Visioni

Gli anni affollati di Giorgio Gaber

Gli anni affollati di Giorgio  GaberGiorgio Gaber in uno scatto degli anni '70

Libri Esce un volume di Gian Piero Aloisio che racconta l'amicizia con il grande artista scomparso e ne tratteggia con affetto la figura

Pubblicato quasi 7 anni faEdizione del 26 novembre 2017

Rubiamo sin dall’inizio due aggettivi a lui, all’uomo di teatro, cantautore, musicista di mille avventure, per tanti anni a dialogo continuo col Signor G, che i due aggettivo insieme li usa per introdurre i suoi recital: questa è una storia «felice e feroce». Depositata nelle pagine di un libro che ha la grazia incatenante della vita stessa. Che è spesso, appunto, felice e feroce. Gian Piero Alloisio è oggi un signore sessantunenne che mantiene l’aria sbarazzina da «ragazzo contro» del ’77. I casi della vita l’hanno portato a fare di tutto, nell’ambito dei mestieri dello spettacolo. D’altra parte lui aveva esordito con un gruppo che si chiamava Assemblea Musicale Teatrale, nomen omen, e musica e teatro sono state le due chiavi di volta che gli hanno retto la vita, anche in momenti dove prevaleva la ferocia, sulla felicità. Gian Piero Alloisio ha scritto Il mio amico Giorgio Gaber / Tributo affettuoso a un uomo non superficiale, pubblicato da Utet. Un libro necessario, che ricostruisce una storia lunga, bella e difficile, che molti non conoscono.

Non è certo titolo usurpato, quel «mio amico»: così lo chiamava Giorgio Gaber, così s’è chiamato il libro di ricordi e al contempo uno spettacolo per Gaber che ha fatto da innesco inevitabile alle pagine di Alloisio, portato in scena con il musicista che lo segue da una vita, Gianni Martini. C’era una volta un ragazzo del popolo talentuoso che bruciava le tappe, e che, figlio di partigiani, non aveva dubbi su quale parte scegliere, in quel momento in cui il movimento credette di dare l’ «assalto al cielo». Un momento poi descritto dal beffardo e amaro Gaber, il signore borghese tutto razionalità e impegno quotidiano teso allo spasimo per calcare i palchi, come quello della grande illusione, «come se bastasse il coraggio alla storia».

Successe l’incredibile: il ragazzo dell’Assemblea diventò uno dei punti di riferimento di Gaber, già al lavoro con Luporini, un polo dialettico necessario che lo stimolava a creare. Alloisio per dieci anni fu presenza fissa a casa Gaber, ospite necessario, pungolo d’alterità, artigiano delle parole e delle note amico e antagonista nelle idee di fondo, ma non in quelle che si devono mettere in pratica per fare teatro, anzi, un nuovo teatro: il teatro canzone.

Anche quando le creature di Gaber erano strali di disillusione contro lo stessa sinistra, come in Polli d’allevamento. Anni affollati, davvero, in cui Alloisio creò con Gaber qualcosa come una ventina di opere: comprese le commedie musicali per Ombretta Colli non ancora fulminata sulla via di Arcore. Ci fu anche una rottura, a un certo punto, come in tutte le grandi amicizie: ricomposta a sorpresa dallo stesso Gaber con uno charme totale e disarmante. Il fascino assoluto di un Signore sarcastico dell’Imperfezione che sapeva ascoltare gli altri.

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