JAZZ
Uscite
calibrate

Una politica di uscite calibrata, uno scadenziario adatto a far circolare bene la musica creativa. Questo lo spirito della We Insist. In arrivo segnaliamo, con una dedica «ai volatili, alle creature del mondo e alle loro migrazioni» Three Tsuru Origami, palpitante trio in improvvisazione senza pianoforte e senza rete, con sax e tromba di Gabriele Mitelli, il basso di John Edwards, la batteria di Mark Sanders: un viaggio nella Chicago free dei Sixties con un approccio selvatico e vitale post punk. Il piano di Giorgio Pacorig e il basso di Gabriele Evangelista supportano l’effervescente batteria poliritmica di Cristiano Calcagnile in Inversi, un trio che mostra quanto ancora sia possibile raccontare con questa formazione, satura di storia: ma in movimento. Per la svizzera Intakt esce Karawane, del leggendario batterista avantgarde Günter Baby Sommer signore delle poliritmie con i Lucaciu 3, tre fratelli di due generazioni più giovani, con il sax ayleriano di Simon davvero impressionante. Un’intesa stupefacente, a dimostrare come l’anagrafe a volte sia davvero solo un’opinione. (Guido Festinese)

ALT HIP HOP
Una miscela
contaminata

Su queste pagine, colpevolmente, c’è un genere, l’hip hop, un po’ trascurato. L’occasione per fare, almeno in parte, ammenda, ci viene data da due uscite notevoli che hanno l’hip hop come base principale sebbene le contaminazioni siano molte e variegate. In particolare nel disco d’esordio di un producer londinese di Brixton, Miles Romans-Hopcraft, in arte Wu-Lu, disco intitolato Loggerhead (Warp/Self). L’album cattura l’attenzione di chi ascolta dal primo suono dell’apertura Take Stage fino all’ultima nota di Broken Homes, andando a toccare lidi cari al trip hop, momenti acustici, post grunge, psichedelia, spoken word, che a dirla così potrebbe sembrare un miscuglio di dubbio gusto ma che invece risulta un cocktail da assaporare sorso dopo sorso. Il tutto con ospiti di rilievo tra cui citiamo Morgan Simpson dei Black Midi dietro le pelli della batteria. Secondo album per Sampa the Great, As Above so Below (Loma Vista), dove la rapper zambiana ricuce le radici delle sue origini miscelando sapientemente il suo flow con ritmi e sapori afro. Un gran disco. (Roberto Peciola)

AMBIENT
Le forme
del minimalismo

Le composizioni del minimalista statunitense Lucier prendono forma. Il collettivo Zeitkratzer, via Karlrecords, pubblica Alvin Lucier (Old School), in cui confluiscono registrazioni dal vivo presso la Philharmonie Luxembourg nel 2009 più delle sessioni ai Green House Studios Schwielowsee, in Germania, nel 2010. Parliamo di sperimentazione pura e fenomenologia musicale. Suggestivo. Doppia uscita per la Thanatosis Produktion. Si tratta del compositore svedese Magnus Granberg in bilico tra musica da camera e improvvisazione, il quale pubblica Night Will Fade and Fall Apart, dove include sei versioni del brano che dà il titolo all’album, musica d’insieme capace di vita propria in base allo sviluppo delle singole partiture eseguite dai solisti. Interessante. Altrettanto lo è Two Skies firmato da Maya Bennardo, Erik Blennow Calälv e Kristofer Svensson. Rispettivamente a violino, clarinetto basso e kacapi – una cetra indonesiana -, i tre mettono assieme due lunghe suite in cui sciolgono oscurità e malinconia. La scelta è ricaduta su In Yo. (Gianluca Diana)

JAZZ/2
Approccio
in trio

Oltre essere tutti in trio e avere composizioni perlopiù originali, questi tre dischi condividono l’idea che i titolari vengano coadiuvati o seguiti da ritmiche straniere: c’è anzitutto un sound abbordabile nell’ascolto del Nicola Sergio Trio di Flamants Roses (InOut) con Mauro Gargano (contrabbasso) e Christophe Marguet (batteria), oltre Jean-Charles Richard (sax) in metà album: l’approccio sfocia in una musicalità serena, naturale, poetica. A metà strada, tra avanguardia e classicità c’è il Marco Pacassoni Trio in Life (Egea Music) con i celeberrimi John Patitucci e Antonio Sanchez: tanto al vibrafono quanto alla marimba il «capogruppo» riflette un atteggiamento versatile creando altresì un ottimo interplay con i due americani, autentici maestri dell’accompagnamento creativo. E c’è infine perfetta equità fra il contrabbassista Gerard Cannon di The New Bridge (autoprodotto) con Antonio Onorato (chitarra) e Mario De Paola (batteria), con i tre anche a swingare con gli standard e le melodie napoletane. (Guido Michelone)

LEGENDA

* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

ELECTRO
Il fascino
del cosmo

DEKATRON
IV (Verlag System)

**** Torna il duo composto da Iván Sentionaut e Miguel A. Ruiz, i quali affrontano questo quarto viaggio sonoro incentrando ancor più che in passato le proprie attenzioni al fascino del cosmo. I suoni palesano un totale amore verso le atmosfere spaziali degli anni Settanta. Le battute per minuto sono comunque presenti e attribuiscono contemporaneità al tutto, ponendo il prodotto nel solco dell’electro dei giorni nostri. Se ne ha prova nella chilometrica ed entusiasmante Van Allen Belt Drive. Da applausi sono anche i passaggi con atmosfere rarefatte come Neptunian Twilight e Ionizing Waves. (gianluca diana)

CLASSICA
Combinazioni
variabili

ENSEMBLE CONTRASTE
UNE PRIÈRE (Alpha Classics)


***** Il trio francese (viola, piano, cello) rinforzato da mezzo soprano, clarinetto e due violini (tutti variamente combinati) rende omaggio a tutta quella musica che da fine Ottocento a oggi s’ispira all’ebraismo sonoro, letterario, artistico, quotidiano. Dodici i brani e sette i compositori (atei, agnostici, cristiani): e non mancano capolavori misconosciuti come Kaddish di Maurice Ravel, Ouverture on Hebrew Themes di Sergej Profokiev, The Good Life di Dmitri Shostakovich, Rapsodie di Ernest Bloch, e di recente il tema di Schindler’s List di John Williams, ormai entrato nei repertori dotti. (guido michelone)

ART ROCK
L’urlo
spezzato

PIANOS BECOME THE TEETH
DRIFT (Epitaph/Self)


**** Con questo quinto lavoro in studio la band di Baltimora abbandona definitivamente le sonorità screamo degli esordi, dedicandosi ad atmosfere decisamente più soffuse e delicate, quasi fragili in alcuni momenti. Il tutto ovviamente a partire dal cantato di Kyle Durfey, che lasciati alle spalle gli «scream» mette in mostra una vocalità sinuosa, mentre il contorno musicale va a pescare tanto dal post rock quanto dal neoprog e dallo shoegaze. Meglio prima? Meglio oggi? Punti di vista, l’importante è che facciano dischi di livello come questo. (roberto peciola)

R’N’B
Puzzle
giganti

SUDAN ARCHIVES
NATURAL BROWN PROM QUEEN (Stones Throw/Self)


***** Fuori dai canoni prestabiliti della scena più mainstream dell’r’n’b, Sudan Archives ama scompaginare le carte. Cantante, compositrice, violinista e producer, sa come muoversi tra i generi eliminando gli eccessi ma come in un gigantesco puzzle, spiazza gli ascoltatori con il suo sound dove l’r’n’b mescola violini, sonorità afro e sperimentazione elettronica. Diciotto pezzi e nessuno è di troppo: dalla disco di Home Maker all’hip hop non stereotipato di Omg Tripp. Ascoltatela con attenzione anche dal vivo: sarà in concerto per l’unica data italiana il 4 novembre al Circolo Magnolia di Milano. (stefano crippa)

JAZZ/3
Un senso
misterioso

TOR YTTREDAL ROBERTO BONATI
SOME RED SOME YELLOW (Parma Frontiere)


**** Nel 2013 il compositore, direttore e contrabbassista Roberto Bonati iniziò a collaborare con il sassofonista, clarinettista e flautista norvegese Tor Yttredal. Ben meditato, dunque questo poetico, sinuoso progetto in duo che spesso accorpa temperature emotive assai vicine al folk nordico rivisitato da tanti protagonisti del nuovo jazz europeo, camerismo, richiami classici. Note lunghe tenute, scorribande ribalde, un senso di mistero senza vacuità new age, sampling e suoni concreti aggiunti, con calibrato lirismo, da John Derek Bishop. (guido festinese)

COTOBA
4PRICØT (Autoprodotto)
*** Una bella sorpresa questa band che arriva da Seoul, Corea del Sud. In equilibrio tra shoegaze, math rock e alcuni passaggi che sanno di post rock, licenziano un disco che si fa apprezzare. La voce della cantante Dafne spicca ed è in grado di ammaliare, mentre la formazione le permette di avere i giusti spazi espressivi. Alter ego della bandleader è il chitarrista Dyon Joo, capace di assicurare consistenza e carattere ai passaggi strumentali del quartetto. Potete scoprire il loro talento ascoltando Melon, Frittata e la strumentale Things We Looking for. (gianluca diana)

LUCA DAL SACCO MATTEO MOSOLO CARLO AMENDOLA
SOME FUNK PUNK (Caligola)
*** In origine ci fu l’udinese Humpty Duo, Dal Sacco alla chitarra e Matteo Mosolo al basso: prima cellula germinatrice acustica di questo trio che sterza con decisione verso calde temperature elettriche. La sorpresa è l’inserimento di Carlo Amendola, batterista proveniente dal punk rock. Così si aggiunge grinta e necessario nerbo ritmico (si ascolti il basso distorto in After a While: puro indie rock) per un jazz rock infiltrato di funk torrido, di blues, e di atmosfere spesso assai sature, ma riuscite. (guido festinese)

DESERT TWELVE
DESERT TWELVE (Orzorock Music)
*** Se cercate originalità, sonorità mai sentite, riff spiazzanti e via dicendo, beh, questo non è il disco per voi. Se invece siete più per la vecchia scuola rock anni Settanta che va dai Jefferson Airplane ai Black Sabbath e un po’ tutto quello che c’è in mezzo e ai lati, allora sì, potete avvicinarvi all’esordio di questa band piacentina guidata da Gabriele Finotti e caratterizzata dalla potente voce di Vittoria Ipri. Sette brani tra cui una versione di In the Air Tonight di Phil Collins. (roberto peciola)

TERRY LEE HALE
THE GRISTLE & BONE AFFAIR (Glitterhouse)
**** Hale da tempo ha lasciato gli States, trasferendosi a Marsiglia. Cambio di vita e di abitudini, non di estetica: canzoni di magnifica essenzialità che raccontano di «persone, emozioni, follie», stavolta rivestite con saggezza da una band dietro le spalle di assoluto valore. Il merito delle scelte di produzione va a Chris Eckman, ex mente dei Walkabouts: che ha scelto Chris Cacavas dei Green on Red, e il violino spettrale e visonario di Catherine Graindorge, ascoltata anche con Nick Cave. (guido festinese)

ME VS MYSELF
AIÒN (Alterjinga)
*** Il progetto di Giorgio Pinardi (da sempre vicino al prog rock) è una sorta di itinerario estatico attraverso i continenti geografici e le epoche storiche, surrealisticamente oltre le coordinate spazio-temporali, dove, riprendendo anche teorie e pratiche della world music, la comunicativa si sposa all’avanguardia, così come l’improvvisazione alla scrittura. Il tutto sfruttando assai bene il potenziale vocalico anche grazie a un’intelligente convergenza elettronica. (guido michelone)

THUMBSCREW
MULTICOLORED MIDNIGHT (Cuneiform)
**** Dieci anni d’attività, sette dischi per la coraggiosa etichetta americana che dà spazio al nuovo jazz e al prog rock non nostalgico, un all-star trio che lavora ai limiti della telepatia musicale: con la magnifica Mary Halvorson alla chitarra elettrica, Tomas Fujiwara alle percussioni, Michael Formanek al basso. Ora c’è incorporato anche il vibrafono, e sapienti tocchi d’elettronica. Un flusso sinuoso, elastico e potente di note che ripudiano il virtuosismo, e non lasciano alcuno spazio alla prevedibilità. (guido festinese)