RISTAMPE
L’avventura
continua

Nota è una label che spesso s’è nominata su queste pagine. Un catalogo ricco e inpegnativo di testi cartacei e cd sulle note folk, un focus sulle nuove note d’autore del Nord Est, aperture alle musiche di ricerca. In quest’ultimo caso, sia che si tratti di scandagliare quanto va muovendosi al di sotto del mainstream, sia che si tratti di avviare recuperi di dischi importanti che hanno fatto da indicatori per la ricerca di due generazioni di musicisti. Adesso esce un pacchetto corposo di ristampe per Andrea Centazzo, percussionista, compositore, da tempo trasferito negli Usa. L’avventura continua, intanto gustiamoci i primi tre titoli qui in segnalazione, capisaldi creativi, a cominciare dal quasi leggendario incontro con il sopranista (qui anche manipolatore di primordiali sintetizzatori) Steve Lacy in Clangs, febbraio 1976. Poi Drops, ’77, meeting tra l’acuminata intelligenza improvvisativa del chitarrista Derek Bailey e Centazzo con tutto il suo arsenale percussivo, e Snowplow, 2010, dove le corde sono tra le mani dell’abrasivo Elliott Sharp. Che riscoperte! (Guido Festinese)

ALT POP
Su e giù
per il Regno

In giro per il Regno Unito ci si imbatte spesso in artisti che sanno come scrivere canzoni. Uno di questi arriva dalla Scozia, anche se ormai trapiantato a Brighton, si chiama Steve Mason ed è stato leader dei Beta Band. Mason pubblica il suo quinto disco solista, Brothers & Sisters (Double Six), dove unisce il pop alle tradizioni mediorientali e anche più a Est, il folk della sua terra all’elettronica, tenendo alta una linea cosmopolita e politicamente schierata contro la Brexit e le leggi anti immigrazione che il governo conservatore vorrebbe varare. Altro buon lavoro, il terzo per il batterista dei Radiohead Philip Selway, Strange Dance (Bella Union/Pias/ Self). Un album raffinato, intimo, cinematografico, arrangiato magistralmente, dalle sonorità aperte, larghe, giocate molto su archi e ritmi sintetizzati. Scozia, Inghilterra e, infine, Galles, terra di Gruff Rhys, ex Super Furry Animals, che torna con il doppio The Almond & the Seahorse (Rough Trade), colonna sonora dell’omonimo film. Non un disco memorabile ma con spunti pop di discreta fattura. (Roberto Peciola)

AMBIENT
Oltre
l’orizzonte

L’estro che prefigura il raggiungimento di orizzonti inimmaginabili. Maestro in questo contesto è il neozelandese Chris Abrahams, che pubblica Follower. Il pianoforte è centrale in tutti e quattro i temi. A dare profondità e carattere, arrivano una ridda di suoni analogici e digitali. Anche la partitura percussiva ha un peso, al punto che fa tornare alla memoria le esperienze in jazz dell’autore. Che calibra al meglio ogni ingrediente sonoro, licenziando un album di spessore, che vede i passaggi più emozionanti in Sleep Sees Her Opportunity e Costume. Uscita curata dalla Room40, impegnata anche in Furtive Glances dell’australiana Megan Alice Clune. Anche lei incentra sui tasti bianchi e neri il cuore delle sue narrazioni di stampo neoclassico. Il suo strumento d’elezione è un fido compagno di viaggio a cui aggiunge eterei vocalizzi. A chiudere Mattias Petersson e il suo Triangular Progressions (Hallow Ground), disco in cui sperimenta le progressioni armoniche contenute in un triangolo. Cerebrale a dir poco. (Gianluca Diana)

JAZZ ITALIA
Identità
di stili

Nei tre nuovi cd il denominatore comune è l’identità femminile a cavallo tra jazz e canzone d’autore, seguendo tre stili differenti, quasi in rappresentanza di altrettanti periodi storici. Con Sabrina sul petrolio (Verbatim) di Claudia Cantisani in quintetto (spesso allargato a big band) il «tributo» è allo swing: ironia e umorismo richiamano alla memoria le canzoni di Paolo Conte e Fred Buscaglione nei testi e nelle musiche, pur nel ribaltamento del genere maschile. A chi esita (Giotto Music) di Valentina Fin, in quartetto, guarda decisamente al jazz moderno, tra modale e post bop, con la voce che si fa strumento, che si confronta con gli assolo, che si libra in improvvisazioni virtuosistiche. Infine Shadows on Earth (Kappabit) del trio Nero Diaspora è un progetto condiviso da Rossella Cangini (voce), Fabrizio Elvetico (elettronica), Gandolfo Pagano (chitarra preparata) dove, tra free e noise, si dà alla phoné il compito di affrancarsi dalla forma-canzone per lanciarsi verso lidi futuristici. (Guido Michelone)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

ALT METAL
Come un riff
furioso

BURNING BUTTERFLY
CONTEMPORARY TALES (Elevate Records)

**** Le melodie avvolgenti di State of Mind, i riff furiosi e l’interplay vocale impeccabile di Fireball, e ancora Lust che se l’avesse sentita Courtney Love gliel’avrebbe rubata. Sta tutto dentro Contemporary Tales, disco con cui hanno debuttato i Burning Butterfly, band hard rock/alt metal romana. Se da un lato il gruppo pesca dalla grande enciclopedia del genere, dall’altro punta a rivisitarlo alla sua maniera. Nel frattempo è anche uscito Alive, nuovo singolo, tra eruzioni hard rock, accelerazioni e decelerazioni improvvise. (roberto peciola)

 

 

 

BLUES
Un atto
d’amore

THE CASH BOX KINGS
OSCAR’S MOTEL (Alligator)

**** Chiamatela vecchia scuola. Sotto ogni punto di vista. Perché stiamo parlando di un disco di blues che non ha nulla di innovativo. Di contro, nella sua adesione all’epoca aurea della seconda metà dello scorso secolo, è davvero un atto d’amore verso il suono di Chicago e le orchestre di blues che facevano ballare il sabato notte. La formazione guidata da Joe Nosek all’armonica e Oscar Wilson alla voce fila come un treno lanciato a tutta velocità, sia a tempo di slow che quando c’è da ballare. Spettacolare poi è il groove di She Dropped the Axe on Me. Qualità e passione che non vi deluderanno. (gianluca diana)

 

OST
Accoppiata
«diabolika»

PIVIO & ALDO DE SCALZI
DIABOLIK /GINKO ALL’ATTACCO! (Carosello)

**** L’accoppiata Pivio-Aldo De Scalzi è davvero «diabolika», in quell’opera di altissimo artigianato musicale, ormai alle soglie del centenario, che è creare colonne sonore per il cinema. La controprova? Semplice, e vale per Morricone, per Bacalov, e via citando: se sta in piedi da sola, la musica, e ve la potete gustare come tale, è centro pieno. Come qui. Tra richiami agli Osanna di Milano Calibro 9, ai poliziotteschi, mirabili spire funk, groove scolpiti, momenti brucianti e oasi pensose. In più, il flauto del meraviglioso Vittorio De Scalzi che suona per l’ultima volta. (guido festinese)

 

 

POST PUNK
Non un passo
indietro

SLEAFORD MODS
UK GRIM (Rough Trade/Self)

**** Sono forse la band (un duo, in realtà) più politicizzata e caustica della scena alternativa britannica. Non hanno mai lesinato critiche, pesanti, alla società inglese e, soprattutto all’establishment, e non intendono certo recedere di un passo, confermando questa vis polemica anche con questo nuovo UK Grim. Musicalmente Williamson e Fearn restano fedeli al loro cliché di elettronica (qui forse un po’ più «dance» del solito) condita di post punk e hip hop «sguaiato». Ospiti di rilievo come Dave Navarro e Perry Farrell dei Jane’s Addiction e Florence Shaw dei Dry Cleaning impreziosiscono il tutto. (roberto peciola)

 

 

OMAGGI
Tutto
d’un fiato

STEVE SWELL’S FIRE INTO MUSIC
FOR JEMEEL. FIRE FROM THE ROAD (RogueArt)

**** Un triplo cd per commemorare il sassofonista Jemeel Moondoc (1946-2021): si tratta di tre concerti inediti – 2004/2005 – tenutisi a Houston e Marfa (Texas) e a Guelph (Ontario) con tanta musica improvvisata per il quartetto del trombonista bianco assieme a tre noti afroamericani, dalla ritmica strepitosa (William Parker e Hamid Drake) allo stesso Jemeel (solo al contralto). Il sound si muove nelle aree del free e del post free, non senza qualche impennata boppistica negli assolo fiatistici, in omaggio alla storia della black community. (guido michelone)

 

 

 

ALP TRIO
CONTRORA (Filibusta)
**** Se amate i dischi di Jon Hassell e di Brian e Roger Eno, di Nils Petter Molvaer e tanti altri capostipiti di un suono dilatato, stratificato su ondate d’echi, lunare l’Alp Trio fa per voi. Tastiere, chitarre, tromba, basso, magnifiche interferenze elettroniche manipolate in vario modo ricostruiscono in soundscape quel «pozzo di silenzio e di stupore» della controra, il momento in cui tutto tace di cui scrisse Gesualdo Bufalino. (guido festinese)

ONUR AYMERGEN QUINTET
LUNAR (Losen)
*** È un quintetto turco con il leader alla chitarra; otto i brani tutti a firma Aymergen, il quale mostra una vena compositiva incline alle esperienze jazz più aggiornate e coinvolgenti, non senza qualche lontana eco folk; ma nel complesso è un efficace mainstream a imporsi, con assolo scoppiettanti (Spring e African Ballad cantata da Ida Aymergen) e un’invidiabile energia collettiva (Lunar Part 2 e Northern Lights). (guido michelone)

THE CUT
DEAD CITY NIGHTS (Improved Sequence)
**** Il trio bolognese arriva al settimo album di una travolgente carriera. Consolidata da un’attività live che li ha portati in ogni angolo d’Europa. Mettono insieme una miscela personale e originale fatta di mille influenze, dal punk rock più classico, alle elaborazioni blues di Jon Spencer, dai Cramps a venature post punk alla Fontaines D.C. che i Cut avevano precorso anni prima come sempre e ancora una volta a livelli di eccellenza. (antonio bacciocchi)

GINO MARINUZZI
PALLA DE’ MOZZI (Dynamic)
***** Giuseppe Grazioli è bravo a recuperare tracce del passato come questa rara opera di Gino Marinuzzi, Palla de’ Mozzi. Uno di quei lavori che aprono una porta sul Novecento italiano lirico che dopo Puccini non riusciva a trovare una strada. Fra gli interpreti troviamo Elia Fabbian, Leonardo Caimi e Francesca Tiburzi. L’orchestra e coro del Teatro Lirico di Cagliari. Inaspettato Novecento. (marco ranaldi)

MEITEI
SHITSURAI (Kitchen Label)
*** Il compositore giapponese, al secolo Daisuke Fujita, presenta una pubblicazione in cui acuisce ancor più l’aspetto minimale delle sue opere. Il lavoro è in forte contatto con l’andamento delle quattro stagioni in terra nipponica: prendendo spunto da queste, l’autore si immerge in una dimensione personale e introspettiva. Il pianoforte, quasi neo classico, diviene quindi lo strumento di elezione per compiere un viaggio catartico, a cui si aggiungono incursioni ambient. Riflessivo e intimo. Per voi Risshun e Ritt. (gianluca diana)

NHORA NARS
INSECTS KNOW THE EXIT OF THE MAZE (A.R. Records)
**** Ci sono personaggi di culto, nella scena delle musiche creative, che tali rimangono anche per un fastidio legittimo nei confronti di un mondo fatto sempre più di apparenze vacue e «like». In futuro, è certo, qualcuno dedicherà allora una monografia almeno all’opera tutta sostanza di Roberto Agus aka Spillus, aka Astronaughty, aka Nhora Nars: compositore elettronico e ambient, autore di miriadi di sountrack, memoria vivente di ogni rivolo della black music, pittore e illustratore, e molto altro. Una summa per conoscerlo in due cd che esplorano gli ultimi dieci anni? Questa, perfetta. (guido festinese)