JAZZ ITALIA
Assetti
differenziati

Tre nuovi dischi Dodicilune, tre diversi assetti strumentali per produzioni che hanno un comune denominatore: la qualità. Partiamo dal solo, con il pianoforte del bellunese Mosè Andrich, solista dalla diteggiatura sontuosa e precisa, di evidente ascendenza classica, note frequentate però di pari passo con quelle jazz, anche con maestri intelligentemente eretici e di confine come Nik Bärtsch. Dionisiaco è il suo nuovo lavoro, e la traccia che intitola il tutto sarebbe piaciuta assai a Keith Emerson, nella sua irruenza corposa. Elementi di minimalismo, echi impressionistici, Bill Evans a passeggio con Brahms. Il duo è ben quotato con Incontro, titolo opportuno per il progetto tra Domenico Testa, flautista e Maurizio Burzillà, fisarmonica, il Duo Improprium: strumenti accostati ben di rado. Echi tangheri, di choro, di folk da altre latitudini, scrittura e improvvisazione in ottimo bilanciamento in questo promettente ep. Il Trio da segnalare è quello del pianista Gianpaolo Venditti con Giarlo: dieci tracce di filante compattezza che fanno tesoro sia del pianismo classico, sia di ben assorbite lezioni della modernità jazzistica. (Guido Festinese)

JAZZ ITALIA/2
Linguaggio
visionario

Long Old Road (Clean Feed) è l’ultimo cd dei Roots Magic, nati in quartetto e ora sestetto con l’apporto di flauti e sax soprano di Eugenio Colombo e del vibrafono di Francesco Lo Cascio. Si aggiungono ai clarinetti di Alberto Popolla, ai sax di Errico De Fabritiis, al contrabbasso di Gianfranco Tedeschi e alla batteria di Fabrizio Spera in un «range» timbrico amplissimo. Il linguaggio del gruppo mantiene il suo carattere espressionistico e visionario, a tinte forti e vibranti, registrando un aumento di brani a tempo più lento e come stemperati nell’impatto sonoro. Francesco Bearzatti con Post Atomic Zep (Dokumenta Music), con gli eccellenti Danilo Gallo e Stefano Tamborrino, chiude il cerchio di un lavoro sul repertorio dei Led Zeppelin iniziato nel 2005. Ne conserva l’energia, l’eversività, l’antiretorica, la comunicazione sofisticata e viscerale. Nuda pelle (Nes) nasce dal più ampio progetto New Ethic Society: in trio Giulia Cianca (voce), Marco Colonna (clarinetti) e Lorenzo D’Erasmo (percussioni) toccano «sentimenti, stati d’animo, sensazioni (…) offrendo una visione di speranza e liberazione». (Luigi Onori)

SPERIMENTALE
Alzare
l’asticella

Sperimentare per spostare l’asticella in avanti. La serie Les Espaces Électroacoustiques III (col legno) continua nel suo percorso con il terzo volume nel quale viene dato spazio a opere che hanno visto la luce dagli Ottanta in poi. Tra i vari artisti che sono della partita in questo doppio disco, imperdibili sono Kaija Saariaho in Nuits, Adieux del 1991, Georg Friedrich Haas con Ein Schattenspie del 2004, Bernhard Lang con Differenz/Wiederholung 6a del 2002 e Hans Tutschku in Pressure-Divided datata 2015. Cervollotico e affascinante è Photosynthetic beats-utricularia vulgaris, marais des pontins (Forms of Minutiae) di Ludwig Berger, che ha avuto la brillante idea di registrare e rendere fruibili, creando un magma sonoro invero sorprendente, i battiti delle piante acquatiche elencate nel titolo. Le quali rilasciando bolle d’ossigeno sotto il pelo d’acqua dove il sound artist ha posto i microfoni, svelano suoni incredibili. Criptico e onirico oltremodo è Detour Tunnels of Light (Thanatosis) di Martin Küchen & Sophie Agnel, quattro tracce che non decolla mai. (Gianluca Diana)

JAZZ ITALIA/3
La scoperta
della notte

Il titolo, A che punto è la notte (Dodiclune), di Roberto Ottaviano & Pinturas, rimanda all’omonimo racconto di Fruttero e Lucentini, ma il tributo è qui più ampio, nel senso che il quartetto del sopranista barese va alla scoperta delle ore notturne quali momenti topici di spazi indefiniti, offrendo un jazz insolitamente melodico per l’instancabile sperimentatore, il quale propone un efficace mainstream dal forte indice evocativo. Diverse atmosfere in Electric Franco (DaVinci Jazz), progetto del bassista Aldo Mella condiviso alla pari con Bearzatti, Rivagli, Chiappetta: il sottotitolo Reimagining the Music of Franco D’Andrea già spiega quasi tutto; otto brani del pianista meranese riletti a mo’ di nuovi standard in grado di vivere di luce propria. Infine Historia do Samba (Abeat) di Francesca Leone & Guido Di Leone è una full immersion in 18 pezzi di bossa nova (con qualche eccezione italiana e francese) ancor più swingante dal collaudato duo voce/chitarra rafforzato dagli archi per conferire maggior romanticismo a un sound già di per sé languido e poetico. (Guido Michelone)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

CANTAUTORI
Un terreno
comune

GERARDO BALESTRIERI
THE BEST OF (Interbeat/Egea)

**** Se riuscite a trovare un «common ground» tra certo Conte, Capossela, Boris Vian, Carosone e Buscaglione, la grande chanson francese, e adattate il tutto a valzerini sbilenchi, dixieland e swing battuto, twist e marcette disossate irresistibili, siete quasi a tiro. Aggiungete poi una lingua che fa le capriole, infilza rime baciate a tradimento, svela angoli nascosti del nostro essere goffe creature piene di pretese, e avrete «il meglio di Gerardo Balestrieri». Quindici anni arruffati e generosi riassunti in un disco. (guido festinese)

 

ALTERNATIVE
L’enigma
del nome

BAR ITALIA
TRACEY DENIM (Matador/Self)

**** Il perché del nome (bar italia, scritto minuscolo) è un po’ un mistero, di certo però l’italianità di questo trio londinese è data almeno dal cognome della vocalist, Nina Cristante. Il nome comunque è di quelli che gira sulla bocca degli addetti ai lavori e degli appassionati di sonorità a metà tra post punk e shoegaze, ponendoli come una delle nuove realtà da seguire della scena alternative d’oltremanica. E il perché è facile da comprendere ascoltando questo primo disco sulla lunga durata, che sebbene pecchi un pochino in originalità presenta quindici brani di alto livello compositivo. (roberto peciola)

 

JAZZ ITALIA/4
Sculture
di piano

LUIGI BOZZOLAN
STENEN I FORSEN (TerreSommerse)

***** Songs for Two Pianos e Il sasso nel ruscello (significato del titolo) spiegano la creativa e intelligente operazione artistica del pianista italiano, dal 2014 docente di conservatorio nella Lapponia Svedese. Non si tratta di due piani «solo» sovrapposti: il primo piano esegue una melodia scritta (il sasso); il secondo crea liberamente attorno, dentro e oltre le note della partitura (l’acqua fluente del ruscello). Enrico Pieranunzi ha chiamato gli 11 brani «sculture liquido-sonore». Ogni episodio indaga diversi stati d’animo e visioni sonore, con profondità toccante: Aquarium Life si impone per l’inquieta bellezza. (luigi onori)

ART ROCK
Compagni
di viaggio

CV VISION
…IM TAL DER STUTZER (Bureau B/Audioglobe)

*** Dopo i cinquanta secondi di intro parte Die Frommen Wanderer e la sensazione è di ritrovarci di fronte a qualcosa di molto simile ai King Gizzard in salsa teutonica. Sapori progressive rock e umori di folk medievale emergono con gentile potenza insieme a un drumming incessante. Per questo disco CV Vision, al secolo Dennis Schulze, si è avvalso dell’aiuto fattivo di due «compagni di viaggio», la polistrumentista e autrice Martha Rose e il batterista Uno Bruniosson. Una piacevole scoperta. (roberto peciola)

 

 

WORLD MUSIC
Afrofuturismo
al presente

FAIZAL MOSTRIXX
MUTATIONS (Glitterbeat)

**** Dietro il nickname si cela Faizal Ddamba, da Kampala, Uganda. Facile intuire che sia stato a contatto con le varie esperienze Nyege Nyege. E lui, ballerino in adolescenza e successivamente avvicinatosi ai suoni digitali, ha tratto insegnamento da quello che lo circondava. Il sound che propone è l’afrofuturism del momento, calderone in cui rientrano varie miscele composte da suoni sintetici e tradizionali. A far la differenza è il buon gusto dell’autore. Ritmi per ballare a iosa e senza scontatezze, nell’ancestrale Muzukulu, nella notturna e acida SandMan e nella hit Onions and Love. (gianluca diana)

 

FATOUMATA DIAWARA
LONDON KO (Montuno)
**** Per la cantautrice africana, giunta al quarto album in dodici anni, le tradizioni wassoulou del Mali continuano a fondersi con elementi occidentali pop, grazie alla coproduzione di Damon Albarn e a quattro grandi ospiti internazionali (Angie Stone, Roberto Fonseca, Yemi Alade, Manifest): ne deriva una world music dallo stile afrofunk, che lancia uno sguardo critico sul destino del proprio continente, con testi che invitano a etica, considerazioni, responsabilità, anche se poi nella voce e nella chitarra elettrica della protagonista regnano esuberanza e ottimismo. (guido michelone)

DIVIDE AND DISSOLVE
SYSTEMIC (Invada)
**** Un disco fortemente militante quello della formazione di Takiaya Reed, la quale non le manda certo a dire. Sottolinea come questo lavoro sia incentrato sul produrre musica che riconosca l’espropriazione di terre e culture che hanno subito african american e indiani a causa della violenza coloniale. In questo senso il doom pesante di cui la band è portatrice è un manifesto concreto. Da apprezzare a volume alto nella roboante Indignation, nella breve ma significativa Derail e nella riuscita Kingdom of Fear, dove fa nuovamente capolino la scrittrice Minori Sanchiz-Fung. (gianluca diana)

CÉSAR FRANCK
HULDA (Palazzetto Bru Zane)
**** Opera lirica – quattro atti e un epilogo – del grande compositore del romanticismo francese su libretto di Charles Grandmougin (tratto da Halte-Hulda di Bjørnstjerne Bjørnson, a sua volta ispirato a una saga medievale norvegese), rappresentata per la prima volta in una versione rimaneggiata all’Opéra di Monte-Carlo l’8 marzo 1894, viene ora riproposta in doppio cd (con elegante libro bilingue) nella versione integrale senza tagli, con l’Orchestra Filarmonica Reale di Liegi e il Coro da Camera di Naumur, sotto la direzione di Gergely Madaras, bravo nel cogliere le tinte fosche di un melodramma da piena rivalutazione. (guido michelone)

IFSOUNDS
MMXX (Melodic Revolutions Records)
**** Una delle etichette leader del neoprog mondiale, la MRR ha rinnovato la fiducia negli Ifsounds, ensemble attivo da un trentennio. Questo settimo lavoro è forse la loro opera più avvincente e coraggiosa, nata riflettendo sul lockdown. All’opera, nella suite iniziale, un coro polifonico con giochi di incastri sulle altezze che non può non rammentare certe sortite dei Gentle Giant. Accelerazioni swing, tesi momenti jazz rock, melodia come amavano fare Banco, Yes e New Trolls, bordate più hard in ben calibrato assortimento. (guido festinese)

DARIO TROISI TRIO
TAPE SONGS (Filibusta)
*** Un amore sconfinato per quel territorio dell’estetica jazz che potremmo ambientare nel ventennio Cinquanta e Sessanta è ambito d’elezione per il pianista Dario Troisi che nel suo tocco sapido, bluesy e ficcante evoca un teatro della memoria pianistica jazz dove discorrono amabilmente Ahmad Jamal e Hank Jones, Wyn Kelly e Hampton Hawes, Monk, Red Garland e Erroll Garner. Il basso corposo di Giuseppe Talone e la batteria di Massimiliano De Lucia lavorano in valida e costante simbiosi. (guido festinese)