JAZZ ITALIA
Ospiti
preziosi

Due ragazze, di gran perizia strumentale (e vocale): la pianista Elisa Marangon, allieva di Ciammarughi, la bassista elettrica Roberta Brighi, dal tocco nervoso e preciso, un ragazzo, Massimiliano Salina alla batteria, magnifico accompagnatore in interplay: questa l’ossatura di Canova Trio, nome preso dal borgo della Val d’Ossola dove si sono incontrati. In Agata (Filibusta) ospitano un nome prezioso, Fulvio Sigurtà con la sua tromba che illumina una musica già di per sé molto lirica, con tributi a Jobim, Bill Evans e Shorter. Un ospite speciale anche nel trio guidato dal giovane pianista di Erice Mauro Spanò; in tre tracce di Sentiero (Encore Music) c’è Gabriele Mirabassi col suo clarinetto fatato, a partire dal brano che intitola, di struggente dolcezza malinconica. Gran tocco sui tasti, ben aiutato da Bordignon e Mampreso alla ritmica. Ha grinta, scioltezza, atttitudine a frequentare le intersezioni fra mondi musicali diversi uniti dal collante jazz il chitarrista siciliano Carmelo Venuto, all’esordio con Orizzonte (GleAM). Un quartetto filante, e composizioni originali azzeccate e vive. (Guido Festinese)

HEAVY ROCK
Contributo
scandinavo

Se c’è una parte del mondo dove heavy rock e dintorni sono di casa questa è la Scandinavia, spesso con risultati di alto, se non altissimo livello. Quelli che andiamo a presentare qui non sono esattamente tra le migliori espressioni della scena nordica ma riescono comunque a dare il loro contributo. Come i norvegesi Ohmwork con il loro In Hindsight (Rob Mules Records), sesto lavoro che li vede impegnati in un compendio di sonorità heavy che sfociano verso lidi (quasi) prog, un po’ Alter Bridge, un po’ Black Sabbath e un po’ Rush. Dalla Svezia gli Svartanatt pubblicano Last Days on Earth (The Sign Records), un salto al classic rock dei sempreverdi Seventies. Prendendo spunti qua e là dalle grandi formazioni del tempo i cinque «capelloni» svedesi sanno come rendere quelle atmosfere in maniera credibile. Si rimane in Svezia con i Rave the Reqviem, band tra le più quotate del panorama industrial metal. Ex-Eden (Out of Line) si presenta, al solito, come un mix di puro metal, elementi elettronici, sprazzi di nu metal à la Korn e spunti sinfonici in stile Nightwish e simili. (Roberto Peciola)

TRIBUTI
Il genio
di Nogales

L’album «omaggio» o «tributo» è ormai un genere consolidato, entro cui ci si può sbizzarrire, come fa Noah Haidu in Standards (Sunnyside), dove, assieme a due ritmiche alternate, ripercorre, in maniera alquanto filologica, i fasti dello standard trio (Jarrett, Peacock, DeJohnette) a sua volta debitore delle novità dell’interplay alla Bill Evans. Dall’omaggio al quadrato al tributo «alla maniera di» è ciò che avviene per Matteo Mosolo & Flavio Zanuttini con Half Black White Half Yellow. Suite for Charles Mingus (Caligola): il magmatico jazz del genio di Nogales viene evocato ai minimi termini (contrabbasso e tromba), riuscendo a mantenere vivo il climax mingusiano, quasi parafrasando «storici» componimenti. Infine c’è chi come il quartetto Wave Cage in Even You Can See in the Dark (Shifting Paradigm) «celebra» non un artista o un genere, bensì un modo di fare musica, ossia la DIY Music; il fai-da-te applicato al jazz qui si confà a un gruppo assai ben bilanciato nel creare temi, strutture, improvvisazioni di ascendenza sperimentale. (Guido Michelone)

JAZZ
Avanguardie
inusuali

Il campo largo del jazz. Si mettono in luce i tellKujira che presentano il loro esordio omonimo pubblicato dalla Superpang Records. È un quartetto dalla composizione inusuale: alla viola di Ambra Chiara Michelangeli e il violoncello di Francesco Guerri si aggiungono le chitarre di Francesco Diodati e Stefano Calderano. Lo spettro sonoro esplorato nei cinque temi presenti fa riferimento all’area dell’improvvisazione e ai territori contigui. Non casualmente alle spalle del tutto vi è la presenza del collettivo di avanguardia Area Sismica di Forlì. Per carattere consigliamo i brani Trompe les dieux e Interior Sketch. Scabro e delicato al tempo stesso è Le Grand Lunaire (Folderol), a cura di Paolo Di Cioccio e Adriano Lanzi. Sono l’oboe e il theremin del primo, assieme alle chitarre del secondo, a dare vita alle undici incisioni incluse. Suonate Minotaur, Waiting. Lento e delicato è The River (Arjunamusic Records) a cura del João Paulo Esteves da Silva Trio. Un lavoro sobrio e acustico, con attimi di dolcezza e malinconia niente male, come si apprezza in Smoke Signals e Passing Wind. (Gianluca Diana)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

BOUNCE MUSIC
New Orleans
nel futuro

BIG FREEDIA
CENTRAL CITY (Queen Diva Music)

**** La bounce music di oggi e di domani è fermamente nelle mani della stella luminescente di Big Freedia. È un lavoro roboante ed esplosivo che non ha cedimenti, mantenendo metriche alte, a tratti velocissime, che trasportano la declinazione rap di New Orleans nel futuro. Il suono è carico in ognuno dei sedici brani, dai quali emergono suoni e groove di stampo tradizionale della città. Ne è un esempio Byg Time che implementa stralci del classico Iko Iko, su cui vola la special guest Kaimayah. Strepitosa è El niño Lil Wayne e Boyfriend. Autentiche hit sono anche Nola Babies e Bigfoot. (gianluca diana)

 

ELETTRONICA
Un quadro
ambient

FOREST SWORDS
BOLTED (Ninja Tune)

**** Dopo alcuni anni passati a scrivere musiche per balletti, film e videogame, l’inglese Matthew Barnes, in arte Forest Swords, torna a pubblicare un album, Bolted. Un disco che lo vede decisamente ispirato, a partire dal primo singolo, Butterfly Effect, con un sample vocale, mai ascoltato prima, di Neneh Cherry, per passare all’altro singolo, The Low, pensato addirittura per Yoko Ono, e per finire alla cavalcata orientaleggiante di Line Gold Cold. Elettronica post industriale, ambient pop, ritmiche trip hop e afro, questo il quadro, un bel quadro. (roberto peciola)

 

ELETTROPOP
Cambio
di rotta

KING GIZZARD & THE LIZARD WIZARD
THE SILVER CORD (Virgin)

*** La band più prolifica (o quasi) del momento non stacca mai la spina, ma stavolta quella spina non è attaccata a una chitarra bensì a tastiere e synth. Un album doppio con il secondo disco che presenta gli stessi sette brani in versioni extended mix. Potrebbe sembrare una sorpresa questo cambio di rotta ma i King Gizzard amano stupire, o almeno ci provano, e prima o poi ci si poteva aspettare un lavoro totalmente elettronico come questo, che va a pescare dalla wave, dalla dance e dal kraut buttando qua e là anche puntatine rap e funky. (roberto peciola)

 

JAZZ ITALIA/2
Lo splendore
di una stella

FEDERICA MICHISANTI QUARTET
AFTERNOONS (Parco della Musica)

**** Una corposa citazione dal Jack London del «vagabondo delle stelle» introduce il nuovo lavoro di Federica Michisanti. Si parla di infanzia, e di quando la mente, la coscienza e l’identità sono un processo in divenire, con continue ridefinizioni nel flusso esperienziale. Ben si attaglia a questo lavoro quieto e spericolato assieme della bassista compositrice, affiancata da un trio stellare di menti musicali sempre in allerta: Louis Sclavis ai clarinetti, Vincent Courtois al violoncello, Michele Rabbia con le sue percussioni intarsiate di elettronica. Splendido. (guido festinese)

 

R&B
Un rischio
calcolato

SIPHO
PRAYERS & PARANOIA (Dirty Hit/Self)

**** Debutto di spessore per il musicista di Birmingham che mescola con nonchalance gli ascolti giovanili – Paramore, Foo Fighters – con (ri)scoperte soul. Il risultato produce un disco vario che non teme di accollarsi rischi – la troppa varietà genera sgomento nei programmatori radiofonici – e al contrario incuriosisce l’ascoltatore. Curato musicalmente nell’artwork, con una copertina che cita nozioni freudiane, e nei testi: Elevation si concentra sul ruolo dei social media, mentre The Chemicals sottolinea la complessità dell’essere umano. (stefano crippa)

 

 

AMATO JAZZ TRIO
KEEP STRAIGHT ON (Abeat)
**** Ha quasi dell’incredibile la pervicacia, la costanza nella ricerca di un suono che tenga assieme tutti gli apporti in un dialogo incessante e in ascolto reciproco a un livello superiore. I fratelli Amato sanno mettere in pratica il tutto da oltre quattro decenni. Uno di loro non c’è più, Elio (tasti), Alberto (basso e violoncello) e Loris (batteria) hanno rinserrato le fila, e vanno avanti con un’ostinazione e una creatività (il Keep Straight On del titolo) che sorprende e incanta. Viaggiate con loro: ne vale la pena. (guido festinese)

NAOMI BERRILL
INISH (Moonrise/Egea)
*** Cantautrice e violoncellista irlandese, con domicilio fiorentino, al terzo lavoro offre una sorta di concept album che dedica alle due isolette Inishark e Inishbofin situate di fronte alla costa ovest dell’isola: tra fiction, realtà, fiaba, mitologia si dipanano dieci song che parlano di avventura, coraggio, luce, amore, come pure di solitudine, pericolo, avversità, dolore, tra musica folk e classicheggiante, tra echi onirici e atmosfere minimaliste. (guido michelone)

EMERSON STRING QUARTET
INFINITE VOYAGE (Alpha Classics)
**** Il «viaggio infinito» è quello percorso dal francese Emerson String Quartet, con il supporto della soprano Barbara Hanningan e del pianista Bertrand Chamayou in quattro composizioni eterogenee: la dodecafonia nei due String Quartet di Arnold Schoenberg e Alban Berg, la musica giovanile di Paul Hindemith (Melancholie), la variante del tardo romanticismo francese nella Chanson perpétuelle di Ernest Chausson. Come scrive Eugene Drucker, direttore del quartetto, ciò che unisce queste opere
è l’espressione di un desiderio irrealizzato (e forse irrealizzabile) e l’attaccamento dei quattro autori al loro ideale estetico. (guido michelone)

ANNA LAPWOOD
LUNA (Sony Classical)
***** Sembra una particolare dimensione quella che crea Anna Lapwood, organista fra le più innovative del novero mondiale, che presenta un disco di rara bellezza. Un excursus nel mondo cinematografico dove i tanti temi proposti servono a una sorta di malia antica con affaccio sul classico. (marco ranaldi)

MARTHE
FURTHER IN EVIL (Southern Lord)
*** Nel 2019 l’esordio con l’ep Sisters of Darkness faceva presagire buone cose. Promessa mantenuta con questo primo album per la one-woman band. Sei brani per circa 45 minuti al fulmicotone, in cui il metal pensato e scritto dalla musicista ligure emerge in tutto il suo ardore. To Ruined Altars e Dead to You sono autentiche frustate, mentre Sin in My Heart rammenta l’oscurità di Diamanda Galas. Vertice nella epica cavalcata I Ride Alone. (gianluca diana)

TENEDLE
DEMETRA (Sussurround)
*** Vive da parecchio in Olanda il fiorentino Dimitri Niccolai, in arte Tenedle: lì ha avuto possibilità di aggiungere parecchie frecce alla sua faretra di musicista, cantautore, cultore delle sonorità new wave e synth pop, specialista di musica elettronica e sound designer. A vent’anni dal suo esordio, ecco un «disco della maturità» che sembra far tesoro dell’eleganza algida e tornita del David Bowie della trilogia berlinese. Grandi voci femminili ospiti: Sirena Riley, Gina Grajam e Maartjie Teussink. (guido festinese)