Sia calcolo opportunistico o piuttosto lento maturare delle proprie idee, fatto sta che Giuseppe Verdi, all’inizio della sua carriera, compie gesti che non sono per nulla coerenti con l’immagine dell’artista-vate, cantore degli ideali del Risorgimento, che si è imposta nei decenni seguenti. La partitura di una delle opere chiave nella carriera dal musicista, quella del Nabucco (1842), viene dedicata dallo stesso autore a Sua Altezza Reale e Imperiale la Serenissima Arciduchessa Adelaide d’Austria, figlia dell’arciduca Ranieri, viceré del Regno Lombardo-Veneto e protettore del Teatro alla Scala. Un anno più tardi, un’altra partitura, potenzialmente più ricca di risonanze patriottiche, quella de I Lombardi alla prima Crociata, viene dedicata da Verdi alla Venerata Sovrana del Ducato di Parma, Maria Luisa d’Austria. La dedica è accompagnata da un’esplicita richiesta di una qualche onorificenza. La richiesta di Verdi non resta inascoltata. Nel 1843 il Nabucco viene rappresentato ventidue volte al Teatro Regio di Parma; di queste, due rappresentazioni hanno Verdi in persona come direttore d’orchestra, e due hanno come spettatrice la duchessa Maria Luisa, che gratifica il maestro di un dono prezioso: una spilla d’oro tempestata di diamanti, che la duchessa dona al musicista nel corso di una udienza.

IL SENSO di questi primi passi è tuttavia smentito totalmente da un rapido riposizionamento di Verdi sul versante del sostegno al movimento patriottico. Se in questi anni caldi del Risorgimento il Va’ pensiero del Nabucco ancora non anima entusiasmi patriottici, lo stesso non può dirsi per l’Ernani, opera messa in scena il 9 marzo 1844 alla Fenice di Venezia. Il coro Si ridesti il Leon di Castiglia, con il suo andamento brillantemente catchy, descrive l’impegno di congiurati politici in lotta per la libertà della nazione iberica, tutti temi che piacciono molto al pubblico di sentimenti nazional-patriottici. La stessa figura del brigante-ribelle, protagonista dell’opera, comincia ad andare di moda, tanto che il «cappello all’Ernani» finisce per diventare un capo di abbigliamento che indica una precisa scelta di campo filo-patriottica. Al di là di tutto ciò, poi, il 13 agosto del 1846, agli albori degli entusiasmi per il nuovo papa Pio IX, al Teatro comunale di Bologna, nel corso di una rappresentazione dell’opera il coro invece di intonare «O sommo Carlo», canta «O sommo Pio», scatenando l’entusiasmo del pubblico. In effetti, opere come Ernani, o anche la precedente, I lombardi alla prima crociata, offrono molti appigli a una ricezione patriottica: segno che le posizioni di Verdi (e dei suoi librettisti) stanno mutando. Non sorprende, dunque, che nel 1847 Verdi incontri Mazzini, in esilio a Londra. Il leader politico chiede al maestro la redazione di un inno patriottico che possa dar coraggio ai militanti risorgimentali. Sul momento Verdi sembra prender tempo.

MA QUANDO scoppia la rivoluzione del 1848, cadono definitivamente gli indugi. Sebbene Verdi non partecipi ad alcun fatto d’arme, il 5 aprile del 1848 da Parigi si trasferisce a Milano, e in una lettera del 21 aprile a uno dei suoi librettisti, Francesco Maria Piave, esprime tutto il suo fervore, scrivendo: «non c’è né ci dev’essere che una musica grata alle orecchie degli Italiani del 1848. La musica del cannone!».
Peraltro, così drastici propositi vengono meno poco tempo dopo, quando alla musica del cannone si mescolano le sue note. Il 18 ottobre 1848 Verdi manda a Mazzini lo spartito di Suona la tromba, una musica scritta su testo di Goffredo Mameli. Poi, il 27 gennaio 1849, al Teatro Argentina di Roma, viene messa in scena La battaglia di Legnano, certamente l’opera più esplicitamente politica tra quelle verdiane. È un contesto molto particolare quello in cui quest’opera esordisce: a Roma è in corso una trasformazione radicale, che sarebbe culminata il 5 febbraio del 1849 con l’insediamento dell’Assemblea costituente, e il successivo 9 febbraio con la proclamazione della nascita della Repubblica Romana. Verdi è presente alla prima dell’opera, ma non si ferma a Roma, giacché l’8 febbraio del 1849 è di ritorno a Parigi. Nondimeno La battaglia di Legnano è una definitiva dichiarazione pubblica che celebra la decisa scelta di campo del musicista (e del suo librettista, che in questo caso è Salvatore Cammarano). Il coro di apertura, cantato da voci maschili e femminili, non lascia dubbi in proposito: «Viva Italia! sacro un patto / Tutti stringe i figli suoi: / Esso alfin di tanti ha fatto / Un sol popolo d’eroi! / Le bandiere in campo spiega, / O Lombarda invitta Lega, / E discorra un gel per l’ossa / Al feroce Barbarossa. / Viva Italia forte ed una / Colla spada e col pensier! / Questo suol che a noi fu cuna, / Tomba sia dello stranier!».

 

SCHEDA

Lo storico Alberto Mario Banti terrà la lezione «Giuseppe Verdi e l’idea di nazione» oggi, alle ore 18.30 (XNL Piacenza) al Festival del Pensare Contemporaneo che si tiene a Piacenza per la sua prima edizione ed è cominciato ieri per concludersi domenica 24 settembre. Con la curatela di Alessandro Fusacchia e la direzione filosofica di Andrea Colamedici, con oltre 60 relatori e 30 incontri in un programma ricco di dialoghi, lezioni e concerti diffusi in 10 diverse location della città. Per tutte le informazioni si può visitare il sito: www.pensarecontemporaneo.it