Gli Ultrasuonati
JAZZ ITALIA
Universi
da esplorare
Ci sono ancora mondi da esplorare, nel piccolo grande universo tutt’altro che antico della vocalità jazz. Ne presentiamo qui tre articolazioni per certi versi complementari. Iniziamo con Patty Lomuscio, docente di canto jazz a Matera, che in I Sing Caterina (Alfa Music) recupera, valorizza, interpreta (senza alcun calco mimetico) il favoloso, eclettico canzoniere di Caterina Valente. Band molto carica, a partire dall’organista Vito Di Modugno, recupero essenziale. Sono tutti brani originali invece quelli che il vocalist italiano Giorgio Alessani (da oltre trent’anni con base parigina) ha concepito durante il periodo del Covid. Originali cui Cédric McClester ha aggiunto testi in inglese in The Mess We Leave Behind (Alfa Music). Raffinato jazz elettroacustico venato di pop, con musicisti come André Ceccarelli e Cédric Hanriot, allievo di Hancock. Per Parco della Musica esce Anatomy of the Sun di Elena Paparusso, secondo eccellente lavoro per una voce vicina anche all’art rock, e così la band, metà brani di scrittura, metà raffinate scelte, come mettere in musica una poesia di Colin Walcott. (Guido Festinese)
WORLD MUSIC
Funambolico
Brasile
La musica brasiliana è da almeno un trentennio creativamente «usata» ovunque, un po’ come il jazz, Italia compresa: ideale o pretesto nell’omaggiare una cultura o per «fare altro» a livello sonoro, i tre recenti esempi discografici si dimostrano «all’altezza». In tal senso da São Paulo è proprio il jazz con la pianista Christianne Neves di Abertura das aguas (Alfa Music) a irrompere in mezzo a standard e originali trattati in stile appunto moderno: grandi gli ospiti da Edu Lobo ai nostri Stefania Tallini e Franco Piana. Per contro i 14 italiani sotto il nome di Elio Tatti Quartet meets Stark Quartet in Saudade do Brasil (Notami) affrontano le canzoni proprie – oltre capolavori di Jobim e Gilberto – in maniera più classica e al contempo disinvolta grazie all’alternarsi dei tanti, spesso funambolici orchestrali. Infine Eva Verde Danilo Tarso con Chrysalis (Segell Microscopi) è un duo tra voce (catalana) e pianoforte (tarantino), con 9 brani di stile latin world, oltre un brano folk pugliese e una riuscita cover di Luiza (Jobim). (Guido Michelone)
ALTERNATIVE
Un regalo sonoro
non convenzionale
L’Inghilterra sa ancora regalare a chi ama sonorità non omologate o convenzionali delle interessanti novità. È ad esempio la volta di una band in arrivo da Newcastle e chiamata No Teeth che debutta con Decadence in Breeding (Post Post Music), un disco in cui si ritrovano reminiscenze wave, punk e post punk con nel cuore i Cardiacs del compianto Tim Smith. Ce li descrivono come ruvidi, irriverenti, caotici e ce li godiamo così! Ancora l’Inghilterra con i già noti Bad Breeding che tornano con il loro carico di hardcore punk dissacrante e fortemente politicizzato. Il nuovo, quinto album si intitola Contempt (One Little Independent/Bertus) ed è esattamente quello che ci si aspetta dalla band di Stevenage, una decina di brani veloci, duri, incalzanti, che non danno tregua all’ascoltatore e sparano a zero sulle storture dal capitalismo. Veniamo a più miti consigli e suoni con gli svizzeri Brazen che pubblicano il terzo lp a 18 anni dal precedente. Distance (Re-Echo) è un ottimo lavoro di classico indie rock con spunti prog. Il giusto disco per rilassarsi e tornare alla calma (ma non troppo). (Roberto Peciola)
BLUES
Lisergico
e libero
Il lavoro paga, portando alla luce chi costruisce anno dopo anno il proprio percorso musicale. Plauso per JP Soars che si fa apprezzare con Brick by Brick (Little Village Foundation). Il musicista californiano amante del death metal da ragazzo, è da tempo residente in Florida e ha introiettato la lucentezza che quella terra garantisce al blues lì prodotto. Lo si percepisce nella quasi country Can’t Keep Her Off of My Mind, nel downhome di The Good Lord Will Provide, nella ritmica e veloce Merlin Stomp e nella robusta Things Ain’t Workin’ Out dove la slide segna la differenza. Notevole è Eyeball (Lunaria) firmato da Tom Mansi & The Icebreakers, trio londinese in giro dal 1997. È un disco che include frammenti di rock, psichedelia e country sciolti nel blues ruvido e sanguigno. Thinking of You on the Moon ha un’intensità alla Durand Jones, The Shot sorprende per la ricchezza di stili che implementa, mentre Pushback Blues è una vera hit. Bello riascoltare The Jonny Halifax Invocation con i due brani dell’ep Thank You (Autoprodotto). Lisergico e libero, come sempre. (Gianluca Diana)
LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico
JAZZ ITALIA/2
Lezione
di creatività
BEPPE ALIPRANDI JAZZ ACADEMY
PIANOQ LIVE (Caligola)
**** Un gran signore del jazz italiano storico, di quelli che dall’alto di otto decenni di vita possono ancora dare lezioni di creatività: Beppe Aliprandi. Qui ripreso dal vivo tra il 2015 e il 2017 con il suo sax contralto che ha le timbriche di Parker e il fraseggio di Trane, di Konitz, di Coleman, e il suo flauto che ricapitola quanto avvenuto con lo strumento dal West Coast jazz ad oggi. In formazione qui c’era il piano avventuroso e saggio di Davide Corini: che ricorda Fats Waller, senza fare mero citazionismo revivalistico. (guido festinese)
POST ROCK
Cliché
intatto
BILLY MAHONIE
FIELD OF HEADS (Whistling Sam Projects)
**** Sebbene il loro debutto risalga a un quarto di secolo fa circa e in una decina di anni abbiano dato alla luce sette album la band londinese non ha mai trovato la fortuna che formazioni sulla loro stessa lunghezza d’onda musicale – vedi Mogwai – hanno invece saputo attrarre. Stiamo parlando quindi di post rock, del più classico post rock di matrice British si possa immaginare. Riformatisi con la line-up originale qualche anno fa eccoli di nuovo apparire su disco, e nonostante il cliché resti intatto, o forse proprio per quello, è un gran bel sentire. Ben tornati. (roberto peciola)
ALTERNATIVE/2
Sensibilità
ultraterrena
ANASTASIA COOPE
DARNING WOMAN (Jagjaguwar/Goodfellas)
**** Le note stampa ci raccontano che Anastasia Coope, al vero esordio discografico, arriva dalla Hudson Valley, New York, e che oltre ad essere musicista è anche pittrice. E fin qui non abbiamo modo di non crederlo. Ma quando ci dicono l’età cominciamo a dubitare della veridicità delle info, perché ci chiediamo se sia possibile che a 21 anni si abbia già una tale sensibilità musicale, lontana da tutto ciò che può essere definito «mainstream». Parliamo di folk, a grandi linee, brani in cui la sua voce baritonale esplode poi in stratificazioni che lasciano davvero esterrefatti. Ultraterrena. (roberto peciola)
ALTERNATIVE/3
Indimenticabile
Steve Albini
SHELLAC
TO ALL TRAINS (Touch & Go)
**** Un disco degli Shellac fa sempre bene al cuore e al cervello, due luoghi dove la memoria di Albini rimarrà a lungo. Siamo davanti a una pletora di suoni potenti e immediati, colpi diretti e sinceri che hanno dalla loro la capacità di riportare tutto su un piano di realtà. L’ossessività iniziale e il successivo sviluppo ritmico, difforme e coinvolgente, di How I Wrote How I Wrote Elastic Man (Cock & Bull) rappresentano uno degli spunti migliori di un album che vanta molti altri momenti di esaltazione come I Don’t Fear Hell, Wednesday, l’apertura WSOD e a lancinante Chick New Wave. (gianluca diana)
ALTERNATIVE/4
Alta
qualità
PAUL WELLER
66 (Universal)
*** Nessuna remora sull’età anagrafica tanto da intitolarci il disco, il suo diciassettesimo. Il prolifico Weller ha giocato nel tempo con tutti i generi possibili e immaginabili, sia durante la militanza nei Jam che negli anni sofisticati degli Style Council. Meditativo e spensierato, ma non troppo, anche qui poggia su solide basi compositive: particolarmente ispirato nel valzerone di My Best Friend’s Coat arrivando perfino a giocare con gli Abba clonando un inciso di The Winner Takes it All che finisce in Flying Fish. Non tra i suoi capolavori, ma la qualità resta decisamente elevata. (stefano crippa)
KEE AVIL
SPINE (Constellation Records)
**** È in un momento creativo sfavillante la musicista di Montreal. Questo secondo disco ci fa comprendere come e quanto la cantante e chitarrista abbia idee valide, costruite attraverso un uso sapiente di elettronica, violino, chitarre e voce. Il suono è oscuro, catartico e capace di divenire strumento per un viaggio interiore per l’ascoltatore, grazie anche a un incedere frammentato e convulso che esalta il tono caldo ed etereo dell’autrice. (gianluca diana)
BIG BOSS MAN
BOSSIN’ AROUND (Spinout Music)
*** Quinto album per la band inglese, a dieci anni dal precedente, e ancora un’invidiabile energia nel proporre il loro classico e gustosissimo mix di Hammond sound, boogaloo, latin jazz, funk, soul, ethiojazz. Alla fine inseriscono anche uno ska soul irresistibile che sublima l’atmosfera di contagioso divertimento che permea tutto il nuovo lavoro. Bravissimi nel districarsi in una varietà di stili con grande maestria e padronanza della materia. (antonio bacciocchi)
FARAUALLA
CULLA E TEMPESTA (Zero Zero Nove)
**** Guizzano, forti e imprendibili, le voci delle Faraualla. Lo fanno da quasi trent’anni, ma il tempo, per le dee madri mediterranee pugliesi, è un curioso arnese maschile fatto per complicare le cose e dividerle in categorie capziose. Ecco spuntare Culla e tempesta, e un titolo migliore non sapremmo dove trovarlo: le note che cullano e guariscono, la «healing music» che ci deve aiutare nella vita, la tempesta, a simboleggiare quanto deve irrompere a sfaldare e sfondare gli argini dell’ipocrisia. (guido festinese)
SAMUEL MELE
IL SANTO SFORZO DI CAPIRE COSA SIA L’AMORE (Nauna Cantieri Musicali)
*** L’album si presenta come un vero e proprio libro a soffietto o fisarmonica: pagine di testi e disegni che illustrano un progetto impegnativo. Un’opera mistica, tendente nell’aspetto letterario a privilegiare e narrare i legami tra umano e divino: e per esprimere amore e santità Samuele Mele ricorre a suadenti cantilene ispirate tanto alle sonorità orientali e mediterranee quanto, e soprattutto, indo-persiane, sul crinale tra world music e new age. (guido michelone)
NAGUAL
AND ONCE THE STORM IS OVER (Orzorock)
**** Passano i decenni, ma quella magnificenza di suono duro e flessuoso assieme in cui voci potenti fanno a gara con gli armonici impastati di tastiere e chitarre elettriche continua a segnare la strada. E non c’è moda o tendenza che tenga. I piacentini Nagual lo hanno ben presente, e quello sanno fare, come attenti artigiani dell’hard rock con punte prog. Se siete fan di Deep Purple, Uriah Heep, e perché no Black Country Communion, questo è il disco elegante e potente su misura per voi. (guido festinese)
EMANUELE SARTORIS WITH ROBERTO CIFARELLI
INQUADRATURA DI COMPOSIZIONI (Tuk Music)
**** Il pianista, figura versatile nel panorama fra jazz e classica, si cimenta ora con il linguaggio delle immagini, dialogando con un grande fotografo. Grazie a un qr code è possibile visualizzare l’incontro multimediale con quattro brani commissionati da Sartoris a Cifarelli e quattre idee visive che Roberto assegna a Emanuele. Il piano solo come al solito è raffinato eclettismo stilistico in grado di personalizzare Skriabin, Corea, Jarrett, Chopin. (guido michelone)
SPALTRO
PRESENTA VOL. 1 (Autoproduzione)
**** Disco d’esordio luminoso per Spaltro. Luminoso non tanto per le atmosfere musicali (indie/alt rock), quanto per le “epifanie” che ci getta in pasto in questi 11 brani, densi di intimità, di rimpianti, di amore, di delusioni. Concetti difficili che Spaltro sa analizzare e tradurre nella formula chorus/verse/chorus con parole semplici, poetiche a tratti, che speriamo arrivino a più persone possibili. Un modo per squarciare la superficialità dei nostri tempi. Disco assolutamente da non perdere. (viola de soto)
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