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Gli americani nel salotto della principessa Caetani

Gli americani nel salotto della principessa CaetaniWilliam Congdon, Piazza di Spagna, 1950-’51, Fondazione Camillo Caetani

Riviste letterarie Agee, Lowell, Rich, Steiner, Walter... Il ruolo della letteratura statunitense in "Botteghe oscure", la rivista fondata a Roma da Marguerite Caetani: uno studio di Cristina Giorcelli per le Edizioni Storia e Letteratura

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 12 giugno 2022

E’ stata unica: Roberto Calasso sentenziò che si presentava «più come un almanacco semestrale che come una rivista». Il quaderno XX dei venticinque che di «Botteghe Oscure» uscirono dalla primavera 1948 al 1960 superò addirittura seicento pagine. In totale ne aveva accumulate dodicimila. La formula prescelta da Marguerite Caetani (nata a Waterford, Connecticut, nel 1880, naturalizzata italiana, dal 1932 residente a Roma dove nel 1911 aveva sposato il principe di Bassiano Roffredo Caetani, conosciuto durante un lungo soggiorno parigino) era eccezionale non solo per la mole di norma sviluppata. Pubblicava nella loro lingua originale testi inediti senza accompagnarli con commenti o intercalarli con tendenziose dichiarazioni programmatiche. I testi creativi, di autori noti o di sconosciuti esordienti, erano offerti nella loro nuda autonomia: dovevano, semmai, suggerire assonanze, documentare esperienze, stimolare confronti. Dopo gli anni terribili della dittatura e della guerra configuravano per exempla il paesaggio liberatorio ed eccitante di una «letteratura mondiale», disdegnosa di un disciplinato engagement ideologico. In tempi di accaniti dibattiti su neorealismo e dintorni erano deliberatamente escluse dispute che connettessero la testata a prestabilite militanze. In apparenza poteva sembrar ispirata a un linea crociana, ma a smentirla era il distacco da impostazioni tradizionalmente storicistiche.
I non rigidi confini dell’atmosfera cosmopolita che si respirava negli incontri promossi dall’appartata mecenatesca nobildonna sono stati disegnati da un giovane e battagliero Antonio Russi, che in un’illuminante intervista del 1999 rammentò le presenze più assidue. Erano le stesse del salotto di Elena Croce, l’amica più vicina a Marguerite insieme a Iris Origo ed Elsa Dallolio nella generosa impresa: Adolfo Omodeo, Piero Calamandrei, Raffaele Mattioli, Ugo La Malfa, Giuliana Benzoni: «le ramificazioni intellettuali che erano a sinistra dei liberali, ma a destra del partito comunista».
Per iniziativa della Fondazione Camillo Caetani sono stati elaborati già sette volumi di una collana curata dalle romane Edizioni di Storia e Letteratura dedicati in prevalenza alla rivista «Commerce» (1924-1932) , anch’essa fondata in Francia dalla volitiva Marguerite, redatta da Paul Valéry, Léon Paul Fargue e Valery Larbaud. Il titolo può suonare strano. Giovanni Macchia ha chiarito che il termine, nell’accezione di La Bruyère, si riferiva a un «commerce d’esprit» ed era ampio fino a «significare un grande mercato internazionale degli spiriti o un dialogo lontanissimo tra vivi e morti». Ora con l’ottava monografia («Botteghe oscure» e la letteratura statunitense, pp. 394, € 58,00) Cristina Giorcelli inaugura l’esplorazione della rivista romana, suddividendo la materia per nazionalità e corredandola di puntuali ed estesissime annotazioni. Sarà così più agevole approfondire i tratti di un’ardita avventura.
Il titolo non alludeva a orientamenti o poetiche. Era l’indirizzo di un luogo dove erano situate attività commerciali e artigiane prive di finestre, quindi oscure, disposte tra le rovine e le arcate del Teatro di Balbo: quasi a eclissarsi ironicamente in un’ombrosa venditoria di oggetti non votati al successo. I criteri che presiedevano a un lavorìo che sarebbe improprio ritener collegiale affidavano all’assoluta discrezionalità della principessa le decisioni ultime sui manoscritti degni di pubblicazione. Ne arrivavano in quantità – anche cinque al giorno – e lei li leggeva tutti con inesausta curiosità. Dei 650 scrittori pubblicati, 210 furono statunitensi. Per gli italiani l’ascoltatissimo consulente era Giorgio Bassani, dalla sensibilità molto sintonica con i gusti della direttrice. Prove di avanguardia o tese a uno sperimentalismo sensazionale erano impietosamente bocciate. E non mancarono scandalose esclusioni o giudizi affrettati: a farne le spese furono tra gli altri Cassola e Pavese. Il quaderno I s’apriva con L’anguilla di Eugenio Montale, poesia che più intonata non poteva esserci a simboleggiare la tenace trasmigrazione di versi da paese a paese, oltre frontiere e barriere. A ben vedere dissimulato o sottinteso serpeggiava un impulso utopico, un’idea di letteratura in grado di sconfiggere preclusioni lanciando una dialogante sfida universalistica. Tra i narratori americani spiccano James Agee e George Garrett, Mark Schorer e Eugene Walter, la giovanissima Sonja Urseth, Marianne Hauser e Pearl Kazin, celebre firma di «Harper’s Bazaar», George Steiner, naturalizzato statunitense nel 1944, e Marguerite Young. Saul Bellow spunta una sola volta. Tra i poeti e le poetesse il grande Robert Lowell e Adrienne C. Rich, stimata da Auden. Sorprendenti ma comprensibili numerose esclusioni: Henry Miller, William Faulkner, Ernest Hemingway, Sinclair Lewis, Isaac Bashevis Singer. Ho estrapolato nominativi casualmente da una meticolosa schedatura a tappeto. La selezione non di rado favorita da conoscenze di persona o da segnalazioni autorevoli di giganti quali T. S. Eliot, non ambiva a fissare alcun canone. A volte la fiducia elargita parve «disorganica, se non sconcertante». Eppure la volubile ed energica principessa «seppe dare spazio e visibilità – conclude Giorcelli – a chi/ciò che, in non pochi casi, era (di fatto o potenzialmente ) geniale». «Botteghe oscure» subì una sorte crudele, comparabile a quella di un aristocratico «Politecnico». Il gigantismo sempre più espansivo e macchinoso produsse difficoltà finanziarie proibitive. Costretta a por fine alla sua amata creatura, Marguerite Caetani dignitosamente si ritirò nel paradisiaco Giardino di Ninfa, dove morì il 17 dicembre 1963. Lo stesso anno vide a Palermo la nascita di un Gruppo che mosse guerra a una scrittura nazionale accusata di assecondare i buoni sentimenti. Nonostante l’affascinante sprovincializzazione perseguita da una rivista memorabile, l’erratico eclettismo non aveva supplito l’esigenza di un’arbasiniana gita a Chiasso.

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