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Gli Ultrasuonati

WORLD MUSIC Perfetti equilibri Chitarra ibrida, semiacustica, liuto turco, kora, infinite guitar: questa la panoplia di corde dispiegate da Marco Tiraboschi in In a New World (Da Vinci), ma non […]

Pubblicato 4 mesi faEdizione del 1 giugno 2024

WORLD MUSIC
Perfetti
equilibri

Chitarra ibrida, semiacustica, liuto turco, kora, infinite guitar: questa la panoplia di corde dispiegate da Marco Tiraboschi in In a New World (Da Vinci), ma non è questo il punto: è il gusto con cui assembla il tutto assieme a viola e violino di Daniele Richiedei e basso di Giulio Corini, con l’entusiasmante presenza del soprano e dei flauti di Javier Girotto, e un memorabile intervento di Marc Ribot in un brano. Mediterraneo, jazz, un ricordo dei King Crimson: piatto ricco, equilibrio perfetto. In Soma (Felmay) due musicisti italiani, uno iraniano: Peppe Frana con i cordofoni oud, e rubab, Ciro Montanari alle percussioni, Masih Karimi al tanbur kurdo, liuto sacro. Qui gli esiti dello studio della tradizione musicale dell’area indo-persiana: trionfo di ipnotiche composizioni modali, solo in parte tradizionali. Ulrich Sandner, polistrumentista giramondo, in passato attivo anche nel folk del nostro Sud propone in Mome (Ma.So.) un viaggio in dieci stazioni che sfiora note blu e psichedelia, new acoustic music e battute in levare, con una grazia che potrebbe farne ottime tracce per il cinema. (Guido Festinese)

JAZZ
Un flirt
col cinema

I rapporti tra jazz e cinema esistono da tempo immemore, ma ovviamente declinati a seconda delle occasioni: c’è anzitutto Massimo Fedeli in Stolen Moments (Alfa Music), colonna sonora originale dell’omonima docu-fiction su un immaginario proprietario di jazz club, dove la musica per quintetto tende a diventare suono diegetico. Ci sono poi tributi come quello dei Cinedelik con La regola del gioco (Dodicilune), che, in quartetto con tre ospiti, omaggiano gli score degli anni Sessanta e Settanta di grandi compositori nostrani (da Ennio Morricone a Giovanni Fusco, da Piero Piccioni ad Armando Trovajoli a Gianni Ferrio): spicca la bella voce di Lorena Falbo su brani eterogenei, ma geniali, in cui la diversità creativa è resa unita dal trattamento quasi fusion. A chiudere il trittico l’ensemble olandese I Compani di Tivolux Party (IC Idisc), in cui propongono due live memori di Frank Zappa alternato a Sun Ra fra standard e originali nel rodato gioco dadaista. (Guido Michelone)

ALTERNATIVE
Lo spazio
ritrovato

Un piccolo viaggio tra artiste che cercano uno spazio nel variegato mondo indie. È il caso della giovane cantante e autrice londinese Ella Smoker, che prova a farsi conoscere sotto lo pseudonimo gglum e che pubblica The Garden Dream (Secretly Canadian/Goodfellas). Nel disco unisce varie anime, da brani acustici a pezzi più potenti che si inseriscono in un mood puramente indie rock fino a tracce elettroniche e ricercate. Ha già un percorso artistico ben avviato alle spalle la losangelina Hana Vu che torna con un piacevole lavoro, nel solco indie pop, intitolato Romanticism (Ghostly Intl./Goodfellas). Il fascino dell’apertura Look Alive si incontra con l’andamento midtempo dettato dalla acustica di Hammer, per immergersi nel classico indie rock di Alone, e via sulla stessa linea. Chiudiamo con le Habibi, band al femminile di Brooklyn che con Dreamachine (Kill Rock Stars) arriva al terzo album. Infatuate dei suoni mediorientali e della psichedelia in salsa garage rock, qui guardano anche al post punk e al pop sperimentale, il tutto con una più che buona riuscita. (Roberto Peciola)

BLUES
Chitarra
suona più forte

Facciamole suonare queste chitarre, possibilmente a volume alto. Imponente è Shut Up and Play! (Alligator Records) di Toronzo Cannon dove il bluesman di Chicago, cresciuto nel South Side, è decisamente ispirato. Il suono è granitico, grazie anche a una band rodata alle spalle. Il che potrebbe bastare ma Cannon fa un passo ulteriore scrivendo canzoni ben fatte. Racconta le storie della sua città dal punto di vista african american, esaltandone i contenuti con il sound contemporaneo del blues nella Windy City. Ci piacciono If I’m Always Wrong e Can’t Fix the World, esaltanti sono Had to Go Through it to Get to it e Message to My Daughter. Spinge assai anche il californiano Alastair Greene con Standing Out Loud, in cui siamo davanti a un effervescente rock blues contemporaneo. Tira fuori il meglio in Bullfrog Blues e Am I to Blame?. Pubblicazione a cura della Ruf Records, che si occupa anche di Krissy Matthews and Friends, doppio album firmato del guitar hero anglo-norvegese. Tanta adrenalina e amplificatori al massimo in Scim Impro e Bust a Button. (Gianluca Diana)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

WORLD MUSIC/2
Un lavoro
di recupero

AA. VV.
LES BELGICANS-NA TANGO YA COVADIA 1964-’70 (Covadia)

**** Belle le storie di appassionati e ricercatori che svolgono un lavoro di recupero. Ottima dimostrazione è questo lavoro che mette assieme il dj e collezionista Steve Van Acker, l’attaccante di calcio e cantante congolese Freddy Mulongo scomparso nel 2015 e Paul Cavvadias, figlio dell’ex direttore della label Ngoma di Kinshasa. Da questo intricato e affascinante incontro ecco questa meravigliosa collezione di orchestre composte dagli universitari congolesi che negli anni Sessanta studiavano in Belgio. Tra flamenco, pachanga, rumba e jazz di gran qualità. (gianluca diana)

 

ALTERNATIVE/2
Magie
acustiche

BETH GIBBONS
LIVES OUTGROWN (Domino/Self)

***** Classe. Purezza. Meraviglia. I termini che ci sono balzati alla mente ascoltando Lives Outgrown, primo vero album solista dell’ex frontwoman dei Portishead Beth Gibbons. Classe, perché il suo approccio alla vocalità esprime eleganza da ogni nota, e si badi bene, ognuna è perfetta, al suo posto. Purezza, perché lo stile scelto per questo album è di base un folk acustico e percussivo, a tratti quasi tribale, ancestrale. Meraviglia, perché più lo si ascolta più si scoprono cose, interventi strumentali (ottimo il lavoro alla produzione di James Ford) inattesi, inusuali e sorprendenti. Capolavoro! (roberto peciola)

 

ROCK
La ricetta
è immutabile

LENNY KRAVITZ
BLUE ELECTRIC LIGHT (Bmg/Warner)

*** Sex symbol – a 60 anni sfidiamo chiunque a sfoggiare un corpo tonico come il suo – Kravitz non ha mai negato che l’aspetto lo abbia aiutato a mantenere una carriera di successo lunga 30 anni. La ricetta? L’immutabilità di dischi riconoscibili (e rassicuranti) in cui ha mescolato soul, funk e pop sempre con una strizzatina d’occhio alla moda del momento. Il nuovo lavoro non è da meno anche se, rispetto al precedente Raise Vibration, forse eccede in troppa leggerezza. Spiccano It’s just Another Find Day per gli amanti del dancefloor e la ballata soul Honey, dal forte sapore anni Settanta. (stefano crippa)

 

SOUL FUNK
Ripensando
agli Style Council

DEE C. LEE
JUST SOMETHING (Acid Jazz Records)

**** Mancava ormai da ventisei anni la voce dell’ex Style Council (anche con Wham! e Animal Nightlife oltre che con una buona carriera solista), nonché ex moglie di Paul Weller. Nel nuovo album, per la storica Acid Jazz, ci ammalia con un timbro vocale maturo, suadente, pieno di classe, al servizio di un soul funk jazz elegante e raffinatissimo. Ad aiutarla anche l’ex sodale Mick Talbot e la figlia Leah Weller. Tutto molto chic e la mente (e il cuore) tornano facilmente agli anni Ottanta degli Style Council più cool. (antonio bacciocchi)

 

JAZZ/2
Una seconda
primavera

DAVID MURRAY QUARTET
FRANCESCA (Intakt)

**** Il sassofonista e clarinettista californiano, da tempo con base parigina, sta vivendo una seconda primavera, artistica e umana: il titolo del disco va a sua moglie Francesca Cinelli, artista e manager di David, e il suo nuovo quartetto con giovani assi viaggia spedito con una pianista spagnola e una ritmica da Washington D.C. Dediche a Muhal Richard Abrams e Mingus, echi danzanti latin jazz, tempi dispari affrontati con monumentale destrezza, un clarinetto basso che evoca gli abissi di Dolphy, il tenore che ricapitola tutta la storia dello strumento. (guido festinese)

 

A CERTAIN RATIO
IT ALL COMES DOWN TO THIS (Mute/Self)
**** Qualcuno che ha vissuto appieno gli anni Ottanta li ricorderà, ma il trio mancuniano non ha mai raggiunto vette di notorietà tali da garantirgli un posto nel gotha della musica. Eppure sono stati tra i precursori del sound funk punk. E che non fossero proprio da buttare nel dimenticatoio lo dimostrano con questo tredicesimo album, dieci ottimi brani in stile, dal groove impeccabile e dalle chitarre in bello spolvero, anche grazie al nuovo producer guru della scena brit, Dan Carey. (roberto peciola)

FILIPPO COSENTINO
ASCENSION (Ipogeo Classic)
*** Guitar jazzman da sempre con un piede nella classica. Non stupisce dunque ascoltarlo nei panni di compositore in quattro quartetti (Ascension, Refugee, Il Tempo, The Victory) registrati a Budapest e interpretati dal locale Quartetto Speranza. Solo nella title-track suona (un sintetizzatore) anche l’autore. I brani rivelano forti richiami al minimalismo americano filtrato dal patrimonio colto europeo e da un gusto moderno attratto soprattutto dal post free. (guido michelone)

DUN-DUN BAND
PITA PARKA PT. 1: XAM EGDUB (Ansible Editions)
**** Il chitarrista canadese Craig Dunsmuir è al comando di questa formazione attiva dal 2016. I dieci musicisti si muovono tra jazz, minimalismo e reminiscenze di marca afro. Si tratta di una strana miscela da cui sembrano affiorare a tratti sia Bill Frisell che le melodie dell’highlife music di stampo ghanese. Il tutto in tre incisioni dalla lunghezza di circa 35 minuti. Selezioniamo No. 7 (Nilan). (gianluca diana)

TONI GERMANI QUARTET
EASY PIECES AGAINST WAR VIRUS & CRISIS (Splasch)
**** Un trinomio diabolico pandemia, crisi economica, guerra: è (anche) per questo che servono certi dischi, per ricordarci che un’altra normalità è possibile anche se ha le stesse stimmate pregiate del socialismo come lo indicava Brecht: una semplicità complicata da farsi. Guizza il contralto di Germani, alla testa di un quartetto che lavora sodo sullo swing e l’interazione in otto brani a tema nati senza fronzoli e senza supponenza:: puro suono jazz in forma canzone, solidi e ben suonati. E i titoli dicono tutto. (guido festinese)

MALUTEMPU
MALA TEMPORA CURRUNT (Skenè Cultura)
*** Antonio Olivo, deus ex machina di Malutempu, dopo trascorsi metal e prog, si inventa questo progetto in cui torna alle sue origini, alla tradizione calabrese e in generale alle suggestioni sonore del Mediterraneo. Nonostante il titolo “cupo”, il disco, tutto strumentale (a parte un brano con cantato in dialetto), non è dark come uno si aspetterebbe dal titolo. Tutte le tracce sono un perfetto intreccio di chitarra acustica, violino e fisarmonica, che danno al progetto un sound tra il folk e la colonna sonora. Impeccabili gli arrangiamenti. (viola de soto)

GIACOMO PUCCINI
I CANTI (BR Klassik/Ducale)
***** Nel centenario pucciniano il tenore Charles Castronovo, coadiuvato dalla Munchner Rundfunkorchester diretta da Ivan Repusic, incide un interessante cd con tracce che il compositore lucchese compose fuori dal campo lirico. È una delizia ascoltare Avanti! Urania, il vituperato Inno a Roma, Morire? e la giovanile Salve Regina insieme ad altre brevi composizioni. A completamento Repusic dirige tre pagine sinfoniche delle quali il Capriccio sinfonico rimane un vero capolavoro. (marco ranaldi)

ANDREA RICCIO
ARTIC AKI (Konsequenz)
**** Il giovane pianista napoletano riscopre una notevole musicista, Annette Dieudonné (1896-1990), le cui Douze images en courts prélude sono la dimostrazione di un romanticismo tastieristico; ad esse viene accostata la Kreisleriana op. 16 di Robert Schumann, capolavoro del romanticismo ottocentesco; nel mezzo ecco la sorpresa di Blonde e By This River due gemme di Brian Eno a dimostrazione di come oggi l’antico e il moderno possano convivere sulle note di uno strumento. (guido michelone)

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