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Gli Ultrasuonati

WORLD MUSIC Patrimoni mediterranei Il Medioriente di Zyriab, genio musicale (e non solo) del IX secolo che finì i suoi giorni a Cordoba, allora terra di Islam, il sud arroventato […]

Pubblicato circa un anno faEdizione del 23 settembre 2023

WORLD MUSIC
Patrimoni
mediterranei

Il Medioriente di Zyriab, genio musicale (e non solo) del IX secolo che finì i suoi giorni a Cordoba, allora terra di Islam, il sud arroventato di tarantelle del Gargano e del Salento, il patrimonio musicale sefardita, emigrato e adattato nella tragica cacciata di ebrei, musulmani e gitani dalla Spagna della Reconquista, diventato musica arabo-andalusa in Magreb, il Monteverdi accorato di Sì dolce il tormento, e altro ancora. Trovate il tutto in La novia, nuovo formidabile disco del trio La Cantiga de la Serena: corde antiche, flauti, tamburi a cornice, percussioni, la voce profonda di Giorgia Santoro. Esce per Zero Nove Nove, label che seleziona preziose uscite che si muovono tra tradizione e invenzione. Come coi possenti Yaráka di Curannera, un viaggio nella iatromusica, e oltre, che mette in conto Puglia e Basilicata, Sicilia e Romania, e visionari ma pertinenti agganci alle culture sciamaniche non mediterranee. Sangu (Sveva) è il nuovo disco del songwriter calabrese (nato in Germania) Fabio Macagnino: un’energia trance squassante. Etnopunk per la mente e il corpo. (Guido Festinese)

NEO PROG
Linea
di condotta

Neo prog sugli scudi. Con la nuova release degli inglesi TesseracT, War of Being (Kscope/Audioglobe). Il disco si apre con Natural Disaster, perfetta sintesi di metal prog con Daniel Tompkins che dispiega le sue qualità vocali che passano dal grind al melodico senza colpo ferire. E questa sarà la linea di condotta dell’intero album che vede il suo punto focale negli undici minuti della title-track. Un concentrato di metal prog anche per i norvegesi Asmodean, con By a Thread (Rob Mules Records), band che si ponge come un punto di incontro tra i Mastodon e gli Opeth, con i Black Sabbath nel cuore. Nulla di sconvolgente ma undici brani oltremodo piacevoli. E chiudiamo con la terza sortita solista del prolifico Bruce Soord, leader dei Pineapple Thief, che pubblica, a suo nome, Luminescence (Kscope/Audioglobe). Soord, figura di spicco della scena neoprog, qui mette al centro la chitarra acustica accanto alla quale appoggia ora elementi elettronici, ora orchestrazioni classicheggianti (affidate a Andrew Skeet dei Divine Comedy), e, ovviamente, il tutto condito dalle melodie vocali di cui è maestro. (Roberto Peciola)

BLUES
Prestazioni
da collezione

Prestazioni altissime in Live in 1967-Volume Three (Forty Below Records), firmato da John Mayall’s Bluesbreakers. Avete capito bene, si tratta del mitico bluesman britannico, oramai ritiratosi dalle scene. Il disco è un compendio di otto brani registrati nel 1967 in vari club londinesi. L’opera di recupero e assemblaggio si deve al collezionista Tom Huissen. La qualità del suono non è cristallina, ma quella dei concerti in questione è così struggente da prevaricare ogni impurità sonora. Con Mayall ci sono Mick Fleetwood, John McVie e Peter Green: tutti in forma stellare come dimostrano Tears in My Eyes, Greeny e The Stumble. Bravo il polistrumentista, speso in giro come one-man band, Tom Buenger che pubblica Blues from Caucasia (Autoprodotto), secondo album con 11 brani di notevole blues d’autore, in bilico tra Delta e Texas. Ottime That Ain’t Right e Get with Me. The Groove Krewe feat. Jonathon Boogie Long in Blues from the Bayou (Sound Business) includono cinque temi allegri figli della loro Louisiana: consigliamo Empty Pocket Blues. (Gianluca Diana)

JAZZ
Una gamma
cromatica

La Ecm, label bavarese del produttore e factotum Manfred Eicher continua, anche nel 2023, dal lontano 1969, a produrre grandi dischi, a spron battuto: Our Daily Bread di Joe Lovano con il Trio Tapestry, ispirato a Charlie Haden, è esplorazione intima del lavoro in tre – oltre il leader al tenore, Marilyn Crispell al piano e Carmen Castaldi a batteria e percussioni – con 8 original a sviscerare, tra improvvisazione e scrittura, l’intera gamma cromatica entro le forme più o meno canoniche del jazz cameristico, precipuo della label medesima. Vicino all’idea di un suono modern mainstream è invece Vagabond di Dominic Miller (chitarra) con piano jazz trio: l’elemento onirico emerge nei 9 sofisticati brani, rispetto a eventuali logiche tradizionaliste: quest’ultime sono da sempre aborrite in casa Ecm, che persino nelle ristampe in vinile dei propri classici da Gnu Hight a Saudades da Old and New Dreams fino al capolavoro The New Quartet di Gary Burton, raffinato esempio di fusion pacata, cristallina, agrodolce, con Michael Goddrock, Abraham Laboriel, Harry Blazer. (Guido Michelone)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

JAZZ/2
Cantare
per ballare

KURT ELLING & CHARLIE HUNTER
SUPERBLUE: THE IRIDESCENT SPREE (Edition Records)

**** Da quasi trent’anni è una sorta di istituzione del jazz cantato, anche se Kurt Elling ha sempre prodotto musica muovendosi in primo luogo dalla necessità di trovare spunti e idee, al di là degli stili. Il nuovo disco è il secondo inciso in coppia con uno straordinario chitarrista, Charlie Hunter. «Quasi tutto quello che ho fatto prima è stato nel regno dell’acustica. Ma questa volta mi sto allontanando dal jazz e canto molto più forte, ballando molto di più». Puro divertimento quindi tra le note di Ornette Coleman, Ron Sexsmith e una sorprendente rilettura di Black Crow di Joni Mitchell. (stefano crippa)

 

 

BLUES/2
La dura vita
del sessionman

TOM HAMBRIDGE
BLU JA VU (Quarto Valley Records)

**** Comprendere quanto sia opportuno stare dietro al frontman, lavorando duro per lui e di conseguenza anche per se stessi, non è dote comune tra i sessionmen. Hambridge questo lo ha capito da tempo, come testimoniano le sue presenze da batterista e sovente produttore per numeri uno del settore come Buddy Guy e Kingfish. Oltre loro due troviamo ospiti di lusso come Joe Bonamassa, Check Leavell e un cameo post-mortem di James Cotton. Tredici brani di blues elettrico bello tosto, con groove ed emozioni come se piovesse. (gianluca diana)

 

 

TRIBUTI
Magistero
poetico

MELLA/BEARZATTI/RIVAGLI/CHIAPPETTA
ELECTRICFRANCO (Da Vinci Jazz)

**** Una giusta e degna celebrazione, concepita dall’inventivo bassista Aldo Mella, per il magistero compositivo e la poetica di Franco D’Andrea, maestro del jazz italiano al cui fianco è stato per quasi un quarto di secolo. Doppiamente significativa, perché qui si trasforma in una sorta di avventuroso e pacato jazz elettrico cameristico il materiale del maestro, che a propria volta col Perigeo aprì mezzo secolo fa inediti scenari elettrici. Con Francesco Bearzatti al clarinetto, Alessandro Chiappetta alla chitarra elettrica, Elio Rivagli alla batteria. (guido festinese)

 

 

JAZZ/3
Il rischio
da evitare

CHRISTIAN PABST
THE PALM TREE LINE (Jazz Sick)

**** Tedesco, con precedenti musicali olandesi, dal 2020 a Perugia, il pianista in trio con Francesco Pierotti (contrabbasso) e Lorenzo Brilli (batteria) più Ilaria Forciniti (voce) in due brani e Federico Gili (fisarmonica) in uno, offre un curioso approccio al jazz moderno, suonando in pratica un repertorio leggero, che va dai brani sudamericani (Lecuona, Oteo e il mambo di Bernstein) a canzoni italiane (Modugno, Rota, Marchetti, Bongusto e Trovajoli) dimostrando che si può swingare egregiamente senza troppi «falsi» original o evergreen «a rischio banalità»: e qui di banalità non ce n’è. (guido michelone)

 

 

ALTERNATIVE
Meglio tardi
che mai

JONATHAN WILSON
EAT THE WORM (Bmg/Warner)

**** Al sesto tentativo, per chi scrive, finalmente Jonathan Wilson mantiene quelle promesse e premesse che Gentle Spirit, il disco del 2011 con cui si è fatto notare, avevano lasciato a intendere. Per Eat the Worm ha fatto quasi tutto da solo, a parte qualche sporadico intervento di amici come Jake Blanton (The Killers) o C.J. Camerieri (Bon Iver), soprattutto ha voluto liberarsi da ogni vincolo o barriera «artistica», e sperimentare quanto in passato non era riuscito a fare. E il risultato gli dà ragione, tra ballate folk, psichedelia, orchestrazioni cinematiche e accenni di jazz, gran bel lavoro. (roberto peciola)

 

 

BANDA BLONDEAU
BANDA BLONDEAU (Felmay)
**** Pensate a una Penguin Cafe Orchestra che un bel giorno si metta in testa di diventare un incrocio tra una marchin’ band jazzistica e un gruppo di turnisti di vaglia che suonano musiche da film. Il risultato non sarebbe molto lontano da quanto propone la strepitosa Banda Blondeau con banjo, chitarra, due sax, clarinetto, tuba e trombone, fisarmonica e batteria. Folk immaginario? Jazz per approssimazione? Una banda a spasso che ha perso la strada? Tutto questo. Che spasso. (guido festinese)

DEVENDRA BANHART
FLYING WIG (Mexican Summer/Goodfellas)
*** Per il suo undicesimo album Devendra Banhart ha voluto accanto a sé la gallese Cate Le Bon, con lo scopo di trovare «un suono nuovo, elettronico ma allo stesso tempo caldo e organico». Non sappiamo se il suono sia «nuovo», ma quello che si ascolta è qualcosa di caldo e melanconico, dalla forte spinta emozionale, già a partire dalla splendida apertura Feeling. A metà strada tra folktronica e shoegaze? (roberto peciola)

DANIEL BESTHORN
EMOTIONS (Alfa Music)
**** Un album d’esordio che presenti già tracce corpose di maturità espressiva è un bel segnale. Il giovane batterista e compositore tedesco Daniel Besthorn qui riunisce, in buona sostanza, un trio con pianoforte a uno scafato e filante quintetto di ance e ottoni: quasi una big band in epitome. Colori, timbri, attacchi e dinamiche palpitanti, e un filo rosso che lega il tutto a ricordi indelebili di suono orchestrale anni Sessanta e Settanta, senza calligrafismi. (guido festinese)

FLOCKS
FLOCKS (Zehra)
**** Esordio per questo duo composto da Werner Durand e Uli Hohmann. Gli strumenti a fiato e l’esperienza in ambito drone music del primo, uniti agli strumenti percussivi e alla conoscenza dei suoni asiatici e afro del secondo, sono il magma da cui emergono queste tre tracce di oltre quaranta minuti. Ambient, global south, krautrock e misticismo orientale vengono fusi con perizia e talento. Astraetevi ascoltando Quicksand e The Hunter ad alto volume. (gianluca diana)

GABRIELA MARTINA
HOMAGE TO GRAMLIS (Suisa)
**** La cantante svizzera, che vive negli Stati Uniti da una dozzina d’anni, è jazzsingersui generis, visto che in quest’album esplora apporti tra le culture musicali elvetica e americana, attraverso 11 composizioni originali che spaziano, in sestetto, tra gospel e blues, pop e classic song, funk e musica alpina. Ne scaturisce un album che Mark Sullivan su All About Jazz paragona addirittura a Joni Mitchell. (guido michelone)

SAVERIO MERCADANTE
MESSA SOLENNE (Dynamic/Ducale)
***** Saverio Mercadante è stato fra i compositori della scuola napoletana più prolifici e interessanti. Natio delle terre pugliesi emigra in quel di Napoli e compone capolavori su capolavori, spesso dimenticati. Non solo maestro operista ma compositore di musiche sacre di grande bellezza come la Messa solenne recuperata dal maestro Fabrizio Callai che dirige l’Orchestra e coro del Carlo Felice di Genova. Un lavoro bello, interessante, ricercato. (marco ranaldi)

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