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Gli Ultrasuonati

JAZZ ITALIA Visioni portoghesi Nel 2021 Stefano Falcone, pianista campano di formazione jazz e classica, improvvisatore e compositore, è stato selezionato dalla Obras Foundation per una residenza artistica nel cuore […]

Pubblicato più di un anno faEdizione del 10 giugno 2023

JAZZ ITALIA
Visioni
portoghesi

Nel 2021 Stefano Falcone, pianista campano di formazione jazz e classica, improvvisatore e compositore, è stato selezionato dalla Obras Foundation per una residenza artistica nel cuore del Portogallo. Gli esiti del confronto con gli altri artisti, pittori e scrittori e la potenza sorgiva del paesaggio dell’Alentejo hanno ispirato le nove magnifiche prove, visionarie e terragne, intrise di poesia, che trovate in Obras (Workin Label). Per la stessa etichetta esce A World Full of Colors, esordio dei Gar, giovane quintetto in cui le composizioni sono tutte a firma di Giuseppe Andrea Russo, chitarra solista, e la genesi affonda nel buio del lockdown. Belle composizioni, in bilico tra Shorter e Frisell, uno sprazzo psichedelico gentile in Ci illumineremo in un mondo di buio. Bella riconferma, sempre in tema di sei corde per Francesco Fiorenzani con Klondike (Honolulu Records): una chitarra che sa essere avvolgente o puntutamente sperimentale, memore di Frisell, ben supportata da un trio in perfetta sintonia. E due cover coraggiose e riuscite: dal mai dimenticato Nick Drake e da Egberto Gismonti. (Guido Festinese)

ELETTROPOP
La passione
svanita

Roger Sellers è un musicista di Austin, Texas, che ha speso una prima parte della sua carriera come compositore minimalista, à la Philip Glass per intenderci, per virare poi, sotto il nome d’arte di Bayonne, verso un pop elettronico a tratti oscuro ma sempre «melodico». E lo dimostra in questo suo terzo, piacevolissimo album intitolato Temporary Time (Nettwerk/Bertus). Settimo lavoro invece per Sophie Ellis-Bextor, artista che vanta vari successi, specie nel campo del dancefloor, ma che con il nuovo Hana (Cooking Vinyl/Egea/The Orchard) abbandona i ritmi disco per un qualcosa di più ricercato e, se vogliamo, intimo, sempre però restando in un alveo pop di stampo elettronico. Eyes of Others è invece il soprannome con il quale si fa conoscere lo scozzese John Bryden, e Eyes of Others (Heavenly/Pias/Self) è anche il titolo del suo album. Siamo sempre in un ambito elettronico dalle spiccate venature pop, una sorta di mix che va dagli anni Ottanta dei New Order al primo Beck e via dicendo. Un lavoro gradevole ma che, come gli altri due qui citati, non ci appassiona più di tanto. (Roberto Peciola)

BLUES
Sentimenti
per ogni stagione

Il blues è un sentimento buono per ogni stagione, anche quella estiva. Torna Veronica Sbergia con Bawdy Black Pearls (Bloos Records). Dietro la voce di lei che veleggia con trasporto e credibilità attraverso 12 classici del blues femminile pre-war, giganteggia il pianoforte di Simone Scifoni ottimamente spalleggiato dal mandolino di Lino Muoio. Ai due si aggiungono una serie di partecipazioni di ottima qualità, che permettono di trarre piacevolezza da brani come He May Be Your Man (But He Comes to See Me Sometimes) della misconosciuta cantante Lucille Hegamin, il sempre valido B.D. Women’s Blues di Lucille Bogan e l’allegro Sold it to the Devil di Merline Johnson. Da Salt Like City, Utah, arriva il giovane e intraprendente Eric Heideman, che in Third Degree Gravity (Blue View Music) ci porta a conoscere un allegro blues rock, dietro cui si cela la presenza di due personaggi niente male come JW-Jones e Victor Wainwright. Segnaliamo I Didn’t Do it. Menzione infine per il canadese Little Magic Sam e il suo Step Back (Autoprodotto), dove forte è l’influenza del Chicago Blues. Suonate Deep Freeze. (Gianluca Diana)

FOLK
Una nuova
canzone

La canzone popolare di antiche tradizioni folk o di moderni afflati politici, viene qui declinata attingendo a repertori oggi poco noti, attualizzati da ottime rese espressive. L’italiana Angela Kinczly in Canzoni di viaggio (Ritmo&blue Records) recupera 10 brani del Cantacronache torinese e del cabaret meneghino, quando, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, forme e contenuti della nuova canzone diventano oggetto di riflessione da parte di artisti e intellettuali, a cui viene spesso affidata la scrittura di testi impegnati. Lo stesso accade, in un periodo poco più esteso, nel Maghreb e nel Medioriente, anche se i francesi Madeleine & Salomon con Eastern Spring (Tzig Art/Soca Disc) rispettivamente al canto e al piano traducono perlopiù i testi da arabo e turco all’inglese, facendone 9 brani jazzati interessanti, ma lontani dal vero spirito protestatario. Infine Guillem Ballaz con Substrat (Segell Microscopi) riprende 11 vecchie melodie catalane per eseguirle con percussioni basche e Sami, rimarcando così un inconfondibile sapore arcaico. (Guido Michelone)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

ROCK
Tempo
di rinascere

FOO FIGHTERS
BUT HERE WE ARE (Roswell/Rca)

**** Facile trovare nel titolo del nuovo lavoro della creatura di Dave Grohl un chiaro riferimento alla scomparsa prima del batterista e amico Taylor Hawkins e poi della mamma dello stesso Grohl ma quello che importa è in che modo i Foo Fighters siano ancora qui. Ci sono con una carica rock che ha ormai un che di classico, nei suoni, nelle scelte armoniche e melodiche, nonché degli arrangiamenti, con pezzi che non sanno di già sentito ma di «classico», appunto. Con qualche chicca come Hearing Voices (quasi una ballad, bellissima), The Teacher e la title- track, tanto per fare tre titoli. (roberto peciola)

 

 

POST PUNK
Sane
necessità

PROTOMARTYR
FORMAL GROWTH IN THE DESERT (Domino/Self)

**** I Protomartyr sono entrati di diritto a far parte delle nostre band preferite, da accostare a Idles, Fontaines D.C., Murder Capital e Shame, almeno per quanto riguarda un ambito post punk «revival». Il nostro entusiasmo nei loro confronti nasce da qualche anno e disco fa e si consolida anche con questo sesto album, che dà la sensazione di essere meno spigoloso e duro come sonorità, non come liriche. Una maturità raggiunta? Non crediamo si tratti tanto di questo quanto di una necessaria, seppur piccola – perché restano molte delle loro peculiarità – voglia di cambiamento. (roberto peciola)

 

 

FOLK/2
La modernità
della tradizione

STEVE BRUCE ROBERTS
STARS OF OUR LIVES (Red Music Productions)

**** Folksinger britannico da tempo residente e attivo a Barcellona, propone tredici nuove protest song, socialmente impegnate, spaziando, tra gli argomenti, dalla pandemia alla povertà, da Francisco Franco al nuovo regime globale, mentre sul piano musicale, accompagnato da una band tutta catalana, Roberts risulta vicino a un rock a sua volta sensibile a differenti sollecitazioni dalla ballata asciutta a un punk davvero caustico. Un disco che per fortuna tiene accese moderne tradizioni che il mercato ancora mal digerisce. (guido michelone)

 

 

 

SOUL JAZZ
Niente
da invidiare

SECRET NIGHT GANG
BELONGS ON A PLACE CALLED EARTH (Brownswood Recordings)

**** In fatto di soul jazz la Gran Bretagna ha ben poco da invidiare alla madre patria americana. Anzi la contaminazione di stili e le ripetute collaborazioni fra singoli artisti, generano produzioni ispirate e di grande qualità. Al secondo disco la band guidata da Kemani Anderson e Callum Connell, amici ed entrambi di Manchester, mette a punto una collezione fatta di dieci brani dal forte impatto, sempre in equilibrio fra un sapiente uso di fiati, ritmiche e armonizzazioni vocali. Eccellente. (stefano crippa)

 

 

 

AMBIENT
Sferzate
neoclassiche

VIOLETA VICCI
CAVAGLIA (Fabrique Records)

***** Se per caso non avete mai sentito prima parlare di questa valente violinista, vi consigliamo di rimediare. Di origine ispano-svizzera, inizia il percorso con lo strumento sin da bambina. Le esperienze avute la vedono muoversi in ambito classico e pop, con nomi come Orb, Thom Yorke, Elbow, Fontaines D.C., Salzburg Chamber Soloists e London Contemporary Orchestra. Nelle sette eteree e sognanti tracce di questo album, omaggia il Giardino dei Ghiacci di Cavaglia nel biellese, dove è cresciuta. Ambient e drone con sferzate di neoclassica che fanno venire i brividi. (gianluca diana)

 

 

DANIEL BLUMBERG
GUT (Mute/Pias/Self)
***** Sei tracce, legate tra loro, pochissimi strumenti (armonica, armonica basso, batteria elettronica, basso e pianoforte), silenzi, atmosfere dilatate e una voce dolente. Queste sono le caratteristiche del nuovo, terzo lavoro solista per l’ex Yuck, e il risultato è stupefacente, in tutti i sensi che il termine può richiamare. Minimalismo, sperimentazione e un ricordo delle meraviglie del Mark Hollis post Talk Talk. Purezza armonica che colpisce allo «stomaco». (roberto peciola)

COMET GAIN
THE MISFIT JUKEBOX (Tapete/Audioglobe)
*** Comet Gain, chi erano costoro? O forse è meglio dire, chi sono costoro? Sì perché alla gran parte dei nostri lettori questo nome non dirà molto, nonostante la band di Oxford abbia gettato le basi già nel lontano 1992, ma senza mai raggiungere particolari vette di popolarità. Ora il gruppo torna con questa raccolta di inediti, outtake, demo e via così, che mettono in risalto il loro credo musicale che, genericamente, si può definire noise pop ma che prende spunti tanto dalla scena post punk quanto dal northern soul. (roberto peciola)

KNB
KI NAMELESS BI (Suonivisioni)
*** Hip hop e afrobeat e dub profondo di matrice classica, per il genere, con il collettivo afro-napoletano KNB: dove Ki in wolof, sta per «questi», Nameless per «senzanome», e il Bi finale, di nuovo in wolof, per «eccoli»: dunque «Eccoli qui i senzanome». Una pletora di strumenti acustici ed elettronici, un «flow» piacevole e ondivago. (guido festinese)

FEDERICA LORUSSO
OUTSIDE INTROSPECTIONS (Abeat)
**** Nata all’arte come cantante, per passione, diventata poi soprattutto pianista, senza dimenticare quante sfumature in più possono arrivare dai tasti bianchi e neri se una voce ben impostata li segue in armonia, o in contrappunto con quanto le dita vanno disegnando. Questa in sintesi potrebbe essere la bio di Lorusso, alla guida di un quartetto italiano fluido e capace. Scrittura intensa, emozionale, infittita di molti echi diversi, tocco brillante. Un talento da seguire. (guido festinese)

PFM
THE EVENT (Aereostella)
**** Dal vivo a Lugano, la Premiata con il solo Franz Di Cioccio unico originario ininterrottamente da oltre mezzo secolo, sempre più cantante e co-leader assieme a Patrick Dijvas (basso dal terzo album), ospita Matteo Mancuso (chitarre) e Luca Zabbini (tastiere), accanto al fido Lucio Fabbri (violino) e i nuovi Alessandro Scaglione (piano) ed Eugenio Mori (batteria). Nonostante i cambi, il sound è «quello»: un tuffo nel passato, come pure uno sguardo al presente, grazie a un rock sferzante che trae linfa da prog, jazz, classico. (guido michelone)

INGAR ZACH
STRUMENTO DI ETIMO INCERTO (Aspen Edities)
**** Il prolificol percussionista norvegese prosegue nel suo percorso. Che in questa occasione rilascia tre lunghi brani che raccontano l’affascinante rapporto con la grancassa, strumento principe del suo peregrinare in musica. Intrecciandone le possenti e mutevoli vibrazioni assieme ad altri componenti ritmici, il nostro crea mondi immaginifici che sorprendono. Cicchitaredu e Le finestre, quest’ultimo tema ripartito in sei sezioni, sono da apprezzare a volume alto. (gianluca diana)

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