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Gli Ultrasuonati

JAZZ ITALIA Generazione Sessanta Alberto Giraldi, pianista e compositore in ambito jazz, teatrale, radiofonico e anche docente fa parte di quella generazione di sessantenni che hanno maturato esperienze in ogni […]

Pubblicato circa un anno faEdizione del 5 agosto 2023

JAZZ ITALIA
Generazione
Sessanta

Alberto Giraldi, pianista e compositore in ambito jazz, teatrale, radiofonico e anche docente fa parte di quella generazione di sessantenni che hanno maturato esperienze in ogni campo e ogni musica conoscono e sanno valorizzare nei propri lavori. Si consideri ad esempio l’iniziale Quadrivium 60, che intitola il suo nuovo disco (Alfa Music, come i seguenti): una cascata di note gentili e bluesy che d’improvviso svoltano verso atmosfere quasi sambate. Ottima ritmica e un soprano, quello di Filiberto Palermini, di grande espressività. Discorso che potrebbe valere anche per il nuovo, corposo lavoro di Lillo Quaratino, bassista e compositore, alla guida di un settetto affidabile in Se non piove esco in cui si incrociano su sue notevoli composizioni anche i talenti visionari di Gabriele Mirabassi al clarinetto e Javier Girotto al soprano. In settetto anche il guizzante jazz del trombettista (anche al synth) Aniello De Sena, dal bel senso architettonico nella costruzione tornita delle frasi e dei temi in Soulmates, formazione elettroacustica tra latin e fusion con ritmica canonica, congas, chitarra e flauto. (Guido Festinese)

BLUES
Una realtà
popolare

Blues per il popolo, non è retorica ma realtà. Significativo in tal senso il secondo disco della carriera per Nic Clark che realizza un piccolo capolavoro con Everybody’s Buddy (Little Village Foundation). Il giovane cantante, armonicista e chitarrista del Colorado, nonostante l’età ha un monte di storie da raccontare. Lo fa con dodici brani di blues asciutto ed essenziale, molto ritmico e mai banale. La provenienza latina, delle perdite importanti in adolescenza, l’esperienza da tuttofare nei Greaseland Studios di Kid Andersen e tanto altro. Toccanti sono Hurricanes e How I Met the Blues, intima e profonda Anxiety Blues, rurale e sincera She’s a Fighter. Genuino e pieno di feeling è Leonard «Lowdown» Brown che in Blues Is Calling Me (Music Maker Foundation), arriva all’esordio a settantanni. Adottivo di Houston, Texas, presenta un blues elettrico morbido e flessuoso con tinte gospel. Notevoli sono Juke Joint e Can’t Buy Time. Jeau James con Fated (Lord Viny/Forty Below Records) è autore di un robusto blues rock, da cui estraiamo River e Is This History. (Gianluca Diana)

CLASSICA
Percorsi
spirituali

Prima uscita della collaborazione fra la celebre label tedesca Deutsche Grammophon e la Verbier Festival Gold: The Symphonies. A Beethoven Journey. Un cofanetto di quattro cd con le nove sinfonie beethoveniane – scritte lungo un quarto di secolo dal 1799 al 1824 – copre un lungo periodo di registrazioni (2009-2022), con il direttore ungherese cosmopolita Gábor Takács-Nagy e la Verbier Festival Chamber Orchestra, intraprendendo una sorta di percorso spirituale affrontando quello che forse è il monumento assoluto della musica occidentale con spontaneità e intuizione, gioia e rigore. Il ciclo cattura il resoconto liberato e trasformativo da parte dell’ensemble di questi singoli capolavori (e al contempo «corpus unico» nella sfida interpretativa) quasi seguendo le parole del biografo Jan Swafford: «L’onestà è ciò che ascoltiamo: nessuna lussuria romantica, nessun ego, piuttosto un senso della verità di ogni brano nei suoi termini. C’è un senso di intima comunicazione tra un’orchestra e un direttore al servizio di una visione delle opere come singoli e nel loro insieme». (Guido Michelone)

ALT FOLK
Il biglietto
da visita

Hanno aperto per i Black Country, New Road, e già questo potrebbe essere un biglietto da visita interessante (per quanto non sempre gli «opening act» hanno un senso artistico…), ma i sei ragazzi londinesi che rispondono al nome di Tapir!, sebbene abbiano ancora molto da dimostrare, promettono bene con il loro esordio, Act 1 (The Pilgrim) (Heavenly/Pias/Self), prima parte di un progetto strutturato in tre sezioni. 4 brani che riflettono un mood pacificato, tra folk e chamber pop, che più li si ascolta più catturano. Non ci resta che aspettare i prossimi due capitoli. Sesto disco invece per Kate Stables, in arte This Is the Kit. Careful of Your Keepers (Rough Trade/Self), prodotto da Gruff Rhys dei Super Furry Animals, non si distacca da quanto l’artista inglese ha proposto in carriera, con il suo alt folk sofisticato, contaminato tanto dal pop quanto dal jazz. Un brano su tutti, l’apertura Goodbye Bite. Chiudiamo con Me Lost Me, al secolo Jayne Dent, da Newcastle, e il suo RPG (Upset the Rhythm). Folk sperimentale, che flirta con jazz, elettronica e tradizione. Un disco che vale la pena ascoltare e riascoltare. (Roberto Peciola)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

CONTEMPORANEA
L’attualità
di Muti

AA. VV.
CONTEMPORARY AMERICAN COMPOSERS (CSO)

**** Da quando Riccardo Muti dirige la Chicago Symphony Orchestra, la produzione discografica con quest’ultima sembra portarlo verso la musica contemporanea di stretta attualità, come nei precedenti album sui repertori di Anna Clyne e Mason Bates; Muti inizia dal breve neoromantico Hymn for Everyone (2021) di Jessie Montgomery, prosegue con Three Lisel Mueller Settings (2018) di Max Raimi e termina sulla maestosa Symphony n. 11 (2018) di Philip Glass, dove il minimalismo si stempera in un’enfasi vicina alle tradizioni colte occidentali. (guido michelone)

 

JAZZ ITALIA/2
Ascetismo
sonoro

BEPPE ALIPRANDI
ALTI E BASSI (Splasc(h) Records)

**** L’altosassofonista (attivo dal 1960, classe 1939) porta a compimento il progetto di abbinare il proprio sax con uno (Biangle) o due contrabbassi (Triangle). Dialoga, così, soprattutto con Matteo Mosolo e con Valerio Della Fonte, complice un soggiorno in Carnia. Il materiale è quasi tutto di Aliprandi, più brani di C. Haden e B. Powell; nell’asciuttezza del dialogo – essenziale ma non scabro, ermetico con accenti lirici – emergono i modelli rielaborati di O. Coleman e L. Konitz. Quasi un esercizio di «ascetismo sonoro» in cui i musicisti creano un loro e ispirato «spazio remoto». (luigi onori)

ALT JAZZ
L’ossessività
del gesto

THE NECKS
TRAVEL (Northern Spy)

**** Vale la pena rammentare che siamo davanti alla diciannovesima uscita per questa formazione di seminale importanza. Ciò detto può esser utile a comprendere come i tre abbiano ancora creatività e intenzione, oltre al talento già ben noto, per scrivere cose che regalano piacevolezza all’ascolto. Qui ci troviamo dinanzi a quattro temi che rasentano ognuno i venti minuti. Sono il risultato della pianificazione giornaliera che la band si è data, iniziando al mattino in studio con sessioni di tale lunghezza. L’ossessività del gesto si rifrange nel suono, dove l’ipnosi jazz è prossima alla meditazione. (gianluca diana)

 

JAZZ
Ragnatele
poliritmiche

CHRIS SPEED TRIO
DESPITE OBSTACLES (Intakt)

**** Decimo anno di attività per il Trio del sassofonista e clarinettista Chris Speed e terzo lavoro per l’etichetta svizzera che documenta molte eccellenze del jazz contemporaneo. C’è la cavata rotonda di Chris Tordini, la ragnatela preziosa di poliritmi di Dave King e la forza d’urto possente e ragionata del sax di Speed, che sceglie qui campiture piuttosto brevi per inserirsi nel solco di una tradizione (Rollins, Coltrane, Lester Young) vissuta come stimolo e rilancio, non passatismo calligrafico. (guido festinese)

 

 

ALT ROCK
Una passione
per il cosmo

UPPER WILDS
JUPITER (Thrill Jockey)

*** Una evidente passione per il cosmo accompagna il trio di Brooklyn che con questo Jupiter pubblica il quarto album, e terzo consecutivo dedicato a un pianeta del nostro sistema solare. Chitarre fuzzy, spunti psych, aperture post punk, tanto indie e alt rock di ispirazione Nineties e una dose massiccia di hard blacksabbathiano e space rock caratterizzano la proposta di Dan Friel, voce e chitarra, Jason Binnick, basso, e Jeff Ottenbacher, batteria. Ascoltare per credere 10’9”, il pezzo migliore del lotto. (roberto peciola)

 

ROBERTO DANI/FORME SONORE ENSEMBLE
INCANTO (Ilentes/Stella Nera)
*** Per quindici anni il batterista e compositore ha cercato (e trovato, chiariamo subito) un solido punto d’equilibrio tra improvvisazione e scrittura, gesto sonoro estemporaneo e strutture rigorose con Forme Sonore Ensemble, gruppo aperto a contributi di danzatori, fotografi, pittori, attivo tra Vicenza e Cagliari. Tre batteristi, titolare compreso, sintetizzatori, tastiera, violino, elettronica: gran gioco dunque tra poliritmie, accenti isolati, tessiture e timbriche inconsuete. (guido festinese)

FEDERICO GERINI/STEFANO GUAZZO
INCANTO (Autoprod.)
**** Stefano Guazzo, sassofonista e clarinettista, è una delle «voci» più corpose del jazz italiano. Il duo con il pianista toscano Gerini, a proprio agio tra note classiche, contemporanea e improvvisazione anche radicale ne fa emergere il lato più terso e lirico, soprattutto al soprano, a partire dall’iniziale brano ternario Dalla mia finestra, e con un approdo quasi da aria popolare in La collina delle fate. Splendida la ripresa di Last Tune of 2020. (guido festinese)

JOÃO ORECCHIA & SICKER MAN
PARALLAX (Blank Records)
**** La possibilità di modificare l’angolo parallittico delle proprie creazioni, in corso da oltre vent’anni, ha permesso ai due di scovare ulteriori mondi sonori. Tra questi è incluso anche il clarinetto basso nelle mani di Orecchia. I sistemi modulari incrociati col violoncello elettrico del sodale han fatto il resto: la registrazione mantiene un tono sognante dall’inizio alla fine, in grado di equilibrare sperimentazione, ambient e drone, con il buon gusto. (gianluca diana)

PENGUIN CAFE
RAIN BEFORE SEVEN… (Erased Tapes/Audioglobe)
*** Abbiamo già avuto modo di raccontare come Arthur Jeffes abbia ripreso le redini di quel progetto immaginifico che il padre, Simon, aveva creato a inizi anni Settanta. Jeffes figlio cerca, di mantenere lo standard compositivo e il senso musicale del genitore, tra «folklore immaginario» e visioni cinematiche e classiche. (roberto peciola)

RACHEL PORTMAN
BEYOND THE SCREEN (Sony Classical)
**** Portman ci ha incantati con le sue note, le sue poesie musicali. Ora si propone come raffinata pianista in un disco che assieme alla violoncellista Raphaela Gomes è come uno scrigno di profumi e di tesori importanti. È un concentrato di sensazioni rese così particolari dal suono del cello che il disco risulta essere non solo godibile ma indispensabile. Per una sensazione di tempo che vola. Poetico. (marco ranaldi)

TAIKO SAITO
WALD (Trouble in the East Records)
**** La vibrafonista nipponica entra nel vivo della scena contemporanea berlinese non solo per la ritmica tedesca – Jan Roder al contrabbasso e Michael Griener alla batteria – ma soprattutto grazie a una proposta dove sull’onda della storia dell’improvised music europea si possono, nei quattro lunghi brani collettivi, ascoltare gli scambi talvolta repentini tra alea e scrittura, jazz e avanguardia, con la leader che sa estrarre dallo strumento una varietà immaginifica di sonorità estreme, ma anche delicate e swinganti. (guido michelone)

 

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