INDIE ITALIA
Approcci
comuni

Quando si fanno le cose con passione e amore, i risultati arrivano. Basta ascoltare questi due dischi, diversissimi tra loro ma accomunati dallo stesso approccio. La passione di Zanghi per il jazz, in Notes from My Garden (Records DK), gli fa scegliere collaboratori che danno un quid in più a come Zanghi aveva pensato questo piccolo gioiellino a metà strada tra il jazz e la forma canzone, tra la coolness di un fumoso «cotton club» della provincia italiana e le melodie da crooner o da chanteur d’altri tempi. Amore invece è la prima parola che viene in mente ascoltando Raccolgo la notte di Fattore Rurale (Bastione Record/ Pa74 Music). Già, perché Marco Costa, il cantante, interpreta e mette un pathos incredibile in ogni singola parola. La parola non è più testo. È il fremito dell’anima di un uomo che ha perso la sua donna. È il rantolo della disperazione, il ringhio di rabbia. È un ribollire di emozioni che punteggiano questo bellissimo disco. Accanto a lui una band perfetta, con tanto di banjo e violini e chitarre che sottolineano le onde imperiose delle emozioni, tra folk, country, blues e rock. (Viola De Soto)

JAZZ ITALIA
Una grinta
speciale

Gli anni del Covid e del lockdown hanno picchiato duro sulla musica di valore, lo sappiamo. Hanno inciso sui rapporti, spesso sulla salute personale e sul modo di relazionarsi con gli altri. Qualcuno, come l’organista senese Matteo Addabbo, ha saputo tirarsi fuori da tutto questo credendo nella propria musica. Proposta ora assieme al suo Organ Trio (con ospiti) nel vitale L’asino che vola (Dodicilune, come le altre uscite che segnaliamo). Hard bop ben pensato e ben suonato, con quella grinta in più che fa speciali certi dischi. Dal Sud arrivano invece il batterista Francesco Cusa e Giorgia Santoro, che suona tutti i tipi di flauto, anche etnici: assieme nello splendido The Black Shoes, che sembra attingere profondità telluriche e altezze ireniche, siderali, nel serrato, a volte stupito incontro tra i due. La cantautrice «di confine» Elga Paoli è la protagonista, con il suo contralto venato di deliziose punte amare, di Una vita fatta mano: nove suoi brani in italiano e inglese, testi importanti e spessi, ospiti come Fabrizio Bosso (tromba) Giovanna Famulari (cello), Vince Abbracciante (fisarmonica). (Guido Festinese)

TRIBUTI
Quasi
un genere

Divenuto frequente, quasi un genere, l’omaggio di un jazzista al repertorio di un altro collega, negli ultimi vent’anni, può avvenire con modalità diverse, da semplice pretesto a fruttuoso approfondimento. Nel caso di Plays Monk & Ellington (Cellar 20) di Spike Wilner i nove brani dei due immensi pianisti/compositori risultano lo spunto, al pari di qualsiasi standard, per esaltare l’interplay di un classico «piano jazz trio» alla Bill Evans, fin quasi al mascheramento dei temi originali. Al contrario Steve Lacy’s Book of Practitioners (FIP Recordings) di Josh Sinton è un lavoro di scavo interiore, dove il sax baritono, in completa solitudine, riprende i solo del sopranista free, onde ragionare sul senso dell’improvvisazione. Singolare infine Il favoloso mondo di Wayne lo strambo di Roberto Bottalico con Alter & Go Project che è la colonna sonora di un esperimento didattico, ovviamente basato sulla figura di Shorter (sax tenore e soprano), ripensato un po’ in una sorta di fiaba illustrata. (Guido Michelone)

WORLD MUSIC
Le infinite storie
del Global South

Global South, quante storie da raccontare. Egregio è l’esordio del Mohamad Zatari Trio con Istehlal (Zehra). La formazione è composta dall’iraniana Sara Eslami, suonatrice del cordofono tar, dal tablista indo-romeno Avadhut Kasinadhuni e dal leader all’oud. Quest’ultimo, originario della martoriata Aleppo, è da tempo residente a Bucarest, epicentro delle attività del combo che si muove con maestria tra tracce autografe e classici della tradizione orientale. L’esperienza paga, come comprova il nuovo degli Indaco che ritornano con Due mondi (Alfa Music), album che include undici brani dove si naviga tra Mediterraneo, Medio Oriente e Balcani. La formazione vede rientri eccellenti (A. Vacca, E. Gragnaniello) e nuovi ingressi, ma oltre ciò, si evidenzia bellezza e consapevolezza del mezzo lungo tutto il lavoro. Suonate la title-track, Cielo di burro e Sente e tace. Da Agadez, Niger, arriva Moussa Tchingou con l’extended play Tamiditine (Autoprodotto), contenente quattro tracce di desert blues di zona, a cui aggiunge un tocco personale: per voi Derhan e Tarha. (Gianluca Diana)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

JAZZ
Estetica
post free

PEPPER ADAMS
LIVE AT ROOM AT THE TOP (Reel to Real)


**** Artista sottovalutato, ma da ritenersi il maggior sax baritono, dopo Gerry Mulligan, nella storia del jazz, il focoso hard bopper rivive in questo doppio cd, tratto dal concerto dell’Unione studentesca all’Università di Alberta (25 settembre 1972) in compagnia del Tommy Banks Trio: sei lunghe improvvisazioni su noti standard sia «antichi» (Stella By Starlight) sia moderni (Oleo) caratterizzano l’epoca di rinascita del jazz all’insegna estetica del dopo free, del virtuosismo espressivo e dell’impegno sociopolitico (i diciotto furiosi minuti del brano Civilization and its Discontents). (guido michelone)

FUNK ROCK
Psichedelia
anatolica

ALTIN GÜN
ASK (Glitterbeat)


*** La lingua disegna il sound di questa band dal suono corposo, spiccatamente orientale, mai grezzo. Psichedelico e gentile al tempo stesso, il sestetto olandese di origine turca, che nell’organico annovera la presenza del tradizionale bağlama, è una delle formazioni di riferimento dell’Anatolian funk rock. Quinto album, dieci tracce che rivisitano il linguaggio folk secondo la loro cifra percussivo-psichedelica con intriganti incursioni nella disco elettronica. Il singolo Rakıya Su Katamam è una traduzione in musica di un brano del teologo e scrittore turco Mustafa Öztürk. (simona frasca)

JAZZ ITALIA/2
Sodalizio
ventennale

DEL PIANO/OLIVIERI/MAZZA/ MARINI
DOUBLE 3 (Caligola Records)


**** Bella sorpresa ritrovare un gran nome del nostro jazz di ricerca e d’impegno, Roberto Del Piano, che molti ricorderanno in tante avventure sonore radicate negli anni Settanta con significative propaggini anche nel decennio infausto del riflusso. Il senso del titolo è che il ventennale sodalizio tra l’affilato sax contralto di Cristina Mazza e il baritono danzante (oltre a flauto e piano) di Bruno Marini si alternano nel dar manforte e «costruire» triangoli sonori col supporto del batterista Olivieri al basso mobile, intelligente e ubiquo di Del Piano. Intelligenza sonora. (guido festinese)

SPERIMENTALE
Identità
multiforme

GAHLMM
BREAK A LEG (Geiger Grammofon)


***** Il quintetto svedese ha una identità multiforme che amplifica e combinazioni sonore che si possono raggiungere. Come nella miglior filiera creativa delle produzioni animate giapponesi, si assiste e ascolta una continua messa in atto di nuove forme. Il combo si trasforma in base ai musicisti impegnati, facendo mutare anche la narrazione sonica: sperimentazione e glitch, noise e improvvisazione, per sciogliersi in forme classiche stranamente libere. Strapazzano l’anima Measurings: Part 1 e Measurings: Part 3, mentre Luminescent Seas dona apparente quiete poi liquefatta nella dirompente ed estatica unRaveled. (gianluca diana)

NEO PROG
Canoni
consolidati

KLONE
MEANWHILE (Kscope/Audioglobe)


**** La Kscope è una realtà ultra consolidata per gli amanti delle sonorità che si rifanno al progressive rock, fin dai tempi in cui nel roster dell’etichetta campeggiava il nome di Steven Wilson, vero paladino del neoprog. Una delle ultime uscite per la label è questo Meanwhile dei francesi Klone, e, va detto, ci troviamo di fronte a un gran bel lavoro, che ha tutti i canoni del genere, a partire dal cantato. Bei suoni (in classico stile, si intende, con quei richiami al metal che non disturbano, anzi) e, cosa che fa la differenza con molti altri album «simili», ottime composizioni. Bene così! (roberto peciola)

AA. VV.
STRANGER THINGS 4 OST (Netflix/Sony)
**** Quarto episodio della serie Stranger Things che tanto ha appassionato gli abbonati Netflix. È un disco pieno di stimoli grazie al lavoro svolto da Kyle Dixon e da Michael Stein, i due compositori accreditati della serie, ma anche per i brani di Talking Heads, Kate Bush, James Taylor, Metallica. Oltre ad alcune tracce prettamente sinfofuturibili. Eccezionale. (marco ranaldi)

ROBERTA BARABINO
INEMURI (Autoproduzione)
**** I dischi di cover sono ben più che viaggi autistici: svelano universi tangenziali e insospettati di un artista, mettono in movimento sinapsi remote che cercano e trovano collegamenti, recuperano pepite oniriche dove il filone sembrava esaurito. Roberta Barabino, cantautrice di pura scuola ligure qui, oltre a cofirmare un brano con Bob Quadrelli dei Sensaciou canta con grazia gli Od Fulmine, Bobo Rondelli, Ivan Della Mea, Syd Barrett, Bob Marley… (guido festinese)

DARIO CECCHINI
ECHOES (Caligola)
**** Le piste battute da Dimitri Grechi Espinoza con le sue esplorazioni in solitaria di spazi fisici dalle risonanze ed echi molteplici naturali trovano bella sponda in questo disco di Dario Cecchini, leader dei Funk Off, che la stessa manovra estrema l’ha praticata il 26 marzo 2022 nella Pieve di San Giovanni Battista a Vicchio, nel fiorentino. Il sax baritono dalla voce possente e rugosa trova mille rimbalzi per la colonna d’aria sbalzata fuori dalla campana, un flusso di coscienza che sonda brani di composizione e improvvisazione. Fascino arcano. (guido festinese)

TOMAS HALLONSTEN
MONOLOG (Thanatosis Produktion)
*** Una vita spesa in ambiti jazz e impro, a cui si aggiunge l’esigenza di altro. Con l’organo Hammond nel cuore e tra le dita, il polistrumentista svedese ha rotto gli indugi scrivendo un disco di synth pop, leggero e garrulo. Melodie facili si rincorrono ma si ravvisa uno spessore compositivo non indifferente, come sottolineano alcuni passaggi pianistici. Segnaliamo In Clouds, Pt. II, Düsseldorf-Douala e Vals Antifon. (gianluca diana)

NINA NESBITT
ÄLSKAR (NN Music)
*** La cantautrice scozzese, al terzo disco, conferma la proverbiale vena artistica che si basa su una voce al contempo sottile e penetrante e musicalmente attraverso un sapiente dosaggio di indie rock, electro pop, classic song, neo folk, in 12 brani dai testi perlopiù autobiografici, con acute riflessioni su come una giovane musicista si debba districare nel cosiddetto music business. (guido michelone)

THE ROUTES
LEAD-LINED CLOUDS (Soudflat/Otitis Media)
*** Il duo inglese (con base in Giappone e che a volte diventa trio con l’aiuto di un bassista nipponico) torna dopo l’album dedicato ai Kraftwerk e una serie di lavori strumentali, con un disco che li rimette sulla strada del più classico garage punk’n’roll, semmai se ne fossero discostati… L’album propone dieci brani che riprendono cliché Sixties non disdegnando però una sguardo verso i tardi Seventies, vedi alla voce The Stranglers. (roberto peciola)