Dario e Morel Favorito sono i nomi di due cavalli. Si tratta di due destrieri delle famose scuderie dei Gonzaga che Giulio Romano ritrae in una sala di Palazzo Te a Mantova insieme ad altri quattro nobili corsieri, due dei quali avrebbero nome di Glorioso e di Bataglia. Del quinto e del sesto componente dell’aulico consesso non ci restano i nomi. E tuttavia pochi non sono i nomi dei cavalli dei Gonzaga che ci sono tramandati.

Alcuni possiamo ricavarli da un promemoria dove il marescalco ducale Bernardino dà conto di puledri nati tra 1497 e 1499. Vi leggiamo, tra l’altro, che una baia dal nome di Campagnolla partorisce una «biondella il 9 de zugno 1498», figlia del Frixonzello. Da la Marinara il 19 di marzo del 1499 nasce un baio chiaro «cum una stella in fronte», figlio di Rochaforte; e un baio «balzano dal pè mancho de drè», anch’esso «cum una stella in fronte», nacque da una cavalla «dicta la Stella», figlia di Liardo. Altri nomi e assai fascinosi riporta lo staffiere Carlo Conte alla data del 7 dicembre 1521, tre anni prima dell’arrivo a Mantova di Giulio Romano, quando assumerà da Federico II Gonzaga l’incarico dell’impresa di Palazzo Tè. Nomi con i quali quei corsieri balzano vivi alla nostra immaginazione come sfilassero al passo davanti a noi in un ideale corteo. Ecco il Depinto, senza dubbio bellissimo, e Spezzacatena, per certo impetuoso e gagliardo. Ed ecco Meczanotte, dal mantello nero fondo. Lo segue il Matto Zanetto che ti par non intenda star al posto ed ogni tanto scarta bruscamente da un lato, mentre, al contrario, procede calmo il baio Bon Tempo, mansueto e docile quasi quanto No Te Ghe Pensa, che non ha mai creato un fastidio allo stalliere e sa in ogni occasione, disciplinato, il fatto suo. Nella sala di Palazzo Te i sei campioni sono compenetrati dell’incarico prestigioso loro affidato quali rappresentanti eccellenti delle scuderie ducali. E stanno in posa pazienti, mentre Giulio li ritrae nulla tralasciando d’ogni minimo particolare del loro aspetto. A cominciare dai nobili musi, descritti dalla fronte alla ganascia, e poi l’arco del dorso dal garrese alla groppa, per non dire la precisa resa delle zampe, che sono diverse in ciascuno, e Dario ha nodelli, speroni e fiocchi fino alla corona dello zoccolo che puoi confrontare con quelli di Morel Favorito e constare la precisione del pennello di Giulio.

Proprio il ritratto di Morel Favorito ha posto agli studiosi qualche interrogativo. Sappiamo infatti, assai caro al duca Federico, di un Morel Favorito che accusava per vecchiezza guai alla vista e molti acciacchi e di varia natura. Viene dunque affidato alle cure del veterinario Angelo, assai reputato a corte e che godeva di alta considerazione presso il duca. Angelo non lascia nulla di intentato. Ad acquisire una diagnosi attendibile dei mali di Morel Favorito, tale da consentirgli di approntare una adeguata ed efficace terapia, Angelo non indugia a praticare un piccolo intervento. L’esito è infausto. Si legge in un appunto consegnato al duca che Angelo «l’ha fatto aprire et a trovato li rognoni e li reni marzi». Morel Favorito morirà il 19 ottobre del 1524.

Il fatto
A quella data Giulio Romano non è ancora giunto a Mantova ove arriva alla fine di ottobre. E i lavori di Palazzo Te hanno inizio di lì ad un anno, alla fine del 1525. Dunque avremmo nella sala un ritratto postumo di quel destriero tanto amato dal Duca? Quanto abbiamo sottolineato dei cavalli degli affreschi mantovani, d’essere cioè ritratti eseguiti con il soggetto in posa, fa decisamente propendere per un’altra ipotesi che appare in ogni caso più attendibile.

E potrebbe essere la seguente. Come risulta dalle carte dell’amministrazione delle scuderie ducali, il nome Morello era frequentemente impiegato. Un altro Morello, allora, raffigura Giulio quale favorito e prediletto, a testimoniare la predilezione del duca per quel nome.

Ancora una notazione possiamo aggiungere. Dario, Bataglia, Glorioso, Morel Favorito con i due dei quali non si conservano i nomi, sono accolti nel fastigio delle pareti dipinte tra architetture dai ricchi sapori corinzi, divinità antiche e accanto alla narrazione delle celebrate fatiche di Ercole. Loro, cavalli così vivi e altrettanto immortali.