Ambiente solenne, ma atmosfera un po’ delle recite in famiglia, per citare un classico che a tutt’altro si riferiva ma sempre di politica parlava. Nel salone delle feste del Quirinale, tanti dei protagonisti del giuramento e delle loro famiglie, talvolta legate, si conoscono in effetti «sin dall’infanzia» e «anche quando si detestano si vogliono bene». Al momento di chiudere la lista dei ministri, infatti, Giorgia Meloni ha dovuto riempirla di amici, compagni di strada (ma compagni non è la parola giusta) e c’è persino un ministro parente – non si ricordano precedenti di un familiare del capo del governo nello stesso gabinetto, se non uno solo, tanto lontano e poco piacevole.

La moglie di Francesco Lollobrigida, neo titolare dell’Agricoltura alla quale già oggi sarà aggiunta la «Sovranità alimentare», Arianna Meloni, è la sorella di Giorgia e arriva con lei per accompagnarla nelle stanze dove aspetta il presidente Mattarella. Poi viene a sedersi in prima fila nel salone accanto alla nipote Ginevra e al compagno di Giorgia, Andrea Giambruno. Lui lavora a Mediaset, lei, Arianna, negli staff di Fratelli d’Italia, sono conosciuti e riconosciuti da ministri e ministre, si scambiano saluti e inchini da lontano. Salvini, da papà, manda bacetti ai figli anche loro in prima fila con la fidanzata Francesca Verdini che tiene in braccio la più piccola. Anche la presidente del Consiglio, una volta terminato il suo giuramento, gira dietro il tavolo per mettersi accanto al presidente Mattarella e da lì ha di fronte la sua piccola Ginevra che saluta appena può. Mai visti tanti parenti a un giuramento di governo.

A voler essere pignoli, la presidente Meloni giura recitando una formula sbagliata: ha provato a impararla a memoria ma aggiunge un non previsto «esercitare il mio mandato» alla versione corretta «esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della nazione». Anche Antonio Tajani, che è il primo a giurare, è emozionato e si confonde, dimentica di dire «lealmente» quando giura di osservare la Costituzione, poi torna indietro e si corregge. Con lui Meloni appare più cordiale che con Salvini, che arriva per secondo e viene accolto da un «buongiorno» della presidente, non proprio caloroso. Poi però arriva anche un sorriso. Tanti sorrisi in particolare ricevono i ministri Nello Musumeci e Raffaele Fitto. Mentre Elisabetta Casellati – vestita completamente di bianco come la first sister Arianna e la ministra Alessandra Locatelli, sedute purtroppo tutte e tre vicine – è scura in volto. Quando il segretario generale del Quirinale Ugo Zampetti chiama per il giuramento Lollobrigida, a Meloni scappa una comprensibile mezza risata e uno di quelli sguardi che fa spesso lei, come per dire «ammazza!». Il più rigido è certamente Carlo Nordio, Guardasigilli con panciotto e orologio da taschino, che quasi si inchina di fronte a Mattarella e Meloni. Il più nervoso Gennaro Sangiuliano che dall suo posto alla scrivania del giuramento si mette a correre e invece di recitare il giuramento, lo urla.

All’uscita è invece proprio Nordio a sciogliersi meglio e più degli altri, l’unico tra i pochissimi che hanno voglia (e coraggio) di fermarsi con i giornalisti a dire qualcosa oltre le frasi di circostanza. Il ministro della giustizia ha una buona risposta, forse preparata, per chi gli chiede, al solito, da dove comincerà il lavoro: «Dall’attuazione del codice di procedura penale firmato da una medaglia d’argento della Resistenza, Giuliano Vassalli, e dalla revisione del codice penale firmato da Mussolini». Per la prima, l’attuazione del codice accusatorio, la strada è quella della separazione delle carriere. Quanto alla giustizia penale «occorre eliminare il pregiudizio per il quale la sicurezza o la buona amministrazione siano tutelati dalle leggi penali. Non è vero». Ottimi propositi, unito a quello ancora migliore di «una depenalizzazione». Vedremo.

Giorgia Meloni, invece, va via velocissima e per prima dal Quirinale. Riesce così a mantenere la promessa di essere al funerale di Francesco Valdiserri, ragazzo di non ancora 19 anni morto investito da un auto sul marciapiede a Roma, i cui genitori sono due giornalisti del Corriere della Sera, la mamma cronista politica. Oggi a palazzo Chigi Meloni riceverà la campanella da Draghi nello scambio di consegne, subito dopo presiederà il primo Consiglio dei ministri. Nel quale, come annunciato, saranno promossi vicepresidenti Salvini e Tajani. Alfredo Mantovano – che ieri mattina era anche lui, ospite, al Quirinale – sarà nominato sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Si aspetta anche il decreto per cambiare nome ai ministeri: è arrivata l’ora del «made in Italy» e della «natalità».