Gli Ultrasuonati
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Gli Ultrasuonati

SONGWRITER Sfumature di velluto Un quarto di secolo di carriera: al songwriter Tim Grimm gli anni hanno aggiunto sfumature di velluto oscuro alla voce da storyteller country rock. Quando arriva […]
Pubblicato 12 mesi faEdizione del 7 ottobre 2023

SONGWRITER
Sfumature
di velluto

Un quarto di secolo di carriera: al songwriter Tim Grimm gli anni hanno aggiunto sfumature di velluto oscuro alla voce da storyteller country rock. Quando arriva un nuovo disco è festa grande: sappiamo che ci saranno grandi desolate canzoni nel solco del primo Dylan, di certo Johnny Cash, di Woody Guthrie. Come succede in questo nuovo e notevole The Little In-Between (Appaloosa), scabro e affilato come un coltello ritrovato nella sabbia. Per la medesima label, che ha il pregio di accompagnare i testi originali con ottime traduzioni italiane, esce Roads Taken di Ron Lasalle, che di anni di carriera ne ha una decina, e in questo disco raccoglie brani ben rodati sulla strada. Canzoni robuste su impianto elettrico che sanno di r&b, di blues, che mettono in conto Bob Seger e lo Springsteen di tanti anni fa. Non occorre avere il passaporto yankee per suonare queste note in Appaloosa: lo dimostra Just a Dream, quarto lavoro per il chitarrista italiano Daniele Tenca, qui aiutato da un Guy Davis in stato di grazia. Black music da mille rivoli con grazia sensuale e potenza. (Guido Festinese)

RIVISITAZIONI
Capolavoro
impossibile

Permetteteci di fare un’eccezione, dedicando questo spazio a un solo disco, e permetteteci un ricordo e una nota polemica. Qualche anno fa a una nostra domanda Roger Waters ci disse che dei Pink Floyd non interessava più nulla, che era il passato; peccato però che allora si apprestasse a partire con un tour intitolato Us + Them, che per anni aveva portato sul palco The Wall e che oggi abbia rimesso mano a uno dei loro capolavori, The Dark Side of the Moon Redux (Cooking Vinyl/ Egea/The Orchard): coerenza e business non vanno a braccetto… Al di là della nota polemica, quindi, questo Redux, com’è? Quando si rimette mano a qualcosa di così iconico tanto vale cercare di stravolgerlo, e bisogna dare atto a Waters di aver saputo creare qualcosa di «altro», asciugando il tutto, eliminando tanto il lato prog quanto quello «pop» e rock, ponendo chitarre acustiche, piano e organo in evidenza, e un cantato a metà tra Cohen e Cash con sullo sfondo le sue elucubrazioni su temi filosofici, sociali, politici. Ma giunti a Us and Them la noia prende il sopravvento. Difficile rovinare un capolavoro, impossibile migliorarlo. (Roberto Peciola)

JAZZ
L’idea
scandinava

Trondheim, Norvegia, è uno dei luoghi iconografici del jazz europeo e perché no, mondiale. Proprio da lì proviene Honest John, un quintetto orchestrato dal sassofonista Klaus Ellerhusen Holm che presenta Sweet Travels (Particular Recordings). Le idee alla formazione non mancano: ogni componente della formazione garantisce quel qualcosa in più che nel mondo dell’improvvisazione è sempre ben accetto. Drum machine della vecchia scuola, annata 1969, banjo e accordion aumentano la gamma espressiva in modo consistente. Questo quarto lavoro regala belle soddisfazioni all’ascolto, risultando in alcuni passaggi anche divertente. Incentrate le vostre attenzioni su brani come Monkeytown II, Looper e Ehemhvasadu. Dalla Norvegia alla Svezia con il polistrumentista Peter Söderberg che pubblica il nuovo disco String Dialogues (Thanatosis), un lavoro dove in sei incisioni l’autore duetta con colleghi e strumenti diversi. Molto intimo e rarefatto. (Gianluca Diana)

WORLD MUSIC
Evocazioni
brasiliane

Il Brasile «evocato»: c’è anzitutto la foresta amazzonica con le foto del grande Sebastião Salgado accluse al booklet di Amazônia (Outhere Music), contenente, a sua volta, due partiture sinfoniche; la prima ormai classicissima è Suite Floresta do Amazonas (1958) del brasiliano Heitor Villa-Lobos, la seconda minimalista Memamorphosis (da Aguas da Amazonia, 2017) dello statunitense Philip Glass: Simone Menezes dirige la Philharmonia Zürich con la soprano Camila Provenzale in cinque brani. Through a Sonic Prism (Fully Altered Media) a firma Doug Richards Orchestra ha un sottotitolo già di per sé esplicativo: The Music of Antonio Carlos Jobim; quattordici capolavori della bossa nova vengono però riletti con il rigore di una big band rivolta alla musica dotta ma che, al contempo, sa pure swingare come mostrano i pezzi con la cantante Laura Ann Singh. Infine Re-Tornar (Segell Microscopi) di Magalí Sare & Manel Fortià – rispettivamente voce e contrabbasso con David Domínguez alle percussioni – è un viaggio tra le culture sonore latinoamericane e iberiche. (Guido Michelone)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

WORLD MUSIC/2
Perle
del deserto

BOMBINO
SAHEL (Partisan Records)

**** Il nuovo disco del musicista del deserto non presenta né innovazioni consistenti, né punti di rottura significativi. Vi è un solo elemento di forza, granitico e imprescindibile, che è garantito dal connubio tra talento e maturità. Non casualmente Bombino rivela che alcuni dei brani presenti sono stati scritti anni fa, ma solo ora riesce a renderli pubblici. Dieci canzoni, altrettante perle. Non vi è un minimo segno di cedimento, come si apprezza nell’ondulazione continua da cui emergono blues più o meno elettrici, tuareggae cadenzati e sferzate afrofunk. (gianluca diana)

 

 

POP
Il senso
della misura

MOLLY BURCH
WILDFLOWERS (Captured Tracks/Goodfellas)

*** Quarto disco – quinto se contiamo anche un Christmas album – per l’artista americana che dal folk degli esordi si è spostata via via verso un repertorio più pop. Qui siamo decisamente nel vintage anni Ottanta: un lavoro – prodotto da Jack Tatum – che saccheggia allegramente le sonorità di quel periodo (a tratti sembra di sentire l’eco di True Blue di Madonna…) ma lo fa con gusto e senso della misura. Fonte d’ispirazione il ritorno a Los Angeles e una vecchia soffitta, con lettere e ricordi in bella vista. Qua e là fiati e archi e una ballata, Daydreamer, che non si farà certamente dimenticare. (stefano crippa)

 

 

ALTERNATIVE
Ricordi
migranti

MELANIE DE BIASIO
IL VIAGGIO (Pias/Self)

***** Dopo sei anni di silenzio l’artista belga torna con un lavoro alla ricerca delle proprie radici. Un viaggio da un piccolo centro dell’Abruzzo, da dove partirono in molti in cerca di una vita migliore – la stessa che anelano oggi migliaia di migranti che noi rifiutiamo, ma questa è un’altra storia -, per arrivare in Friuli, nel paese di origine della famiglia De Biasio, «e poi rifare il tragitto verso Charleroi in treno, con gli occhi di un bambino che dopo un anno raggiunge suo padre che è là per lavorare». E un viaggio è anche quello che si fa ascoltando questo piccolo capolavoro di dolcezza, di intimità, di grande musica. (roberto peciola)

 

 

ROCK’N’ROLL
Un amore
indiscutibile

DICTATOR SHIP
ELECTRIC JIHAD (The Sign Records)

**** Secondo lavoro per il quartetto svedese che dice di amare il classico rock’n’roll, il soul e il doo-wop anni Sessanta. E che amino quelle sonorità e i generi in questione non è certo in discussione, ma il disco non è esattamente ciò che predicano, o meglio, non è solo questo. Vero che le influenze sono facilmente intuibili ma a queste aggiungono, per fortuna diremmo noi, un tocco personale che può richiamare tanto il garage rock Seventies quanto il punk, tocco che rende il tutto molto più intrigante e meno scontato. (roberto peciola)

 

 

 

JAZZ ITALIA
Orme
libere

IGOR LEGARI
ARBO (Folderol)

**** Un bel quadro dell’artista contemporanea Giulia Napoleone incornicia le possenti nove composizioni di Arbo, nuova uscita discografica per il contrabbassista Igor Regali, dalla cavata forte, libera e aperta all’azzardo. Una delle dediche contenute nei titoli rivela quali siano le fonti primarie: Malachi, con ovvio riferimento all’indimenticabile bassista dell’Art Ensemble of Chicago. Clarinetti, sax baritono e flauto di Marco Colonna, batteria di Ermanno Baron, per un viaggio in trio che ripercorre le orme profonde di tanto jazz libero che continua a pesare. (guido festinese)

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