Gli Ultrasuonati
FOLK ROCK I valori di Billy Billy Bragg rappresenta per l’Inghilterra degli «umiliati e offesi» quello che Steve Earle è per gli statunitensi mai abbandonatisi alle derive trumpiane: uno che […]
FOLK ROCK I valori di Billy Billy Bragg rappresenta per l’Inghilterra degli «umiliati e offesi» quello che Steve Earle è per gli statunitensi mai abbandonatisi alle derive trumpiane: uno che […]
FOLK ROCK
I valori
di Billy
Billy Bragg rappresenta per l’Inghilterra degli «umiliati e offesi» quello che Steve Earle è per gli statunitensi mai abbandonatisi alle derive trumpiane: uno che sa parlare senza infingimenti di dignità e di diritti da conquistare con la lotta, di giustizia e di partecipazione. E di uguaglianza, valore spesso relegato in secondo piano. Entrambi discendono, «per li rami», da Woody Guthrie e da Pete Seeger, con necessario aggiornamento in rock, per Bragg anche con una punta di ruvidezza punk che non guasta (ma lui è anche musicologo), mica si parla di «combat rock» per niente. Esce ora The Roaring Forty 1983-2023 (Cooking Vinyl) dove i «ruggenti quaranta» del titolo sono ovvia allusione ai quarant’anni di attività del folk rocker, bel traguardo e schiena dritta. Quattro decenni che potete approfondire in diverse maniere, compresa la consueta deriva completistica che ormai investe il mercato. Dunque digitale, vinile singolo con inediti o doppio cd (triplo ellepì) remaster, forse la scelta più razionale, o cofanetto monstre da 14 cd con l’opera omnia, con un appetibile cd di brani rari o inediti tra ’90 e 2015. (Guido Festinese)
AMBIENT
Elementi
naturali
Ambient, elettronica e neoclassica si incontrano sempre più spesso con risultati altalenanti. Non sempre quello che si ascolta colpisce nel segno ma nel caso dei tre titoli qui in esame siamo quasi all’eccellenza. Come nel nuovo lavoro di Fabrizio Paterlini, Riverscape (Memory Recordings/Believe), un progetto in collaborazione con la fotografa olandese Kristel Schneider ispirato agli elementi della natura. Archi, synth e piano sono invece gli elementi «sonori» che ci conducono all’interno di un quadro sognante e intenso. Altro bel lavoro è Polygon (One Little Independent/Bertus), per la polistrumentista kazako-britannica Galya Bisengalieva. Dopo il disco dedicato all’inquinamento del lago d’Aral, l’artista punta i riflettori sulla storia poco conosciuta dei test nucleari sovietici nel nord-est del Kazakistan. Il violino, manipolato elettronicamente, tiene alta l’attenzione come davanti a un film distopico. Arpa e elettronica per la statunitense Mary Lattimore, che in Goodbye, Hotel Arkada (Ghostly Intl./Goodfellas) si fa affiancare da Rachel Goswell degli Slowdive, Meg Baird e l’ex Cure Lol Tolhurst. Affascinante. (Roberto Peciola)
BLUES
Sapore
urbano
Un mondo di blues. Dalla Croazia arrivano i Sunnysiders, band attiva dal 2010 che presenta il quinto lavoro da studio intitolato 27 Stitches (Dancing Bear). Dietro alla bella prestazione della cantante e percussionista Antonija «Rola» Vrgoč il quartetto gira alla grande seguendo l’esperto Boris «Hrepa» Hrepi. Dodici brani di blues elettrico dal forte sapore urbano, a cui si aggiungono inflessioni pop che sorprendono. I passaggi migliori sono Shake and Silver, Weekend Cigarette e Devil’s Loan. Blues levigato e limpido che implementa la luminosità del suono di Memphis: così suona il nuovo Pass it on Down (Blue Heart Records), dell’esperto afroamericano Chris Beard. Elettrico il giusto, chitarra con assoli mai dilaganti e voce cristallina si esaltano in Big Girl e Keeps Me Believing. Da Kingcome Inlet, minuscola comunità incastonata nei fiordi della British Columbia, Canada, ecco l’esordio del giovane e determinato Garret T. Willie con Same Pain (Autoprodotto). Suoni robusti e tirati in Make You Mine Tonight e Love Hangover, melodie luminescenti come la neve in So So Long. (Gianluca Diana)
JAZZ ITALIA
La fisarmonica
liberata
L’accordéon – o più semplicemente fisarmonica – esce dalle pastoie del ballo liscio negli anni Ottanta grazie al jazzista Gianni Coscia, il quale fa più o meno da scuola per questi tre bravi solisti, a cominciare da Antonino De Luca in Respiri (Dodicilune), che lavora in completa solitudine per dare forma tangibile all’idea del suono puro dello strumento (come egli stesso afferma) in sette proprie composizioni e tre standard di Rava, Petrucciani e Silver, non dimentico, quindi, di certo post bop. Danilo Di Paolonicola invece con No Gender#2 (Interamnia World Music) dà vita a un «ethnic project» alternando ben ventun musicisti in un allegro tripudio di suoni folk, country, swing, pop, con otto pezzi originali molto ben riusciti. Infine il quartetto Les Trois Lézards con Gli uomini poetici (Dodicilune), senza nulla togliere a Chirico (sax), Distante (tuba), Chiga (trombone), punta molto sulla fisarmonica di Emmanuel Ferrari per offrire «la musica popolare di un ipotetico paese, di uno stato di spirito, la Tadjiguinia», ossia dieci valide song di world music, cofirmate da tutti. (Guido Michelone)
LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico
SINFONICA
Firmamento
francese
AA. VV.
AUX ÉTOILES. FRENCH SYMPHONIC POEMS (Palazzetto Bru Zane)
***** Salgono fino «alle stelle» le musiche del doppio cd: sono i poemi sinfonici della Francia ottocentesca, tra cui i capolavori España (Chabrier), Danza macabra (Saint-Saens), L’apprendista stregone (Dukas), oltre brani stupendi di Chausson, Bruneau, Holmés, Sohy, Duparc ecc. Grazie all’Orchestre National de Lyon – diretta da Nikolaj Szeps-Znaider – viene superbamente illustrata una cultura poco nota in Italia ma foriera di un romanticismo intenso e originale; e il «Palazzetto» si incarica di illuminare le étoiles, con recital e dischi come questo. (guido michelone)
ALTERNATIVE
Armonia
in tavola
BLONDE REDHEAD
SIT DOWN FOR DINNER (Section 1/Self)
**** Quello del trio italo-nippo- americano – un gruppo che a cavallo tra i due secoli ha scritto pagine fondamentali della scena alternative internazionale – è un invito alla condivisione di un momento – la cena – che ormai sembra essere relegato al controllo dei vari social, insomma un invito a cena con delitto… degli smartphone. Sedetevi quindi, e gustatevi il decimo album di una band che ha saputo cambiare rimanendo se stessa, un disco dal ritmo lento, pensoso, rilassato, un disco che invita a riappropriarsi del tempo che ci è concesso, tra melodie sognanti e armonie cangianti. (roberto peciola)
ELECTRO
La logica
del «flow
EKITI SOUND
DRUM MONEY (Crammed Discs/Ma.So.)
**** Un groove potente, ammaliante, morbido che si insinua sotto pelle, fin quando diventa irresistibile accompagnare con qualche movimento del corpo quanto accade nella musica. Leke, aka Ekiti Sound, mente e programmatore del tutto arriva dalla Nigeria, con parterre di ospiti strepitosi. Se ne aveste trovato qualche inserto in un lavoro di Moor Mother o di Shabaka Hutchings non ci sarebbe da stupirsi: l’afrofuturismo del terzo millennio condivide estetiche, pratiche, memoria attiva. Alla fine governa la logica del «flow»: qui imprescindibile, tanto meno appariscente. (guido festinese)
BLUES
Lontano
dalla noia
CHRISTONE KINGFISH INGRAM
LIVE IN LONDON (Alligator)
***** Nella discografia del bluesman di Clarksdale, Mississippi, mancava una registrazione dal vivo. Ipso facto, il nostro sulla scia del recente e riuscitissimo tour mondiale pubblica un doppio album che se ne infischia dell’attuale andamento del mercato discografico. È merce rara vedere un disco lungo circa 100 minuti, ma nessun problema, con un Kingfish in tale spolvero non ci si annoia mai. L’empatia e il pathos emergono in fase acustica (Been Here Before), in strumentali elettrici (Mississippi Night) e in ballate prorompenti (Empty Promises). (gianluca diana)
ALTERNATIVE/2
Melodie
sospese
MARCO MACHERA
DORMIVEGLIA (Baracca&Burattini)
**** A guardare i nomi dei musicisti coinvolti nel nuovo disco dell’artista italiano Marco Machera, c’è da drizzare le orecchie. Parliamo di gente come Pat Mastelotto, che dona le sue ritmiche a quasi tutti i brani dell’album, Tony Levin, al basso per il singolo Building Homes e Steve Jansen, elettronica e programmazioni in The Nest. E ad ascoltare il disco si capisce come i riferimenti musicali del nostro siano appunto vicini ai musicisti citati, nove brani che riportano la mente ai vari Steven Wilson, David Sylvian e Peter Gabriel. Senza però facili scimmiottamenti, tutt’altro. Chapeau! (roberto peciola)
A SMOOTH PATROL
A SMOOTH PATROL (Autoprodotto)
*** Fluttua il post rock nei cieli dell’Urbe, andando a rinverdire una tradizione decennale di gran qualità. Il nuovo quartetto capitanato da Giovanni Bottone, già Inferno e Reverend Knopf, esordisce con sette brani strumentali che si fanno apprezzare. Melodie flessuose si rincorrono, generando un disco potenzialmente valido anche per la cinematografia. Si impongono Adam’s Lullaby e Folk Deception dove la presenza dell’armonica rammenta il mondo polveroso degli Spindrift, mentre Mojave a mano armata e Pantero Panteri raccontano un inquieto e catartico Tex-Mex. (gianluca diana)
GLASSER
CRUX (One Little Independent/Bertus)
*** C’è indubbiamente un richiamo a un’icona del pop sperimentale come Björk nello stile di Cameron Mesirow, artista di Boston ma cresciuta nella Bay Area conosciuta con l’alias di Glasser. Si parte con un brano di ambient elettronica per poi virare, appunto, verso un pop dalle ritmiche sintetiche che viaggia verso il glitch. Nulla che non sia stato già fatto e che non si sia già ascoltato, anzi, se vogliamo anche leggermente fuori tempo, ma il livello qualitativo del tutto mitiga le possibili critiche di scarsa originalità. (roberto peciola)
MINIMAL KLEZMER
ÖT MÍNUSZ KETTŐ (Caligola)
**** Da un bel po’ si attendeva un disco dalla dirompente band italiana nata a Londra da musicisti di estrazione classica innamorati però della più trascinante musica yiddish, in quel crocevia antico dove spuntano echi anatolici, greci, ucraini, zingari, rumeni. Aggiungete un bel quid di improvvisazione, le pronunce singultanti perfette e un calore palpabile, ed avrete il segno di questo disco, dove i confini tra ciò che è «trad» e ciò che è invenzione svaniscono nella festa danzante e colorata dei suoni. (guido festinese)
MACIEJ OBARA QUARTET
FROZEN SILENCE (Ecm)
**** Titolo inquietante, «un silenzio congelato», ma se provate a interpretarlo con strategia obliqua, diventa quasi una legittima petizione di libertà rispetto a chi stipa il nulla di una concitazione arroventata di parole (o note). Il sassofonista contralto Maciej Obara col suo quartetto polacco-norvegese agisce per sottrazione: filacce eleganti di frasi a galleggiare sull’instabilità armonica, indizi, spunti che vengono lanciati e abbandonati, poi lasciati a fluttuare. Come poche, cruciali parole. Un lavoro decisamente affascinante. (guido festinese)
PATRIZIA VALDUGA-DANIELE DI BONAVENTURA
UNO STRATO DI BUIO UNO DI LUCE (Gutenberg Music)
**** I rapporti tra la poesia e il jazz in Italia sono rari, ma ben consolidati e ora giunge persino la maggior poetessa italiana a recitare in tre parti il monologo in endecasillabi Donna di dolore, con l’efficace sottofondo musicale del miglior bandoneonista nostrano, il quale si offre solista pure in tre brani di epico respiro acustico (E così sia, Per bisogno d’amore, Nera notte): un’opera d’arte, intensa, lancinante, drammatica, anche ben presentata nella grafica e nel libretto con testo letterario integrale. (guido michelone)
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