Gli Ultrasuonati
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Gli Ultrasuonati

Ultrasuoni JAZZ ITALIA Il fascino irresistibile della piccola etichetta In Italia le piccole etichette che possono sfoggiare un catalogo di qualità sono molte, ed è un peccato che sui media mainstream […]
Pubblicato 4 mesi faEdizione del 15 giugno 2024

JAZZ ITALIA
Il fascino irresistibile
della piccola etichetta

In Italia le piccole etichette che possono sfoggiare un catalogo di qualità sono molte, ed è un peccato che sui media mainstream passi solo ciò che è più di tendenza o supposto tale. Tratteremo dunque oggi a volo d’uccello della Encore Music, che offre parecchio spazio ai giovani jazzisti. Partiamo con l’ottimo bassista Pietro Paris, che ha potuto realizzare il suo nuovo Trinta grazie anche all’istituto italiano di cultura a Lisbona, trenta giorni di soggiorno e affinamento della conoscenza con il contraltista Bernardo Tinoco, il vibrafonista Duarte Ventura, il batterista João Sousa, ospite Federico Casagrande. Scattante e poetico. Piano Solo Live riunisce nove brani in varie location concertistiche del pianista Claudio Vignali, due dei quali in totale improvvisazione, e un terzo su un preludio di Bach. Idee e freschezza, e un gusto per il voicing notevole. Chamber Winds, con la voce fresca di Valentina Fin e il tenore di Pietro Tonolo propongono in American Songs un viaggio nel canzoniere per piano e voce di Ives, Copland, Barber, per arrivare a Ellington, Hersch, Winstone: riuscito e necessario. (Guido Festinese)

AMBIENT
Colmare
l’intangibile

Colmare l’intangibile con immagini e visioni. Strepitoso è Zound Delta 2 (Karlrecords) di Phill Niblock, Anna Clementi, Thomas Stern. È un lavoro sperimentale e ardito, con due incisioni per un totale di quaranta minuti, composte dal defunto Niblock appositamente per la voce di Clementi e le corde di basso e chitarra slide, a cui si aggiunge una massiccia rielaborazione electro, di Stern. Il minimalismo immaginato da Phill prende corpo e intensità in modo ansiogeno e inquietante, arrivando con il talento dei due musicisti ad evocare una trascendenza simile all’alienazione dei dervisci. Il sassofonista e compositore australiano Calum Builder, da tempo residente in Danimarca, affiancato da una sezione d’archi e da un organista licenzia il sorprendente Renewal Manifestation (Dacapo), dove l’assenza di elementi digitali non si avverte affatto. Suonate Breaths and Waves, Wheels within Wheels. Via Room 40 ecco LA Drones MC: nel titolo luogo, elaborazioni e sorgenti usate da Stuart Argabright & Afterafter. Catartico e post industriale. (Gianluca Diana)

JAZZ
Esperienza
postmoderna

Da molti ritenuto il miglior contrabbassista di free jazz, il cinquaduenne newyorkese William Parker, pur collaborando a lungo con lo storico maestro Cecil Taylor, vive appieno l’era postmoderna della musica afroamericana, dove la multiprogettualità è all’ordine del giorno. E di esperienze plurime in svariate direzioni Parker è ancora oggi un profeta e un protagonista, come mostrano tre recenti dischi: Heart Trio (Aum Fidelity), cofirmato anche da Cooper-Moore e Hamid Drake, vede i musicisti alle prese con strumenti africani, europei, asiatici per una sorta di world music jazzata, dove il nuovo post bop e antico folklore si integrano benevolmente fino al brano omaggio all’iniziatore Rafael Garrett (già con John Coltrane). Cereal Music (Aum) con Ellen Christi è un dialogo a due voci a tema ecologico: solo recitazione e canto più qualche ospitata. Infine in Destiny Calling (OA2 Records) di Charlie Apicella & Iron City meet The Griot Speak, Parker garantisce sostanza ritmica a un disco jazz dei tratti piacevoli e innovativi. (Guido Michelone)

JAZZ/2
Melodica
introspezione

Abbiamo tutti un jazz da ascoltare. Partenza con il valido polistrumentista canadese Colin Fisher, il quale vanta esperienze difformi che vanno da Laraji a Joe McPhee per arrivare ai Caribou, che con Suns of the Heart (We Are Busy Bodies) conclude una trilogia iniziata nel 2018 e composta dagli album V Le Pape e Reflections of the Invisible World. In questa occasione per dar vita a un lavoro oscillante tra free e ambient si fa aiutare dal musicista electro David Psutka. Assieme elaborano sei temi dove melodia e introspezione sono tenute assieme da una lucentezza diffusa in ogni dove. Per apprezzare il risultato consigliamo l’ascolto di Mundial imaginalis, Deus absconditus e Illuminato matutina. Niente male è anche Står Op Med Solen (Aguirre) di Amalie Dahl’s Dafnie. Impressionante come la scuola di Trondheim, Norvegia, continui a sfornare talenti. Ottime Eco-Echoes e We Don’t Want Your Stupid War. Rotem Geffen in The Night Is the Night (Thanatosis), trovano equilibrio tra melodia e sperimentazione, grazie alla voce di Nelly Klayman-Cohen in I Always Know e Hide. (Gianluca Diana)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

TRIBUTI
Il mondo
da dissodare

MAX DE ALOE QUARTET
MELODIC MONK (Barnum for Art)

**** I classici sono grandi (anche) per questo: perché offrono sempre nuovo terreno da dissodare. L’armonicista cromatico De Aloe, col suo quartetto attivo ormai da diciotto anni, accetta la sfida gioiosa di mettere in risalto la gran polpa melodica e lirica sottesa ai brani di Monk, apparentemente solo architetture ritmiche sghembe e cubiste attraversate da misteriosi spostamenti di accenti e dissonanze strategiche. Obiettivo centrato in pieno: con rispetto, amore e un senso di relax nell’affrontare gli spigoli e risolverli in canto davvero notevole. (guido festinese)

 

ALTERNATIVE ITALIA
Un binario
parallelo

FERRO SOLO
ALMOST MINE PART III: THE FERNANDO CHRONICLES (Riff Records /Hellnation)

**** Ferruccio Quercetti, chitarrista e anima dei bolognesi Cut, dal 2018 si è dedicato a una parallela carriera solista che si discosta dalla «band madre», pur conservandone le radici e i tratti compositivi. Con questo album chiude una trilogia sempre basata su un sound variegato ed eclettico, tra il punk rock cantautorale di J Mascis e Bob Mould e malinconiche ballate acustiche, con un costante andamento soul. Ad aiutarlo uno stuolo di fedeli amici e una verve creativa di primo livello. Più che ottimo. (antonio bacciocchi)

 

ALTERNATIVE
Decadente
romanticismo

LOREN KRAMAR
GLOVEMAKER (Secretly Canadian/Goodfellas)

**** Chi ama Father John Misty non perda altro tempo e vada a recuperare questo disco, debutto per il trentaseienne californiano Loren Kramar che ultimamente ha anche diviso il palco proprio con Josh Tillman. Una gran voce dalle varie sfumature che si staglia melodicamente su armonie e costruzioni country pop dal sapore romantico e decadente, virate verso i Seventies e con spunti che possono far pensare a un r&b «cameristico». Nei testi Kramar poi fa spesso riferimento alla sua natura omosessuale, già a partire dal titolo Glovemaker, dove «glove» sta per «gay love». Un gran disco! (roberto peciola)

 

AMBIENT/2
Caratteristiche
inusuali

ALESSANDRO «ASSO» STEFANA
ALESSANDRO «ASSO» STEFANA (Ipecac)

**** A volte ponendosi all’ascolto si ha la sensazione di captare che ci sono idee ed esperienze a iosa, come in questo caso. Le nove incisioni sono ascrivibili ai mondi ambient e drone music, ma hanno dalla loro una caratteristica difficilmente reperibile: con buon gusto, supportato dalla tecnica, Stefana riesce a includere gli aspetti sognanti e onirici di folk, americana e blues. A tratti rammenta il primo Mississippi Gabe Carter. Per voi Born and Raised in Covington e Continental Spazio. (gianluca diana)

 

 

TRIBUTI/2
Il grande
libertario

CARMINE TORCHIA PER LÉO FERRÉ
NON C’È PIÙ NIENTE (Nota Records)

**** Ben venga ogni riscoperta del canzoniere intenso e sferzante del grande libertario Léo Ferré. Ogni volta che qualcuno si ricorda di lui è festa grande per le intelligenze che rifiutano ogni mercimonio con l’ipocrisia borghese, oggi come e più che ai suoi tempi. La voce di Torchia in questo disco scava nel sulfureo e dolcissimo canzoniere, scova brani mai tradotti in italiano e li ripropone in veste smagliante con l’aiuto di tanti amici musicisti in un palpitante folk rock. Booklet superbo, con interventi di Mathieu Ferré, Enrico De Angelis e Andrea Satta. (guido festinese)

 

J.S. BACH
TRIOS FOR TWO (Stradivarius)
**** Lorenzo Cavasanti (flauti) e Alessandro Padoan (clavicembalo) interprano le grandi sonate BWN 528, 1017, 530, 1018 scritte dal 1718 al 1735 fra Köthen e Lipsia, usando strumenti d’epoca – a cui però Bach non aveva pensato – consapevoli che nel Sei/Settecento la rielaborazione o «accomodamento» era prassi comune nel comporre e nell’eseguire. Il risultato discografico dà pienamente ragione ai due, giacché viene per così dire sottolineata e persino esaltata la ricchezza artistica insita nelle partiture medesime. (guido michelone)

CRUMB
AMAMA (Crumb/Secretly/Goodfellas)
*** Terzo album per la formazione di Brooklyn che prosegue il cammino verso una, sperata, fama internazionale, giacché quella locale è ormai acclarata. E lo fa con un disco che riprende quegli stilemi già ascoltati nei due lavori precedenti, ovverosia una miscela di sonorità che vanno a toccare tanto il dreampop (la voce suadente e delicata della leader Lila Ramani in questo è fondamentale) quanto la psichedelia non disdegnando trame jazzy che rimandano ai Blonde Redhead. Il risultato è gustoso ma aspettiamo un guizzo che ancora non c’è. (roberto peciola)

FRANCESCO DEL PRETE
DIVERTISSEMENT (Filibusta)
**** Spiega il violinista (e polistrumentista) salentino Del Prete che il titolo allude sia alle composizoni informali che usavano a fine Settecento, sia al significato latino di «divertimento», volgersi altrove, scoprire altro. Di sicuro il tocco creativo per affrontare una labirintica offerta stilistica non manca a Del Prete: che sfiora swing e fusion, prog e tempi dispari balcanici, pop music e note classiche. Con frizzante energia e otto amici con altri strumenti (dall’arpa alla pura voce, dalla tromba al synth al violoncello) a duettare sul filo delle possibilità. (guido festinese)

LAVA
STUPID ERA (autoproduzione)
*** Un ep di quattro brani in cui però la band al suo secondo disco riesce a concentrare e sintetizzare generi diversi. A parte la tirata punk a cento all’ora del brano di apertura (La revolucion) che ricorda un po’ lo stile di Richard Hell, il resto dei brani galleggia magicamente tra riff noise, a tratti sincopati, nervosi come in un disco dei Fugazi, e aperture quasi ambient jazz. In mezzo a tutto questo sempre ritornelli e linee vocali accattivanti, mai scontati, ma quasi pop (vedi Neve al sole). (viola de soto)

LIFE IN THE WOODS
LOOKING FOR GOLD (Universal Music)
**** Esordio sulla lunga distanza per questa formazione che giunge da Roma. Sano, robusto, volitivo e ben suonato rock. Il trio capitanato da Logan Less a voce, chitarre e tastiere pesca dagli anni Settanta a seguire, senza però essere mai derivativo. Ne risulta un disco di qualità che fuoriesce dagli schemi attuali. Sono canzoni che funzionano e hanno carattere: Hey Blue vede il leader in solitaria con una ballata melanconica, Without a Name include la linea d’orizzonte degli Appalachi, Caravan e Mad Driver forniscono adrenalina. Il vertice arriva con Manifesto. (gianluca diana)

MARCO MARIOTTINI
IPAZIA LIVE (Caligola Records)
*** Concept album – almeno per come può essere un disco di jazz contemporaneo strumentale – doppiamente dedicato a una delle «città invisibili» del grande omonimo romanzo di Italo Calvino e a Ipazia scienziata alessandrina, che il fondamentalismo cristiano del V secolo fece bruciare viva e con lei l’immensa biblioteca racchiudente trattati avveniristici. Il quartetto con il leader (clarinetti) e la ritmica (Alessandro Lanzoni, Guido Zorn, Paolo Corsi) «racconta» assai bene con la lingua delle sette note in sette variegati capitoli. (guido michelone)

 

 

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