JAZZ
La strada
ritrovata

Trance Map: la mappa per rintracciare la strada che ti porta fuori da te, gran bel nome per un gruppo: nucleo in Evan Parker e Matthew Right, l’uno sassofonista da mezzo secolo e oltre abituato a sondare l’impossibile, l’altro allievo di Andriessen, musicista elettronico, sound designer e molto altro, con l’aiuto di Peter Evans, trombettista quasi alieno e Mark Nauseef, percussionista a proprio agio nelle terre di nessuno qui attraversate. Meglio ancora il titolo (Intakt, come quelli a seguire), un viaggio sonoro allucinato e razionale assieme: Etching the Ether, «incidere l’etere». Il batterista Lukas Niggli con il suo Sound of Serendipity Tentet risponde con Play!, titolo esortativo che corrisponde al contenuto: un mazzo di 40 carte con istruzioni per le dinamiche sonore da usare, di volta in volta in tempo reale, e rotazione nella conduzione. Tutto al femminile lo spericolato trio in Beyond Dragons della contraltista Angelika Niescier con le statunitensi Tomeka Reid al violoncello e Savannah Harris alla batteria: registrazione a Chicago di un interplay realmente entusiasmante. (Guido Festinese)

ALT ROCK ITALIA
Lo strano rito
del «ragioniere»

Il rock alternativo italiano ha preso spesso spunto dal cinema, molte le band che si sono rifatte ai suoni dei mitici poliziotteschi e simili. La passione per il cinema nostrano tra i Sessanta e gli Ottanta e in particolare per le vicende del ragionier Fantozzi e per il genere horror è quella che esprimono gli abruzzesi Kotiomkin nel loro Le casalingue-The Satanic Rites of Cobam (Subsound Records). Suoni aggressivi, uno stoner che flirta con il post rock e l’industrial, e un occhio ai maestri del passato, con un bel pizzico di irriverenza che non guasta. Più «cerebrali», nei temi trattati, i ravennati The Manifesto che pubblicano Season of Miranda (Autoprod.) dove le sonorità psych rock dei primi Seventies emergono accanto a sentori pop e noise, forse un pochino «scolastici» ma si ascoltano con gusto. Ci spostiamo in Veneto con gli Ananda Mida che chiudono un trittico dedicato all’opera I racconti di Belzebù a suo nipote di Georges I. Gurdjieff con Reconciler (Go Down), otto brani per 83 minuti che vanno dalla pura psichedelia allo stoner passando per umori blues, tra Kula Shaker, primi Black Mountain e Kyuss. Un disco coraggioso. (Roberto Peciola)

JAZZ/2
Confronto
europeo

Jazz europeo sugli scudi. Che stile il DDK Trio che vede Jacques Demierre al piano, Axel Dörner alla tromba e Jonas Kocher all’accordion. A Right to Silence (Meena Label) è un progetto gigante e coraggioso di stampo improvvisativo. L’opera si divide in tre album registrati durante una residenza artistica, durante la quale hanno realizzato un disco cadauno prendendo spunto da materiale comune elaborato personalmente. Interessante il confronto. Per voi un brano ad autore: Solitary Choice, Liminal Drone, The Light of the Place. Morbido e delicato è il jazz folk di Tøyen Sessions (Heilo) del Gjermund Larsen Trio. Con il violino del leader norvegese a dettar leggerezza si viaggia scanzonati e romantici. Il trio si fa apprezzare con Morgenslått/Morning Song e Vintermarsj/Winter March. Il contrabbassista Vilhelm Bromander con In This Forever Unfolding Moment (Thanatosis), conduce una formazione di tredici musicisti in un suono spirituale che rimanda a ensemble come la Liberation Music Orchestra. Vertice in Låt Våra Tårar Bli Våra Vapen. (Gianluca Diana)

JAZZ/3
Leadership
femminile

La presenza del jazz femminile europeo in ambito strumentale è un fenomeno consolidato, persino a livello di leadership, dove risulta altresì manifesto il ruolo di compositrice e progettista fra radici etniche del proprio «fare musica»: in tal senso esemplare Distance (Astghik Music) della pianista e vocalist armena Astghik Martirosyan che presenta, in quintetto, una sorta di concept album dedicato alla speranza e alla fratellanza, musicando liriche di celebri poetesse o riproponendo il canto folklorico in chiave post bop. In trio/quartetto è Labyrinth (Selmabird Records) dell’elvetica Nicole Johänntgen al sax (più tuba, perucussion e sousaphone) a rileggere il cabaret mitteleuropeo, non senza evocazioni bandistiche riconducibili alla musica alpina svizzera (oggi reinterpretata da svariati artisti). Infine 3D@Paris (Discus Music) della violinista belga Cécile Broché, con tastiere e batteria, è la descrizione di Parigi, di cui trasla suoni, rumori, coloriture: viene in mente il gershwiniano An American in Paris, ma il riferimento culturale qui è piuttosto la City of Glass di Bob Graettinger e Stan Kenton. (Guido Michelone)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

ALTERNATIVE
Opposte
visioni

ANIMAL COLLECTIVE
ISN’T IT NOW? (Domino/Self)

*** Geni o impostori? Andiamo a spiegarci. Non parliamo in termini generali, lungi da noi pensare che il quartetto di Baltimora possa essere considerato un gruppo di impostori, tutt’altro; forse neanche dei geni, ma di certo gente che sa il fatto suo e che ha saputo creare un suono originale e riconoscibilissimo, tra folk e psichedelia pop (vedi Beach Boys). No, l’incipit si riferisce in particolare a questo nuovo album, che ci ha lasciati, appunto, con un punto interrogativo: è un disco geniale o un’accozzaglia di idee, più o meno stravaganti? Per quanto lo si ascolti non riusciamo ad uscire dal dilemma. A voi l’ardua sentenza! (roberto peciola)

 

BLUES
Il fascino
del rischio

BUD SPENCER BLUES EXPLOSION
NEXT BIG NIENTE (La Tempesta Dischi)

*** Cambiare, decidere di esplorare nuove direzioni è rischioso e affascinante al tempo. I BSBE lo fanno pubblicando queste nuove dieci tracce con cui abbandonano in buona parte quanto prodotto fino ad ora. Emerge un affresco sonoro stuzzicante, dove a seconda delle circostanze fuoriescono suoni vicini al french touch dei Justice, un tocco di shabi, ossessività psicotrope in stile Fuck Bottons e una leggerezza electro pop a metà tra Londra e New York. Permane l’amore per il desert blues, deframmentato e ricomposto in Sabroso Tapas Bar. (gianluca diana)

 

POP
Nel segno
di Halloween

DURAN DURAN
DANSE MACABRE (Bmg/Warner)

*** Immarcescibili Duran Duran. Inutile ricordare quanto negli anni Ottanta fossero tra i più amati e odiati al contempo. Chi li odiava ne prevedeva una carriera breve e inutile, e invece dopo più di quattro decadi eccoli ancora qua. I fasti di Rio sono ormai lontani, ma dal vivo sono tra le band più divertenti in circolazione e su disco riescono a mantenere un livello dignitoso. Questa volta celebrano Halloween con un disco di cover (tra cui quelle di alcuni loro brani) e qualche inedito, con vari ospiti. Tra cose riuscite e altre meno (le cover di Paint it Black e Psycho Killer), un lavoro dalla vena quasi goth che diverte. (roberto peciola)

 

LATIN
La festa
del «tresillo»

ROBERTO GATTI
AMANOLIBERA (Encore Music)

**** Quasi trenta musicisti concorrono a fare di questo disco una vera «fiesta del ritmo», per dirla con Santana, e oltre. Oltre perché non è solo il calibratissimo, ancorché sempre palpitante meccanismo del «tresillo» o «dos tres», l’unico elemento a sbalzare fuori dal lavoro di Gatti, specialista delle percussioni afrocubane cresciuto in ottime scuole. Qui ci trovate fior di musicisti: Gabriele Mirabassi col suo clarinetto appassionato, Paolo Ceccarelli, Horacio «El negro» Hernandez. Perfino un pizzico di elettronica ben ambientata, nella conclusiva Jicamo 2.0. (guido festinese)

 

ROCK
Energia
senza fine

ROLLING STONES
HACKNEY DIAMONDS (Polydor)

**** Quando tutt’al più i fan immaginavano l’ennesimo «neverending tour», Jagger & co. – a sorpresa – ufficializzavano un intero album di inediti, il primo da 25 anni. Altrettanto a sorpresa, quanti pensavano di trovarsi di fronte a una raccolta di brani magari piacevoli ma assolutamente dimenticabili, sono stati clamorosamente smentiti. Sarà solo rock’n’roll che rispetta tutti i cliché del genere, ma i dodici pezzi di Hackney Diamonds sono energia allo stato puro. Dalla grintosa Angry a Mess it up per arrivare alla gemma del disco: Sweet Sounds of Heaven, una blues ballad impreziosita dalla presenza di Lady Gaga. Chapeau. (stefano crippa)

SVETLANA ANDREEVA
SYNESTHESIA (Sfumato Records)
**** Anche la musica contemporanea di ascendenza neoclassica è un fenomeno cosmopolita, che viaggia attraverso l’Europa, come si può arguire dalle biografie dei tre protagonisti, a cominciare dalla giovane interprete ucraina che, al piano, esegue con nuova intensità dodici brani – notevole la Wild Piano Sonata – composti dal sessantenne francese Christian Schittenhelm e lasciando il finale ai due minuti della virtuosistica Divagation del parigino Aylwin (classe 2000). (guido michelone)

MAX DESTE
OMAGGIO AL POETA (autoproduzione)
*** Deste è uno dei tanti artisti attenti al tema dell’intelligenza artificiale. Può essere un problema? Da tempo seguace di un maestro buddista, ci fa arrivare un messaggio positivo a riguardo attraverso testi emozionali, a tratti malinconici, supportati da un pop che si rifà molto spesso ai suoni dell’electro pop e synth pop anni Ottanta. Meditazione e poesia ci salveranno. (viola de soto)

FERDINANDO ROMANO
INVISIBLE PAINTERS (Jam/Unjam)
**** Rieccolo, il musicista aretino a bassi ed elettronica che con la sua prima uscita qualche anno fa si conquistò bella messe di premi. Un viaggio che mette in conto parecchie terre di nessuno delle note, attraversate da sciami di riferimenti: ambient jazz distopico dove vivono assieme il turgore amaro del clarone di Calcagno e le Ondes Martenot guidate da Christine Ott, le tastiere di Elias Stemeseder e la batteria di Evita Polidoro. Lasciatevi stupire. (guido festinese)

MARCO ROVELLI & PAOLO MONTI
CONCERTO D’AMORE (Dischibervisti/Audioglobe)
**** Le chitarre e i fondali elettronici di Marco Rovelli, al solito anche vocalist appassionato, e Paolo Monti, un concorso di amici musicisti, da Nicola Alesini a Lee Ranaldo dei Sonic Youth, un parterre di voci di donna da brividi: Altavilla, Baraldi, Redeghieri, Boschiero, Rovai, Vetere della Nccp. Per cantare l’amore nei suoi risvolti sedimentato in mille spezzoni popolari della Penisola, notissimi, noti, o riacciuffati dal nulla. A volte la tradizione è il futuro. (guido festinese)

TEETH OF THE SEA
HIVE (Rocket Recordings)
*** Lo Science Museum di Londra è molto più che un luogo espositivo. È un posto che viene percorso da aspetti artistici e sociali progressisti e dove la musica ha una centralità niente male. Il museo ha commissionato al trio unlavoro che sonorizzasse il documentario Apollo’s Moon Shot incentrato sugli sbarchi lunari del famoso modulo spaziale. Tre brani degli otto totali sono stati destinati a questo, il resto è un discorso che prosegue nella stessa direzione, tra synth pop, psych e stralci dance. (gianluca diana)

VALERIO TRICOLI
A CIRCLE OF GREY (Xong Collection)
**** «Il cerchio di grigio» è un’unica opera elettronica su vinile bianco a edizione numerata del giovane artista palermitano (residente in Germania da tempo) compositore di musica elettroacustica e improvvisatore radicale su strumenti elettronici analogici: anche qui la tecnologia ricreata tra nuovi e «vecchi» sintetizzatori, viene concepita come si faceva una volta, sessanta, settant’anni fa. C’è però maggior consapevolezza e miglior padronanza del mezzo espressivo, ulteriormente caricato di significati esistenziali e metalinguistici. (guido michelone)