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Gli Interpol davanti allo specchio deformato del proprio presente

Gli Interpol davanti allo specchio deformato del proprio presenteGli Interpol

Musica «The Other Side Of Make-Believe», uscito per Matador, è un ritorno che lascia qualche perplessità

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 20 agosto 2022

A un certo punto, il rischio è quello di un determinismo pandemico che faccia scaturire modalità di produzione e scelte stilistiche unicamente dalle mutate condizioni degli ultimi due anni.
Le dichiarazioni della vigilia avevano ripetutamente sottolineato le conseguenze del lockdown su The Other Side Of Make-Believe (Matador), ultimo album degli Interpol: a partire dalla scrittura, condotta da Paul Banks nel suo buen retiro scozzese da cui sarebbe uscito per re-isolarsi con Daniel Kessler e Sam Fogarino – anno di grazia 2021 – sui monti Catskill, ricomponendo poi il tutto a Londra, grazie alla produzione congiunta di Alan Moulder e Flood. Un iter portato avanti per piccoli passi, agglomerando i singoli frammenti come del resto accade da sempre nella produzione discografica contemporanea.

NON C’È DUBBIO che il risultato mostri diverse discontinuità con il lavoro precedente della band di Manhattan. Lo si avverte nella voce di Banks, che cede diversi decibel a vantaggio delle chitarre di Kessler, protagoniste a livello timbrico di gran parte delle tracce (tanto che a metà tracklist verrebbe da implorarlo di spostare il potenziometro dal range dei medio-alti). Lo si evince dall’interplay, dalle dinamiche trattenute e dal mix che accentua la separazione strumentale, prendendo al contempo le distanze dalla ruvidità originaria dell’Interpol-sound. Difficile tuttavia attribuire tutto ciò alla genesi a distanza, come hanno scritto in tanti. E lo stesso vale anche per i testi, pur maggiormente legati all’attualità. Insolitamente introspettivo, Banks canta di alienazione, futilità dell’esistenza, autoreferenzialità, ricerca di quella perfezione apparentemente inderogabile per farsi accettare dalla massa e dai media.
Se c’è un concept in The Other Side Of Make-Believe – non certo inedito, né filosoficamente sviluppato – è quello dell’uomo contemporaneo che, intrappolato in un mondo virtuale, tenta di avvicinarsi sempre più all’immagine del proprio avatar, finendo per smarrire se stesso. Ma a ben vedere è il rischio che stanno correndo gli stessi Interpol, nel tentativo di mascherare i propri tratti somatici davanti a uno specchio malfermo, come quello che in copertina si regge in equilibrio precario sulla punta di un coltello. E resta il dubbio se The Other Side Of Make-Believe possa essere il primo passo di un nuovo corso o semplicemente un’altra faccia della finzione.

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