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Gli Odiosi otto si sfidano nella neve

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Cinema Tarantino qualche mese fa aveva giurato di non girarlo più, dopo che lo script era finito in rete. Adesso «The Hateful Eight» è diventato un «read» pubblico, aspettando il film

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 22 aprile 2014
Luca CeladaLOS ANGELES

Non era probabilmente mai accaduto prima che una sceneggiatura non prodotta ottenesse un grado di notorietà simile a quella di Quentin Tarantino per Hateful Eight. Per ricapitolare: l’anno scorso Tarantino annuncia di essere al lavoro su un nuovo film. Anche questo, come Django Unchained, che gli è valso l’Oscar per la sceneggiatura, sarà un western, ambientato dopo la fine della guerra civile. A gennaio il blog Defamer, una specie di Dagospia di Hollywood, ottiene e pubblica una copia della sceneggiatura.
Tarantino monta su tutte le furie annunciando una querela e accusando gli agenti degli attori a cui aveva preliminarmente prestato il copione (fra gli altri Bruce Dern, Samuel Jackson e Tim Roth) di avere indebitamente passato lo script ai blogger. In queste condizioni, afferma, non farà più il film e tanto peggio per tutti.
Due settimane fa Film Independent la fondazione che sponsorizza il festival di Los Angeles e gli Independent Spirit Awards annuncia però che in via eccezionale il regista condurrà un «live read» – una lettura dal vivo – degli Odiosi Otto destinato a vivere così, per una sola sera, in forma di «lettura drammatica» di un gruppo di attori diretti dallo stesso Tarantino. Un «read» consiste, appunto, nella recitazione pubblica e integrale di un copione da parte di un cast, simile a quelli condotti nelle prove prima delle riprese di un film. Il formato è diventato molto popolare in città grazie alla serie di «reads» presentati al museo LACMA con la supervisione di Jason Reitman (Juno, Labor Day) .
Il programma di quest’anno si è concluso proprio giovedì scorso con la lettura de Il Laureato a cui ha partecipato Sharon Stone nei panni di Mrs. Robinson, e alla presenza di Buck Henry lo sceneggiatore originale del film.
Il «read» a sorpresa annunciato da Tarantino non ha invece precedenti in quanto basato su un materiale destinato a non essere mai prodotto altrove, il che spiega il tutto esaurito fatto in pochi minuti quando sono stati messi in vendita i 1600 biglietti del United Artist Theater di Los Angeles.
Fuori dal vecchio movie palace, da poco restaurato, sabato alle otto c’era una ressa delle grandi anteprime; cinefili, addetti ai lavori e tarantinisti incalliti hanno fatto diligentemente la fila depositando i cellulari rigorosamente proibiti come condizione per l’occasione unica di ascoltare la sceneggiatura «maledetta».
Poco dopo la folla è esplosa in applauso quando Tarantino è salito su palco in tenuta western da «man in black», compreso stetson nero sventolato a mo’ di rodeo. Dall’introduzione e diventato subito chiaro che la sua rinuncia al film è stata meno che perentoria : «Fra poco ascolterete la prima stesura di Hateful Eight – ha annunciato il regista – sono al lavoro alla seconda e sicuramente ne seguirà poi una terza…». In altre parole un programma piuttosto chiaro di pre produzione di un film che prevede di fare. Poi, accolto da un tifo da stadio, il regista ha presentato il cast della serata come i «Tarantino Superstars», tutti collaboratori di lungo corso: Kurt Russell, Samuel L. Jacskon, Amber Tamblyn, Walton Goggins, TimRoth, Michael Madsen, Zoe Bell e Bruce Dern.
Gli attori hanno preso posto sulle sedie disposte sul palcoscenico scarno e Tarantino si è messo dietro il leggio posizionato sulla destra, ed ha cominciato a raccontare il suo film. «Esterno giorno. Una pianura innevata del Wyoming ripresa in tutta la gloria dei 70 millimetri… In lontananza scorgiamo una diligenza che attraversa il panorama mozzafiato a tutta velocità…».
Tarantino, si sa, sa essere con grande agio un gran «raconteur» e, con consueta animazione, ha descritto come la «stage coach» contenesse due passeggeri, legati ai polsi con un paio di manette : il cacciatore di taglie John Ruth (Russell) e la sua prigioniera Daisy Domergue (Tamblyn), un’ assassina che Ruth sta portando al patibolo nella città di Red Rock (a fronte di una lauta taglia). Ben presto si imbattono in un uomo nero che fuma la pipa in mezzo alla pista seduto su tre cadaveri. È il maggiore Marquis Warren (Jackson) della cavalleria nordista (di cui indossa ancora l’uniforme)passato anch’egli dopo la guerra all’attività di «bounty hunter» freelance.
Warren è un a vecchia conoscenza di Ruth e, caricato il suo cargo sulla diligenza, il maggiore si unisce alla comitiva. Poco più tardi ecco un nuovo incontro con un uomo dal forte accento sudista, anche lui vittima di un incidente di cavallo ed appiedato in mezzo alla prateria congelata. È Chris Mannix (Walton Goggins) un ribelle irregolare del Missouri, noto per le scorribande a fianco dei confederati e le violente rappresaglie conto i neri emancipati. Fra lui e il maggiore Warren ci sono subito scintille di ostilità ideologica e razziale. Il gruppo per ripararsi da una terribile bufera di neve, raggiunge la stazione di posta detta Millie’s Haberdashery, tenuta da un improbabile oste francese. Il resto del «film» si svolge perlopiù in quest’unica location dove i nostri si uniscono a un boia (Tim Roth), un anziano generale confederato (Dern) e un taciturno cowboy (Madsen). Le dinamiche nel gruppo sono scandite dal solito dialogo a raffica che rivela inesorabilmente conflitti far i personaggi e alza vertiginosamente il livello di pericolo.
Vista l’ambientazione, la professione e razza dei due protagonistiprincipali, i paralleli con Django diventano chiaramente inevitabili, anche perché Tarantino torna con questo testo a elaborare in chiave «postmoderna» il retaggio di schiavismo e secessione. Ma il tono della trama che carica la tensione in un ambiente confinato porta alla mente anche certi passaggi di Death Proof, e la scena della taverna di Bastardi Senza Gloria.
Dato che la parola è il fondamento dell’artificio tarantiniano, Odiosi è un western «dialettico», e il dialogo è consuetamente infarcito di sofismi e turpiloquio quanto l’azione lo è di brutalità. Da quello che abbiamo visto sul palco del United Artists, le polemiche ancora una volta divampate dopo Django – in particolare sull’uso di epiteti razzisti – non hanno minimamente inibito la rivendicazione del regista al loro uso come legittima espressione artistica. Regista e personaggio, da dietro al suo leggio, Tarantino ha descritto scene e inquadrature, simulato effetti sonori, snocciolato riferimenti e citazioni di classici del genere e a volte ammiccando direttamente al pubblico senza lasciar ombra di dubbio su chi fosse in completo controllo del materiale e della serata. «Eh no, eh!» – ha esclamato a un certo punto rivolto ai suoi attori – evitiamo di co-sceneggiare. Attenetevi al testo per favore». Uno scorcio impagabile sul processo creativo e sul metodo di uno dei registi più carismatici oggi attivi. Una serata di tarantinismo puro per la gioia dei fan a cui rimane ora solo una grande voglia di vedere il film completato.

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