Gli oggetti dalla doppia vita
Omaggi Il 29 aprile, al cinema Trevi di Roma, una serata dedicata all'artista Rä di Martino, che lavora con le immagini in movimento sul confine labile della memoria e della finzione
Omaggi Il 29 aprile, al cinema Trevi di Roma, una serata dedicata all'artista Rä di Martino, che lavora con le immagini in movimento sul confine labile della memoria e della finzione
L’atmosfera temporale è sempre sospesa, ma non congelata. Il luogo è spesso in dismissione, in procinto di essere abbandonato o già caduto nell’oblio, prima ancora che ce ne accorgessimo. E gli oggetti sembrano esangui, hanno perduto la loro coerenza semantica, sono rimasti preda del tempo, intrappolati nel vento, nella polvere, nelle macerie che diventeranno quando la loro identità di scarti non sarà più dilazionabile.
Vedere tutti insieme i corti dell’artista Rä di Martino (nata a Roma nel 1975, studi a Londra, poi un trasferimento a New York e infine il ritorno in Italia, a Torino) produce un cortocircuito concettuale che, alla fine, offre un’inaspettata rivelazione: l’improvviso risarcimento – tramite l’immaginario – di quei «reperti» che l’artista raccoglie e immortala, facendone prima esperienza diretta, poi seguendoli nel loro sdoppiamento, in attesa che riprendano un’esistenza non più legata alla loro utilità, ma creativa, forse surreale, certo desiderante.
L’occasione di questa full immersion è la rassegna Art/Trevi, a cura di Alessandra Mammì che il 29 aprile, presso il cinema Trevi di Roma, vedrà come prima protagonista proprio Rä di Martino.
Nonostante i soggetti differenti e le trame sideralmente lontane, i plot dei suoi video si somigliano: pullulano di oggetti che si trasformano in presenze fittizie, germinali proposte di altre vite possibili. È così per le archeologie del cinema – i set abbandonati dei film in Marocco che vengono smangiucchiati dal tempo e insieme rivissuti – con naturalezza o con rievocazioni guidate – dagli abitanti del posto. È così per i magazzini Mas (The Show Mas Go On, il corto presentato al festival di Venezia) la cui merce approda a storie di apparente ordinarietà che presto deviano verso l’onirico, sulla scia di un telefilm come Ai confini della realtà, un’intuizione che scatta di fronte ad alcuni spazi disabitati («ho scoperto che sopra c’era un piano interamente vuoto..»
È così, in fondo, anche per la parola, sempre straniata, mai tautologica rispetto all’immagine, che Rä di Martino introduce: Filippo Timi e Anastasia Astolfi in La camera imitano un oggetto che ha perso la sua potenza evocativa – la tv – prestandosi ad essere registratori viventi di interviste e pezzi di tg andati in onda, mettendo in scena un repertorio ormai desueto, rianimato da corpi reali. Interviene l’artista, come d’abitudine, sul ciglio della sparizione.
Spesso, la recitazione da lei richiesta agli interpreti (Filippo Timi, Maya Sansa, Sandra Ceccarelli, Iaia Forte) è un gioco di scatole cinesi: si intrecciano citazioni teatrali, filmiche, musicali, mentre il culto romantico del rudere «alla Grand Tour» riesce a spiazzare lo sguardo – peraltro già smaliziato – del pubblico chiamato alla visione (e all’ascolto).
In questo senso, l’artista è profondamente classica, ha un approccio all’immagine erudito, nutrito di cultura. Non dimentica mai la Storia e la ri-narra con la consapevolezza che memoria e verità non sempre coincidono. La finzione può insinuarsi anche nella cavillosa ricerca d’archivio. Come è avvenuto nel suo Authentic News of Invisibile Things: qui i dummy tank – quei carrarmati scolpiti nei materiali più disparati per ingannare le strategie militari dei nemici, giocattoloni ad uso e consumo di guerre verissime – tornano come veicoli funzionanti grazie al cinema e alla sua prodigiosa capacità performativa. Vediamo un dummy tank attorniato da persone curiose a Lille nel 1918 e poi un re-enactment con un carrarmato vero: il documentario diventa paradosso. È l’illusione dell’arte, la sua «infiltrazione» installativa a manipolare la testimonianza (come fanno, per altri versi, anche Richter e Boltanski).
In tempi brevi, l’artista viaggerà ancora alla volta del Marocco per mettere punto il suo prossimo progetto. Destinazione Marrakesh, per lavorare intorno alle piscine dei complessi residenziali che stanno sorgendo come funghi, ridisegnando lo skyline di una città e falsando le sue origini. Sarà l’acqua a proporre una «forma» coesa di un fenomeno urbano disarticolato. Come per i magazzini Mas, il piano di lettura sarà fra le righe, catapultato in mezzo a improbabili apparizioni.
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