JAZZ ITALIA
Un’eleganza
strumentale

Un’eleganza strumentale in punta di piedi, mai una nota di troppo, a conseguire una pienezza lirica che impregna ogni composizione, in genere di breve durata, quasi a non perdere o fiaccare di ripetizioni l’idea sorgiva. Così è la musica di Francesco Cataldo, piano solo nello splendido Amaranto (Alfa), che getta un ponte tra Pieranunzi e Debussy. Medesima forza ispirativa, ma poetica completamente diversa e complementare per Marcello Sebastiani alla guida del suo Hu Trio, con Gaspar Karoly e Bagyi Balazs, in Nothing So Abstract (Notami). Incisioni a Budapest che evidenziano una scalpitante forza ritmica del pianista italiano, che approccia la tastiera con impeto alla McCoy Tyner, ben assecondato dalla reattiva capacità di risposta di bassista e batterista. Attivo dal 1993, periodicamente torna a incidere Jazz Fantasy, il trio con il raffinato pianista Michele Giro, Norbass Dalsass al basso e Roman Hinteregger alla batteria. Still (Caligola) è sia potenza ritmica e interplay, anche elettroacustica, sia sognante richiamo al jazz nordico. Un lavoro ispirato, senza un solo calo di tensione. (Guido Festinese)

ALTERNATIVE ITALIA
L’intensità
ingannevole

Qualcuno ricorderà il duo electropop M+A, un paio di dischi e qualche ep all’attivo negli anni Dieci (di questo secolo, sia chiaro). Di quel duo la M era Michele Ducci, che oggi, dopo vari altri progetti torna in veste solista con l’album Sive (Monotreme), un lavoro intimo e intenso per piano, voce e poco altro. Potrebbe far pensare alla scena neoclassica ma in realtà è un disco da cantautore indie, tra pop e qualche incursione nell’r&b. Bello. Registro opposto quello dei catanesi Frømm che arrivano al secondo album, omonimo, che li vede flirtare con suoni sintetici e sperimentali per un risultato accattivante, se vogliamo addirittura straniante, di sicuro originale rispetto a quanto si ascolta dalle nostre parti. Dategli credito. Più derivativo invece l’esordio dei milanesi swan·seas, Songs in the Key of Blue (Waddafuzz/Shore Dive). Ci si sentono le influenze indie Nineties e, soprattutto, quelle della new wave British degli anni Ottanta, con virate shoegaze. Gradevole ma carente di personalità. (Roberto Peciola)

BLUES
Delizie
estive

Il blues migliore per la vostra estate. È sempre una delizia incontrare Curtis Salgado che rende disponibile il nuovo Fine by Me (Little Village Foundation). Dodici brani in cui vari stili si fondono l’un nell’altro con freschezza e vitalità. La band che lo accompagna è mutevole e implementa tanti compagni di strada che il leader, in ottima forma a voce e armonica, ha incontrato nel tempo. Energia e groove in Under New Management con la chitarra di Anson Funderburgh e Gonna Forget About You dove a voce e sei corde troviamo Robert Cray. Spettacolari sono Better Things to Lie About e Safe at Home dove spicca Kid Andersen. Bella sorpresa da parte di Sam Joyner con Come what May (I’ll Always Love You) (Autoprod.), che a voce e tastiere conduce un organico valido che si mette in bella mostra in Come what May, It’s that Mojo that Makes Me Stay e Teddy’s Juke Joint. Complimenti al bluesman afroamericano per il feeling. Bubba Coltrane and the Train Wrecks dal Texas propongono l’ep Shot Block Party (Autoprod.) con sei temi allegri e danzerecci. Per voi Loosen Up. (Gianluca Diana)

TRIBUTI
La frequenza
del rischio

Tra i più frequenti (ma pure rischiosi) tributi jazz si valorizza il lavoro di un solista nei panni del compositore: è il caso di Un poco loco (Ultra Sound) della Monday Orchestra, sottotitolo The Music of Bud Powell. Undici brani del repertorio (di solito eseguiti in trio) del grande pianista bebop per big band: arrangiamenti e direzione di Luca Missiti, guest star Fabrizio Bosso (tromba) e Rosario Giuliani (sax alto) e diciotto orchestrali compiono un notevole lavoro espressivo. In The Music of Tony Slim Dominick (Caligola) di Domenico Rizzuto leader al flicorno assieme all’Electro Jazz Ensemble (trombone e ritmica più effetti), l’omaggiato è il jazzman immaginario dello scrittore Giose Rimanelli per il romanzo Una posizione sociale: ottimo imprinting tra funky e post bop a evocare il personaggio. Diverso ancora l’atteggiamento per Songbook (Abeat) di Francesco Maccianti, pianista che compone dodici pezzi, le cui liriche vengono scritte dalle quattro cantanti (Barbara Casini, Claudia Tellini, Sara Battaglini, Jole Canelli) che li interpretano: ma il classico «libro di canzoni» all’americana è altra cosa. (Guido Michelone)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

ALT POP
Un dono
per Delphi

BAT FOR LASHES
THE DREAM OF DELPHI (Mercury KX)

**** Cinque anni sono passati dall’ultimo lavoro dell’artista inglese, e in mezzo è arrivata la sua prima maternità, una bambina chiamata Delphi e a cui Natasha Khan ha dedicato questo disco. Dieci brani che riflettono il suo classico stile, già ben delineato nei precedenti cinque album, stile che le ha portato una certa notorietà in ambito internazionale e l’ha vista accostata ad alcuni dei più grandi nomi al femminile, da Kate Bush e Björk a Joni Mitchell o Cat Power. Il tutto con un tocco di originalità e personalità indiscusso. Un giorno la figlia sarà felice di aver avuto in dono un capo d’arte come questo. (roberto peciola)

 

BLUES ITALIA
Empatica
luminosità

BLACK SNAKE MOAN
LOST IN TIME (Area Pirata/Echodelick)

**** Lucentezza ed espressività nel terzo lavoro da studio di Marco Contestabile. A differenza del passato i temi qui presenti hanno un tono più radioso e una accresciuta fruibilità pop. Il tutto grazie alla capacità di scrittura del musicista, abile a tessere ottime melodie a cui lega arrangiamenti di spessore. Di volta in volta prevalgono colori psych e folk che ampliano lo spettro comunicativo grazie a innesti di stampo global south, vedi West Coast Song. L’empatia del blues è assicurata da Shade of the Sun, la spiritualità desertica giunge da Dirty Ground mentre una Austin carica di fosfeni si palesa in Light the Incense. (gianluca diana)

 

GARAGE BEAT
Energiche
pulsazioni

THE GALILEO 7
YOU, ME AND REALITY (Damaged Good)

**** Il quinto album della band inglese, guidata da Allan Crockford (già bassista con Prisoners, James Taylor Quartet, Prime Movers etc), conferma la qualità artistica del quartetto, che guarda alla seconda metà degli anni Sessanta tra momenti garage beat, freakbeat, psichedelici. Talvolta ci troviamo vicini agli Who, altre invece si va in territori quasi Britpop (nello stile dei Dodgy, per fare un esempio). You, Me and Reality è un disco più che ottimo, divertente, pulsante, energico, fresco, pieno di belle canzoni. (antonio bacciocchi)

 

JAZZ ITALIA/2
Dove inizia
l’incanto

STEFANO ONORATI/FULVIO SIGURTÀ
EXTENDED SINGULARITY (Caligola)

**** Una quartina di note aliene che sembra arrivare da una chitarra post rock, invece è il pianoforte di Stefano Onorati filtrato da un pedale di chitarra: lì inizia l’incanto con una ritmica (Evangelista e Paternesi) che è una fibrillazione di accenti, e la tromba fatata di Sigurtà che vola sul tutto come un gabbiano ebbro di correnti ascensionali. Il coraggioso duo Onorati-Sigurtà Singularity ora è un quartetto che fluttua libero sul tempo e sulle idee, i quattro lati reattivi d’interplay di un poligono musicale creativo che cresce ad ogni riascolto. (guido festinese)

 

JAZZ ITALIA/3
Filosofia
vitale

MICHELE PERRUGGINI
DISILLUSION (Abeat)

**** Batterista d’esperienza, Perruggini sviluppa le sue idee compositive al piano. I 13 brani sono suoi e dove usa un quartetto d’archi gli arrangiamenti sono di Leo Gadaleta. Nel quintetto base spiccano G. Bombardieri (soprano, clarinetto) e Y. Goloubev (contrabbasso), con ospiti quali F. Beccalossi, P. Alfonsi e A. Marangolo. Le composizioni sono policrome, ben scritte e ariose, ispirate da una filosofia di recupero della vita. Sintetizzando vari linguaggi, Perruggini crea musica personale che esprime, con passione e intensità, emozioni e idee. (luigi onori)

 

BABELNOVA ORCHESTRA
MAGMA (Maladisco)
**** La musica è una forma di linguaggio mutevole, mai uguale. In questa ottica possono accadere cose belle e stimolanti, come mandare un abbraccio forte e sincero all’Orchestra di Piazza Vittorio che chiude i battenti e un benvenuta alla BabelNova che dalla precedente discende. Nel nome dell’ensemble è riassunto il manifesto artistico. Lungo le dieci incisioni si inseguono linee melodiche e ritmi che pescano da diversi angoli del global south per un lavoro fresco e mai banale. (gianluca diana)

VINCENZO GRIECO
BACK TO MY ROOTS (Wanikiya Record)
*** Il titolo ci dice che Vincenzo Grieco, chitarrista romano, con questo disco è voluto tornare alle sue origini. Lasciato da parte il rock blues (cantato) degli ultimi lavori propone una serie di brani in cui la sei corde è la indiscussa protagonista, dando prova del suo virtuosismo con assoli vertiginosi su basi rock che spingono verso il metal, non dimenticando il blues o spunti che richiamano alla tradizione country Usa. (roberto peciola)

TUTU PUOANE
WRAPPED IN RHYTHM (SFR Soulfactory)
*** Il disco ha come sottotitolo Sings the Poetry of Lebo Mashile perché la cantante sudafricana, accompagnata da un trio belga (allargato a quartetto e quintetto in metà degli otto brani), adatta alla forma-canzone le liriche della conterranea scrittrice impegnata a recuperare le ancestrali tradizioni letterarie in un contesto moderno. Amore, identità, coraggio, terra, deserti per un jazz contemporaneo che richiama il sostrato etnico ma anche lo stile di Joni Mitchell. (guido michelone)

TIZIANO TONONI-EMANUELE PARRINI
OTHER INTERACTIONS. ON JULY 5TH (Felmay)
**** Tononi e Parrini sono fra i pochi musicisti in Italia a mantener vivo quel fuoco gioioso, palpitante che avevano le note afroamericane tra la metà degli anni Sessanta e tutto il decennio successivo. L’ambito dell’Art Ensemble of Chicago, per intendersi. Esplosioni di suono fumigante, raffinati giochi timbrici, dissonanze strategiche e beffarde. Qui, con Roberto Ottaviano, l’ospite Steve Swell, Andrea Grossi, in tre ore di studio in cui ognuno ha tirato fuori il meglio. (guido festinese)

GIUSEPPINA TORRE
THE CHOICE (Sony Music)
*** L’autrice/pianista parla dell’album quasi come di un concept dove emergerebbe «una invocazione al potere delle scelte (…) dalla riflessione silenziosa alla forza liberatoria di un coraggioso atto decisionale (…) un’ode alla bellezza e alla complessità della libertà individuale, intrecciata con la melodia delle scelte che plasmano il percorso della nostra esistenza». Buon esempio di new age delle piano solo improvisation di Keith Jarrett e di tanto romanticismo storico. (guido michelone)