INDIE ITALIA
Il colpo
di scena

Chi se li ricorda Menti Criminali, storico gruppo rap di Ascoli? Beh, Arsen Palestini era il fondatore della crew. Ora va avanti a «fare le sue cose» da solo. L’area d’azione è ancora quella della cultura hip hop. In Social Nearness (Autoprod.) però ci sono anche tutte le altre subculture parallele tipo tastierine giocattolo i cui suoni sembrano essere usciti da PacMan o simili. O divagazioni abstract che avrebbe potuto mettere in scena DJ Shadow. E non mancano vere sberle in faccia, sia dal punto di vista dei testi che del groove (Ancora guerre su tutti). Pure i Giove non sono di primo pelo. Ora con questo nuovo progetto (Outstream, autoproduzione) tirano le somme e ci regalano un disco pieno di «colpi di scena». Spesso, pur muovendosi all’interno della forma canzone, la stravolgono mettendo il ritornello all’inizio della canzone (nella bellissima A.T.M.O.). E poi ondeggiano con nonchalance tra il britpop che tanto suona Oasis e il post grunge, senza dimenticare la new wave e gli amatissimi Cure. Un rollercoaster sonoro che ci spiazza piacevolmente. (Viola De Soto)

JAZZ
Intelligenze
in movimento

Ancora eccellenti uscite da casa Intakt, la label svizzera che dà spazio a molti nomi apicali europei, senza trascurare talenti da altri continenti. Dirompente per forza espressiva, intenti ed esiti il nuovo gruppo di Jim Black, Jim & The Shrimps, che è un affilato quartetto con due giovani solisti al contralto e al tenore dalle voci incendiarie, perfette per un progetto che guarda – senza passatismo – alla stagione di Albert Ayler, Ornette Coleman, Archie Shepp. Il tutto in Aint’ No Saint. Superlativo è anche il sax tenore shorteriano e coltraniano dello zurighese Christoph Irniger con i suoi Pilgrim: in Ghost Cat si festeggia il decimo anniversario del quartetto con un lavoro scaturito dalla conoscenza telepatica tra i membri, nata da appassionate session in improvvisazione. Scatena bufere corrusche e apre squarci di luce il contrabbasso sontuoso di Joëlle Léandre nello Zurich Concert registrato il 17 marzo 2022. Cinque ampie campiture che avvolgono e non lasciano tregua, per intelligenza creativa in azione: con dedica motivata alla «sorella in arte», la pianista Irène Schweizer. (Guido Festinese)

BLUES
Un mese
generoso

Marzo è sempre un mese generoso per le pubblicazioni in blues. Roboante è il nuovo di Bob Cillo & Mafia Trunk che via Ciqala Records danno alle stampe Minimum Wage Guaranteed. È un gran bel colpo per la band pugliese che tira fuori un suono compatto e poderoso. Un blues rock in cui sono palesi le influenze texane e della Windy City, al quale aggiungono un carattere garage punk notevole. Consigliamo l’ascolto ad alto volume per percepire al meglio l’essenza del quartetto, che si fa ben volere nel lancinante boogie di Old Homeless Man, nella tirata e quasi stoner Crawling at Your Door e nel vecchio classico di Slim Harpo Don’t Start Crying Now. Grinta anche per la Weezil Malone Band: il loro Desert Drive-In (Eigen Beheer) è blues urbano ebbro di groove che in alcuni momenti incorpora anche passaggi funk. Ottimo per farvi compagnia in auto, come si evince da All Over Again e Walk Away from Me. Sorprendente è l’inglese The Phillbilly One Man Band che propone Dirty Skiffle Volume 1 (Autoprodotto). Essenziale, scabro e ipnotico. Lo dimostra in The Horvath e Black Dog. (Gianluca Diana)

CLASSICA
Romanticismo
francese

Ecco un lussuoso e al contempo sobrio cofanetto di otto cd dal titolo francese Compositrices (Bru Zane/ Self), il cui sottotitolo inglese New Light on French Romantic Women Composers rivela contenuti e finalità. Si tratta di ben 165 opere di 21 autrici musiciste appartenenti al romanticismo attivo sul territorio francese (parigino in particolare) tra il 1800 e il 1920. I brani, sinfonici, cameristici, vocalici, pianistici, registrati a Venezia, Parigi, Tolosa, Tourcoing, Metz tra il 2019 e il 2022 sono eseguiti da formazioni come l’Orchestre National de France, Capitol de Toulouse, Les Siècles, assieme a personalità quali Victor Julien-Laferrière, Yann Beuron, Nathalia Milstein, François-Xavier Roth, Cyrille Dubois, Frank Braley, Roberto Prosseda. L’intento è quello di far conoscere la musica di persone che, in quanto donne, nel passato come ai giorni nostri, stentano a entrare nelle programmazioni concertistiche. Ma i lavori di Héléne de Montgeroult, Louise Ferrenc, Pauline Viardot, Marie Jaëll, Mel Bonis e via dicendo, risultano originali, freschi. Un libretto trilingue, poi, spiega tutto (o quasi). (Guido Michelone)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

CONTEMPORANEA
Spartiacque
novecentesco

JOHN CAGE
SONATAS & INTERLUDES (Neuma Records)

***** Agnese Toniutti, tra le maggiori «esecutrici» di musica colta contemporanea, interpreta alla perfezione questa summa della cultura moderna, autentico spartiacque per la ricerca espressiva novecentesca: diciannove brevi brani, composti tra il 1946 e il 1948, per il cosiddetto «piano preparato», al cui interno vengono inseriti oggetti insoliti per stravolgerne la sonorità, che, a sua volta, nella scrittura, guarda a Erik Satie, all’alea, all’India acustico- filosofica. E la pianista, nell’avvicinarsi allo strumento, opta per la meraviglia dell’intonazione e la delicatezza del timbro. (guido michelone)

 

 

WORLD
Il grido
di dolore

MOONLIGHT BENJAMIN
WAYO (MaCase)

***** Chiedere a se stessi di purificare anima e spirito. Questo è il cuore del significato dell’album firmato dall’artista haitiana. Che nel titolo presenta un grido di dolore in lingua creola in cui racconta una maturazione personale e musicale espressa in modo clamoroso. Questo è un disco di quelli che lasciano il segno, complice la sua voce lirica ed evocativa che viene esaltata da una band che sembra natia di un punto indefinito tra il Deep South e Algeri, invece che francese. Lunga vita all’Haiti Blues di Moonlight. (gianluca diana)

 

 

 

ALT POP
Definizioni
di senso

SYNNE SANDEN
UNFOLD (Nordic Records)

**** Di lei ci siamo occupati più volte su queste pagine , elogiandone il timbro vocale ma anche la capacità di creare atmosfere assolutamente interessanti e mai scontate. E con questo quinto album l’artista norvegese conferma quanto di buono aveva già espresso in precedenza, con l’aiuto in fase di produzione di Lars Hornveth, leader dei magnifici Jaga Jazzist. Se le definizioni «alt pop» o «pop sperimentale» hanno un senso è proprio grazie ad artisti come Synne Sanden. (roberto peciola)

 

 

 

ROCK
Una visione
minimale

U2
SONGS OF SURRENDER (Island)

*** Più che una folgorazione è una chiara operazione commerciale e di catalogo che molte star hanno fatto in passato. La chiave di lettura del quartetto irlandese è improntata però sulla ripresa del repertorio in chiave squisitamente minimale. Della serie prendi Sunday Bloody Sunday, togli l’enfasi e l’epica e fanne uscire l’essenza. Così ri-registrati e re-immaginati, 40 pezzi (scelti 10 a testa, da ogni singolo della band) fanno una strana impressione. Non disturbante – perché l’anima dei brani resiste – ma spiazzante sì. Il valore aggiunto è Bono, ha perso in potenza ma guadagnato in intensità. (stefano crippa)

 

 

PSYCH POP
Strade
maestre

UNKNOWN MORTAL ORCHESTRA
V (Jagjaguwar/Goodfellas)

**** Dopo un esordio folgorante, la band neozelandese ha via via smarrito la strada maestra e i dischi successivi non hanno mantenuto, a nostro modo di vedere, le premesse e le promesse. Ora, a cinque anni dal loro ultimo lavoro, Sex & Food, Ruban Nielson e c., stabilitisi in quel di Portland, Oregon, tornano addirittura con un doppio album. Un disco dal sapore psych pop californiano speziato di folklore hawaiano e spunti jazz che li riporta a livelli più che apprezzabili, quattrodici brani che non scendono mai sotto la ampia sufficienza con qualche piccola perla. (roberto peciola)

 

 

DEATHCRASH
LESS (Untitled (Recs))
*** Giudicare un disco e una band non è mai facile. Vanno valutati molti elementi e tante variabili, tra queste l’originalità ha una valenza importante ma non certo esclusiva – altrimenti staremmo qui a scrivere male quasi di chiunque -. Vero è che se ci si cimenta, come fa il quartetto londinese, con un genere molto connotato, anzi due generi, come il post rock e lo slowcore, diventa difficile trovare spunti di particolare «personalità», e i Deathcrash in questo sembrano difettare, Slint e Mogwai che aleggiano. A salvarli è però il fatto che lo fanno con qualità, e in fin dei conti ci può stare. (roberto peciola)

FRANCESCO DEL PRETE
ROHESIA VIOLINORCHESTRA (Controvento Dodicilune)
**** Cinque vini del Salento, cinque possibilità di esprimere un mondo: non è la prima volta che il mondo del jazz e delle nuove musiche acustiche incontrano quello del nettare caro a Bacco, non sarà l’ultima. Non è la novità che conta, ma la saggezza da parte di un musicista che imbraccia un violino e che ha attraversato i più diversi mari musicali nel dare corpo, profumo, consistenza, a note mimetiche ma non didascaliche che si devono accompagnare a sorsi lenti, meditati. Sinestesia nella pratica, dunque. (guido festinese)

AVRAM FEFER QUARTET
JUBA LEE (Clean Feed)
*** L’agguerrito gruppo postfree – formato da una «all star» avanguardista con il leader al sax, Marc Ribot alla chitarra, Eric Revis al contrabbasso, Chad Taylor alla batteria – si produce in nove intensi brani dagli assolo veementi che si incorniciano tra le melodie scarnificate e i ritmi ossessivi, quasi a omaggiare indirettamente la new thing di Coleman o Ayler. Toccante risulta il brano finale Sweet Fifteen (For G.T.) dedicata al compianto amico fraterno Greg Tate. (guido michelone)

MAYSSA JALLAD
MARJAA: THE BATTLE OF THE HOTELS (Ruptured)
**** La cantautrice libanese, già nella band pop Safar, recupera una pagina tragica della sua terra, la «battaglia degli alberghi». Il progetto ruota attorno al valore architettonico degli esiti della guerra e di come questa abbia inciso sulla contemporaneità. L’artista è ella stessa protagonista nelle liriche di un viaggio ideale nella città vessata dal conflitto. Suoni e emozioni si mescolano, tra sperimentazione, ambient, folk arabo e electro. Inusuale e stupefacente. (gianluca diana)

CARL NIELSEN
SINFONIE N. 2 e 4 (SWR Classic)
***** Il sinfonismo è tornato in auge grazie soprattutto a compositori come Nielsen che non rinunciano a una scrittura amplia e romantica. Nielsen sa bene come affascinare il pubblico e la prova è in questi due capolavori. Perfetta la direzione di Roger Norrington a capo della Radio Sinfonieorchester Stuttgart des SWR. (marco ranaldi)

ZHU QUARTET
GINKGO (Workin’ Label)
*** Racconta il bassista e compositore veneto Alberto Zuanon, autore di tutto il materiale, che da ragazzo piantò un Ginkgo Biloba minuscolo, che ora è una pianta forte e rigogliosa. Come la musica di questo quartetto con ritmica e sax, che rimette in gioco molte fonti del jazz moderno: la modalità, i momenti estemporanei di improvvisazione, la sospensione armonica accostata a frastagliati passaggi tutti accordali come amava fare Shorter, e molto altro. (guido festinese)