Gli Ultrasuonati
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Gli Ultrasuonati

Ultrasuoni ELETTROPOP Il collante al centro Tre dischi dove l’elettronica trova differenti modi di essere centrale, riportando tutto, alla fine, verso una forma pop. Ad esempio la londinese Laura Misch, produttrice […]
Pubblicato circa un anno faEdizione del 28 ottobre 2023

ELETTROPOP
Il collante
al centro

Tre dischi dove l’elettronica trova differenti modi di essere centrale, riportando tutto, alla fine, verso una forma pop. Ad esempio la londinese Laura Misch, produttrice e artista multidisciplinare, gioca con i synth e il suo strumento principe, il sax, creando nel debutto, Sample the Sky (One Little Independent/Bertus), una miscela che va a toccare anche lidi prossimi a un jazz futuribile. Formula non «nuova» che qui trova un’ottima riuscita. Più noti sono i Drums di Jonathan Pierce che con Jonny (Anti-/Self) arrivano a quota sei. Qui l’elettronica è più defilata, con solo qualche elemento sintetico (in primis la batteria) per lasciare spazio a sonorità tra il surf e la wave che Pierce maneggia con cura riuscendo sempre, o quasi, a regalare brani piacevoli e freschi. Il pezzo forte arriva con ††† (Crosses), duo formato dal cantante dei Deftones Chino Moreno e l’amico Shaun Lopez, che pubblicano Goodnigth, God Bless, I Love U, Delete. (Warner). Elettronica e dark wave a metà strada tra Depeche Mode e Nine Inch Nails sono il collante dei quindici brani di gran livello, con la complicità in due tracce di El-P e Robert Smith. (Roberto Peciola)

SPERIMENTALE
Confini
adrenalinici

Valicare i confini. Lo fanno nel modo migliore i Vathres, formazione dietro cui si cela il pianista Alex Zethson. In Liturgy of Lacuna (Thanatosis) ha coinvolto e diretto quattordici musicisti della zona di Stoccolma. Il leader sembra aver sintetizzato in questo disco, composto da tre temi di rara bellezza, la totalità delle sue esperienze, realizzando un lavoro capace di superare i confini dell’ambient, del post rock e della sperimentazione. La sua scrittura è al contempo adrenalinica e soave, delicata e coraggiosa. Un capolavoro autentico come si apprezza in And the Ashes Birthed Them into Air and Their Bodies Hurtled Towards the Fire of the Sun. Audace è anche Reinhold Friedl che in Scarlatti (Zeitkratzer Prod./ Karl) include sei brani derivati dalla Sonata in Fa minore K.466 del compositore napoletano. Le incisioni, commissionate da una compagnia di danza ed eseguite da un settetto, sono evocative e poetiche: ascoltate Aster. Ipnosi tra drone e ambient in Dividenthal and Aumgn 3-Methylmorphine Melt (Zeit). Provare per credere con Naranjo. (Gianluca Diana)

JAZZ ITALIA
L’avvocato
di Sinatra

Non è facile trovare voci maschili in jazz belle e corpose, nella Penisola. A volte chi canta bene il jazz non lo fa neppure come primo mestiere: ad esempio Sergio Carlino, avvocato napoletano, cresciuto col culto del «crooning» dell’immenso Frank Sinatra. Lo ha studiato a fondo, e, senza esserne mero plagio, condisce di aromi mediterranei i grandi standard di quell’epoca, accompagnato da una pattuglia di collaboratori in My One and Only Love (Caligola), a partire da Marcello Tonolo. Eccellente anche il contralto frizzante e a volte acrobatico nello «scat» di Sarah Jane Ghiotti col suo gruppo, i Session 1: prova convincente in NoRiPlay (Alfa Music), ospite tra gli altri agli ottoni Roberto Rossi. Anche qui grande repertorio classico, con classe. Un disco dove la voce si fa deliziosamente impertinente, infantile o matura, e spesso segue e accompagna le capriole di una chitarra mancina temeraria, accollandosi il rischio della totale improvvisazione? So Much Time (Ramble), di Francesca Naibo. Intrepida navigatrice di mari mossi e perigliosi, con le sue corde: ma l’approdo è sicuro. (Guido Festinese)

JAZZ ITALIA/2
Il tempo
nel cassetto

Ciò che accomuna i tre cd è la distanza temporale dalle registrazioni: in Kaleidoscopic Rendez-Vous (Alfa Music) il batterista Giampaolo Ascolese celebra quarant’anni di attività professionale (qui nel solo ambito jazzistico) con registrazioni inedite via via con i grandi Rava, Nistico, Melillo, Pieranunzi, Arigliano ecc., in svariati contesti e soprattutto in un tripudio di mainstream, fusion e post bop. Anche Roberto Magris in High Quote (Jmood) tira fuori dal cassetto nastri del 2012 a Lenexa (Kansas) in compagnia di un tentet Usa, onde proporre un new hard bop punteggiato talvolta da accenti latini, con buon amalgama di fiati, efficaci sia negli original sia nelle due cover (Mobley e Webster/Burke). Infine con The Healing Sax (Ponderosa) nel 2021 Dimitri Grechi Espinoza registra il quarto album solo, rifacendosi nello spirito del suono alla teoria indù sulla risonanza «dhvani» nella primordialità tra ciò che «è» e «non è» udibile, addirittura a fini terapeutici, anche se i 30 minuti del disco si fanno ascoltare volentieri, a mente aperta. (Guido Michelone)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

JAZZ ITALIA/3
Sintesi
viva

AA. VV.
JOURNEY INTO JAZZ/A THIRD STREAM PROJECT (Not.A.Mi.)

**** Un brano, Journey into Jazz, 1962, in cui la parte narrante è del grande Nat Hentoff, la musica di Gunter Schuller, e l’organico prevede il narratore Stefano De Bernardin (eccellente: ma «jazz» non si pronuncia così largo sulla vocale, viziaccio italiano) ensemble jazz, una piccola orchestra. Ne trovate ora una versione italiana in questo gran lavoro curato da Filippo Palermini col suo Jazz Quintet con Fulvio Sigurtà e l’Orchestra Filarmonica del Piceno. A seguire brani dello stesso Palermini, Giraldi, Postacchini: la «terza corrente» che cercava la sintesi viva come non mai. (guido festinese)

 

BLUES
Il pathos
amplificato

LAURENCE JONES
BAD LUCK AND THE BLUES (Marshall Records)

**** Il bluesman britannico edita un lavoro superbo. Questa seconda uscita per la sezione discografica della marca di amplificatori, ci presenta l’autore al massimo della forma. Blues rock contemporaneo il cui suono, imperniato sulla formula del power trio, è solido, potente e mai scontato. La narrativa che precede la pubblicazione racconta che sia Jones che Steve Tannett, il Ceo della Marshall, abbiano nominato i Cream in sede di registrazione. In effetti si ravvisa quel pathos emotivo, ma per il resto siamo nell’attualità: la riprova la si ha con Take Control, Woman e Lonely Road. (gianluca diana)

 

JAZZ
Contaminazioni
su misura

JANY MCPHERSON
A LONG WAY (Glider Media Group Ltd.)

*** Pianista, cantante e compositrice cubana, McPherson è artista eclettica apprezzata dai colleghi (John McLaughlin l’ha voluta come ospite in numerosi concerti lo scorso anno). Il nuovo disco segue gli stilemi del jazz ma al contempo si lascia «contaminare» da altre influenze mantenendo comunque la giusta misura. «Questo album – spiega l’artista – è un tributo a tutto ciò che è stata la mia vita». Il disco, registrato in trio con il contributo dei musicisti francesi Antonio Sgro (contrabbasso) Yoann Serra (batteria), è arricchito dalla presenza di John McLaughlin come special guest. (stefano crippa)

 

ART ROCK
Un viaggio
intergalattico

OZRIC TENTACLES
LOTUS UNFOLDING (Kscope/Audioglobe)

**** Quarant’anni fa, durante lo Stonehenge Free Festival, nasceva una formazione improvvisata che prese il nome di Ozric Tentacles. Da allora quella band non ha mai smesso di creare musica, di incidere dischi e, soprattutto, di suonare dal vivo, nelle più svariate situazioni. E oggi la band capitanata dal chitarrista Ed Wynne, torna con un nuovo album che non stravolge in alcun modo il loro sound, che varia dal rock psichedelico e space all’elettronica fino al progressive. Insomma, il solito viaggio intergalattico, salite a bordo. (roberto peciola)

 

ALT FOLK
Incantevoli
cicatrici

SUFJAN STEVENS
JAVELIN (Asthmatic Kitty/Goodfellas)

**** Forse capolavori come Illinois o Carrie & Lowell sono irripetibili, ma Sufjan Stevens raramente sbaglia un colpo. Con il suo stile compositivo, abbastanza unico nel panorama cantautorale statunitense, riesce sempre a donare a chi ascolta un senso di piacevole serenità; la delicatezza e la classe che riesce a infondere nelle sue armonie, negli arrangiamenti, anche minimali, abbinati alla sua voce, alle melodie quasi sussurrate e ai testi sempre molto intimi, non possono non lasciare un segno profondo, ma sono solo incantevoli cicatrici che non fanno male. (roberto peciola)

 

INUTILI
A LOVE SUPREME (Aagoo Records)
*** Altro volo psicotropo del quartetto teramano, per l’occasione giunto a cinque elementi grazie alla presenza di Francesco Gaspari che si occupa di synth e dintorni. Una scelta azzeccata, in quanto garantisce ulteriori aperture verso quell’orizzonte sonoro psichedelico tanto caro alla band che nei cinque brani inclusi non si risparmia: Queen Crimson è azzeccata sia nel titolo che nei contenuti, la title-track è una lunga cavalcata lisergica, mentre Walking on Your Lips è un divertente singolo dal sapore nostalgico. (gianluca diana)

LITTLE TAVER AND HIS CRAZY ALLIGATORS
RICCO DI FAMIGLIA (FreecomHub)
*** Dall’Emilia e, più esattamente, da Correggio, ormai epicentro musico-letterario (Tondelli, Ligabue, Barbera) arriva questo esponente non più giovanissimo di rock demenziale a proporre metà canzoni originali in stile vintage e metà cover italiane legate a Mina, Celentano, Little Tony, non senza un omaggio al surf (Tequila) e allo swing (Buonasera signorina): il tutto con una vis comica di proposito goliardica (con qualche invettiva sociale), da vecchi compagnoni quasi alla stregua di Blues Brothers padani. (guido michelone)

FRANÇOIS MARDIROSSIAN
SATIE & LES GYMNOPÉDISTES (Advitam Records)
**** Non si mette mai abbastanza in rilievo l’importanza di Erik Satie (1866-1925) nell’influenzare la musica pianistica del Novecento e oltre: ma qui il giovane pianista francese lo dimostra a tutti, eseguendo nel primo disco l’integrale post-impressionista, comprese le celebri Gymnopédies, che sono alla base ispirativa dei 12 compositori gymnopédisti del secondo disco, tra i quali emergono gli ormai classici Germaine Tailleferre, John Cage e Gavin Bryans quanto i giovani Adrian Knight e Claire Vailler in un doppio cd che apre inediti orizzonti all’ascolto e allo studio delle sonorità contemporanei. (guido michelone)

MAFALDA MINNOZZI
NATURAL IMPRESSIONS (MPI)
*** Nel precedente lavoro la vocalist Mafalda Minnozzi, talento vocale e interpretativo limpido ed elegante in bilico tra Penisola e Brasile, aveva affrontato un repertorio legato al cinema, con quattro ospiti eccellenti. Formula che vince non si cambia, se non parzialmente: qui a cambiare è l’impianto (classiche canzoni della musica popolare brasiliana, due belle citazioni italiane, E penso a te e Estate, e una francese), e gli ospiti, ancora una volta di primo livello: Don Byron, Joe Locke, Doug Beavers, Micheal Wolff, John Patitucci. (guido festinese)

PIVIO
UGLY COVERS (I Dischi dell’Espleta)
**** Spesso Pivio, rocker e compositore di colonne sonore da un bel po’ di decenni, ha sparso nei suoi dischi da solista cover sempre parecchio sentite. Adesso diventa un progetto compiuto, con regole autoimposte: dodici giorni esatti per incidere, totale solitudine per affrontare voce e strumenti, video e «brutti» disegni per accompagnare il tutto. Dai T.Rex ai Nine Inch Nails c’è un bel salto, ma Pivio avvolge il tutto nelle sue avvolgenti spire dark wave, synth pop e bowiane, periodo berlinese: e funziona perfettamente. (guido festinese)

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