JAZZ ITALIA
L’isola
fortunata

Le grandi isole portano bene alla musica di ricerca con fondamento jazzistico: le terre circondate dal mare catalizzano energie e talenti, e mettono in moto la creatività. Ne trovate esempio in due cd per Amirani Records, coraggiosa etichetta guidata dal sassofonista Gianni Mimmo, qui anche protagonista delle due incisioni. La prima, Transient, a nome Clairvoyance, nata a Cagliari, vede oltre a Mimmo il piano di Silvia Corda e il contrabbasso di Adriano Orrù. Atmosfera assai speculativa, anche se a volte, come in Tilting at Crazy Angels, lo scambio diventa splendidamente concitato. Gioco di interazione, di intesa e complemento senza strumenti armonici in How to Get Rid of the Darkness, di Pierfrancesco Mucari e Mimmo: il primo usa anche contralto, scacciapensieri e sax «preparati», il secondo il fido soprano, il tutto registrato in Sicilia. The Black Shoes (Dodicilune) vede il batterista siciliano Francesco Cusa e la salentina Giorgia Santoro, flauti di tutti i tipi e voce: diciassette miniature in musica avventurose ed emozionanti che toccano latitudini sonore anche estreme. (Guido Festinese)

METAL
Oscurità
strumentali

Il metal in una delle sue versioni più cupe, oscure, claustrofobiche e cinematiche. È quello che ci presenta Greg Anderson dei Sunn O))) con il suo nuovo progetto solista dal nome «altisonante» The Lord. Forest Nocturne (Southern Lord) è un disco strumentale, fatta eccezione per la traccia finale che vede l’abrasiva presenza vocale di Attila Csihar dei norvegesi Mayhem. Chitarre e tastiere creano paesaggi sonori notturni, d’altronde il titolo è emblematico, che prendono spunto dalle colonne sonore di Carpenter e Bernard Herrmann. Da ascoltare a tutto volume ma rigorosamente in cuffia se non si vuole rischiare che qualche vicino chiami le forze dell’ordine. Metal strumentale ma in un solco meno oscuro e più canonico, quello che propongono i Russian Circles, trio chicagoano che con Gnosis (Sargent House) raggiunge quota sette album. Un muro di suono che lascia spazio a momenti più catartici, un post metal che flirta con il drone per un risultato interessante, specie nella title-track il cui riff iniziale rimanda ai Tool, per poi virare prima verso lidi neoprog e infine toccare sponde post rock à la Gospeed You! Black Emperor. (Roberto Peciola)

AMBIENT
Una spinta
psichedelica

In agosto, l’oscurità e le tenebre che il mondo ambient riesce ad evocare, hanno un fascino che può far riflettere. Da Bushwick, Brooklyn, tornano i Nihiti con Sustained (Lo Bit Landscapes). Quarantatré minuti divisi in tre suite che sono un inno alla capacità di perdersi negli antri più bui della mente umana. Una soffusa ma sempre presente spinta psichedelica fa da cardine tra stralci di armonie e sintetizzatori emozionanti. Un lavoro valido, come si comprende in Tetrachrome e Stellar Observer che meritano di essere ascoltate in un ambiente silente. Stimolante e sorprendente è Distant Symphony (Karlrecords) della brava musicista giapponese Midori Hirano, meglio nota come Mimicof. L’intera sessione è realizzata con il Synthi 100, un raro synth prodotto dal 1974 dalla Ems. Sapore vintage, bellezza senza tempo. Per voi Distant Symphony I. Chiusura affidata a Alex Zethson che via Thanatosis Produktion rilascia Residy, dove reinterpreta Goldberg Variation n. 21 di J.S. Bach a suo modo, in due lunghe incisioni. Molto minimale, forse troppo. (Gianluca Diana)

JAZZ
Sorprese
inedite

Sono sempre molti, nel jazz, gli inediti, live o studio session, le cui registrazioni giacciono, magari per anni o decenni, negli archivi di una casa discografica o di uno stesso artista. In tal senso la Verve offre una bellssima sorpresa con l’ineguagliabile Ella Fitzgerald in At the Hollywood Bowl. The Irving Berlin Songbook, concerto del 16 agosto 1958; accompagnata dalla locale orchestra, affronta 15 «classici», con una finezza swing, un’estensione vocale, un senso calibrato e al contempo esplosivo di ritmi e improvvisazioni. Al 1984 risalgono invece le session tedesche di Anthology Quintet 1984 (Caligola Records)  del gruppo capitanato da Rachel Gould (voce) e Sal Nistico (tenore): come in una jam, liberi di sciogliersi in lunghi assolo su sette original boppistici. Infine è del 25 aprile 2014 7 Rocks (We Insist!) di Enrico Fazio e Giancarlo Nino Locatelli, dove il titolo allude alle rocce intese come materiali eterogenei, non riconducibili a formule: giusta ispirazione per suoni freschi, intensi, luminosi in fitti dialoghi free tra contrabbasso e clarinetto basso. (Guido Michelone)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

WORLD JAZZ
Latitudini
a contatto

ANTARES FLARE
ANTARES FLARE (Autoproduzione)

**** In uscita il 2 settembre questo progetto interessante, che mostra come i nuovi gruppi di jazz sempre più ospitino giovani musicisti da ogni latitudine. Complice anche Erasmus, naturalmente. Qui, nel sestetto, trovate italiani, sloveni, maltesi, olandesi, ugualmente ispirati dalla world music in chiave afro, dalla psichedelia storica e contemporanea, dall’elettronica che sempre più funziona da collante e colore per la musica e i groove più incalzanti, anche se qui i tempi sono soprattutto medi e sinuosi. Scrive perlopiù (e bene) il chitarrista Piero Conte. (guido festinese)

RISTAMPE
Eleganza
inevitabile

ASIA MINOR
BETWEEN FLESH AND DIVINE (AMS)

**** Sono tornati insieme nel 2021, hanno pure inciso un nuovo album, una bella notizia per i progster, anche se una punta di nostalgia vela sempre i ritorni mezzo secolo dopo. Gli Asia Minor, formazione franco-turca nata nel ’73 a Parigi, sono nel cuore di chi ama il progressive rock classico: questo disco, uscito nel 1980, è un viaggio onirico e a volte sferzante che mette in conto richiami a King Crimson, Genesis, Jethro Tull, Camel: inevitabili, ma usati con un’eleganza non comune. E i rimandi folk mediorientali catalizzano il tutto. (guido festinese)

CLASSICA
Sintesi
ecumenica

JOHANN SEBASTIAN BACH
MASS IN B MINOR (Harmonia Mundi)

***** Composizione brillante e proteiforme, iniziata nel 1724, ripresa nel ’33 e conclusa negli ultimi anni di vita del compositore, la Messa in Si minore BWV 232, più ecumenica che cattolica stricto sensu, offre una perfetta sintesi di arte bachiana ai livelli più alti e sublimi. A sottolinearne l’unicità in questo caso è l’intensa direzione di René Jacobs che s’avvale del Rias Kammerchoir e dell’Akademia für Alte Muzik Berlin , mentre le voci soliste appartengono a Robin Johannsen, Marie-Claude Chappuis, Helena Rasker, Sebastian Kohlhepp, Christian Immler. (guido michelone)

ROCK
Entusiasmi
a luci spente

MUSE
WILL OF THE PEOPLE (Warner/Helium-3)

*** Facciamo partire il nuovo lavoro di Matt Bellamy e soci e alla prima nota della title-track ci sembra quasi di aver sbagliato disco: questo è Marilyn Manson, sono solo diverse le parole, al posto di The Beautiful People ecco Will of the People. Si cambia registro ma restano i dubbi, che si amplificano con la «queeniana» (pure troppo) Liberation. Il resto è il solito rock un po’ sopra le righe cui la band inglese ci ha abituati, con spunti metal accanto a ballad melense o a pulsioni elettroniche. Dei Muse non si può dire che facciano dischi «brutti», ma la deriva ridondante tende a spegnere gli entusiasmi. (roberto peciola)

ALTERNATIVE
La ricerca
dell’emozione

KIM MYHR
SYMPATHETIC MAGIC (Hubro)

***** Il chitarrista norvegese è uno che sa il fatto suo. L’album in questione è parente di You | Me del 2017. I sette brani che lo compongono hanno una lucentezza notevole. Tale luminosità è il termometro che indica come non si sconfina mai nel mero tecnicismo sullo strumento. Il collettivo composto da otto elementi viaggia alla ricerca dell’emotività. Ci si può sfiziare trovando colori psych, prog, post rock e mille altre amenità. L’autore afferma che è stato pensato per rispondere a un bisogno di «collettività e unione». Ascoltate Move the Rolling Sky per dargli ragione. (gianluca diana)

RINO ADAMO
ESERCIZI SPIRITUALI E ALTRE STORIE (MyLab)
**** La personale ricerca conduce a un lavoro profondo di improvvisazione «jazzistica» che travalica anche etichette, generi, definizioni, limiti strutturali. Come nel precedente Tra due mondi in solo, qui Adamo fa quasi tutto da sé suonando quattro violini elettrici e diversi congegni tecnologici per approdare a suoni di proposito contrastanti, arcani e futuribili, avvolgenti e monolitici. (guido michelone)

BLUE LUMINAIRE
TERROIR (Bella Union/Pias/Self)
**** Un disco fuori dal tempo. Potremmo definire così Terroir, album di esordio del musicista e compositore inglese, di stanza a Copenaghen, Nick Martin, in arte Blue Luminaire. Cresciuto a musica classica e Brian Eno, Martin crea un corpo sonoro tra ambient e minimalismo, con le voci corali a tenere insieme il tutto e a dare un ulteriore tocco di eleganza e classe alle composizioni. Un salto temporale verso il passato ma che guarda al futuro. (roberto peciola)

CÉDRIC HANRIOT
TIME IS COLOR (Morphosis)
**** Spiega Hanriot nelle note di copertina che il titolo del disco rimanda a riflessioni sulla diversa percezione del tempo che hanno le persone, nel flusso di eventi che attraversano le singole vite. Il pianista e tastierista francese, gran costruttore di «soundscapes» contemporanei incorpora nel suo trio un rapper, un contralto, una tromba, e incrocia con sagacia e stile imprevedibile p-funk, soul, elettronica. Arrivando a innestare su un brano dei Nirvana Teardrop dei Massive Attack. E funziona. (guido festinese)

KUEDO
INFINITE WINDOW (Brainfeeder)
*** Lui si chiama Jamie Teasdale ma è noto come Kuedo. Dopo un esordio uscito sette anni fa, seguito da un altro disco e da un ep, torna, per l’etichetta di Flying Lotus, con un disco che non aggiunge molto ai suoi precedenti lavori, ossia un disco di elettronica diciamo di «avanguardia», dal sapore cinematografico, d’altronde uno dei suoi riferimenti è il compianto Vangelis (ma sia chiaro, ce ne corre, ah, se ce ne corre), ma anche Jean-Michel Jarre e Tangerine Dream. In definitiva però un album che si lascia ascoltare. (roberto peciola)

STEFANO MONTELLO
IL TEMPO DELLE ERBACCE (Gutemberg)
**** «Resta il fatto che a fronte della terribile complessità del mondo, queste canzoni hanno la prerogativa di essere facili facili. E, soprattutto, di essere solo sei». Un’autoironia saggia contrappunta l’opera di Stefano Montello, accompagnato da diverse corde, con menzione speciale per il violoncello di Riccardo Pes. Storie agrodolci nate a corollario di un libro che si chiama nello stesso modo. Per nulla «facili facili»: solo comunicative senza infingimenti, e argomenti tutt’altro che banali. (guido festinese)

SILVIA TAROZZI & DEBORAH WALKER
CANTI DI GUERRA, DI LAVORO E D’AMORE (Unseen Worlds)
*** Prendere la tradizione evocata nel titolo e attribuirle una forma nuova e contemporanea. Viola, violoncello, mbira e altro ancora sono gli strumenti con i quali le musiciste provenienti dal mondo dell’improvvisazione, hanno usato per venire a contatto con i canti della Resistenza e delle lotte operaie. Un lavoro molto suggestivo. Complimenti. (gianluca diana)