso il percorso di studi in teatro musicale, necessario ad affinare le capacità di recitazione, danza e canto. Attitudini artistiche che ha sintetizzato al meglio in questo disco dove i suoni electro sono la cornice in cui fa confluire sferzate gospel (Analysis Paralysis) e soul (U Care). Pop digitale (Violently Rooted, Cascade) di valore. (gianluca diana)
TRYPTAMIN
PIACENZA, WISCONSIN (Visory Records Suisse)
*** Disco puntiforme, denso di suoni e influenze diverse che lo rendono sorprendente a ogni nuovo ascolto. L’amalgama tra alt rock, pop, synth pop, new wave ed elettronica, con concessioni anche a derive prog sono supportate da melodie vocali mai scontate. La sintesi di tutto questo in Way Back Home, che se non fosse per la durata (6 minuti) potrebbe essere un pezzo da passare in radio. (viola de soto)
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento