OMAGGI
Il rischio
è possibile

Ci sono progetti che si accollano tutto il rischio possibile, perché è da mettere in conto che nella sfida a un preconcetto fioccano le parole avvelenate avvolte in gentile carta regalo d’ipocrisia. Squilibri Editore con i suoi cd-book ha spesso affrontato queste sfide. Patrizia Cirulli, cantautrice compositrice è milanese. Ma s’era messa in testa che il patrimonio poetico lasciato da Eduardo De Filippo poteva essere messo in musica. Messasi attorno gente d’eccellenza come Fausta Vetere, Dari Sansone, Mauro Palmas, ecco Fantasia. Le poesie di Eduardo in musica. Chapeau. Operazione coraggiosa per certi versi simile è stata realizzata con Grazia, la madre, omaggio in musica a Grazia Deledda realizzato dalla voce sarda di Claudia Crabuzza: le radici e le ali, il deposito millenario e la torsione della contemporaneità assieme ritrovati. Ultima segnalazione per Uauà/Omaggio in musica a Eugenio Cirese, infaticabile collettore della storia popolare del Molise: ne ripercorre con poesia, rigore e fantasia i passi Giuseppe Moffa, e la strada continua. (Guido Festinese)

NEOCLASSICA
Sperimentazione
e tradizione

L’arpa è strumento fondamentale per la musica classica; spesso utilizzato anche negli arrangiamenti di musica «leggera», ha però avuto poco spazio come strumento solista in ambito «pop» e dintorni. Almeno fino a poco tempo fa, perché ora sembra esserci una bella rinascita, sia con le «47 corde» pulite che manipolate, rielaborate e unite ad altre sonorità, come l’elettronica. Questo è il campo scelto dalla giovane arpista e compositrice toscana Kety Fusco per il suo progetto The Harp (Floating Notes), di cui esce il primo di tre capitoli, presentato in anteprima alla Royal Albert Hall di Londra. Il lavoro, che consta di un solo brano di 19 minuti, si muove su una base sperimentale attingendo tanto dalla musica classica contemporanea quanto dall’elettronica. Interessante mistura. Ambito più «classicamente classico» per il nuovo disco del danese, ex membro dei Kashmir, Henrik Lindstrand, Klangland (One Little Independent/Bertus). Pianoforte e archi sono il «core» dell’album che si distingue per una vena melodica di gran classe. Tra i migliori dischi di neoclassica degli ultimi tempi. (Roberto Peciola)

BLUES
Sul filo
dell’emozione

Alla ricerca di un blues che emozioni. Bel colpo di Scott Ellison che si fa apprezzare con lo spumeggiante di Zero-2-Sixty (Liberation Hall). Il bluesman di Tulsa, Oklahoma, è in palla. L’apertura She Needs a Whole Lotta of Lovin’ è robusta, complice l’armonica di David Bernston. Nessun cedimento. Energia, feeling e passione permettono al leader di fare il gran colpo. Meritorio è lo slow That’s How I Love My Woman, fiammeggiante l’ipnosi ritmica della title-track e scanzonata e frivola il giusto Before the Teardrops Fell. Di nuovo in pista Joe Louis Walker in Weight of the World (Forty Below Records). Il suo valore non si discute, ma il lavoro non convince appieno, risultando lezioso. Intendiamoci, quando spinge l’acceleratore si fa sempre ben volere, ma ad esclusione del brano che dona il titolo all’abum, della ballata Hello, It’s the Blues e di Blue Mirror, non incide come dovrebbe. Piacevoli i sette brani di Call Me, Baby (Autoprodotto), firmato da Gianni Massarutto & The Bluesiana. Atmosfere variegate e gradevoli, che trovano il meglio quando sale il ritmo. (Gianluca Diana)

CLASSICA
Aperture
di senso

Riascoltate oggi queste musiche di Telemann (1688-1767), Galuppi (1706-’85), Barbella (1718-’77) rivelano, pur storicamente contestualizzate, aperture di senso che verranno sviluppate solo più avanti, persino nella popular music. Le Twelve Sonatas for Solo Violin (Stradivarius) del tedesco Georg Philipp Telemann esplorano le possibilità dello strumento e la capacità di trovare originali soluzioni a livello tecnico-espressivo sia per affascinare, stupire, coinvolgere l’ascoltatore sia per esaltare le doti dell’interprete (qui la bravissima rumena Anca Vasile Caraman). Le nove Sonatas for Harpsichord (UR) di Baldassare Galuppi, alla première discografica mondiale, nell’ottima esecuzione di Alvise De Piero, ribadiscono il carattere eterogeneo dell’autore stesso nel solco della circolazione di idee in un’era votata al cosmopolita illuminismo. Del napoletano Emanuele Barbella con Simpatica follia (Stradivarius) si ascoltano sei splendidi duetti per due violini (o due mandolini) con basso continuo, valorizzati grazie alla perizia del Quartetto PizzicArco. (Guido Michelone)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

TECHNO
L’uomo
di Chichester

IBRAHIM ALFA JNR.
SIRIUS A (Mille Plateaux)

***** Chichester è una piccola cittadina del West Sussex, Inghilterra. È nota per essere stata fondata dai romani di Vespasiano, per una bella cattedrale e ora per essere stata il luogo in cui è cresciuto il musicista techno Ibrahim Alfa Jnr, intriso di Inspiral Carpets e dei rave di inizio anni Novanta. Figlio di un comandante militare nigeriano, storia interessante ma che qui non possiamo sviscerare, il compositore electro torna con un lavoro superbo. Dieci brani densi, ebbri del suo stile oscuro e psicogeno. Che si alzino le battute o si dilatino i pensieri, la tela narrativa è sempre intensa: acida e celebrale in GXNU e BGDD, esplosiva in YOSK. (gianluca diana)

 

 

ALT ROCK
Il mestiere
della maturità

DEUS
HOW TO REPLACE IT (Pias/Self)

**** Se c’è un gruppo, nell’Europa continentale, che ha saputo rivaleggiare con le band in arrivo da oltremanica e oltreoceano in fatto di alt rock, questo gruppo si chiamava dEUS e arrivava dal Belgio. La band di Tom Barman, che ha dato la stura a molte altre formazioni di livello uscite dal loro piccolo paese, torna dopo undici anni di silenzio, che quasi ci si era dimenticati della loro esistenza. E lo fa con un buon disco, che poco però aggiunge a quanto fatto nella loro ultraventennale carriera. Il tempo passa, le urgenze giovanili svaniscono, rimpiazzate da maturità e tanto mestiere. Ma va bene anche così. (roberto peciola)

 

 

ALTERNATIVE
Balzi
in avanti

GORILLAZ
CRACKER ISLAND (Parlophone)

**** Sempre fuori dagli schemi, i Gorillaz tirano fuori dal cilindro dieci nuovi brani che suonano come altrettanti singoli. Un balzo in avanti dopo le ultime prove dalla scrittura sempre nitida, ma forse meno centrate. L’ottavo album della band virtuale che vive in «combutta» con l’illustratore Jamie Hewlett, sfoggia gemme e collaborazioni scelte con metodo e gusto. Tanta dance – l’approccio funk è un marchio di fabbrica – ma la title-track con il giro di basso di Thundercat per non parlare di New Gold e Tarantula, strappano applausi. E gli ospiti? Stevie Nicks, Bad Bunny, Beck: mondi lontani ma ben assortiti. (stefano crippa)

 

 

JAZZ
Duetti
free

MATTHEW SHIPP & MARK HELIAS
THE NEW SYNTAX (Rogueart)

**** Ogni volta che, nel jazz, si ascoltano i duetti fra pianoforte e contrabbasso, vengono in mente le prime straordinarie session di Duke Ellington con Jimmy Blanton, che, qui, 80 anni dopo, sono evocate e trascese al tempo stesso, in un ribaltamento di tecniche e linguaggi sonori. Il dialogo e l’interplay, ai limiti di un free spinto, ortodosso, duro, si espandono anche su silenzi, ostinati, ripetizioni, ossessività nei timbri e nei ritmi, fino a produrre straordinaria intensità che guarda nel profondo dei musicisti e simbolicamente nella profondità dell’essenza jazzistica. (guido michelone)

 

 

 

ROCK
Il furore
del «Coyote»

NEIL YOUNG WITH CRAZY HORSE
WORLD RECORD (Reprise)

**** Si sono lette critiche impietose su questo disco del rocker canadese prodotto da Rick Rubin e, al solito, realizzato con una sorta di bruciante furore assieme alla sgarrupata compagnia di giro dei gloriosi Crazy Horse. Il quarantaduesimo. Ci trovate ballate avvolgenti, tre quarti esili come fili, bordate di garage rock da quindici minuti che non aspirano a fare nessuna bella figura, tintinnii acustici unici. Il solito Neil Young. Per fortuna. Che con nonchalance ci consegna uno dei suoi lavori più belli di sempre. Molti devono aver ascoltato un altro disco. (guido festinese)

 

 

NICCOLÒ CASTIGLIONI
COMPLETE PIANO WORKS (Grand Piano)
***** Geniale fra i compositori degli anni Cinquanta, Niccolò Castiglioni ha lasciato il segno. Lo prende nelle sue mani di pianista Aldo Orvieto che registra una buona parte delle sue composizioni. Dieci tracce scritte fra gli anni Cinquanta e Novanta che presentano il pensiero in progress di un compositore raffinato ma poco conosciuto anche dagli addetti ai lavori. Un’antologia per capire come la sua scrittura fosse talmente contemporanea e proiettata su sfere alte da renderne difficile la collocazione. Ottima l’interpretazione di Orvieto. (marco ranaldi)

CLEO T.
HOW DO YOU FIND YOUR WAY IN THE DARK (Im Traum)
*** Un violoncello, un pianoforte, inserti elettronici e una voce molto riverberata (come anche il resto) sono gli elementi che spiccano e caratterizzano questo nuovo album della artista francese. Al tutto si uniscono ricordi di Enya e melodie che vanno a ripescare modelli antichi e, perché no, di natura ecclesiastica. Un buon disco che però, come spesso accade per certi «generi», alla lunga cede il passo a una certa noia. (roberto peciola)

DENIS FRAJERMAN
TIPHAINE (Klang Gelerie)
*** Un gesto d’amore. In occasione del cinquantesimo genetliaco della moglie, l’autore francese ha composto per lei queste sette tracce. Dove grazie al violoncello di Carole Deville e al violino di Hélène Frissung, le idee del leader acquisiscono enfasi in modo esponenziale. Una miscellanea equilibrata di evocazioni medievali con melodie balcaniche e arabe. Da ascoltare con calma e rilassatezza. Da Segnalare Il y a des lèvres et des yeux e Les dimanches glissants. (gianluca diana)

ANDREA LUPO LUPI
SOLO (autoprodotto)
**** Musicista, tecnico e organizzatore sui generis nel panorama italiano, da sempre innamorato di musica americana alternativa, ora «costruisce» un album perfetto, dove il jazz nero dialoga con il country bianco, il blues con il folk e via dicendo, trasmettendo afflato, intensità, sentimento, partecipazione di rado ascoltabili nella scena locale. Grande esordio, insomma, per un artista completo: vocalist, autore, polistrumentista, leader di una band altrettanto corroborante. (guido michelone)

MIRABASSI DI MODUGNO BALDUCCI
GIRASOLI (Fonè)
**** I girasoli del titolo sono quelli di Henry Mancini messi in musica nel 1969 per Vittorio De Sica, ma potrebbero anche essere quelli di Van Gogh. Li trovate in questo disco spumeggiante e godibile (super audio cd), con riferimenti al Brasile in musica, dove volteggia il clarino folletto di Mirabassi, la chitarra classica di Di Modugno, il basso di Balducci. Triangolo di effervescente vitalità e allegria. (guido festinese)

VILLA
VILLA (L’amor mio non muore)
*** Anche dalle nostre parti abbonda una nutrita pattuglia di amanti di colonne sonore immaginarie per film immaginari. Un bel modo, in realtà, per riascoltare suoni vintage, con il valore aggiunto della contemporaneità che comunque tutto filtra e orienta. A quella pattuglia è dedicato Villa, dal compositore, produttore e bassista Roberto Villa, già con Gang e Ronin. Sintetizzatori, organi Farfisa da modernariato, piano Wurlitzer, basso, una languida sezione d’archi. E via col proiettore d’antan. (guido festinese)