Non c’è niente di illecito o di penalmente rilevante, ma l’inchiesta del Domani sugli affari della famiglia Meloni, della madre Anna Paratore col padre Francesco e le due sorellastre, rischia di colpire l’immagine della premier. Per due ragioni.

La prima ha a che fare con la narrazione che Giorgia Meloni ha sempre fatto di sé stessa e che viene solennemente riportata nel memoir dato alle stampe due anni fa. Meloni ha sempre detto di aver rotto ogni rapporto con il padre. La storia è ormai nota: l’abbandono del tetto coniugale da parte dell’uomo (non a caso di sinistra) aveva portato lei a scegliere la destra e difendere il baluardo della famiglia tradizionale.

Secondo i dati messi infila nell’inchiesta, tuttavia, emergerebbe che la famiglia Meloni ha continuato a parlarsi almeno fino al 2004, proprio quando Giorgia comincia la sua ascesa politica: erano anni in cui era prima consigliere provinciale a Roma e poi presidente di Azione giovani, l’organizzazione giovanile di Alleanza nazionale. Le ragioni del proseguimento del rapporto tra gli ex coniugi Meloni sarebbero legate ad affari in comune: investimenti immobiliari tra la Spagna (il signor Meloni si era trasferito alle Canarie) e l’Italia.

Per di più, la mamma della futura presidente del consiglio, accreditata nella narrazione ufficiale come «autrice di romanzi rosa», ha avuto relazioni e interessi nel real estate che avrebbero sconfinato in società offshore. «Non conosco le attività che svolgeva mio padre e non potrei conoscerle perché, come è noto, non avevo rapporti personali con lui – sostiene Meloni rispondendo alle questioni del giornale diretto da Emiliano Fittipaldi – Non considero giusto che persone che di fatto non fanno parte della mia vita e che non hanno ruoli pubblici vengano tirate in ballo e piazzate sui giornali con le loro vicende personali a causa mia».

Ma è stata proprio lei a scaraventare per prima la sua biografia sul terreno politico: il modo in cui si è narrata agli italiani è stata un pezzo della sua scalata al potere, ha di fatto segnato l’inizio della lunga campagna elettorale che l’ha condotta fino a Palazzo Chigi.

Da qui deriva il nervosismo col quale Meloni ha accolto l’inchiesta, che nei prossimi giorni promette di proseguire anche su altre testate. Le sue reazioni confermano una specie di sindrome dell’assedio della premier, manifestata nei giorni in cui lei stessa mette le mani sulla Rai e fa il pieno di poltrone, anche a discapito degli alleati di governo, nella complessa partita delle nomine.

«Quale è l’obiettivo di questo presunto scoop? – chiede sempre Meloni – Ve lo dico io. Mettere un po’ di fango nel ventilatore e accenderlo… E farmi perdere la calma, la lucidità, nella speranza che faccia qualche passo falso. Ma non accadrà, perché io so esattamente chi sono. Sono una persona onesta e libera, e mi sono convinta che sia proprio questo a farvi impazzire». La storia, e l’autonarrazione di Meloni, sono destinate ad andare avanti.