ExtraTerrestre

«Gli uccelli si sono ripresi gli spazi sottratti dagli umani»

Intervista Mai come in questa primavera silenziosa nelle strade deserte risuona il canto dei volatili, per tutelarli ai comuni è stato rivolto un appello per non danneggiare le nidificazioni con le potature degli alberi

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 30 aprile 2020

Un cerbiatto si è spinto fino in riva al mare e gioca stupito fra le onde salate. Una cicogna è stata vista volare nel cielo di Milano. Mamme anatre con disciplinati figlioletti attraversano le strade delle città italiane, mentre un rinoceronte attraversa la via in Nepal. Tartarughe (che erano) in via di estinzione nidificano in gran numero sulle spiagge del Golfo del Bengala, disertate dai bracconieri. Squadre di leprotti saltano nei giardini urbani in Sicilia come in Lombardia. I delfini fanno capolino nei porti di Trieste e Cagliari. E poi merli dovunque. In questa quarantena di massa, «gli animali selvatici provano a riprendersi spazi che gli umani avevano sottratto», osserva Danilo Selvaggi, direttore generale della Lipu-Birdlife Italia.

Siamo entrati in una primavera silenziosa, ma diversa da quella denunciata da Rachel Carson nel suo libro del 1962, pietra miliare della coscienza ecologica. Adesso non sono i suoni della natura a mancare…

Il dramma sanitario e sociale in atto ha un rovescio della medaglia sotto il profilo naturalistico: gli uccelli – i piccoli migratori che vengono dall’Africa, ma anche le cince, i passeri, i merli – sono meno disturbati, osano di più in spazi di cui solitamente sono privati. E possono riprodursi con meno disturbo. Sono tante le specie migratrici in arrivo in primavera: le rondini, l’upupa, il torcicollo, il verzellino, il cuculo, il balestruccio, il codirosso comune, i rondoni. Il silenzio delle strade ha fatto risuonare il canto degli uccelli come forse non lo abbiamo mai sentito. E’ una situazione singolare e tecnicamente straordinaria. Il punto vero è far sì che ora che le cose torneranno normali, l’assedio alla natura non riprenda.

I vostri centri di recupero della fauna selvatica come affrontano questo periodo?

Sono aperti nove centri su dieci, dal Piemonte alla Sicilia. Abbiamo assunto le più attente misure per contribuire alla lotta contro la diffusione del coronavirus. Il numero di volontari è stato portato da 450 a 90 per rispettare le misure dei decreti. Nel mese di marzo abbiamo ricoverato 458 animali selvatici, fra i quali 402 uccelli (di cui 29 rapaci) e 56 mammiferi (ricci, pipistrelli, istrici, lepri, tassi, testuggine di Hermann), 93 i giovani o nidiacei. Il grosso si registra sempre da aprile in avanti, fino a quasi tutta l’estate. Sarà impegnativo. Dobbiamo essere bravi a curare gli animali contribuendo nel contempo al cordone sanitario.

Avete notato una diminuzione dei conferimenti di animali in difficoltà, visto che le persone stanno a casa anziché, per esempio, muoversi nei parchi?

In questo periodo solitamente nei nostri centri arrivano cittadini per recapitare animali selvatici, spesso super protetti. Rispetto all’anno scorso, i ricoveri sono in leggero calo. La gente che magari in una breve uscita trova un animale selvatico in difficoltà lascia tutto per trovare il modo di soccorrerlo. Ovviamente evitiamo contatti diretti con le persone che consegnano. Abbiamo chiesto alle autorità una risposta ufficiale in merito agli spostamenti sul territorio per il soccorso della fauna selvatica, da parte sia dello staff e dei volontari che dei cittadini. Sembra emergere da alcune note del ministero della Salute che la decretazione vigente li permetta, trattandosi di benessere degli animali. Peraltro il nostro invito è: telefonate, prima, al centro più vicino. Salvo i casi in cui gli animali appaiano in evidente difficoltà o pericolo, è bene non disturbarli. Gli uccelli sono in piena attività, costruiscono il nido, covano e in seguito insegnano ai piccoli come muoversi nel territorio e fuori dal nido.

Come funziona la «delibera salvarondini» a cui hanno aderito 145 comuni italiani?

Rondini, rondoni, balestrucci percorrono migliaia di chilometri, sorvolano il continente africano, superano ostacoli di ogni tipo per tornare a trovarci. Casa nostra è anche casa loro. Questo è il significato della delibera rivolta ai sindaci per salvaguardare le colonie di rondini in ambito rurale e di rondoni e balestrucci in ambito urbano. Vengono regolamentati i modi, i periodi e le soluzioni da adottare nella ristrutturazione degli edifici per tutelare le specie che nidificano. Si tratta di non intervenire durante i mesi di riproduzione, non occludere i fori utili per la nidificazione, non distruggere i nidi. Abbiamo anche rivolto ai comuni e ai privati un appello a evitare le potature degli alberi: per non danneggiare la nidificazione e per evitare che la rimozione dei nidi possa generare ulteriori spostamenti a mo’ di soccorso.

E nel post-Covi19, il rapporto con i selvatici, che è fra le origini del pandemia, sarà una cartina di tornasole del cambiamento?

Saremo di fronte ad un bivio: da un lato le pressioni per derogare alle norme ambientali e ricominciare come e peggio di prima, dall’altro la necessità di un grande cambiamento, una rivoluzione ambientale: ripensare i modelli urbani, salvaguardare gli ecosistemi, abbandonare un’agricoltura che dissipa le risorse naturali come acqua, suolo e biodiversità, e avvelena l’ambiente. Insomma decidere se vogliamo voltare pagina e provare a guarire davvero, e non solo dal virus.

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