JAZZ ITALIA
Dialogo
poetico

Nuove uscite Parco della Musica con protagonisti eccellenti del jazz contemporaneo della Penisola, proposte divaricate su poetiche assai diverse, ma ben degne d’ascolto. Cominciamo con Canto terrestre, bel titolo per un nuovo gruppo inventato da un trombettista di valore, e dal nome altrettanto bello: Giovanni Falzone Freak Machine. La «macchina strana» conta sul basso elettrico di Giuseppe La Grutta, la batteria di Andrea Bruzzone e un po’ di elettronica. L’intento di Falzone? Una sorta di visionaria suite che vive di richiami e raccordi al Mediterraneo e alla sua Sicilia. Argentino ma italiano d’adozione il grande Javier Girotto, al soprano e sopranino in Colyseus, dove intesse un dialogo incessante e travolgente con l’Alma Saxophone Quartet. Ance in fiamme, ricordi e lacerti di tango piazzolliano, forza ed eleganza. Due termini che andrebbero bene anche per descrivere le note da scoprire in Walking in the Shadow, dove torna Girotto, nel gruppo del bassista Giovanni Tommaso con la magnifica Rita Marcotulli al piano e Alessandro Paternesi alla batteria. (Guido Festinese)

BLUES
Preziosi
duetti

Un blues è sempre buono per il cambio di stagione. Provate con la ristampa di Friends Along the Way Deluxe Edition (Club 88 Records), del sempre bravo pianista e cantante Mitch Woods. La versione originale pubblicata nel 2017 conteneva sedici brani dove il leader duettava con gente come Taj Mahal, Charlie Musselwhite, John Hammond, John Lee Hooker e Van Morrison. Una perla allora, ancor più prezioso oggi con cinque ottimi inediti aggiunti, da cui segnaliamo le strepitose Don’t Dip in My Bizness con la voce e la chitarra di Kenny Neal e Blues for New Orleans dove al canto spicca Cyril Neville. Dal Minnesota giunge Mike Munson, bluesman che in chiave solista a voce e chitarra elettrica è autore di una miscela tra Hill Country e Bentonia Blues. Oscuro, caratteriale e fortemente ritmico: in Underwood (Autoprodotto) inserisce nove brani di eccellente fattura. In alcuni passaggi rammenta il primo Gabe Carter. Suonate Poor Black Mattie e Saint Anne. Segnalazione per i sette brani di Shakin’ Heaven and Hell (Autoprodotto) dell’inglese Noella Hutton: melodico e piacevole è Broken. (Gianluca Diana)

JAZZ
La visione
di Mingus

Ristampe o inediti, i tre album rappresentano la vitalità del jazz che, dal momento in cui inizia a «sperimentare», allarga i propri confini non solo artistici, ma anche caratteriali e geopolitici. Nel 1961 in tentet Charles Mingus in Mingus (Candid) ribadisce la propria «visione del mondo» in periodo della massima creatività dal fermento anche socio-identitario. Vent’anni dopo la scena muta e una allora giovanissima batterista Terri Lyne Carrington con Tic & Friends (Candid) forma un quartetto di storici bopper (George Coleman, Kenny Barron, Buster Williams) con i quali interpreta anche i brani di chi, come Rollins e Davis, erano idealmente «compagni di lotta» dello stesso Mingus in quella memorabile stagione. Passano quarant’anni e il trombonista svizzero Samuel Blaser di Routes (Enja) ribadisce la propria curiosità verso la musica pur ripensata entro un contesto jazzistico con una band di star internazionali da Soweto Kinch a Michael Blake, da Alex Wilson fino a Ira Coleman, contrabbassista, che, idealmente, chiude il trittico cominciato proprio con Mingus. (Guido Michelone)

INDIE POP
Magie
di uno stile

Quando si parla di shoegaze, tra i nomi che saltano alla mente c’è quello degli inglesi Slowdive, che a inizio anni Novanta raccolsero e amplificarono gli umori di una scena in piena evoluzione. Poco dopo però lo scioglimento, durato oltre vent’anni, e il ritorno nel 2017 con un disco che li riportava «quasi» dove avevano lasciato, e dove avevano lasciato ci tornano ora con Everything Is Alive (Dead Oceans/Goodfellas), un lavoro che rispecchia magicamente lo stile, attraverso brani dove le chitarre dilatate, inserti elettronici e le voci soffuse sono i punti focali. Restiamo in Inghilterra con i Bleach Lab, che pubblicano Lost in a Rush of Emptiness (Nettwerk/Bertus), un disco che si rifà alla scena dreampop Nineties da un lato e alla wave di nomi come i Cure dall’altra. Il tutto con gusto e capacità, anche grazie alla produzione a più mani, tra cui quelle di PJ Harvey. C’è una vena dreamy e notturna anche nelle costruzioni sonore del londinese Jacob Allen, in arte Puma Blue, ascoltabili nel suo Holy Waters (Blue Flowers/Pias/Self, a cui aggiunge sapori smooth jazz, trip hop e indie. Interessante. (Roberto Peciola)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

CHAMBER POP
Una carriera
a rilento

THE CLIENTELE
I AM NOT THERE ANYMORE (Merge/Goodfellas)

**** La band inglese guidata da Alasdair MacLean vanta una carriera discograficamente «povera», se comparata ai trent’anni di attività vera e propria. Infatti questo I Am not There Anymore è solo il settimo album inciso dalla formazione inglese, maestri della scena chamber pop con venature psych folk. E probabilmente proprio la non sovraesposizione in sala d’incisione garantisce a MacLean e soci il fatto di riuscire a creare sempre lavori interessanti, che guardano sì alla lezione di nomi quali i Love ma portano il ricordo anche ai primi Elo (vedi Fables of the Silverlink). (roberto peciola)

 

 

JAZZ/2
La terra
da scoprire

DOCK IN ABSOLUTE
[RE]FLEKT (CamJazz)

**** Arrivano dal Lussemburgo, terra ancora poco considerata in ambito jazz, sono un trio con pianoforte, basso elettrico e batteria, suonano un progressive jazz scintillante e romantico che discende da quella linea Bill Evans-Keith Jarrett-Esbjörn Svensson-Bad Plus mai sopita. Non pensate a dei cloni, ma a musicisti in grado di creare archi melodici di limpida e immediata comunicativa, senza rinunciare a una caratura ritmica pressante e a un interplay pressoché perfetto. Secondo disco: più che una conferma. (guido festinese)

 

 

 

PSYCH POP
Viva
l’Australia

GUM
SATURNIA (Spinning Top/Goodfellas)

***** Che dio, o chi per lui, ci conservi l’Australia. Terra d’origine di alcuni dei nomi più importanti per chi ama le sonorità psichedeliche – e noi tra questi – a cominciare dai Pond, i cui membri hanno generato i Tame Impala e i Gum. O meglio, Gum, pseudonimo scelto da Jay Watson, polistrumentista membro fondatore dei Pond e dei Tame Impala, per l’appunto, che con Saturnia arriva al sesto lavoro. E che lavoro! Psych pop e puntate r&b da manuale, non una nota fuori posto o sopra le righe. Tra i dischi dell’anno, senza dubbio! (roberto peciola)

 

 

 

BLUES/2
Le metafore
di un maestro

BOBBY RUSH
ALL MY LOVE FOR YOU (Deep Rush/Thirty Tigers/ Goodfellas)

**** Scevro dal voler usare facili forme che possano portarlo a un risultato immediato e compiacente nei confronti di pubblico e critica, il grande bluesman pubblica un altro album riuscito ed emozionante. Voce, armonica e chitarra sono inossidabili e la presenza della band ne esalta il valore: tutto questo sarebbe più che bastante per scrivere un ottimo disco, ma non per Rush. Dietro il linguaggio ricco di metafore e ammiccamenti di cui è maestro, racconta anche la discriminazione razziale vissuta sulla propria pelle, come in I’m Free e I’m the One. (gianluca diana)

 

 

 

TRIBUTI
Repertorio
immortale

NATHALIA SALES & AMIGOS
TENCO PER IL TENCO (Universal)

**** Si inizia con Lontano lontano: Gilberto Gil la tradusse in portoghese, sul palco del Tenco la cantò. La cantante brasiliana Sales, voce incantata fitta di armonici la riprende alternando le parole originali e il portoghese: una meraviglia. E poi via con il repertorio immortale di Luigi scolpito nella storia. Nel dicembre del ’22, a Verona il tutto: che si trasformò anche, a sorpresa, in una festa non solo per i cinquant’anni del Premio Tenco, ma in un tributo a Enrico De Angelis, mentore e motore della grande canzone d’autore. (guido festinese)

 

 

 

MATTEO ADDABBO
L’ASINO CHE VOLA (Dodicilune)
*** L’organo elettrico – qui un Viscount Legend – è uno strumento che, nel jazz, comunica gioia, vigore, divertimento, fantasia. Il trio con Bucciarelli (chitarra) e Beninati (batteria) sprigiona energia a volontà affrontando un genere, il soul jazz, poco frequentato in Italia, ma di cui viene restituita la verve con i giusti equilibri anche nell’unico pezzo in quintetto con tenore e tromba (Negrin e Boni). (guido michelone)

LÉA BOUDREAU
LIMAÇON (Empreintes Digitales)
*** La giovane compositrice canadese che si muove in ambito elettroacustico, presenta cinque temi nati dal 2017 a seguire. Le idee alla base delle incisioni garantiscono una buona resa qualitativa euna drammaturgia narrativa. Spicca in tal senso l’apertura Dementia che, prendendo spunto dalla malattia di Alzheimer, descrive paesaggi sonori che effettivamente evocano stati confusionali e frammenti di lucidità. (gianluca diana)

FABRIZIO CONSOLI
SESSIONS DETENTIONS (Vrec/Audioglobe)
*** Nove album in trent’anni di carriera fra pause e silenzi (e l’attività di sessionman), musicista eclettico, in questa dozzina di brani, registrati solo per voce e chitarra, alla maniera dei vecchi «classici cantautori», Consoli si mostra folksinger genuino, pronto a omaggiare i maestri ideali – Paolo Conte e la giovane Raye – con un brano a testa, mentre di De Paul ne canta addirittura tre; gli altri sono autobiografici racconti di vita e di strada. (guido michelone)

CRISPINO LANCIAI BASILE SABELLI
KOBAYASHI (Dodicilune)
*** Confortante che sempre più il jazz vivo della Penisola lasci intuire, in sprazzi convincenti, che il bacino d’ispirazione per lavori belli e intensi è un ben maturo senso storico per la parte più colta della popular music. Qui, con basso a sei corde, batteria, sax baritono, chitarra elettrica ed elettronica si evoca in jazz molta sostanza art rock e di confine: i Calexico e Morricone, il Frisell «desertico», le dilatazioni modaleggianti jazz rock di mezzo secolo fa, il dub e molto altro. (guido festinese)

LATHE OF HEAVEN
BOUND BY NAKED SKIES (Sacred Bones/Goodfellas)
*** Amanti delle sonorità wave, post punk e synth pop inglesi anni Ottanta, ecco la band che fa per voi, la band che vi riporterà direttamente indietro di 40 anni. Arrivano da New York e questo è il loro esordio discografico. Gli elementi ci sono tutti: scegliete un nome a caso tra le band Uk di quel periodo e qui ci ritroverete sicuramente qualche aggancio. (roberto peciola)

NINO ROTA
WAR AND PEACE (WDR/Capriccio)
***** L’arte di Nino Rota si apprezza sempre più fuori Italia grazie all’interesse dell’ottima WDR Funkhausorchester di Colonia che ha inciso, diretta da Felix Bender e da Michael Seal, alcune pagine sinfoniche del maestro milanese. A partire dalla suite tratta dal film War and Peace, troviamo la rara ballata per corno Castel del Monte, il Concerto per archi, il Concerto per arpa e orchestra e infine una suite da Prova d’orchestra. Da avere per ricordare a noi italiani di quanto sia bella la musica di Nino Rota. (marco ranaldi)