ALTERNATIVE
Lontano
dal mainstream

C’è ancora spazio per qualcosa di davvero alternativo? Sì, c’è, anche se si è destinati a restare in una nicchia di appassionati, curiosi di sperimentare cose fuori dal mainstream imperante. Un caso è quello di Tara Busch, già voce dei Dynamo Dresden, e titolare con il marito Maf Lewis del progetto audio-visivo I Speak Machine, che pubblica il nuovo album, frutto di quattro anni di lavoro, War (Ism). Synth pop sghembo, industrial e sperimentale per un disco cui vale la pena dare credito e ascolto. Arrivano dalla Francia i Dewaere che tornano con What Is Pop Music Anyway? (Mowno), dalla forte carica punk e post punk. Con la voce di Maxwell Farrington a ricordare in più di qualche sfumatura Iggy Pop, la band bretone ci regala vari momenti interessanti. Chiudiamo con quello che forse è il migliore tra i tre presentati, Keep This Be the Way (Sargent House) del trio di Seattle Helms Alee. La musica heavy con i tre prende varie fisionomie, c’è una ricerca sonora non comune e lontana dall’essere accomodante, ricerca che gli dona una buona dose di originalità e ce li fa apprezzare non poco. (Roberto Peciola)

JAZZ
Percorsi
a oltranza

Da trenta secondi a sette minuti circa: non si fa problemi di tempi «canonici» Elias Stemeseder in Piano Solo (Intakt). Il pianista austriaco, maturato a Berlino, e da molti anni con base a New York è da molti (giustamente) conosciuto per il suo splendido apporto al trio di Jim Black, ma qui allarga le ali. Un disco frutto di sei ore di torrenziali improvvisazioni: «sintesi, danza, stato d’animo, energia», le parole chiave. Che tornano, pezzo su pezzo, in questo sciamanico, oltranzistico percorso. Pianismo del tutto particolare anche con Yuko Fujiyama in Quiet Passion (Intakt), con la cornetta visionaria di Graham Haynes, e i device elettronici di Ikue Mori. Lei sembra tracciare un ponte sognante tra Cecil Taylor e Marilyn Crispell, creando una suspense alimentata da silenzi tattici che abitano e incrociano i misteriosi sciami di note e rumori. Per Aum Fidelity Mayan Space Station di William Parker, patriarca di queste note oggi settantenne: che qui innalza una cupa, psichedelica piramide di suoni retrofuturistica: con le nervature acide della chitarra di Ava Mendoza. (Guido Festinese)

BLUES
Primavera
svedese

Frizzanti novità primaverili. Partiamo dalla Svezia da cui arriva l’ultima uscita discografica di una delle principali formazioni blues del posto, la Eric’s Blues Band, capitata da Eric Hansson, che presenta Rolling Avenue (Autoprodotto). In dieci incisioni propone una divertente miscela di blues influenzato dai suoni West Coast e Chicago: lo confermano canzoni come Stay with Me, Ball and Chain e Drinking Man´s Blues con Jerry Portnoy. Arriva dalla Louisiana Josh Hyde con il suo nuovo Double Down on Wrong (Autoprodotto) dove riversa la sua attitudine di bluesman melanconico: un lavoro senza fronzoli che cerca di andare dritto al cuore atrraverso linee semplici e dirette. C’è molto blues elettrico delle colline e un pizzico di Bentonia in I Can’t Leave the Night, mentre So Long è una ballata agrodolce. Conclusione con la esperta e sempre tonica Hurricane Ruth che tenendo fede al nome d’arte, non le manda a dire nel muscolare disco Live at 3rd and Lindsley (HRR). Non perde una battuta: una vera leonessa sul palco, come testimonia in Hard Rockin’ Woman. (Gianluca Diana)

CLASSICA
I maestri
del barocco

Maestri del barocco: Johann Sebastian Bach con le Sonatas for Violin and Continuo (Aparte Music) eseguite da Gottried Von Der Goltz, Annekatrin Beller, Torsten Johann palesa l’interesse per la musica da camera, ereditato dal suonare insieme quale prassi quotidiana; molte opere per questo repertorio sono disperse e delle 7 registrate solo le prime 4 di sicura attribuzione (senza nulla togliere al valore delle restanti). Il Jean- Philippe Rameau dei cinque Concerts en Sextuor (Aparte Music) ribadisce la personale tipicità a evocare un luogo (Le Vézinet), un temperamento (La Timide) o una persona (La Marais), mostrando le abilità compositive per oggettivare carattere, umore e colore: e la performance su strumenti d’epoca di Thibault Noally e Les Accents ne mette in risalto calore e brillantezza. Domenico Scarlatti in Stabat Mater (Harmonia Mundi), raro esempio sopravvissuto della sua musica da chiesa, modella un audace trattamento sia armonico sia contrappuntistico, con Bertrand Cuiller e Le Caravansérail a esaltarne perfettamente il geniale contributo. (Guido Michelone)

LEGENDA

* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

ALTERNATIVE/2
Un’italiana
a Londra

MARIA CHIARA ARGIRÒ
FOREST CITY (Innovative Leisure/Goodfellas)

**** Di Maria Chiara Argirò ci siamo occupati per il precedente Flow, un lavoro dove l’artista romana, di stanza a Londra da oltre dieci anni, dava prova delle sue qualità jazzistiche. Ma il jazz le sta stretto (ha collaborato in tour con i These New Puritans) e per questo nuovo album si confronta con la musica liquida, con l’elettronica, andando a creare un qualcosa che a tratti può ricordare i Radiohead (vedi la title-track) ma mantiene una originalità non scontata. E per non lasciare nulla di intentato si cimenta, e bene, anche con il cantato. Un gran disco che merita grande attenzione. (roberto peciola)

BLUES/2
Lo spettro
delle Hills

CABOOSE
AWAKE GO ZERO (Bloos Records)

***** Grande blues dalla penisola. Hill Country collinare, ipnotico e ancestrale, che sembra sgorgare da un juke joint nel nord del Mississippi. La prova per eccellenza arriva da Viva Hobos, francamente costruita sul telaio di Goin’ Down South di R.L. Burnside, ma che qui assume forme sonore e linguistiche ben diverse. Vi è spazio per brani tirati e fortemente ritmati (Do what the Witch Says, Fortune) dove fanno capolino Dr. Isaiah Ross e Charles Caldwell e per lasciti che sanno del Texas di oggi e dell’area tex-mex di ieri (Poor Boy, Home). Stupore e bellezza infine con Without You, una ballata piena di spettri. (gianluca diana)

BLUES/3
Un viaggio
in prima classe

MARIO DONATONE
BLUES IS MY BAD MEDICINE (Grove Master Edition)

**** In questi tempi pressapochistici, ben vengano dischi come questo di Donatone, che da molti anni dagli ottantotto tasti e con la bella voce aspra indaga sui mille rivoli del blues, del gospel, del boogie, del rock’n’roll. Qui, a parte il brano originale che intitola, si viaggia tra Sud degli States e East Coast, dal Reverendo Gary Davis a Robert Johnson. Ospite l’intensa Giò Bosco alla voce, il tutto collegato al notevole intento didattico di un libro per studenti e appassionati che esce in contemporanea e ad esso collegato: Blues che viaggiano in prima classe. (guido festinese)

ALTERNATIVE/3
Umore
cangiante

KING GIZZARD & THE LIZARD WIZARD
OMNIUM GATHERUM (Virgin)

**** E con questo fanno venti! Venti album da studio per il combo australiano, e per celebrare il numero tondo perché non un doppio? Sedici brani, a partire dai 18 minuti dell’apertura The Dripping Tap, in cui si viaggia tra umori, generi, suoni cangianti, come d’altronde la formazione ci ha abituati. Si passa da sentori folk alla psichedelia pura, da spunti jazz allo psych pop, da reminiscenze funk all’elettronica, al thrash metal,all’hip hop. Non tutto arriva a dama ma costanza e coraggio ne fanno uno dei gruppi più «geniali» di questo scorcio di secolo. (roberto peciola)

ELECTRO
Il giusto
ripensamento

RÖYKSOPP
PROFOUND MYSTERIES (Pias/Self)

*** A otto anni dall’ultima creazione da studio – allora annunciata come ultimo progetto insieme -, si riaffaccia il duo svedese formato da Svein Berge e Torbjørn Brundtland. Giusto ripensamento perché la creatività è sempre notevole, come rivela anche il nuovo disco che associa atmosfere dance ambient ed elettronica spinta, con un grande lavoro sulla parte ritmica. Il sesto album del loro percorso musicale gioca su melodie suadenti e collaborazioni eccellenti come quella di Alison Goldfrapp e Susanne Sundfør, che compare due volte. (stefano crippa)

S. CAREY
BREAK ME OPEN (Jagjaguwar/Goodfellas)
*** S. Carey (la S. sta per Sean) è un polistrumentista noto soprattutto per sedersi dietro le pelli della batteria dei Bon Iver. Break Me Open è il suo nuovo album solista, con cui prova a mettersi alle spalle gli ultimi anni caratterizzati da un divorzio e dalla perdita del padre. Il disco non si discosta molto dai suoni della band di provenienza, con la voce quasi sussurrata, atmosfere avvolgenti e arrangiamenti che prendono tanto dal folk quanto dall’elettronica. Un buon disco ma che sa di già sentito. (roberto peciola)

ETTORE CASTAGNA
EREMÌA (Alfa Music)
**** Antropologo e scrittore, Castagna dal ’79 offre anche smaglianti prove musicali nel campo delle musiche mediterranee di tradizione orale, focus sulla sua Calabria, e ampia raggiera di note affini attorno. Questo era un progetto di brani nati in solitudine, che alla fine è diventato una sorta di visionario libro aperto alle collaborazioni: venti musicisti coinvolti, caleidoscopio di corde, fiati, percussioni, tastiere. Testi in calabrese, greco, arabo. (guido festinese)

ANDREA DI GIUSEPPE
BLOOSSESSION VOLUME 6 (Bloos Records)
**** Bella sorpresa l’esordio di questo cantante e polistrumentista romano che in poco più di trenta minuti per nove brani, ci porta a fare un giro nel suo blues. Si tratta in buona parte di tradizionali e incisioni di altri che vanno dai classici Catfish Blues e You Gotta Move, a inattese presenze come Beefsteak Blues di James «Son» Thomas. Il vertice si ha con lo standard di R.L. Burnside Just Like a Bird without Feather e nello strumentale autografo alle ance Blowin’ the Blues. (gianluca diana)

MAX FERRI TRIO
MESSAGE (Ultra Sound Records)
**** Il «messaggio» del titolo di questo nuovo trio è ben chiaro alle prime tre battute del disco, con Crispy Funk: qui si suona un jazz rock caldo e appassionante, saturo e distorto secondo necessità, perché si tratta di riattizzare la gran fiammata elettrica degli anni Settanta. Citata letteralmente in un tributo hendrixiano. Max Ferri sa come attingere quelle sonorità con le sue sei corde, William Nicastro e Giorgio Di Tullio sostengono a dovere. Diversi ospiti attorno: accaldati. (guido festinese)

SVEIN RIKARD MATHISEN & JOHN DEREK BISHOP
CALM BRUTALISM (Curling Legs)
**** L’album è l’incontro fra il chitarrista norvegese e il compositore elettronico americano, all’insegna di un brutalismo calmo che omaggia lo stile architettonico, famoso per le superfici visivamente impressionanti, in quanto grezze e michelangiolescamente non-finite. I due realizzano un’opera «monumentale ma vulnerabile», mentre, a livello sonoro richiamano via via musique concréte, post rock, ambient, noise, prog, addirittura la kosmische musik tedesca. (guido michelone)

SERENA SPEDICATO
IO CHE AMO SOLO TE (Dodicilune)
**** Dello spettacolo teatrale (sottotitolo Le voci di Genova) il cd, con lussuosa veste grafica, conserva l’ottima parte musicale dove la voce e gli arrangiamenti (un po’ jazzati) conferiscono una nuova identità allo splendido repertorio dei vari Bindi, De André, Endrigo, Lauzi, Paoli, Tenco: peccato che gli intermezzi parlati appesantiscano la fruizione di canzoni che si commenterebbero da sole, almeno su disco. (guido michelone)