«Gli attentatori? Ribelli nichilisti»
Intervista Parla il regista di «Napolislam», Ernesto Pagano: «Dell’islam non sanno niente»
Intervista Parla il regista di «Napolislam», Ernesto Pagano: «Dell’islam non sanno niente»
“Il richiamo al califfato è solo un modo per dare un contenitore all’esplosione di violenza alla quale stiamo assistendo. Gli attentatori potrebbero richiamarsi al Führer e sarebbe la stessa cosa. In realtà ci troviamo di fronte a un rivolta nichilista che punta solo all’autodistruzione”. 35 anni, giornalista, arabista e regista, Ernestp Pagano è soprattutto profondo conoscitore dell’islam di casa nostra che ha raccontato in Napolislam, film-documentario (oggi diventato un anche un libro) sui percorsi che hanno portato dieci napoletani a convertirsi all’islam. Anche se vive da anni al Cairo, in questi giorni Pagano si trova in Italia per il montaggio di una serie realizzata per una televisione araba, prima di partire per la Tunisia dove sta preparando il suo nuovo film. “Un film che parla di integrazione – spiega – e del trauma collettivo degli immigrati arabi che una volta arrivati in Italia scoprono che non è il mondo che si erano raccontati ma non hanno il coraggio di confessarlo alle famiglie. Quindi quando tornano al paese si mettono il vestito buono e dicono che tutto va bene”
Cosa pensa degli attentati di questa estate?
Definirei quello che è successo a Nizza e a Rouen il simbolo di una rivolta sociale che però per la prima volta nella storia non ha un progetto e quindi si trasforma automaticamente in rivolta nichilista, autodistruttiva. Il richiamo al califfato islamico è un format molto superficiale che viene adottato per dare un contenitore simbolico a questa esplosione di violenza. Se andiamo a vedere le biografie degli attentatori vediamo che sono cresciuti in Europa e in fondo non avevano grandi rapporti con l’islam. Mi chiedo quanto conoscessero a fondo la parola jihad. Siamo all’avanguardia del nichilismo e questo c’entra e non c’entra con l’islam. Domani queste stesse persone potrebbero manifestare lo stesso disagio con la stessa violenza gridando magari viva il Führer o appellandosi a qualche altro contenitore simbolico di tendenza. Sono vuoti che si cerca di riempire con la religione oppure con altre ideologie massimaliste. Mi ricordo Francesco, il classico ragazzo dei quartieri e uno dei personaggi di Napolislam che prima della conversione mi faceva vedere le sue braccia piene di tatuaggi e mi diceva: ‘Parliamoci chiaro, noi ci facciamo tutti questi tatuaggi perché dentro siamo vuoti’. L’islam riempie questo vuoto e Francesco adesso copre i suoi tatuaggi con il kamis, la tunica bianca, ha la barba lunga e con la quinta elementare ha cominciato a leggere il Corano in perfetto arabo classico. Ma la storia degli attentatori non va confusa con quella dei protagonisti del documentario dove c’è la riappropriazione di una nuova identità e di una nuova dignità da parte di ragazzi che sono cresciuti ai margini, ma non perché sono arabi.
Ha parlato di rivoluzione nichilista. A pagare però sono vittime innocenti.
Negli attentati non c’è rispetto per la vita degli altri, ma si perde il rispetto anche per la propria vita. La cosa terribile è che in queste azioni non ci sono obiettivi politici né strategici. Tagliare la gola a un parroco di provincia non credo che sia un obiettivo strategico del califfato islamico. Tutto questo è drammatico, perché fa capire che ci stiamo muovendo in un deserto culturale devastante.
Lei ha detto: facciamo attenzione a non confondere l’integralismo con il terrorismo. Cosa significa?
L’integralismo è la visione integralista di una religione o di un’ideologia. Quello islamico può essere anche sinonimo di un’estrema ortodossia. Il problema è che l’islam ha avuto un’elaborazione così complicata e priva di una leadership perché non ha una chiesa, purtroppo ognuno può leggerlo come vuole. Se da una parte questo è una forza, dall’altra lo lascia in balìa dei più forti. A partire dagli anni ’70 il mondo musulmano è stato colonizzato dall’Arabia Saudita che ha elaborato un modello di islam oscurantista depurato da ogni elemento che riguarda la cultura nell’islam. In Egitto, in Tunisia, in Marocco, dove c’è il culto dei sufi e dei marabutti e con molte feste locali legate a figure che sono un po’ come i nostri santi, tutto è stato spazzato via o comunque l’Arabia Saudita prova a spazzarlo via con la dawa, che sarebbe la sua predicazione. I musulmani sono le prime vittime di questa colonizzazione culturale, non l’Europa.
Ma l’integralismo non è una forma di radicalizzazione?
Si ma non necessariamente.
E quindi può portare al terrorismo.
Può portare al terrorismo ma non è detto che accada. Alcuni personaggi di Napolislam si ritengono integralisti e magari si definiscono ortodossi perché oltre alle cinque preghiere praticano anche quelle supplementari o perché cercano di seguire alla lettera quello che c’è scritto sul Corano, ma non credo che sognino di farsi saltare in aria o di uccidere qualcuno. Anche perché chi esalta l’islam esalta anche la sua dimensione di pace.
La maggior parte dei casi di radicalizzazione sembrano verificarsi nelle regioni del nord. Perché secondo lei?
Sicuramente c’è un dato quantitativo. Nel nord ci sono più seconde generazioni, si verificano a volte le stesse dinamiche sociali che si possono ritrovare in Francia. Al Sud è molto più difficile che capiti. A Napoli centro e periferia si sovrappongono e si mischiano, non ci sono forme di marginalizzazione così sistematiche e ordinate come potrebbero ritrovarsi al nord.
Eppure Napoli è una città dove emarginazione e povertà possono essere molto forti.
E’ vero, ma è come se venissero contenute fisicamente. A Napoli c’è un tale miscuglio che crea una sorta di rete di contenimento anche dell’emarginazione. Nella stessa strada puoi trovare forme di emarginazione diversa e questo si vede molto bene alla Moschea di Piazza Mercato dove da una lato c’è la Moschea frequentata prevalentemente da immigrati algerini, che spesso fanno lavori umili o sono disoccupati, e di fronte c’è una signora che si fa chiamare ‘Maria la musulmana’ ma che in realtà è devota a Padre Pio e prepara la pasta per i musulmani che fanno il Ramadan. E suo figlio è un abusivo che vende calzini alla stazione di piazza Garibaldi. Loro sono cristiani ma lui qualche anno fa ha ricevuto l’elemosina dalla Moschea.
Dopo l’uccisione del parroco di Rouen c’è stato l’invito rivolto dai cattolici ai musulmani di pregare insieme in chiesa. C’è chi ha definito questo come un gesto di propaganda.
Dal punto di vista simbolico è stato un gesto di grande civiltà e umanità. Dopo di che mi sembra che lasci il tempo che trova, perché sembra avallare la teoria secondo cui se un ragazzo grida Allah akbar in Normandia tutti i musulmani si devono schierare contro di lui. Come se la comunità islamica, che è una minoranza all’interno del nostro paese, si debba fare carico di questo attentato. Questo significa scaricare la responsabilità di un atto solo sulle spalle dei musulmani, quando invece sono tutti gli europei a doversi fare carico degli atti di un cittadino nato, cresciuto e adottato dall’Europa. Questo modo di fare contiene una certa dose di malafede, ma anche un implicito razzismo perché si comincia a marcare i confini tra un noi e un loro e questo è molto pericoloso. Se vogliamo restare una società laica e multiculturale non dovremmo fare discorsi basati sulla religione.
La diffidenza verso i musulmani è destinata ad aumentare?
Se il clima è questo penso propri di sì, anche se devo dire che stando a contatto con le persone ti rendi conto che noi italiani siamo migliori di come ci raccontiamo.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento