JAZZ ITALIA
Perfette
sintonie

Donne in jazz, con valore e idee. Camilla Battaglia è tornata in sala d’incisione per il sorprendente Càlór (Parco della Musica): la sua voce duttile come creta, saggi e spericolati interventi di live electronics, da tempo (e non per moda) suo oggetto di studio e di proposta, scrittura sorprendente e lontana dai cliché che potrebbe piacere anche a chi frequenta certo indie art rock. Con Julius Windisch al piano, Nick Dunston al basso, Lukas Akintaya alla batteria, area berlinese, in perfetta sintonia pratica e emotiva. Per CamJazz invece I Got Strings, e le corde evocate nel titolo sono quelle della chitarra di Eleonora Strino, studi a Napoli e in Olanda, didatta ed eccellente solista dal tocco nitido, fluido e imperioso. Un fluire leggero tutto sostanza perfettamente adagiato sul tappeto volante fornito dai grandi Greg Cohen e Joey Baron. Ultima segnalazione, ma non per importanza, per l’eccellente esordio solistico di Margherita Fava con Tatatu (Caligola): una pianista, non ancora trentenne, residente negli States, che fa tesoro di tutta la lezione del jazz moderno, con elegente lirismo. (Guido Festinese)

ALTERNATIVE ITALIA
Attenzione
al gusto

Diamo spazio e voce a chi, in Italia, fagocitato da generi e stili omologati e «imposti», cerca strade alternative, badando esclusivamente al proprio gusto. Il primo disco di cui ci occupiamo qui è quello di un trio romano, due bassi e una batteria (con aggiunta di synth e stranezze varie) per decostruire e destrutturare una sorta di math rock. La band, che si compone di ex membri di altre formazioni in ambito alt rock, si chiama Malclango ed è al secondo disco, Sparagazzarre (Subsound Records). Ci si sposta verso un suono più aggressivo con gli abruzzesi Le Scimmie, attivi dal 2007 dalle parti di Vasto. Pubblicano ora un nuovo lavoro che già dal titolo, Adriatic Desert (Frekete! Records), mette in chiaro il genere, ossia quello stoner rock che ha reso famose band come Fu Manchu, Kyuss e via dicendo. E i ragazzi lo fanno bene. Sfiorano l’iconoclastia sonora i mantovani Exhibit, anche loro con ex membri di altre formazioni, con il loro Folli rei (Controcanti Produzioni). Noise punk che a tratti può rimandare al Teatro degli Orrori, ma ancor più «rumorosi». (Roberto Peciola)

JAZZ
La valutazione
del rischio

Sperimentare, che rischio. Ma se l’esito è valido, quanta soddisfazione. Ottima la prestazione di Elsa Bergman in Playon Crayon (Bergman Inspelningar). Capitanando il suo quintetto con perizia attraverso le corde del suo contrabbasso, la svedese firma otto composizioni mai banali, dove il free jazz è inizio e termine del tutto. Oltre all’assegnazione di singoli colori come fonte di ispirazione a ogni musicista nelle riuscite Kaleidoscope I e Kaleidoscope II, quello che risalta è la reale assenza di steccati nella scrittura. Musica da camera, impro e tanto altro. Selezioniamo Rosmarie e Phone Cords. Duncan Pinhas & Yérri-Gaspar Hummel danno vita a un lavoro fortemente inquietante e al contempo affascinante: in Voyage initiatique (La But) la chitarra del primo e il sax del secondo si sciolgono l’un nell’altro grazie a un coacervo di strumentazioni elettroniche. Per i cuori forti Aurora e Awakening. Audace è il volo solista di Kasper Agnas che in Grain Live (Frim), si libra con la sua chitarra in una sessione molto ispirata. Suonate 1992. (Gianluca Diana)

TRIBUTI
Un approccio
differente

Gli omaggi (o tributi) del jazz italiano diversi per scelte e modi d’approccio: il Roberto Zanetti Quartet in Bud’s Power (Simpaty) risulta un sincero ammiratore del bebop di Bud Powell, forse il maggior pianista moderno: con l’aiuto di un tenore (Pontrandolfo) e una ritmica (De Franceschi e Soldano) il leader sottolinea l’abilità compositiva spesso aperta alle culture latinoamericane. Il Di Sabatino Double Trio con Glauco Plays Paolo (Egea) propone un lavoro autoreferenziale, giocato «in famiglia», laddove il batterista con due bassisti alternati (Bulgarelli e Mencarelli) affronta il songbook del fratello qui anche al pianoforte, all’insegna di un gradevolissimo mainstream. Infine Rosario Giuliani & Mac Saxophone Quartet con Miserere (Parco della Musica) compiono un’operazione di dialogo tra il jazz e la storia dalla musica colta italiana, da Guido d’Arezzo a Rossini passando da madrigalistica e barocchi: i quattro sax s’attengono alla partitura, mentre il leader ne rileva i punti salienti ove poter improvvisare, senza mai alterarne il valore dell’originale. (Guido Michelone)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

OST
Sperimentazione
autonoma

STEVEN BROWN
ZOO STORY. ORIGINAL SOUNDTRACK ALBUM (Materiali Sonori)

**** A quarant’anni dall’uscita, viene ristampato questo commento musicale per il teatro, primo lavoro solista del leader dei Tuxedomoon. In perfetta linea con la moderna regia dell’omonimo dramma di Edward Albee, il polistrumentista compone un lavoro sperimentale che, all’ascolto, può vivere autonomamente, grazie alla riuscita alternanza di caos e melodia, di ritmi e iterazioni, sovrapponendo la new wave a echi folk, ambient e persino jazz. Alla fine, come extra track A Spirit Ditty, song all’epoca celeberrima, scritta insieme a Drem Bruinsma. (guido michelone)

 

 

 

JAZZ ITALIA
Il folk
è sostanza

BRUNOD/GALLO/BARBIERO
GULLIVER (Via Veneto Jazz)

**** Che le note folk delle più varie culture abbiano sempre fornito sostanza al jazz è un dato di fatto riscontrabile fin dalle prime registrazioni. In questa splendida incisione che mette assieme le chitarre di Maurizio Brunod, le svariate percussioni del mobilissimo Massimo Barbiero, bassi e flauto di Danilo Gallo troverete, in un’atmosfera che riesce ad essere tesa, concentrata e onirica assieme, spunti etiopi, irlandesi, cinesi, norvegesi, pugliesi, piemontesi, dal Kurdistan, dal Cile, e brani originali che cuciono il tutto in un flusso avvincente e unico. (guido festinese)

 

 

 

ALT POP
Mood
psicologico

BEN GREGORY
EPISODE (Transgressive/Pias/Self)

**** Sciolti i Blaenavon e superati momenti di particolare difficoltà – esaurimento nervoso, cure psichiatriche e quel che ne consegue -, il musicista inglese si rimette in pista e lo fa con un disco tanto variegato e incatalogabile (diciamo un generico indie/alternative pop rock con sfumature folk e elettroniche) quanto accattivante. Per entrare dentro al mood sonoro (e psicologico) dell’album c’è bisogno di più ascolti, ma una volta aperte le porte giuste c’è di che godere. E speriamo non sia un «episodio» isolato… (roberto peciola)

 

 

 

R&B
Una storia
autobiografica

DURAND JONES
WAIT TIL I GET OVER (Dead Oceans/Goodfellas)

**** La grande tradizione soul anni Settanta risuona nei brani dell’esordio da solista – ha lasciato a casa i fidi Indications – del leader della band americana. Si vola alto grazie a brani modulati dalla voce calda e tenebrosa di Jones che si ispirano ai repertori di maestri come Bill Withers e Stevie Wonder. Temi d’amore si intrecciano a storie più autobiografiche. Un lavoro ricco e coeso con una menzione particolare per la ripresa con interpolazione «rap» di Someday We’ll Be Free, inno ai diritti civili ispirato al capolavoro di Marvin Gaye What’s Going On. Da non perdere. (stefano crippa)

 

 

ART ROCK
Lo spirito
del guaritore

DESIRE MAREA
ON THE ROMANCE OF BEING (Mute/Self)

***** «Nel mio lavoro di Sangoma si usano canti antichi e sequenze di tamburi per invocare gli spiriti che vivono in me, in modo che io entri in uno stato di trance. Nel mio lavoro di musicista, guarisco le persone usando la musica…». Parole di Desire Marea, artista sudafricano al secondo album. A differenza dell’esordio, quasi in solitario, qui c’è una band di 13 elementi ad accompagnarlo e il risultato è un piccolo grande capolavoro che travalica i generi, dal jazz al soul, dal post rock alla tradizione afro. E la voce, che spazia dal baritono al falsetto senza ombra di cedimenti, unisce il tutto. Da non perdere! (roberto peciola)

 

 

AX/KAVAKOS/YO-YO MA
BEETHOVEN FOR THREE (Sony classical)
***** Può un incredibile trio composto da Emanuel Ax, Leonidas Kavakos e Y- Yo Ma suonare Seconda e Quinta Sinfonia di Beethoven senza l’ausilio dell’orchestra? Con solo violino, violoncello e pianoforte? Certo che sì, come da prassi ai tempi di Beethoven. Il trio ha recuperato delle versioni ottocentesche trascritte da Ferdinand Ries e Colin Matthews. Un viaggio incredibile, una sorta di divina mimesis. (marco ranaldi)

CLAUDIA CANTISANI
SABRINA SUL PETROLIO (La stanza nascosta records)
**** Diciamoci la verità: scrivere canzone d’autore in jazz, in Italia, è operazione perigliosa ed esposta a critiche. Sui testi, sulle musiche, sul senso del tutto: credenziali poco richieste in altri generi, non qui. E le ombre lunghe di Conte, del primo Gianmaria Testa, di Caputo che si allungano prepotenti. E allora lasciatevi sorprendere dallo swing irresistibile di questa vocalist che scrive cose fresche, sorprendenti, ironiche circondata da jazzisti eccellenti, capace di duettare con Alessandro Haber e Caputo come se fosse al bar per un caffè. (guido festinese)

RICCARDO GOLA
COSMONAUTICA (Millesuoni/Jando Music)
*** Dalle immagini di copertina ai titoli dei brani, tutto fa presagire un concept dedicato alla fantascienza, ma all’atto pratico non si tratta che di jazz suonato benissimo da un quartetto – Bigoni, Zanisi, Morello, oltre il leader – stretto osservante del linguaggio post-boppistico. Le motivazioni teoriche si avvertono poco o nulla in un linguaggio semantico come la musica strumentale, quindi riempire di contenuti letterari un disco attraverso i soli suoni resta impresa davvero improba. (guido michelone)

FERRUCCIO SPINETTI
ARIE (Via Veneto Jazz)
**** Siamo abituati ad ascoltare Ferruccio Spinetti in duo con Petra Magoni in Musica Nuda; in Arie, invece, Spinetti ha accanto al suo contrabbasso il pianoforte di Giovanni Ceccarelli (in un paio di casi c’è una perfetta Rita Marcotulli), la voce raffinata di Elena Romano, Jeff Ballard alla batteria. Un disco emozionante, con tributi a Rava, a Fresu, a Tommaso, tra gli altri e a chiudere un gran ricordo per lo sfortunato Luca Flores. (guido festinese)

SUBMARINE FM
WATERBENDING (Slab Note)
*** Il battito del sottomarino lionese presenta il nuovo album. Nel quale riduce le atmosfere oscure e concentriche a favore di una propensione al dancefloor. È un disco che nasce esplicitamente con questo fine. Vi è spazio anche per incisioni più articolate, dove si sfiorano i colori dell’ambient, ma una leggera e frivola istigazione dance si impone grazie a Euphoria e Euroducks. (gianluca diana)

UNDERDOG
SOMETHING STRANGE IN THE MOUNTAINS (Phonosphera Records)
*** Prosegue il percorso della formazione romana. Nella direzione di costante mutazione che il combo ha intrapreso, si mettono in luce diversi elementi di sviluppo della matrice artistica di base. Che pur rimanendo quella del cantautorato, si arricchisce sia in fase di composizione che in quella di arrangiamento. Le narrazioni prendono forme che sfociano nel jazz contemporaneo, nell’electro oscura e nella psichedelia. Ed è un gran bel sentire. (gianluca diana)