FOLK
La forza
della memoria

Peyman Tadayon è un artista toccato dal fuoco sacro della creatività: si divide tra pittura e musica, con risultati notevoli in entrambi i campi. In Non siamo sufi (Squilibri) le sue opere potete trovarle nel ricco libretto che accompagna il cd, la musica è la superba trasposizione in note delle poesie di quattro mistici persiani come Rumi, Omar Khayyamm, Hafez e Saadi, in farsi, anche tradotte, eseguite con tocco leggero e intenso su oud, ney, saz, santur, daf, kamanchen e viola da gamba. Affascinante. Il liuto arabo oud torna, tra le mani di Peppe Frana, per il singolare progetto Jinn (Felmay) in duo con Alberto N.A. Turra alle chitarre, spesso attivo in contesti proriamente jazzistci. Brani dal repertorio turco e armeno tradizionale, e di composizione. La forza assertiva dei versi (a anche la voce) di Erri De Luca a completare le magnifiche e poetiche storie folk del gran narratore in musica Simone Saccucci in Dejj’arbole/Canti e storie della valle del’Aniene (Squilibri): la forza della memoria, del ricordo, del senso ritrovato nelle cose, nei luoghi, nelle persone. (Guido Festinese)

PSYCH ROCK
Se lo stupore
continua

I King Gizzard & The Lizard Wizard non smettono di pubblicare album. Solo a ottobre i titoli nuovi sono stati ben tre, oltre al già recensito Ice, Death, Planets, Lungs, Mushrooms and Lava si sono aggiunti prima Laminated Denim e poi Changes (VMLAS/Universal). A questi due ha fatto seguito un terzo lavoro, realizzato lo scorso marzo per alcuni live e ora disponibile anche sulle varie piattaforme web, Made in Timeland (KGLW/Ato). Non sfuggirà come Laminated Denim sia l’anagramma di Made in Timeland, e l’album è infatti considerato dalla band come il suo «successore spirituale». Entrambi consistono di due soli brani lunghi esattamente 15 minuti l’uno e divergono tra loro per una base psych rock il più recente e maggiormente virata verso sonorità elettroniche il più datato. A questi fa da contraltare Changes. Concepito già nel 2017, il disco avrebbe dovuto essere un’unica traccia, quella Change che apre il lavoro, ma poi ha preso un’altra piega. Sette tracce che guardano al pop Sixties per toccare sponde r’n’b. Più passa il tempo e più i KG continuano a stupire. (Roberto Peciola)

JAZZ
Sorprese
«made in France»

La Francia è ancora la terra in grado di riservare novità, sorprese, eccellenze in fatto di cultura jazzistica a partire da dischi e musicisti come il David Chevallier di Curiosity (Yolk Music): il leader in quartetto alla pari (anche in copertina) con Laurent Bondiau (tromba), Sébastien Boiseau (contrabbasso), Christophe Lavergne (batteria) improvvisa, in nove propri original, un sound cameristico debitore dell’Ecm Style, ma capace di manifestare una forte autonomia espressiva. Più sperimentale il Sylvain Kassap Sextet di Octobres (Rogue Art) dove la front line (clarinetto, tromba, trombone) dialoga con una potente sezione ritmica, approdando a sonorità complesse ricche anche di riferimenti dotti. Infine, sorprende più che positivamente il Quentin Dujardin 4tet di 2020 Live (Agua Music), giacché la versione dal vivo del disco precedente (stesso titolo) a contatto con il pubblico del dopo lockdown suona ancora più decisa nello splendido mélange fra swing gitan, musette, world music, fusion, contemporanea. (Guido Michelone)

AMBIENT
La fabbrica
dei sogni

Costruire sogni: tre dischi che si impegnano in un tentativo tanto nobile quanto arduo. Christine Abdnelnour & Andy Moor sciolgono in Unprotected Sleep (Unsounds Records) la loro bramosia creativa che tenta di descrivere, dandogli forme e profondità, il momento di sonnolenza che precede l’addormentamento meglio noto come stato ipnagogico. L’idea di narrrare come e quanto la mente sia fluida in quegli istanti è brillante e la riuscita pure, come si appezza in Defending the Question Marks, Cool, Cruel and Everything in Between e Building on Top of Ourselves. La trombettista portoghese Susana Santos Silva di stanza in Svezia, sublima la sua curiosità per improvvisazione e ricerca in All the Birds and a Telephone Ringing (Thanatosis Produktion). Un lavoro visivo e trasognato, quasi lisergico. Per voi As One Comes to the World. Anche Robert Rich & Luca Formentini esprimono qualità con il volo melodico e cheto di For Sundays WhenIt Rains (Soundscape Production): una sensazione di benessere arriva con Passacaglia e Rune. (Gianluca Diana)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

RISTAMPE
Gli ultimi
fuochi

ASIA MINOR
CROSSING THE LINE (Ams)


**** Gli Asia Minor entrano negli studi Maia di Parigi allo scorcio del 1978. La stagione del prog rock «storico» vive i suoi ultimi grandi fuochi, non per loro, esiliati dalla Turchia, con le idee chiarissime su come mettere assieme l’affascinante, ultracentenario strato di cultura modale della loro terra e la complessità dell’art rock, lunghi brani pieni di svolte improvvise. Nel ’79 esce il loro primo disco, un piccolo capo d’opera, che ora risplende in un’edizione rimasterizzata che ne valorizza appieno le dolcezze flautistiche, le impennate furenti, le fughe trascinanti. (guido festinese)

ALT ROCK
Magia
sudcoreana

JAMBINAI
APPARITION (Bella Union/Pias/Self)


***** La band sudcoreana è entrata ufficialmente nei nostri cuori. Dopo due album di grandissimo impatto come A Hermitage e Onda, tornano ora con un ep composto da sole quattro tracce ma che ben ne delineano gli umori e le urgenze artistiche. I cinque ragazzi combinano con inusitata creatività sapori folk della loro terra – dati da strumenti tradizionali – e sonorità occidentali che pescano principalmente dal post rock per raggiungere i confini del prog rock e addirittura del noise e dell’hardcore. Pura magia. (roberto peciola)

BLUES
Un concentrato
di esperienze

LIGHTNIN MALCOLM
EYE OF THE STORM (Whiskey Bayou Records)


**** Torna il bluesman delle Hills. Con le idee chiare e molto da raccontare. Questo nuovo disco che esce per la label di Tab Benoit, che troviamo come cameo player nella non ordinaria veste di batterista in ben tre brani, è un concentrato della lunga esperienza dell’autore. Groove delle vecchia scuola collinare in Lord Above e Modern Reminder. Sempre soddisfacente anche sui tempi medi come si apprezza con Louisiana Breeze e Crawlin’ Baby, mentre sana allegria da sabato notte brilla in Too Many Nights. Tocca il cuore con lo strumentale Jungle, vertice espressivo dell’album. (gianluca diana)

RACCOLTE
Ritorno
a Liverpool

MINA
THE BEATLES SONGBOOK (Pdu/Warner)


***** Rallentata la produzione di nuovi materiali, da Lugano ci si concentra sul catalogo. Quest’anno tocca ai Fab Four, amatissimi da Mina ai quali già nel 1993 aveva dedicato una monografia. Una cavalcata nel tempo con un lavoro certosino di rimasterizzazione dai nastri originali che regala suoni nitidi, strumentazioni aggiunte mettendo in risalto ancor più la voce della «tigre»: su tutte Michelle (1976) e She’s Leaving Home (1980) con armonizzazioni da incanto. Due gli inediti, And I Love Her e With a Little Help from My Friends, ripescata da un’incisione del 1971 con il maestro Mario Robbiani. (stefano crippa)

JAZZ/2
La chitarra
ritrovata

NICOLA PUGLIELLI
GUITAR SOLO (Terre Sommerse)


**** Una chitarra abbandonata nel romano Parco della Caffarella ma nelle mani, sapienti e ispirate, del 60enne strumentista, compositore e didatta si anima, moltiplicandosi. Da tempo Puglielli si cimenta con la chitarra sola in una dimensione acustica, forte dei suoi studi classici (si ascolti la versione di Django) e della lezione di Joe Pass. Altro elemento di sicuro interesse è l’ampiezza del repertorio: composizioni proprie che sono sempre originali e stilisticamente multiple (il bel blues Lost in Caffarella o il complesso In the Middle), brani folk, rock, jazz, MPB, operistici. Il trionfo delle sei corde. (luigi onori)

ROBERTO DEL PIANO
DOUBLE 3 (Caligola Records)
*** Primo disco a proprio nome per il 72enne bassista o che vanta una carriera di mezzo secolo nell’Idea Trio di Gaetano Liguori e in altre formazioni avanguardiste; e sempre alla sperimentazione non rinuncia, formando qui due trii (il Double 3 del titolo) con il fido Alberto Olivieri e alternativamente Cristina Mazza e Bruno Marini. Un free jazz spartano rivisitato attraverso uno sguardo sull’attualità e un sentito tributo al nume tutelare Ornette Coleman. (guido michelone)

MUSICA NUDA
GIROTONDO DE ANDRÉ (Fonè)
**** Una produzione da audiofili in SuperAudioCd per il rischioso azzardo tentato (e riuscito) da Musica Nuda, dunque Petra Magoni con la sua voce piena e teatrale e il basso a sostegno (e spesso lanciato in solo) gonfio di armonici di Ferruccio Spinetti. Perché azzardo? Perché Faber lo hanno cantato tutti, e scovare ancora qualche «goccia di splendore» non è impresa facile. Qui succede ad ogni brano. (guido festinese)

POROROCA
POROROCA (42 Records)
*** Che la Sardegna sia terra munifica per il jazz è dato di fatto. Nuovi talenti si affacciano a ogni stagione. Ora i Pororoca, trio con la batteria di Alessandro Cau, il basso di Tancredi Emmi, il trombone di Federico Fenu, musicisti con belle esperienze per un ensemble timbricamente poco consueto. Jazz sinuoso, sensuale, in genere su tempi medi molto comunicativi e intessuti di morbido funk. Ospite la vocalist Adele Altro. (guido festinese)

JUSSI REIJONEN
THREE SECONDS/KOLME TOISTA (Challenge Records)
*** La produzione congiunta Helsinki/Boston dà ottimi risultati per il polistrumentista finlandese alla testa di un gruppo multietnico, un nonet anomalo con fiati e archi, in grado però di assecondare al meglio uno stile personale tra fusion e world music, giacché il leader, oltre chitarra elettrica e classica, suona pure l’oud mediorientale. Nei cinque lunghi brani, anche grazie alla tromba di Jason Palmer, il disco non rinuncia alle prerogative jazzistiche, lavorando molto sugli assolo. (guido michelone)

SIMON SHAHEEN
THE MUSIC OF MOHAMED ABDEL WAHAB (Zehra)
**** Di questa gemma se ne occupò Bill Laswell con la label Axiom a lui collegata. Parliamo di una ristampa del 1990, poco prima della morte del leggendario Wahab. Se per caso non lo conoscete, sappiate che è stato attore e musicista raffinatissimo che ha cambiato per sempre la cultura musicale egiziana. In queste sei tracce a guidare l’orchestra che celebrò con gran classe la sua opera, troviamo un’altra icona, quel Simon Shaheen palestino- statunitense compositore di valore e maestro dell’oud. (gianluca diana)

THE SMASHING PUMPKINS
ATUM-ACT 1 (Martha’s Music)
** Le cronache che ci dicono di un primo atto di una trilogia che dovrebbe ricalcare quella meravigliosa iniziata con Mellon Collie… La cosa si fa interessante, e l’incipit con la title-track, strumentale che ricalca umori prog Seventies, ci fa ben sperare. Poi però i nodi vengono al pettine. Dimenticatevi definitivamente il passato, gli Smashing Pumpkins ormai sono un’altra cosa, una band synth pop (!?) con solo qualche timido sprazzo e ricordo del tempo che fu. Brani di una pochezza sconfortante, che quasi ci viene da piangere. (roberto peciola)