Gli Ultrasuonati
PROG ROCK Gli eredi assicurati Leonardo Pankovic, instancabile animatore della MoonJune ha trasferito se stesso e l’etichetta in Spagna, a Toledo, dopo oltre trent’anni a New York, a caccia di […]
PROG ROCK Gli eredi assicurati Leonardo Pankovic, instancabile animatore della MoonJune ha trasferito se stesso e l’etichetta in Spagna, a Toledo, dopo oltre trent’anni a New York, a caccia di […]
PROG ROCK
Gli eredi
assicurati
Leonardo Pankovic, instancabile animatore della MoonJune ha trasferito se stesso e l’etichetta in Spagna, a Toledo, dopo oltre trent’anni a New York, a caccia di nuove opportunità in un mercato che sembra chiudersi come una tenaglia per la musica di qualità. Come il suo particolarissimo «prog rock» che nulla ha in comune con la regressiva, pedissequa riproposta di formule di mezzo secolo fa. Ad esempio con Reuter, Motzer e Grohowski, chitarre futuristiche e batteria per lunghi brani in improvvisazione, in Bleed, su pedali belli e inquietanti scaturiti in lunghe session informali. C’è anche il folletto dei Van Der Graaf Generator David Jackson, ad arricchire con i suoi sassofoni l’imprevedibile, vitalissimo Clint Bahr di Puzzlebox, un disco infittito di ospiti che ricorderà la ruggente, inspiegabile creatività di tante band inglesi dei primi Settanta, senza vacuo citazionismo. Tornano anche, dopo sei anni, i poderosi Stick Men con Levin, Mastelotto e Reuter con l’ep Tentacles: i King Crimson più laceranti e visionari degli ultimi anni hanno già buoni eredi assicurati. (Guido Festinese)
ALTERNATIVE
Catarsi
oscura
La parola «alternative», nella sua accezione inglese riportata alla musica tende a raccogliere più generi e sonorità, spesso anche lontane tra loro. Ed è questo il termine che meglio identifica i tre dischi di cui ci occupiamo qui, tutti, appunto, molto diversi. Partiamo con Ophio (Bureau B/Audioglobe), del progetto Die Wilde Jagd. L’album, dalle atmosfere rarefatte e intense che toccano lidi ambient, elettronici, momenti di catarsi alt pop e sane reminiscenze kraut, si fa apprezzare per il senso di cupa calma che lo pervade per intero. A proposito di cupezza, maestri della scena drone metal i canadesi Big|Brave tornano con Nature Morte (Thrill Jockey). I cliché del genere ci sono tutti: chitarroni epici, drumming marziale e, quasi sempre, beat rallentati, il tutto in un’aura di oscurità. Si cambia mood con il debutto dei The Waeve, duo che vede insieme Graham Coxon dei Blur e Rose Elinor Dougall. Il disco, omonimo (Transgressive/Pias/Self), è una miscela di idee che possono ricordare Bowie, quanto umori folk, il tutto condito da una sana vena pop, alternative, si intende! (Roberto Peciola)
BLUES
L’inverno
sta finendo
Blues invernali ci attendono. Il primo è un ritorno di quelli che fanno bene sia a chi ascolta che a chi suona: Marco Pandolfi con Bloossession Vol. 9 (Bloos Records). Il lavoro incluso nella omonima sessione della label italiana, vede il bluesman in versione pressoché solista, ad eccezione di un paio di passaggi dove è presente Simone Scifoni a washboard e piano. Il mood è rilassato e empatico: lo si evince da brani morbidi come Tales, He Was a Friend of Mine e Early in the Morning. Il groove e l’ardore sono garantiti dalla giocosa Pandolfi Jump e dalla vecchia hit Too Many Ways. Passaggio successivo con Tas Cru che presenta Riffin’ the Blue (Subcat Records), dove pone in undici brani il suo blues tinteggiato delle atmosfere di Memphis. Allegria e leggerezza per la seduta di registrazione, i cui apici sono ascrivibili alla title-track e a Memphis Gone dove brilla Mike Zito alla chitarra, oltre alla ritmica Heal My Misery. Una bella sorpresa il franco-canadese Al Drapeau, che in Ma vieille wagon (Autoprodotto) rivela talento. Scabro, melodico e divertente, apprezzatelo in Mononc Yvan e B.B.Q. (Gianluca Diana)
JAZZ
Happening
d’avanguardia
Sono ormai rari gli esponenti in attività del jazz d’avanguardia che, negli anni Sessanta, accende sia l’orgoglio afroamericano sia la contestazione europea. Di quella rossa stagione, grazie all’etichetta francese Rogueart ecco tre esempi recentissimi: due membri originali, Roscoe Mitchell e Famoudou Don Moye continuano a perpetuare l’opera dell’Art Ensemble of Chicago, ora con il doppio live The Sixth Decade from Paris to Paris, circondati oggi da ben 18 musicisti da tutto il mondo (tra cui l’italiana Silvia Bolognesi) a proporre gli ormai consueti happening sonori dove l’estremismo acustico s’accosta al recupero delle tradizioni black. Dall’Inghilterra il chitarrista Fred Frith in Laying Demons to Rest duetta con la portoghese Susana Santos Silva alla tromba, all’insegna di una free nusic intensa ed emozionale, al di là della difficoltà fruitiva. Myra Melford in For the Love of Fire and Water recupera infine il femminismo jazzistico radicale con una band di sole donne, con Mary Halvorson, Ingrid Laubbrock, Tomeka Reid, Susie Ibarra. (Guido Michelone)
LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico
CLASSICA
Milano
per loro
AA. VV.
MOZART IN MILAN (Out Here Music)
***** Nella seconda metà del XVIII secolo, Milano è il centro internazionale della musica sacra: oltre W.A. Mozart, autore di una splendida Exultate jubilate KV 165, vi soggiorna e vi lavora uno dei figli di Bach, Johann Christian, presente in quest’antologia con due composizioni, Dixit Dominus e Magnificat; non vanno nemmeno dimenticati gli artisti locali, dal celebrato Giovanni Andrea Fioroni (O sacrum convivium) al misterioso Giovanni Chiesa (Caelo tonanti): raffinate le interpretazioni con Robin Johannsen (soprano), Carlo Vistosi (contralto), Coro e Orchestra Ghisleri diretti da Giulio Prandi. (guido michelone)
FOLK ROCK
Un regalo
di compleanno
ERIC ANDERSEN
FOOLISH LIKE THE FLOWERS (Appaloosa)
**** Non ha mai avuto che le briciole di notorietà di un Dylan o di un Cohen, Erci Andersen: eppure la sua voce e la sua chitarra, a vestire canzoni di grande, a volte straordinario spessore sono attive discograficamente dal 1965. Mezzo secolo scandito anche da capolavori come Blue River, del ‘72. Per festeggiare i suoi ottant’anni Andersen si regala un intenso live italiano a Pavia: c’è anche Scarlet Rivera, la violinista del Desire dylaniano, e Paolo Ercoli al dobro. Un regalo di compleanno soprattutto per noi. (guido festinese)
PROG ROCK/2
Il primo tour
è per sempre
EMERSON LAKE & PALMER
LIVE IN ZÜRICH 1970 (London Calling)
**** Dicembre 1970: Emerson Lake & Palmer si apprestano a concludere il primo tour di un percorso che durerà molti decenni, tra colpi di genio, grandeur esibita e narcisistica, autentica perizia strumentale. Qui il Supertrio è colto a Zurigo il 4 dicembre, a supporto del primo disco, e dopo aver conquistato l’allibito pubblico dell’Isola di Wight e tedesco. Gli appassionati di rarità ci troveranno, oltre che l’energia dirompente degli esordi, la rara Dog Named Lou e un Blues Medley che da soli valgono la ricerca. (guido festinese)
SPERIMENTALE
Ipnosi
profonda
REFREE
EL ESPACIO ENTRE (Tak:til/Glitterbeat)
**** Autore e produttore al servizio di tanti, tra cui Rosalia e Lee Ranaldo, con talento da vendere. Che centellina e distribuisce nelle sue opere. In questo secondo disco trovate madrigali destrutturati e ricomposti, innesti pianistici aggressivi e languidi, visionari passaggi post rock. Undici canzoni, anche di breve durata, che contribuiscono a creare un ascolto inconsueto. Il lavoro fornisce un’ipnosi profonda e immersiva. Anche quando sembra arrivare la luce malinconica di La radio en la cocina. Per il resto, perdetevi nella semi oscurità di Las migraciones nocturnas e Lamentos de un rescate. (gianluca diana)
ALT ROCK
Uno stile
da modellare
SHAME
FOOD FOR WORMS (Dead Oceans/Goodfellas)
**** Terzo album per la band britannica, esponente di quella scena anglosassone che ha riportato in primo piano sonorità punk e post punk. Ma se, come già scritto, quello è stato il grimaldello per attirare l’attenzione, è anche vero che quei suoni hanno cominciato a stare stretti alle varie band, e gli Shame non fanno eccezione. Gli Eighties non sono scomparsi ma se già nel precedente Drunk Tank Pink avevano dimostrato di poter evolvere e affrancarsi dallo stereotipo, con Food for Worms confermano di essere in grado di modellare il loro stile su più fronti. E la produzione di Flood ha fatto il resto. (roberto peciola)
ERNESTO BASSIGNANO
SIAMO IL NOSTRO TEMPO (L’orto)
**** Rieccolo, il vecchio ragazzo del Folkstudio, quello che s’inventava un nuovo modo di far canzone con De Gregori, Lo Cascio, Venditti. Poi sono arrivati gli anni della militanza, tre decenni di grande radio e ogni tanto, dosato come un antidoto contro il veleno che si mangiava il sogno di un mondo più giusto, un disco. Il più bello di tutti arriva ora, agrodolce e potente, per un «popolo al balcone che s’è giocato l’anima e il cuore», per una vita «senza zucchero né sale». Ascoltatelo: serve. (guido festinese)
THE BRIAN JONESTOWN MASSACRE
THE FUTURE IS YOUR PAST (A Recordings)
*** La domanda è se Anton Newcombe, deus ex machina del progetto ormai ultratrentennale, abbia ancora qualcosa da dire. Certo le recenti esperienze, tra droghe, alcol e depressione, possono averlo messo a dura prova, ma si sa che spesso sono proprio queste «vicissitudini» che danno linfa vitale all’arte. Solo che dopo, appunto, oltre tre decadi è difficile riuscire a cavare nuove idee. E quindi ecco un lavoro che sa troppo di già sentito, psichedelico come da prassi, ma senza scosse. (roberto peciola)
IN SITU ENS.
SAME PLACE (Cubus Records)
*** All’ascolto si ha la sensazione di essere dispersi in una steppa battuta dal vento. Ogni suono e rumore di fondo ha un perché nella narrazione immaginata dal quintetto. Che sa dosare tanto il silenzio che il fragore. L’esito è evocativo. Si viene catapultati nei mondi dell’improvvisazione e dell’elettroacustica, da cui declinano i paesaggi sonori ricercati dal combo. Nel mezzo tra ricerca e attitudine cinematografica, emergono i temi 1, 4 e 5: titoli tanto asciutti quanto esplicativi. (gianluca diana)
AUGUSTO MARTELLI
IL DIO SERPENTE (Ams Records/BTF)
**** All’epoca (1971) il 45 giri con il leitmotiv è in testa alla hit parade, bene anche l’ellepì, ora ristampato in vinile rosso: pur nella semplicità melodica (un tema ripetuto all’infinito, variato in 13 pezzi) la soundtrack impone una svolta alla musica filmica; ascoltato privo di immagini, l’album funziona benissimo, nel sapiente dosaggio di folk, rock, pop, ethno e jazz. (guido michelone)
JOHN WILLIAMS E YO YO MA
A GATHERING OF FRIENDS (Sony Classical)
***** Il violoncellista Yo Yo Ma è da sempre innamorato del mondo del cinema e memorabile è stato il suo omaggio a Ennio Morricone. Non poteva mancare quello ad un altro grande del cinema come John Williams. In questo cd egli esegue il Concerto per cello e orchestra e una serie di temi dai film di Spielberg e non solo. Imperdibile. (marco ranaldi)
YO LA TENGO
THIS STUPID WORLD (Matador/Self)
*** Siamo qui, in un mondo che crede ancora nelle catarsi soniche, nei tempi dilatati, nelle progressioni armoniche aperte, nelle voci sovrapposte, nei riverberi sovrabbondanti. «Voglio uscire dal tempo… Prima che diventi troppo rumoroso, prima che mi stenda» canta Ira Kaplan in Fallout, e in questo desiderio forse c’entra l’epica sanitario-esistenziale dei tre anni che ci separano dal precedente We Have Amnesia Sometimes. Lì amnesia, qui il tempo lieve, lanciato alla velocità del pensiero di nostalgia che aleggia sui brani articolaie su una mistica psichedelica che continua a piacerci. (simona frasca)
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