JAZZ
La rarefazione
del silenzio

Nuove uscite Intakt. Katharina Weber è un talento smisurato, che trova spazio invece nella misura e nella rarefazione dei silenzi, importanti quanto i suoni dai tasti del pianoforte. Quel talento Weber l’ha costruito con un percorso di studi complesso: da Yehudi Menuhin e György Kurtág (qui due brani sono suoi) da Globokar a Fred Frith e Barre Phillips. In Márta’s Garden per piano solo (il secondo in dodici anni) offre brani che assomigliano a poesie Haiku giapponesi: stupore, tensione, la meraviglia finale d’aver trovato l’epitome, l’essenza assoluta dell’espressione. Om, strepitoso quartetto con mezzo secolo di attività nei territori più liberi della musica celebra la carriera con 50: dall’iniziale P-M-F/B che sembra un frammento ritmico iterativo ritrovato di kraut rock anni Settanta alle più azzardate aperture impro, un trionfo di intelligenza creativa in azione. Un dirompente doppio live, MSM Molecular Systematic Music-Live, dal James Brandon Lewis Quartet, con Aruán Ortiz al piano, Brad Jones al basso, Chad Taylor alla batteria. Il futuro del sax tenore è in buone mani, con Brandon Lewis, in equilibrio tra memoria e futuro. (Guido Festinese)

INDIE ITALIA
Cambi
in corsa

Due cambi in corsa per i purtroppo «soliti ignoti» della scena indie alt. Cambia tutto Lacero con C’era solo da aspettare (Codalunga). Via chitarre elettriche e batteria. Largo a formula scarna voce e chitarra. Un disco in solitario dalle tinte malinconiche ma a tratti estatico (nei passaggi più grintosi dove ci fa pensare a una versione unplugged del rumoroso shoegazing inglese), in cui Lacero dimostra di potersi meritare uno spazio sotto il file «cantautorato». Cambiano nome Abissi (ex Vera Crash) e pure il modo di cantare (in italiano anziché inglese). Oltre (autoproduzione) già dal titolo annuncia questo voler andare oltre al percorso Vera Crash. E l’inizio di Abissi è molto convincente. Il punto di partenza è lo stoner rock, ma anche il doom, il metal. Tutto però viene impreziosito da una voce dream perfetta, che shakera le coordinate musicali precedenti, spingendo la band verso territori spesso pischedelici. Psichedelia abissale verrebbe da chiamare questo crogiolo di suoni dove anche quando i riff si fanno pesantissimi, c’è sempre un’aura mistica. Oltre la palude dell’indie politically correct. (Viola De Soto)

JAZZ/2
Chitarre, tre
è meglio di una

Il guitar jazz trio assume, nella musica odierna, differenti sfaccettature, ormai lontanissime dalle proposte alla Wes Montgomery o alla Grant Green. Ad esempio Eastside Romp (Rogue Art) è un album paritetico fra Jeff Parker (chitarra), Eric Revis (contrabbasso) e Nasheet Waits (batteria), dove l’ottimo interplay viene indirizzato a un sound composito e variabile in grado di spaziare dal postbop all’avanguardia, in sette brani perlopiù originali. Anche Pathways (ABG Records) è confermato dai tre Gordon Grdina (chitarra e oud), Mark Elias (contrabbasso), Matthew Shipp (piano), ossia il meglio della sperimentazione del XXI secolo: e infatti i nove pezzi sono tutti giocati sul delicato equilibrio di una radicalizzazione quasi cameristica. Grdina torna, in parallelo, con il suo Nomad Trio in Boiling Point (Astral Spirit) a proporre suoni altrettanto estremi, usando ancora il pianoforte (Matt Mitchell), ma inserendo il contributo ritmico (Jim Black) all’insegna di una band tanto ardita quanto vivace e creativa, nelle perfette geometrie improvvisative. (Guido Michelone)

BLUES
Orizzonti
autunnali

Cambio di stagione in arrivo, nuovi blues all’orizzonte. Si merita un sincero applauso il buon Jhett Black, giovane polistrumentista che arriva dal New Mexico. Roots (Autoprodotto) è una gran sorpresa in ognuno degli otto brani che compongono il disco, che contiene anche tre registrazioni dal vivo. Si muove con sincerità nei territori del downhome blues, grazie a una voce niente male e a una padronanza della sei corde notevole. Emergono Train Comin’ Round the Band, Smoke in Heaven e la ritmica Pecos Kid, dove si mette in luce l’armonicista Callie Sioux Schiavone. Impegno e ardore, per un risultato abbastanza soddisfacente a firma di Robert Hill & Joanne Lediger, coppia in arte e in amore: Revelation (Autoprodotto) è un lungo vagabondare di matrice blues rock attraverso brani di altri. Lo fanno con mestiere e abilità, ma certo non vi è innovazione. Rimangono in testa Run On e Jesus on the Mainline assieme alla figlia Paulina. Due brani compongono l’ep acustico Em Tüfel Es Ohr Ab (Autoprodotto) del bravo svizzero Fai Baba, merita un ascolto. (Gianluca Diana)

LEGENDA

* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

PUNK
Una rabbia
complessa

THE BOBBY LEES
BELLEVUE (Ipecac)


**** Sono in piedi dal 2018 e se Jon Spencer si è prodigato nel produrne le prime due uscite, deve esserci stato più di un motivo. I quattro san fare il loro mestiere e lo si evince anche in questo disco. Suonano punk, di epoche diverse potremmo aggiungere, in modo sincero. Spuntano a destra e a manca memorie di cose già fatte, ma i quattro che arrivano da Woodstock, New York, sono bravi. Oltre a sferzate rabbiose come Death Train e Ma Likes to Drink, si affacciano passaggi con una diversa complessità come Strange Days e Little Table. Onesti, tosti ed energici. (gianluca diana)

RISTAMPE
Se il labirinto
è esplosivo

HAWKWIND
CODED LANGUAGES/LIVE AT HAMMERSMITH LONDON 1982 (Atomhenge)


**** La discografia degli Hawkwind sta diventando imponente e labirintica come quella dei King Crimson o dei Grateful Dead: mettere ordine tra incisioni di studio e prove dal palco richiede sforzi notevoli. Questa ristampa, ad esempio, altro non è che il doppio noto come Collector Series Vol. 2: Live 1982, Chooose Your Masques, con tre membri originali. A fare la differenza, per un concerto davvero esplosivo, è il restauro sonoro operato sui nastri originali: ora perfettamente bilanciati, e con una timbrica dettagliata stupefacente. (guido festinese)

DANCE POP
Interpretazioni
errate

LIZETTE LIZETTE
MISS GENDERED (Icons Creating Evil Art)


*** Lizette Lizette condivide il palco nelle sue performance con ballerini, attori e proiezioni tridimensionali. Nel nuovo disco – il terzo – il pop convive con schegge di musica elettronica e retaggi della vecchia scuola disco tedesca degli anni Settanta. «Anche se ho puntato molto sull’essere queer – spiega Lizette – e non binario attraverso la mia musica e arte, i media, i giornalisti e gli individui continuano a interpretarmi in modo errato. Le persone hanno difficoltà ad ammettere che non sono binario e che il mio pronome è “loro/loro”. Da lì, è nata l’idea di intitolare Miss Gendered il mio nuovo lavoro». (stefano crippa)

PSYCH POP
Uno sguardo
cinematico

UNLOVED
THE PINK ALBUM (Heavenly/Pias/Self)


**** Per il loro terzo lavoro il trio con base a Los Angeles tenta una carta non comune di questi tempi, pubblicando un’opera alquanto impegnativa, un doppio album per un totale di ben 22 brani. Per fortuna, loro e di chi ascolta, il risultato è però più che interessante, con quel mix di pop oscuro dal mood psichedelico, un po’ rétro, con uno sguardo ai Sixties, e una dose cinematica per nulla nascosta. Al disco partecipano anche ospiti di tutto riguardo come Jarvis Cocker, Jon SpenceŕÉtienne Daho e Raven Violet. (roberto peciola)

CLASSICA
L’arte
sconosciuta

ZEFIRA VALOVA
VIOLIN CONCERTOS (A Parte Music)


**** Il nome di Mozart – il cui Rondo K 373 chiude questo strepitoso cd – non compare nemmeno in copertina, giacché lo scopo della brillante violinista bulgara, altresì direttrice dell’ensemble italiano Il Pomo d’Oro, è quello di valorizzare quattro concerti settecenteschi dei misconosciuti Franz Benda, Johann Gottlieb Graun, Joseph Bologne de Saint-Georges, Maddalena Lombardini Sirmen, dove il Violin Concert in D major è addirittura una première discografica. Un lavoro dall’eccellente livello interpretativo e storiografico. (guido michelone)

THE AFGHAN WHIGS
HOW DO YOU BURN? (Bmg)
*** Greg Dulli e i suoi sono tornati, a distanza di cinque anni dal precedente – secondo lavoro post reunion – con un disco registrato a distanza durante il periodo di lockdown. E il risultato è un po’ quello che ci si potrebbe aspettare da un signore che ha saputo regalare grandi pagine di alternative rock tra i Novanta e i primi Duemila, un buon album, quasi di maniera, che non ha più l’urgenza di un tempo, ma che con un po’ di mestiere riesce a dare buone sensazioni. (roberto peciola)

BUILT TO SPILL
WHEN THE WIND FORGETS YOUR NAME (SubPop/Audioglobe)
*** L’inizio, col riffone di chitarra, farebbe pensare a una svolta stoner rock. Poi arriva Fool’s Gold, e le vele dei Built to Spill si gonfiano di pacata psichedelia, quei mid tempo micidiali che hanno costruito un labirinto di piste, in sessant’anni. E se Spiderweb sembra un omaggio ai Rem che furono, altrove potete rintracciare sentori di Beach Boys, Wilco, alt country. La voce fragile e inquietante di Dog Martsch conduce le danze, ritmica brasiliana nuova di zecca da un gruppo jazz rock psichedelico: si sente. (guido festinese)

MICHAEL MCDERMOTT
ST. PAULS BOULEVARD (Appaloosa)
*** Anche se musicalmente possono apparire un po’ enfatici e scontati, nel ribadire una linea rock, intrisa talvolta di soul, country, folk, i dodici brani del cantautore chicagoano, giunto all’ottavo album solista, vanno fruiti soprattutto per il legame con i testi, opportunamente riportati nel libretto, con traduzione italiana a fianco: ed ecco, quasi per incanto, la voce di un’America dolente, emarginata, impoverita moralmente, ancora in attesa di riscatto. (guido michelone)

NO TONGUES
ICI (Carton Records-Pagans-Ormo)
**** Il quartetto di Nantes, Francia, è una di quelle formazioni che rimettono in pace con la musica. Quella bella, che sa emozionare e che riesce a coinvolgere nel profondo. Si muovono tra sperimentazione, ambient, tradizione popolare e stralci di rock alternativo. Il rischio in queste situazioni è di produrre qualcosa dedicato alle élite, che non riesca a parlare a chiunque. Loro vanno esattamente nella direzione contraria. Sanno essere dissonanti e nel medesimo istante di facile fruizione. Disco da ascoltare con il volume bello alto, per sprofondare al meglio nei loro deliri organizzati. (gianluca diana)

ANDREA PAVONI
CANZONI IN VERTICALE (Filibusta Records)
**** Andrea Pavoni è un nome noto nel neoprogressive: molti lo ricorderanno nei Greenwall, una bella esperienza ormai alle spalle. Il presente è fatto di un passato nascosto di canzoni che sono il suo futuro, le «canzoni in verticale» che danno titolo al disco, un piccolo scrigno di testi e musiche lasciate a riposare a lungo, in linea con un’elegante tradizione cantautorale dall’evidente retaggio prog. (guido festinese)

PREOCCUPATIONS
ARRANGEMENTS (Autoprodotto)
*** La band di Calgary, Canada, è al terzo cambio di nome, dopo Women e, soprattutto, Viet Cong, con il cui moniker si erano fatti conoscere grazie a un suono tipicamente post punk. Sonorità che sono rimaste il tratto distintivo anche come Preoccupations, qui virate in parte verso il «goth» della scena britannica, mentre melodicamente ricordano gli Wire di Colin Newman. Il risultato è però più che apprezzabile. (roberto peciola)