Cultura

Gli «atipici» corpi delle donne attraverso il lockdown

Gli «atipici» corpi delle donne attraverso il lockdownCaroline Criado Perez in colloquio con Nigel Shadbolt (foto di Paul Clarke)

Intervista Parla Caroline Criado Perez, a partire dal suo libro «Invisibili», per Einaudi

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 30 maggio 2020

Poco più che trentenne, nel 2017 Caroline Criado Perez ha dichiarato guerra alla Bank of England che per le nuove banconote da 10 sterline aveva deciso di sostituire il volto di Elizabeth Fry, «l’angelo delle prigioni», con quello di Winston Churchill, cancellando così le donne (regina Elisabetta a parte) dalle banconote britanniche. Combattuta con grinta e sagacia mediatica, la giovane attivista ha vinto la sua campagna e al posto dell’«ennesimo maschio bianco», sul tenner campeggia ora l’effigie di Jane Austen.
La stessa tenacia, lo stesso senso acuto dell’ingiustizia pervadono Invisibili. Come il nostro mondo ignora le donne in ogni campo. Dati alla mano (Einaudi, pp. 458, euro 19. 50).

Titolo e sottotitolo spiegano bene il contenuto di questo libro-inchiesta che attraverso miriadi di episodi e di cifre vuole mostrare come «viviamo in un mondo in cui il maschile è considerato universale e il femminile ’atipico’». Forse non tutti gli esempi sono ugualmente efficaci, e tuttavia l’ipotesi che ci sia una sorta di unità di misura basata sull’uomo (maschio) e che spesso né le donne né gli uomini se ne rendano conto, tanto questo è introiettato nella società, regge.

Un ambito significativo è la medicina di genere, campo di studio recente grazie al quale si comincia infine a comprendere come le differenze tra uomo e donna non siano circoscritte all’apparato riproduttivo (interessante in questo senso un altro libro, Fortissime per natura, del medico Carlo Selmi, uscito per Piemme, pp. 144, euro 16.50). Molte osservazioni contenute in Invisibili trovano riscontro nella crisi legata alla pandemia a cui Caroline Criado Perez dedica ulteriori approfondimenti nella sua newsletter Invisible Women. Ne abbiamo parlato con l’autrice, raggiunta – ovviamente a distanza – durante il lockdown.

Nel suo libro lei scrive che in tempo di crisi le disparità fra i generi aumentano. Come commenta la situazione attuale?
È triste vedere come quello che ho scritto trovi conferma. La prova che in medicina la differenza di genere non sia mai stata tenuta nel giusto conto l’abbiamo sotto gli occhi. Dato che gli studi in questo campo sono ancora relativamente rari, ci mancano gli strumenti per capire come mai le donne sembrino reagire al coronavirus meglio degli uomini. Ho letto che fra i vari tentativi di contrastare il contagio negli Usa hanno iniettato estrogeni nei pazienti di sesso maschile.
Ora io non sono un medico, ma mi pare che esperimenti simili riflettano una visione semplicistica, come se le differenze tra uomo e donna si limitassero a una questione di ormoni. Insomma, è chiaro che se conoscessimo meglio il funzionamento del corpo femminile nel suo complesso, saremmo più attrezzati rispetto al virus.

A parte gli aspetti medici, quali sono gli altri effetti negativi della «invisibilità» delle donne al tempo del Covid-19?
Non abbiamo ancora dati completi sull’impatto del lockdown, anche se sicuramente la clausura ha favorito casi di abuso che non sempre emergeranno allo scoperto. Quello che possiamo dire fin d’ora è che fra i lavoratori-chiave, costretti a uscire nel momento della massima emergenza, una percentuale molto alta è composta da donne con impieghi di fascia bassa, scarsamente retribuiti. E la presenza dei bambini, rimasti a casa per la chiusura delle scuole, ha portato con sé un doppio carico di lavoro per le madri. Pensando alla fase 2 e a quello che verrà dopo, è necessario prendere misure specifiche per contrastare queste disparità.

Si è detto spesso che nei paesi dove a capo del governo c’è una donna, dalla Germania alla Nuova Zelanda, la reazione alla pandemia è stata più pronta ed efficace. Cosa ne pensa?
Sarei molto cauta nel mettere l’accento sull’impatto di una leadership politica femminile nella risposta all’emergenza. Certo, a prima vista pare che le donne dimostrino maggiore attenzione rispetto a nodi cruciali, come l’istruzione o i servizi sociali. Ma la situazione in cui ci troviamo è tanto complessa che non si può fare riferimento solo alle figure al vertice. Sono questioni che vanno guardate in un’ottica più ampia.

Pensando a un mondo consapevole delle specificità femminili, quali misure ritiene più urgenti, nel passaggio dal lockdown alla fase 2?
Partendo dall’ambito medico, che resta centrale, un punto su cui bisogna agire è la protezione per il personale sanitario. Sono stata inondata di messaggi che segnalano come mascherine e tute siano concepite per le misure di corpi maschili e non garantiscano la sicurezza necessaria o la funzionalità del lavoro. Importante poi è ripensare il sistema dei trasporti tenendo conto del distanziamento fisico imposto dalla pandemia e delle diverse modalità di spostamento tra uomini e donne. Purtroppo la crisi del trasporto pubblico legata al coronavirus potrebbe portare a un aumento nell’uso delle auto: un effetto ecologicamente insostenibile! Dobbiamo puntare invece su biciclette e su pedonalità: del resto, come ho scritto in Invisibili, le donne si muovono a piedi molto più degli uomini. Sarebbe quindi utile prevedere un ampliamento dei marciapiedi, in modo da consentire un transito numeroso pur nel rispetto delle distanze di sicurezza. E poi, naturalmente, vanno prese misure economiche e sociali che guardino alle peculiarità del lavoro femminile, in particolare in settori come il turismo, dove la presenza delle donne è numerosa.

Ha in mente possibili azioni individuali in questo senso?
Per quanto sia convinta che anche i comportamenti delle singole e dei singoli abbiano un peso, credo che di fronte a un problema grave come questo, la migliore azione possibile sia fare pressione sui governi attraverso raccolte di firme e proteste organizzate abbastanza forti da trovare ascolto. Non dimentichiamo che stiamo parlando di misure che riguardano la popolazione nel suo complesso: questo è il dominio della politica.

Ritiene che l’allerta cui ci ha abituato la pandemia possa fornire occasioni di miglioramento riguardo al gender gap?
Ovviamente me lo auguro. Per il momento i dati non ci restituiscono una prospettiva chiara. Per secoli il corpo femminile è stato considerato come una deviazione rispetto alla norma, cioè al corpo maschile, e questa immagine ce l’abbiamo dentro senza neanche accorgercene, per cui è difficile ipotizzare un cambiamento improvviso. D’altra parte, costretti a casa durante il lockdown, milioni di uomini hanno capito quanto sia impegnativo e faticoso il lavoro domestico, cosa significhi prendersi cura ogni giorno dei bambini. Forse finalmente i governi apriranno gli occhi e agiranno.

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