Gli Ultrasuonati
JAZZ Azzardi possibili L’etichetta svizzera Intakt ha un catalogo imponente, ma non è l’aspetto quantitativo il dato da sottolineare ma l’altissimo livello delle proposte, lasciando spazio a musicisti che rischiano […]
JAZZ Azzardi possibili L’etichetta svizzera Intakt ha un catalogo imponente, ma non è l’aspetto quantitativo il dato da sottolineare ma l’altissimo livello delle proposte, lasciando spazio a musicisti che rischiano […]
JAZZ
Azzardi
possibili
L’etichetta svizzera Intakt ha un catalogo imponente, ma non è l’aspetto quantitativo il dato da sottolineare ma l’altissimo livello delle proposte, lasciando spazio a musicisti che rischiano il passo anche in territori poco assestati, o rinnegati in cambio di un quieto vivere mainstream. Così è andata a finire che anche molti musicisti statunitensi hanno trovato una nicchia di spazio autorevole per le proprie proposte. Ad esempio il favoloso contraltista Tim Berne, pioniere in anni ormai lontani della scena downtown di New York, che in One More, Please duetta da par suo col pianoforte di Matt Mitchell: si conoscono perfettamente, Mitchell suona negli Snakeoil di Berne, e ogni azzardo è possibile. Berne lo ritrovate anche in Oceans and; stavolta con il violoncello di Hank Roberts, fisarmonica, clarinetti e voce di Aurora Nealand. Moon Trail è lo splendido trio Buechi, Hellmüller, Jerjen: Sara Buechi, studi vocali in Europa, Africa e India mette una serie ipoteca, qui, per candidarsi come voce avant jazz e avant folk del terzo millennio: un’intelligenza musicale pura in azione. (Guido Festinese)
ALT FOLK
Sognare
il mito
Quello che ormai è d’uso nominare come indie (o alt) folk non è altro che un insieme di sonorità, perlopiù acustiche e delicate, a cui si possono aggiungere via via sapori elettronici o elettrici, a seconda della circostanza. In questo spazio andiamo a presentare tre dischi che rappresentano il genere in maniera impeccabile. Partendo dalla newyorkese Aisha Badru che dà alle stampe un ep di cinque brani, Learning to Love Again (Nettwerk/ Bertus) dove a spiccare è il timbro vocale, fragile ma intenso ch ci ha ricordato Emiliana Torrini. Torna la norvegese Susanne Sundfør con blómi (Bella Union/ Pias/Self), un disco che ci porta nel mondo della mitologia norrena e ci regala atmosfere sognanti, dolci seppur di non «immediata» fruizione. Un album che pesca dalla tradizione folk (rivista e riattualizzata) con reminiscenze classiche e jazz. Bello. Ritorno anche per i canadesi Cowboy Junkies con Such Ferocious Beauty (Cooking Vinyl /Egea/The Orchard). Chi li conosce a apprezza sa cosa attendersi e non rimarrà deluso, tra country, folk, rock e quel tanto di sano blues. (Roberto Peciola)
JAZZ/2
Relazione
nordeuropea
Nord Europa e jazz che relazione meravigliosa. Complimenti al Liv Andrea Hauge Ensemble che ascoltiamo in Hva nå, Ekko? (Odin Records), dove il settetto condotto dalla brava pianista e cantante di Oslo vola alto. Partendo dal mito di Eco e Narciso la ricerca e l’allontanamento dall’amore è tema portante dell’album composto da undici brani. Dove oltre alla tecnica e allo spirito improvvisativo, fan bella mostra di sé liriche romantiche e delicate. Imperdibili sono I’m Your Echo e I Am Echo che aprono e chiudono la sessione, a cui aggiungiamo la commovente Out There, Somewhere, dove anche la melodia ha un peso narrativo ineccepibile. Il trio tedesco-svedese Amiira torna con Curious Objects (Arjunamusic Records), una sessione dal tono soffuso e introspettivo, con atmosfere che ricordano i primi anni Duemila. Ci piace On Second Thought. Kammerflimmer Kollektief sempre muscolari il giusto: Schemen (Karlrecords) conferma come sappiano abbinare una vena krautrock al loro stile, prova ne è Zweites Kapitel. (Gianluca Diana)
JAZZ/3
Tributi
eterogenei
Repertori eterogenei di standard, cover, evergreen, vengono sapientemente smistati in ogni album, onde fornire all’ascoltatore tre omaggi ad altrettanti filoni canzonettistici, quali il canzoniere latinoamericano, il songbook statunitense e il pop rock degli ultimi anni, il tutto in una chiave di assoluta pertinenza jazzistica. Introducing (Ipogeo Records) del Volver Trio è il classico piano jazz trio che improvvisa sul repertorio di Carlos Gardel, ovvero la tango canción di grandi compositori (Ramirez, Lara, Velásquez…) qui interpretati in un soffuso mainstream ben aggiornato. Trust (Losen Records) del norvegese Eik Trio,allargato a tre ospiti, vede la voce protagonista accanto a piano e contrabbasso nei pezzi immortali di Cole Porter, Bert Kaempfert, Bart Howard…, rivisitati alla luce del miglior nordic jazz. Infine Les mots bleus (Yolk Songs) di Lois Le Van & Alban Darche, rispettivamente voce e sax tenore, attorniati da dieci jazzisti francesi riprendono, oltre qualche classico, Mariah Carey, Gwen Stefani, Björk, Bob Marley…, facendo però una fusion minimalista molto ben amalgamata. (Guido Michelone)
LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico
CANTAUTORI
Patrimonio
universale
MASSIMILIANO D’AMBROSIO
CANZONI PER NESSUNO (Le Vele/Egea)
**** C’era una volta il Folkstudio di Giancarlo Cesaroni, dove i cantautori imparavano a dissodare il terreno delle parole per farne poi scelto raccolto e a togliere i sassi dalle strade delle musiche, perché sulla musica le parole devono volare senza sforzo apparente. Per fortuna c’è ancora uno spicchio di Folkstudio, nelle canzoni preziose di D’Ambrosio, che scrive e pubblica solo quando ha qualcosa da dire che resti, e trova le parole e la musica che rinsaldi il tutto in canzone. Un po’ come faceva Gianmaria Testa. Canzoni per nessuno che dovrebbero essere patrimonio di tutti. (guido festinese)
BRIT POP
Strade
sicure
NOEL GALLAGHER’S HIGH FLYING BIRDS
COUNCIL SKIES (Sour Mash)
*** Forse la cosa migliore del quarto album solista del Gallagher più anziano è la copertina del disco, uno scatto di Kevin Cummins. Forse, perché in realtà c’è anche una piccola gemma tra i brani che troviamo in questo Council Skies: Dead to the World. Per capirci, non è che sia un lavoro disprezzabile, certo che no, il livello generale è di sufficienza piena, ma questo tornare indietro rispetto al precedente Who Built the Moon? ci dà molto, troppo del già sentito: melodie, armonie e arrangiamenti che ci riportano e lo riportano in un alveo fin troppo conosciuto. (roberto peciola)
WORLD JAZZ
Delicatezze
post bop
YOSEF GUTMAN LEVITT
UPSIDE DOWN MOUNTAIN (Autoprodotto)
**** Origini sudafricane, un decennio newyorkese e ora permanenza a Gerusalemme, il leader al contrabbasso, grazie alla formula collaudata del piano jazz trio, assieme a Omri Mor sulla tastiera e Ofri Nehemya sulle percussioni, offre un saggio esemplare di world jazz, dove le dodici composizioni originali (cofirmate dal produttore Gilad Ronen) sono appena sfiorate dal folk, mentre emerge un delicato post bop «narrativo» dal perfetto interplay sulle linee tracciate da Bill Evans e Keith Jarrett. (guido michelone)
AVANT-GARDE
Il ritorno
della creatura
NATURAL INFORMATION SOCIETY
SINCE TIME IS GRAVITY (Aguirre/Eremite)
***** Siamo davanti a uno dei dischi dell’anno. Il ritorno della creatura di Joshua Abrams è esaltante. Tra i tanti calibri da novanta coinvolti, uno su tutti va citato: il grande sassofonista Ari Brown. Non casualmente il booklet si apre con una citazione del saggio cinese Dao De Jing scritto da Lao Tse. Le miriadi di creature evocate, rammentano le mutevoli forme sonore immaginate e suonate dal NIS. Is sembra un oscilloscopio il cui compito è quello di aiutare a trascendere l’anima, l’ipnotica Stigmergy è la sintesi perfetta dell’ensemble. (gianluca diana)
STONER ROCK
Ritorno
all’antico
QUEENS OF THE STONE AGE
IN TIMES NEW ROMAN… (Matador/Self)
**** Times New Roman è un carattere editoriale ma qui il riferimento è più all’antica Roma, come si evince dal trailer che ha annunciato l’uscita dell’ottavo album della band di Josh Homme, a sei anni dal non troppo convincente Villains. Dieci brani che diremmo da «comfort zone», dalle sonorità stoner e heavy che sono un marchio di fabbrica, a cui forse mancano quei guizzi cui ci avevano abituati, almeno fino a …Like Clockwork. Per inteso, un disco che si fa ascoltare, e come, che rimane su standard che altri si sognano, ma da Homme e compagni ci aspettiamo sempre un qualcosa in più. (roberto peciola)
THE ALBUM LEAF
FUTURE FALLING (Nettwerk)
*** Dopo sette anni Jimmy LaValle, in arte The Album Leaf, riprende in mano le redini della sua strumentazione (quasi esclusivamente elettronica) e rilascia un lavoro fedele al suo credo, che è fatto di atmosfere ambient, reminiscenze post rock e richiami cinematici. E in un paio di episodi si vira verso una forma canzone più «classica», dalla base elettronica, si intende, con le voci affidate a Kimbra e Bat for Lashes. (roberto peciola)
WHIT DICKEY QUARTET
ROTT PERSPECTIVE (Tao Forms)
*** Batterista al centro della musica improvvisata newyorkese, si circonda di tre celeberrimi sperimentatori – Tony Malaby, Matthew Shipp, Brandon Lopez – per esprimere un suono fortemente debitore al John Coltrane Quartet più avanguardista e orientaleggiante, fra Crescent e A Love Supreme: le quattro lunghe performance spingono con decisione e irruenza sul versante dell’imprevedibilità, ben assecondando però l’effettivo concreto dosaggio fra alea e scrittura, solo e gruppo. (guido michelone)
ELEKTROBOT
SPACE INVADERS (Dmi Music)
*** Tre professionisti della musica italiana portano avanti il loro progetto attraverso remix di elettronica, synth pop, elettropop di mega hit anni Ottanta. Il trio sintetizza un immaginario musicale che è allo stesso tempo nostalgico e innovativo, mettendo assieme le influenze del passato con i suoni del presente. Ovverosia brani come Tainted Love, State of the Nation e altri ribaltati con un approccio tra il rock e la techno. (viola de soto)
MASSIMO URBANI
30 (Red Records)
**** Questo prezioso documento coglie l’attimo, anzi, fissa la serie di attimi necessari e indimenticabili di un Massimo Urbani in stato di grazia, il 15 dicembre 1982, Tavernetta di Bologna. Il Bird italiano con Pietro Tonolo, Riccardo Zegna, Luciano Milanese, Gianni Cazzola: perfetti per far decollare lo Spitfire aggraziato e avvampante di Urbani, che su basi standard, hard bop e latin impartisce l’ennesima lezione di un talento smisurato, bruciato in una fiammata di vita. (guido festinese)
MARCO VAVASSORI
WALKING WITH BOB (Caligola)
**** C’è anche il clarinetto dirompente di Michele Uliana (vincitore di un premio Tony Scott) a rafforzare il giovane quartetto messo su da Marco Vavassori, contrabbassista e compositore dei brani di questo bel disco. Al pianoforte Alberto Lincetto, Enrico Smiderle alla batteria. Jazz modale, spinte contemporanee, aperture solari mediterranee con un preciso focus balcanico, una dedica sentita a Jimmy Blanton, che inventò il basso solistico duettando con Duke Ellington, per un disco solido ben più che promettente. (guido festinese)
VINTAGE TROUBLE
HEAVY HYMNAL (Cooking Vinyl)
*** Sono in forma i ragazzi californiani. Molta energia anche in questa nuova uscita dove mescolano con abilità blues, r&b, rock e stralci di disco funk. Il bilancio è quello di un lavoro allegro e divertente, suonato in modo chiaro e appassionato, risultando conseguentemente di facile fruibilità. Feelin’ On è una vera hit da sabato notte e relativo dancefloor, anche Shinin’ si presta a facili remix danzerecci, Who I Am è perfetta per esaltare dal vivo, mentre You Already Know farà battere il cuore degli amanti della black music. (gianluca diana)
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