Nei momenti di crisi riemerge l’opera di Raffaele Viviani, autore e drammaturgo, attore e cantante, poeta della Napoli tra le due guerre, osservatore curioso e instancabile del sottoproletariato urbano. Così il regista Maurizio Scaparro porta in scena Viviani Varietà, la rappresentazione di un avvenimento realmente accaduto, il viaggio sul piroscafo Duilio da Napoli a Buenos Aires, nel 1929, dove il grande artista prova alcuni suoi numeri di macchiette, caricature, canzoni e coreografie. Dopo il debutto al 75° Festival del Maggio Musicale Fiorentino, prosegue il viaggio di Massimo Ranieri e Maurizio Scaparro tra le poesie, le parole e le note del teatro di Raffaele Viviani, una produzione della Fondazione Teatro della Pergola e Compagnia Gli Ipocriti, al Teatro Argentina di Roma fino al 28 aprile (poi Novara, Ascoli Piceno).

«La prosa di Viviani con la grande musica di Viviani non è mai stata rappresentata tutta insieme come in questa occasione- ha dichiarato Scaparro – i conoscitori di Viviani sanno che in ogni sua grande opera – come Eden teatro e Musica dei ciechi – ci sono musiche scritte apposta, ma le canzoni, quelle note e quelle non note, e i canti scenici sono tutti separati l’uno dall’altro. L’unico che poteva interpretare Viviani Varietà è Massimo Ranieri, l’unico in Italia, e non solo, ad essere attore e cantante al tempo stesso».
Viviani Varietà attinge al patrimonio dell’autore partenopeo per raccontare i tempi difficili del crollo di Wall Street, di una società che stava mutando velocemente e di quelli che andavano a cercar fortuna nel nuovo mondo oltreoceano ma anche l’orizzonte di promesse e le speranze d’oggi, nel pieno di una rivoluzione tecnologica e di una interminabile crisi economica.

Sfila così una galleria di ritratti in musica che Viviani ha disseminato nelle sue opere, riunendo nelle sale di terza classe del piroscafo il popolo vitale e dolente degli scugnizzi, degli ambulanti, delle vedette e ballerine d’avanspettacolo, degli emigranti, della povera gente per farne i protagonisti e gli spettatori del varietà popolare che va in scena.Nel ruolo del direttore dello spettacolo (ossia Viviani stesso), Massimo Ranieri perfettamente a suo agio con le parti in prosa e con le canzoni, un artista instancabile che deve insegnare a stare in palcoscenico, a muoversi e a dire le battute bene e al momento giusto a un gruppo di poveracci: l’acquaiolo, il venditore di cozze, il tammorraro, il cafone, due passeggeri clandestini, marito e moglie incinta, e signorine senza arte né parte sciantose per avvenenza(esilaranti in Carmen Zucconas) pronte a debuttare nello show che festeggerà il passaggio all’Equatore, il simbolo spartiacque tra due mondi. «L’arte del variété è un’arte specialissima. S’impara da sé, per propria esperienza – scrive Viviani nella sua autobiografia – Pensate all’intelligenza condensata di un artista di varietà che ha pochi minuti per svolgere il suo ‘numero’ e in quei pochi minuti deve convincere. Quando un comico del variété dal solo modo di annunciare la prima ‘cosa’ che fa, non riesce a suscitare una risata o a incatenare la generale attenzione, va incontro al quasi insuccesso».

Un destino inevitabile per Papiluccio, come veniva chiamato Viviani da bambino, buttato sulla scena a 4 anni in un baraccone di periferia ma che poi «si mise a correre con a,e,i,o,u»» (come racconta in Guaglione), a studiare e a lavorare (orfano del padre a 12 anni), a migliorarsi senza mai dimenticare le sue origini modestissime, quell’universo di vicoli e quartieri diseredati, del quale cantò passioni, gioie e vita quotidiana. «Ho l’onore di interpretare proprio Raffaele Viviani e con qualche presunzione, io stesso sono vivianesco, perché sono nato al Pallonetto di Santa Lucia, rione povero e marinaro – racconta Massimo Ranieri – Mi sono sempre riconosciuto nella sua scrittura, dal mio primo spettacolo con Patroni Griffi Napoli, chi resta chi parte, rappresentato proprio alla Pergola trentasei anni fa. Mi sento figlio suo, faccio parte delle sue viscere e dei suoi scritti, e del suo popolo.»

Nella sala del piroscafo affacciata sul blu dell’oceano, scorrono le melodie più note di Viviani: So Bambenella ‘e coppa ‘e quartiere, Lavvannarè, L’emigrante, O guappo ‘nnammurato, Rumba degli scugnizzi fino a O Sapunariello, il venditore di stracci e detersivi tra le stradine del centro antico. «E intanto ‘o delegato e tutt’ ‘e gguardie/ vanno piglianno ‘a ggente ‘e malavita!/ Malavita, capite,accussì a chiammano/ Chella è ggente ca magnano, ca vevono,/ cu carrozze, triate, scampagnate;/ cu cocotte e ceveze et ceveze…/E chesta è malavita? Ve ne jate?!/ ‘A malavita overa, chella autentica,/è chella ca facc’i’ cu sta miseria!’! (….) No, nun redite, nun so’ ccose ‘a ridere,/ ca chella overo è na cummedità:/ pecché ‘o carcere è sempe un bell’impiego governativo ca vanno a ttene’!/Llà o chiove, o fa tempesta, o fanno ‘e ttronole,/ devi avere il vestito a quadriglié,/la zuppa, il letto e via scorrendo…»

Con la scena e i costumi di Lorenzo Cutùli, le eleganti elaborazioni musicali di Pasquale Scialò, i movimenti coreografici di Franco Miseria e Massimo Ranieri, i testi curati direttamente dal nipote di Raffaele Viviani, Giuliano Longone Viviani, il ponte del transatlantico si anima di testimonianze autentiche e performance improvvisate, registri comici e momenti malinconici, con Scaparro che fa risaltare la crudele ironia e l’immensa solitudine di questi personaggi in fuga verso la terra promessa. A Ranieri si accompagnano di volta in volta le interpretazioni di Roberto Bani, Ester Botta, Angela de Matteo, Ernesto Lama, Ivano Schiavi, Mario Zinno attore e batterista accompagnati dal vivo dall’orchestra di Massimiliano Rosati (chitarra) Flavio Mazzocchi (pianoforte) Mario Guarini (contrabbasso) Donato Sensini (fiati).