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Gli Ultrasuonati

NEO PROG ITALIA Storie liguri Passano gli anni, e anche ciò che era etichettato con un «neo» davanti diventa storia. Pensate al neo prog a cavallo tra fine anni Novanta […]

Pubblicato più di un anno faEdizione del 8 luglio 2023

NEO PROG ITALIA
Storie
liguri

Passano gli anni, e anche ciò che era etichettato con un «neo» davanti diventa storia. Pensate al neo prog a cavallo tra fine anni Novanta e inizi Duemila: per molti altri non è stato che un recupero tardivo e calligrafico di una stagione irripetibile, per altri, più giovani, il primo approccio con strutture complesse e stratificate, spesso assai romantiche, il contrario della brutale, grezza velocità del punk. La ligure Maschera di Cera, nel 2002, fu una delle band che meglio seppe interpretare la voglia di nuovo e antico prog rock. C’era la voce possente di Alessandro Corvaglia, si metteva in luce il talento di Fabio Zuffanti. Quando uscì il primo disco omonimo in molti gridarono al miracolo di un ritorno possibile di certe sonorità hard prog, la conferma arrivò col più oscuro e sperimentale Il grande labirinto, del 2003. Ams ristampa il duetto, con bella messe di inediti. Un buon gruppo ligure neoprog d’oggi? I Giant the Vine di A Chair at the Backdoor (Luminol): frammenti di Gentle Giant e King Crimson come base, linea tesa fino al post rock contemporaneo nel complesso. (Guido Festinese)

CANTAUTORI
Ritorni
e promesse

Una gestazione di oltre dieci anni, dalle prime session di registrazione a Berlino nel 2011 fino al missaggio finale nella ex casa di George Harrison lo scorso anno. È quanto Yusuf/Cat Stevens ha impiegato per completare il suo diciassettesimo album, King of a Land (Bmg/Dark Horse). Il risultato finale non è però certo quello di un lavoro particolarmente elaborato, ma, né più né meno quello che ci si potrebbe attendere da un artista che il meglio lo ha dato mezzo secolo fa e che oggi continua a comporre brani nello stesso identico modo. C’è chi apprezzerà proprio per questo, noi meno. Meglio il secondo album per il cantautore inglese Will Westerman (in arte Westerman), An Inbuilt Fault (Partisan/Self). Ci si muove tra pop sofisticato e folk à la Bon Iver, specie quando la voce vira verso il falsetto, e un ricordo di John Grant. James Ellis Ford è produttore di grande fama (Gorillaz, Depeche Mode, Arctic Monkeys…) nonché membro del duo Simian Mobile Disco, e ora anche autore solista con The Hum (Warp/Self), dove volge uno sguardo al passato, ai Settanta del periodo berlinese di Bowie e Brian Eno. (Roberto Peciola)

JAZZ
Un’energia
norvegese

Norvegia, terra fertile per il jazz. Lo conferma questa triade di uscite. La prima è una registrazione dal vivo del 2022 a Oslo, dove i titolari della formazione sono il batterista e il bassista Ingebrigt Håker Flaten & Paal Nilssen-Love, una delle migliori sezioni ritmiche degli ultimi decenni. I due, affiancati da un sestetto di gran qualità, volano altissimi in Guts & Skins (PNL Records). Il lavoro che è diviso in sette tracce, è di una bellezza devastante. Energia rigogliosa in ogni dove, molteplicità delle forme del jazz a stupire di continuo: è un disco che fa bene al cuore. Dato che di rimaner fermo cinque minuti Nilssen-Love non ne ha nessuna voglia, lo ritroviamo anche in Sun & Steel, quartetto di free con Marthe Lea, Isach Skeidsvoll e Øyvind Storesund: esordiscono con Off the Hook!-Live at Motvind (Sheep Chase Records), altra sessione incisa live sempre a Oslo, ma nel 2021. Notevoli. Finiamo con Mats Gustafsson and Andreas Røysum e il loro Vindögæ (Motvind Records): due brani da oltre venti minuti per i due soffiatori di ance, improvvisazione senza rete. (Gianluca Diana)

JAZZ ITALIA
La maturità
raggiunta

Il jazz femminile italiano ha raggiunto una maturità tale da ambire al capolavoro con Mito (Alfa Music) di Cettina Donato e Zoe Pia dove, soprattutto nelle parti swinganti, pianoforte e clarinetto raggiungono intensità espressive notevoli, ben supportati qua e là da un paio di ospiti o da strumenti etnici nei dodici brani equamente ripartiti a un livello compositivo vicino a un post bop squisitamente cameristico. In I Got Strings (Cam Jazz) Eleonora Strino è la prima donna a cimentarsi nel classico guitar jazz trio, accompagnata dai celebri americani Greg Cohen e Joey Barron, dimostrando una maturità artistica completa alle prese con sette standard arcinoti, ma rivitalizzati da un virtuosismo al contempo personale e riconoscibilissimo. Infine il Quiet Quartet nell’omonimo album (AMP) ha quale front woman la jazzsinger Giulia Bartolini che, con Falcone, Giachi, Brilli, si manifesta in sette original capaci di esaltare i preziosismi canori, debitori a sua volta di un vocalese moderno e convincente. (Guido Michelone)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

ALTERNATIVE
Libertà
d’espressione

BLACK DUCK
BLACK DUCK (Thrill Jockey)

***** Un nuovo trio si affaccia sulla prolifica e immaginifica scena musicale di Chicago. E che trio! Due chitarristi (Douglas McCoombs dei Tortoise, anche al basso, e Bill MacKay) e un batterista (Charles Rumback), gente che sa il fatto suo, quindi. E lo si evince senza ombra di dubbio ascoltando questi brani nati quasi tutti durante improvvisazioni in studio di registrazione, che esulano da qualsiasi gabbia di genere e stile, come d’altronde i tre ci hanno abituato nelle loro carriere, anche se il post e il math rock sembrano essere il filo conduttore del tutto. Un gran disco, come da logica! (roberto peciola)

 

WORLD MUSIC
L’utopia
internazionale

CONGOTRONICS INTERNATIONAL
WHERE’S THE ONE? (Crammed Discs/Ma.So.)

**** L’album raccoglie ventuno performance sistemate fra il 2011 e 2014 da decine di solisti e gruppi sia africani sia europei (Deerhoof, Juana Molina, Kasai All Stars, Konono No.1, Skeletons, Wildbirds and Peacedrums) a Kinshasa, New York, Buenos Aires, Stoccolma, New Mexico: un mix di rock, funk techno e world music all’insegna di un internazionalismo che ormai solo la musica, in mancanza di un socialismo utopista, può esternare tra passione e competenza. Un booklet racconta la storia dell’originale iniziativa. (guido michelone)

 

JAZZ ITALIA/2
Sull’orlo
dell’abisso

STEFANO ONORATI/MARCO TAMBURINI
EAST OF THE MOON (Caligola)

**** Stupore e gratitudine: non vengono in mente altre parole, se vi capita di ascoltare qualcosa che salti fuori dai cassetti del tempo e su cui abbia messo mano, fiato, idee e immensa umanità Marco Tamburini, trombettista. L’ascolto, appunto, ci regala una serata speciale in cui Tamburini e Stefano Onorati, due terzi dei Three Lower Colours, improvvisano a notte fonda per il puro gusto di farlo, evocando gli spiriti vitali di Miles, di Chet, di Lester Bowie, di Joe Zawinul. Un dialogo possibile camminando sicuri sul bordo dell’abisso, come sanno fare solo i grandi. (guido festinese)

 

DANCE POP
Recuperare
la queer culture

JAKE SHEARS
LAST MAN DANCING (Mute/Self)

*** Ricordate gli Scissor Sisters? Shears era l’uomo immagine – nonché voce – di quel rutilante teamche recuperava e amalgamava soul, disco e pop anni Ottanta. Congelato il progetto si è dedicato ad altre attività, fra cui uno spettacolo a Broadway e perfino una sorta di autobiografia. Ora l’artista statunitense tenta l’impresa solista concentrandosi su dodici pezzi che citano spudoratamente disco e pop Eighties (Really Big Deal sembra uscire da un lavoro di George Michael…). La sfida – per sua stessa ammissione – è recuperare la queer culture e riposizionarla nel nuovo millennio. (stefano crippa)

 

SPERIMENTALE
Un affresco
di emozioni

JONI VOID
EVERYDAY IS THE SONG (Constellation)

Tape Vortex/Musique Verité/Memory Collage: è uno slogan che chiarisce il tutto. È lo stesso Void a parlare così della propria musica, generata da una lunga serie di registrazioni di vari frammenti sonori ripresi da un walkman acquistato dall’autore nel 2020. Il quale, da lì in poi, percorrendo in lungo e largo e con qualsiasi mezzo la sua Montreal, ha inciso tutto il necessario per dare inizio al progetto. Oltre gli ospiti, tra i tanti Owen Pallett e Ida Toninato, resta un affresco entusiasmante, che trascende i generi e racconta di molteplici emozioni. Su tutto Negative Loop e Non-Locality. (gianluca diana)

 

ANCHOR & BURDEN
KOSMONAUTIC PILGRIMAGE (Moonjune)
**** Supergruppo composto da Markus Reuter e Alexander Paul Dowerk (chitarre), Bernhard Wüsthenrich (tastiere), Asaf Sirkis (percussioni). È l’ennesimo positivo riscontro del produttore Leonardo Pavlovic nell’offrire un sound unico, foriero di una perfetta alchimia fra noise, free, prog, fusion, dove, nei nove brani presenti a mo’ di concept album fantascientifico, la «pesantezza» e il rumorismo assumono spesso i tratti delicati di un sincero lirismo, oltre esternare magniloquenti effluvi solistici. (guido michelone)

CABLE TIES
ALL HER PLANS (Merge/Goodfellas)
**** Una bella scossa ogni tanto (spesso, a dir il vero) ci vuole. E quella che ci dà questo trio in arrivo da Melbourne, Australia, al terzo album con All Her Plans, è di quelle giuste. La leader, chitarrista e cantante Jenny McKechnie ha grinta da vendere e i suoi sodali Nick Brown al basso e Shauna Boyle alla batteria la assecondano, ormai dal 2015, in maniera perfetta creando un mix di post punk, garage e indie rock di tutto rispetto. E chissà se li vedremo mai da queste parti. (roberto peciola)

NICOLA PISANI
MEDITERRANEAN ACOUSTIC ORCHESTRA (Atlantide)
**** Un piccolo grande sogno realizzato da Catanzaro Jazz Fest con Pisani, direttore d’orchestrra, compositore, sassofonista soprano, musicista e didatta a proprio agio nelle conduction e in genere in tutti gli ambiti in cui c’è da trovare l’amalgama alchemico tra tante voci e timbri strumentali diversi (c’è anche l’atavica lira calabrese, in formazione). Qui, con l’aiuto anche del grande Francesco Caligiuri un ensemble a undici accarezza e incanta, sfiorando asprezze balcaniche, profili melodici da pieno canto, ricordi di penisola iberica, in un equilibrio ragionato tra scrittura e improvvisazione. (guido festinese)

MASSIMILIANO ROLFF
ADVENTURES ON MAGIA (Challenge Records)
**** Ci sono jazzisti assai fedeli a un’unica estetica ben precisa e radicata storicamente e altri che preferiscono sfidare se stessi e la propria comfort zone mettendosi a rischio in più campi, in più latitudini dove vivono famiglie di note, modi di arrangiare, attitudini diverse. Rolff, bassista e compositore, molte avventure discografiche alle spalle in territori diversi, sceglie qui di convogliare corposi echi latini impastati con raffinati arrangiamenti westcoastiani, e un quartetto d’archi aggiunto al gruppo jazz: eleganza e presenza di assoluto rilievo. (guido festinese)

SCHNEIDER TM
EREIGNISHORIZONT (Karlrecords)
**** L’autore tedesco, al secolo Dirk Dresselhaus, continua nelle avventure sperimentali parallele agli ambiti dance pop con i quali si è fatto conoscere. In questa occasione pubblica un doppio disco composto da otto brani, con un minutaggio considerevole in cui dipana le sue idee che sviluppa attraverso l’utilizzo di chitarre, impianti valvolari e affini. L’umore che giunge all’ascolto è completamente oscuro e spettrale, non vi è alcuna traccia di luce: brani come Austritt e Schwarzschild-Radius sembrano scritti per un thriller fantascientifico. (gianluca diana)

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