Gli Ultrasuonati
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Gli Ultrasuonati

Ultrasuoni JAZZ ITALIA La questione resta aperta Vexata quaestio, nel mondo del jazz, cosa considerare «standard» contemporaneo premesso che qualsiasi materiale sonoro, o quasi, può far da base per articolare grammatica […]
Pubblicato circa 16 ore faEdizione del 19 ottobre 2024

JAZZ ITALIA
La questione
resta aperta

Vexata quaestio, nel mondo del jazz, cosa considerare «standard» contemporaneo premesso che qualsiasi materiale sonoro, o quasi, può far da base per articolare grammatica e sintassi jazzistica, e che gli «standard» hanno origine nel repertorio di Broadway. Gianmarco Polini e Paolo Sorci alle chitarre, in continua alternanza e supporto, e Claudio Mangialardi al contrabbasso, con Danila Maretti al cajon e Carlo Celsi al violino rispondono con New Standards (Emme). Brani tra gli altri da Sting, Soundgarden, Cream, Billy Joel, e due classici di David Bowie affrontati di recente anche da Fresu. Bella resa, fresca e accattivante, resta aperta la questione. Sceglie la via opposta in It’s a New Day (Emme) il sassofonista Lorenzo Bisogno col suo quartetto, arricchito dalla tromba di Cosimo Boni, con dieci brani di composizione saldamente orientati a un mainstream postboppistico lineare e ben suonato. (Guido Festinese)

ALTERNATIVE
Dio salvi
l’Inghilterra

Un giro di basso ci introduce a un incedere della batteria, a una chitarra disturbata e a un sax, e poi ecco la voce, non la più originale possibile ma che ci dice che siamo in Inghilterra, nello Yorkshire dei Deadletter, formazione all’esordio con Hysterical Strenght (So Recordings). E che esordio! I ragazzi ci sanno fare, e sanno come attingere da maestri del passato quali Talking Heads, Gang of Four, New Model Army o Pop Group, proponendo una loro versione del revival post punk, con quel sax che a ogni intervento pone l’accento sulla sperimentazione. Con colpevole ritardo ci occupiamo di un altro debutto, quello degli English Teacher e del loro This Could Be Texas (Island). Parlare di post punk è riduttivo, perché se ci sono motivi per inserirli in quella scena, i quattro ragazzi di Leeds hanno uno spettro sonoro più ampio e variegato, un po’ come i Black Country, New Road (dei quali si percepiscono idee qua e là). Garage e post punk sono invece gli elementi sonori dei londinesi High Vis, al terzo album con Guided Tour (DAIS/ Goodfellas). Energico e saturo ci fa fare un bel salto nel tempo, tra gli Ottanta e i Novanta. (Roberto Peciola)

BLUES
L’esempio
geniale

Ritmi cardiaci per blues emozionanti. A Son of Dave non bisogna certo spiegare come fare, e infatti A Flat City (Goddamn Records) è l’ennesimo geniale esempio di come generare un suono mai banale e sempre capace di attirare il pubblico. Armonica che torna ad essere centrale rispetto agli ultimi lavori sia quando si è meravigliosamente frivoli come in Hogshed, che nel momento di far festa grazie a Where’s the Party At e More Mayonnaise. Acceleratore schiacciato in He Likes the Classic Rock e Try a Little Hound Dog. Lunga vita al nostro eroe. Ruf Records presenta la raccolta annuale Blues Caravan 2024 con il trio Alastair Greene, Eric Johanson & Katarina Pejak. Sedici brani, che divengono ventiquattro nel dvd annesso, dove la coesione tra i protagonisti è funzionale e ben amalgamata in Notes on Boredom, Changes the Universe e I Walk on Guilded Splinters. Classicismo del blues rock. New Orleans voodoo nell’aspetto e blues nella sostanza per Stoo Odom in Ghost Are Watching (Too Long to Chew) dove l’influenza di Dr John è rilevante. Molto cuore in Big Sugasaurus e I’m Against. (Gianluca Diana)

JAZZ
Spessore
radicale

In Shine Hear Vol.1 (577 Rec.) c’è un 4tet di improvvisatori radicali della Brooklyn area. Daniel Carter, Leo Genovese, William Parker e Francisco Mela danno vita a tre episodi di raro spessore. Con le ance che duettano, la voce rituale del percussionista, le incursioni armonico-ritmiche del piano si determina una fitta polifonia-poliritmia con sviluppi sorprendenti. Stessa etichetta per You Is You del flautista israeliano Joe Melnicove insieme al sax di George Garzone (suo docente alla Berklee) e a una ritmica smagliante (B. Street, B. Hart). Alla base affascinanti composizioni affrontate in libertà con un linguaggio strutturato, ricco di ispirati episodi. Europeo è il 6tet del batterista e compositore Roberto Pistolesi in Open Lands and Moving People (NK music). Il leader interagisce con il valente pianista Roberto Tarenzi e il chitarrista Teis Semey (nel gruppo D. Juárez, tenore; A. Huijbergts, voce-vibes; Z. Lober, basso). Artista volutamente esule, Pistolesi attinge al jazz storicizzato e alla propria ispirazione creando una multidirezionale musica contemporanea. (Luigi Onori)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

TRIBUTI
Scorribanda
orchestrale

JOHN BEASLEY/FRANKFURT RADIO BIG BAND
RETURNING TO FOREVER (Candid)

**** Il grande Armando «Chick» Corea, prima di morire, ha fatto in tempo a conoscere ed apprezzare i primi «demo» di questo progetto curato dal pianista e compositore Beasley: fornendogli anche le partiture manoscritte dei temi dei suoi Return to Forever. Che rivivono qui, arrangiati in maniera spesso sorprendente, in una pressante, vitalissima scorribanda orchestrale, e con una delle big band più duttili e potenti del pianeta. Un esempio? Vulcan Worlds, con il solo originale di Corea arrangiato per ensemble di fiati. Come facevano Zappa e i Supersax. (guido festinese)

HOUSE MUSIC
L’apoteosi
della club culture

CARIBOU
HONEY (City Slang)

**** Eroe del do it yourself digitale e producer capace di muoversi attraverso i generi più disparati, Dan Snaith pubblica il suo sesto album come Caribou e crea un ponte fra la house music anni Ottanta e le mutazioni di genere del nostro tempo. Equilibratissimo nel miscelare dance e appetibilità melodica, voci accattivanti e synth clamorosi, Honey è l’apoteosi della club culture pop, coinvolgente in maniera quasi sfrontata e fieramente europeo nel suo codice genetico. Imperdibile il singolo Volume, geniale trait d’union fra generazioni. (michele casella)

POST ROCK
Per il dramma
palestinese

GODSPEED YOU! BLACK EMPEROR
NO TITLE AS OF 13 FEBRUARY 2024 28,340 DEAD (Constellation)

***** Passerà alla storia questo album per il titolo non ordinario che racconta lo sdegno per uno dei conflitti più aberranti e vergognosi di sempre. Non solo per la violenza ma anche per l’ignavia di chi avrebbe potuto fermarlo. Un disco affascinante, pensato e suonato per tentare di raccontare il dramma in Palestina. Missione riuscita per i dieci componenti, filmamker inclusi. Post rock, ambient e drone music a tinte pischedeliche al meglio in Pale Spectator Takes Photographs, Sun Is a Hole Sun Is Vapors e Grey Rubble-Green Shots. (gianluca diana)

ART ROCK
Garanzia
di qualità

MOTORPSYCHO
NEIGH!! (Stickman Records)

**** Infaticabili, inarrestabili Motorpsycho. La band norvegese non sembra avere cedimenti di sorta, e sforna album con cadenza più o meno annuale fin dal 1991, anno dell’esordio Lobotomizer. Questa volta si tratta di una raccolta di pezzi alquanto eterogenei usciti dalle session del precedente Yay!, brani che vanno dalla psichedelia Sixties a quella più marcatamente progressiva, e poi ancora semplici incursioni nel pop e in finale una Condor che fa ripensare ai Fleetwood Mac era Peter Green. Comunque la si veda, una garanzia di qualità. (roberto peciola)

ART FOLK
Ritorno
alla natura

HAYDEN THORPE
NESS (Domino/Self)

***** Un progetto tanto ambizioso quanto insidioso e sublime. Incastonato in un mondo sonoro catalogabile come art folk, Ness, il nuovo lavoro dell’ex voce principale dei Wild Beasts, parte da un libro, dal medesimo titolo, di Robert MacFarlane, su un sito, Orford Ness nel Suffolk in Inghilterra, utilizzato a suo tempo per sviluppare armi e oggi ritornato alla natura. Thorpe raccoglie frammenti del libro e li inserisce in un contesto musicale di grande fascino, basato principalmente su una chitarra e un clarinetto, oltre a qualche orchestrazione e coro, e al falsetto caratteristico dell’artista. (roberto peciola)

NICOLA DI TOMMASO TRIO
LEARNING SOMETHING NEW (Filibusta Records)
**** Formula poco diffusa quella del trio che ruota attorno alla chitarra di Di Tommaso, in interrelazione con Hammond, synth e tastiere – suonate dall’ottimo Vittorio Solimene – e con la batteria di Matteo Bultrini (Luca Spagnoletti aggiunge «magia» elettronica). Il disco, intriso di suoni elettrici, si apre con un omaggio a Eric Dolphy (Iron Man) e ne prevede uno a Umberto Fiorentino (Fearless Fosdick’s Tune). In epoca di «mainstream jazz acustico» l’album del giovane chitarrista punta controcorrente, rilanciando un’eredità che parte da Lingomania. (luigi onori)

FOLCAST
TUTTI I MIEI PIANI (Laboratori Testone/Warner)
**** La necessità di estraniarsi ma anche di connettersi con la comunità, è al centro di questo ep composto da sette brani che segna il ritorno di Folcast. Pop fuori dal coro – poche basi elettroniche, assenza di autotune a favore di melodie dal largo respiro -, esplora i sentieri dell’r&b, del soul e del rap, con un flow sicuro e una ricerca lessicale inusuale. “Questo disco – spiega l’autore – parla di rapporti, relazioni, giudizio, nascita e ricostruzione. Parla di me, degli amici, dell’amore che salva e non lascia pezzi». (stefano crippa)

TORD GUSTAVSEN TRIO
SEEING (Ecm)
**** Inizio col maestoso traditional norvegese Jesus, Gjør Meg Stille, un inno di composta solennità, trasfigurato da nervosi fremiti della ritmica a increspare il limpido dettato del pianoforte del leader. Un apripista che dà il segno a tutto il disco, costruito su melodie piene con riferimenti al sacro scavate in profondità, echi di blues e di gospel sempre in punta di dita. E il risultato è un appartato, intenso splendore. (guido festinese)

THEE HEART TONES
FOREVER & EVER (Big Crown Records)
**** La pur giovanissima band chicano/californiana firma un esordio già maturo e raffinato, che denota la piena padronanza dell’amato universo soul, declinato verso sonorità che attingono dalla tradizione latina, un pizzico di blues e un irresistibile passo Northern Soul in Need Something More. La splendida e languida voce di Jazmine Alvarado è la spezia che condisce il tutto, accompagnata da una band con i fiocchi. Piacevoli e dalle grandi potenzialità. (antonio bacciocchi)

LEFT LANE CRUISER
BAYPORT BBQ BLUES (Alive)
**** Colpo grosso per i cattivi ragazzi del punk blues. Tornano quasi ai livelli degli albori con queste undici incisioni pregne di energia. La potenza di fuoco di Motown Mash e Big Momma Shake è notevole, l’intensità emotiva di River Picker altrettanto possente. La dedica, con annessa foto in copertina, a Chris Johnson, figura cult del blues underground, racconta che i nostri hanno dato il massimo. Apice in The Desert. (gianluca diana)

THEE MARLOES
PERAK (Big Crown Records)
**** È probabilmente un pregiudizio ma la prima particolarità che stupisce del trio dei Marloes è che proviene dall’Indonesia, luogo dalle peculiarità sonore abbastanza sconosciute dalle nostre parti. Soprattutto se si tratta di una band soul jazz funk. Pur attingendo dalla black music più classica hanno un’attitudine più compassata, rilassata, contemplativa, quasi indolente, retaggio della cultura e della musica del sud est asiatico. Una miscela affascinante e avvolgente con una splendida voce femminile. (antonio bacciocchi)

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