Gli Ultrasuonati
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Gli Ultrasuonati

Ultrasuoni JAZZ ITALIA Declinazione mediterranea Un progetto prezioso, in cui le volute eleganti e pastose di tromba e flicorno si alternano a un dolce, sapiente canto in napoletano, il tutto sull’onda […]
Pubblicato 2 mesi faEdizione del 20 luglio 2024

JAZZ ITALIA
Declinazione
mediterranea

Un progetto prezioso, in cui le volute eleganti e pastose di tromba e flicorno si alternano a un dolce, sapiente canto in napoletano, il tutto sull’onda di un caldo jazz in declinazione mediterranea, con molte pause e silenzi per far respirare la musica: così agisce la trombettista e vocalist Lucia Iannniello in Keep Left and Go Straight South (Filibusta). È bello segnalare anche il sapiente lavoro armonico delle tastiere di Paolo Tombolesi, una nuvola avvolgente, e le chitarre senza frenesie velocistiche di Roberto Cervi. Un altro progetto in cui la chitarra non insegua fantasmi virtuosistici ma sostanza e interplay vero con gli altri, il tutto nato, con ogni evidenza, sulla forza dellimprovvisazione? Quello di Luca Crispino documetato in Diffrazioni (Dodicilune), dove abbiamo anche nuova testimonianza del valore del flautista veterano Stefano Benini, qui impegnato anche al didjeridoo australiano. Un progetto orchestrale guidato da chi, per decenni, ha inseguito il sogno della big band filante e perfetta? Lo trovate in G.G. Swing (Abeat), dalla Big Band del Pentagramma guidata da Vito Andrea Morra. (Guido Festinese)

ALTERNATIVE
Un cambio
di passo

Dopo due lavori autoprodotti il collettivo canadese Crack Cloud firma per la affermata Jagjaguwar e pubblica il nuovo Red Mile. Questo cambio di passo e strategia denota una certa attenzione del mondo alternative verso la formazione capitanata dal sinocanadese Zach Choy che però a noi non ha destato una grande impressione. Solo un rimescolamento di cose già sentite che riportano alla mente ad esempio gli Animal Collective o i Belle and Sebastian. Sebbene anche loro non esattamente una novità risultano alle nostre orecchie sicuramente più interessanti e creativi gli O. di WeirdOs (Speedy Wunderground/Pias/Self), duo composto dal sassofonista baritono Joe Henwood e dalla batterista Tash Keary. I due londinesi, legati alla scena del Windmill Brixton, potrebbero essere accomunati ai black midi, anche se la limitata portata strumentale rende il tutto un po’ ripetitivo. Cambio di registro totale con Bizhiki. Unbound (Jagjaguwar/Goodfellas) si basa su brani che riprendono la tradizione powwow dei nativi americani. Da ascoltare in un viaggio on the road tra Arizona e New Mexico. Affascinante. (Roberto Peciola)

ELECTRO
Il battito
spezzato

Battiti dritti, spezzati e poliritmici. Sempre sorprendente Dj Marcelle/Another Nice Mess, al secolo l’olandese Marcelle Van Hoof, come si apprezza in A Different Fridge for Cheese (play loud! productions). Dieci brani in cui techno, dub e global south prendono il sopravvento in diversa maniera e modalità, come si ravvisa dalle pulsioni da sabato notte di Nice Feet, Big Room Techno Looking for a Room e To Bee or not to Bee. Rilevanti sono anche le atmosfere dilatate di How Long and How Often. Intriganti sono Takkak Takkak con l’album omonimo per Nyege Nyege Tapes. Il duo composto dal giapponese Shigeru Ishihara e dall’indonesiano Mo’ong Santoso Pribadi, affonda le mani nel gamelan indonesiano a cui aggiunge strumenti tradizionali di stampo percussivo ed electro. Sfiorando i colori del gqom e dell’afrofuturismo, ci troviamo davanti a belle cose come Amok e Salamander. Stefan Goldmann, via Macro, fa uscire Alluvium dove continue asimmetrie minimal techno si connotano con un sapore psych, risultando affascinanti in Scamander, Helicon e Drilon. (Gianluca Diana)

JAZZ
La teoria
del quintetto

Il quintetto resta, dall’avvento del bebop, la formazione archetipa di tutto il jazz moderno, benché subisca, nel corso del tempo, varianti e modifiche sul piano dell’organico e delle sonorità complessive. Il tratto comune a questi tre album, pur assai diversi tra loro nel sound (che resta post moderno o post bop) è che nessuno segue la logica della front line con due fiati. Infatti nel caso del Greg Burk Quintet in Sun Up (Tonos) il compito solista è suddiviso tra il leader (piano) e Daniele Tittarelli (alto e soprano) più ritmica con Andrea Molinari (chitarra), Jacopo Ferrazza (basso) e Reinaldo Santiago (batteria) verso un mainstream innovativo. Anche il chitarrista Travis Reuter in Quintet Music (Fully Altered Media) opta per il solo fiato di Mark Shijm, lavorando in accordo con vibrafono, basso e batteria onde esprimere una coraggiosa free fusion. Il tastierista Phillip Golub infine, in Abiding Memory (Endectomor Music) rinuncia ai fiati per un interplay con chitarra, cello, basso e batteria, nel creare atmosfere tendenti al contemporaneo. (Guido Michelone)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

LIVE
Irresistibile
creatura

DEXY’S
THE FEMININE DIVINE + DEXYS CLASSICS: LIVE! (100 Per Cent Records)

***** Torna la creatura di Kevin Rowland, che ha decurtato al nome Midnight Runners, mantenendo Dexy’s, con un formidabile live in cui raccoglie l’intero, recente e ottimo, Feminine Divine, aggiungendo poi un’irresistibile serie di classici, riarrangiati e rivisti in nuova veste, con versioni stupende, elaborate, piene di soul, groove e raffinatezza, di alcune hit, da Geno a Come on Eileen. Si chiude con la struggente canzone popolare irlandese Carrickfergus. Registrazione impeccabile, band spaziale, voce perfetta. Un gioiello. (antonio bacciocchi)

 

POST ROCK
Il ruolo
del piano

DIRTY THREE
LOVE CHANGES EVERYTHING (Bella Union/Self)

**** Dodici anni di silenzio non sono passati invano. Warren Ellis con il suo violino straniante e ammaliante insieme, Mick Taylor con la sua chitarra distorta e spigolosa e Jim White che dal canto suo spinge su ritmi ora jazzati ora marcatamente rock, riaprono i cassetti di un post rock di cui hanno saputo essere esponenti primari. Tutto questo e anche di più, perché poi però c’è un pianoforte che mitiga il tutto creando spazi di calma e minimalismo, giocando un ruolo importante in questi sei brani che portano tutti lo stesso titolo dell’album numerati in ordine crescente. (roberto peciola)

 

SPACE ROCK
Sublimi
alternanze

HAWKWIND
STORIES FROM TIME AND SPACE (Cherry Red Records)

**** Qualcuno dice che, formalmente, questo sarebbe il trentaseiesimo disco ufficiale per gli Hawkwind, vetusta e gloriosa astronave space rock lanciata nel buio quando ancora erano gli anni Sessanta. Qualcun altro, nel conto, arriva a contarne oltre cento, di dischi dalla ciurma di Dave Brock, saldo ai comandi. Sta di fatto che queste «Storie dal tempo e dallo spazio», in alternanza sublime di ballad malinconiche e tempeste sonore, ravvivate anche da inserti sassofonistici, come ai bei tempi, sembrano tutto tranne che nostalgia. Come sempre, bentornati. (guido festinese)

 

BLUES
Un’aria
di libertà

JUBU SMITH
JUBU (Little Village)

**** Esperienza da vendere per il chitarrista afroamericano di Oakland, California. In questo caso decide di intraprendere quest’avventura a suo nome assieme a Charlie Hunter alla chitarra, ma anche produttore, e al batterista Calvin Napper. Si respira un’aria libera e fresca nei dieci strumentali che compongono il lavoro: blues chitarristico mai stucchevole, sempre interessante e pregno di contenuti. Provare per credere i colori funk di Extreme Pleasure, il tempo lento di Totally Convicted e l’iconografica Jubu’s Poem. (gianluca diana)

 

SYNTH POP
La signora
delle lettere

EMILIANA TORRINI
MISS FLOWER (Gronland/Audioglobe)

**** Alla base del nuovo album della cantautrice islandese ci sono le lettere di Geraldine Flower, madre di una sua amica inglese, ritrovate dalle due dopo la scomparsa della signora Flower. Lettere che raccontano il rapporto con un fantomatico Mr. Reggie (forse una spia). Da lì ecco dieci brani, ognuno ispirato da una differente epistola, che si dividono tra un synth pop sognante e il suo stile folkeggiante. Dieci anni di silenzio sono valsi per ritrovare un’artista che abbiamo amato molto ai suoi esordi e che sembrava perduta. (roberto peciola)

 

CAMILLA BARBARITO
CARGO SENTIMENTO POPOLARE D’ASSALTO (Felmay)
**** Ci voleva la voce assieme monella, scaltrita e possente di Camilla Barbarito per affrontare, con forza tonificante, un repertorio vasto come il mare come quello di questo disco. Intendiamoci: non che siano mancati in passato esempi di libere divagazioni nel mondo delle sonorità popolari offese, ma per nulla sedate, ma qui, secondo capitolo di un viaggio che auguriamo infinito, Barbarito con due favolose chitarre elettriche (Turra e Marconi) e Stefano Grasso alla batteria spazia e impazza tra note rom varie e Lazio, Sicilia e Ungheria, Portogallo e Ghana. Chapeau. (guido festinese)

CHRIS CAIN
GOOD INTENTIONS GONE BAD (Alligator)
**** Partiamo, quasi, dalla fine. Blues for My Dad, decima incisione in elenco su un totale di tredici, è palesemente autobiografica. Assieme al bluesman di San Jose, California, ci sono June Core alle percussioni e Kid Andersen a chitarre e molto altro. È un brano tanto scarno quanto empatico, emozionante. Potrebbe bastare ma va dato merito al leader di essere ispirato, come si apprezza nella briosa Thankful, nella divertente Too Little Too Late e nel possente slow Bad Dream. (gianluca diana)

FLAMING FINGERS
FLAMING FINGERS (Lobello Records)
*** Flaming Fingers: a giudicare dal titolo, che è poi anche il nome della band, uno potrebbe pensare che sia un trionfo di corde elettriche e acustiche sotto dita agilissime. L’agilità c’è tutta, ma nel segno di un jazz moderno e scintillante, di matrice harboppistica e qualche volta fusion, ma per un quintetto salentino con tromba, sax, basso elettrico, batteria, tastiere con un interplay ragguardevole. Il Salento è ben più che pizzica tarantata. (guido festinese)

AARON FRAZER
INTO THE BLUE (Dead Oceans/Goodfellas)
*** Falsetto magistrale, il cantante e batterista dei Durand Jones & The Indications, si è ricavato una parallela carriera solista sempre nel solco del soul ma con più concessioni pop. Brani frizzanti, arrangiamenti che passano senza soluzione di continuità dal funk al northern soul che caratterizzano il singolo Payback, per arrivare a partiture morriconiane e perfino un duetto in salsa latina che non ti aspetti, con la batterista cilena Cancamusa in Dime. (stefano crippa)

JEREMY ROSE & THE EARSHIFT ORCHESTRA
DISCORDIA (Earshift Music)
**** Il sassofonista-compositore di Sidney, con una big band di 17 elementi presenta una sorta di concept dai risvolti psicologico sociali, proponendo attraverso i suoni un’avvincente riflessione sulla vita contemporanea. Le nove sofisticate composizioni sottolineano proprio un impegno nell’affrontare temi complessi mediante una scrittura sinfonica coinvolgente e a tratti selvaggia, tra ingegno e abilità. (guido michelone)

THREE SECOND KISS
FROM FIRE I SAVE THE FLAME (Overdrive)
**** Torna dopo dodici anni di silenzio una delle band più interessanti e influenti dell’alternative rock italiano, con il settimo album della carriera, affidando la produzione a Don Zientara (già alle spalle dei Fugazi e Dischord Records). Undici brani che guardano a Fugazi e Shellac del compianto Steve Albini che dei TSK curò due lavori, con trame complesse, scarne, acide e ostiche che incrociano costantemente un’attitudine punk e uno sguardo compositivo aperto, senza confini o reticolati artistici. (antonio bacciocchi)

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